[Pagina precedente]...bili odierni, si diede alle fanciullesche lascivie e agli ozii, nel grembo della madre impigrendo, ma nella propia patria tutta la sua puerizia con istudio continuo diede alle liberali arti, e in quelle mirabilmente divenne esperto. E crescendo insieme con gli anni l'animo e lo 'ngegno, non a' lucrativi studi alli quali generalmente oggi corre ciascuno, si dispose, ma da una laudevole vaghezza di perpetua fama [tratto], sprezzando le transitorie ricchezze, liberamente si diede a volere avere piena notizia delle fizioni poetiche e dell'artificioso dimostramento di quelle. Nel quale esercizio familiarissimo divenne di Virgilio, d'Orazio, d'Ovidio, di Stazio e di ciascuno altro poeta famoso; non solamente avendo caro il conoscergli, ma ancora, altamente cantando, s'ìngegnò d'imitarli, come le sue opere mostrano, delle quali appresso a suo tempo favelleremo. E, avvedendosi le poetiche opere non essere vane o semplici favole o maraviglie, come molti stolti estimano, ma sotto sé dolcissimi frutti di verità istoriografe o filosofiche avere nascosti; per la quale cosa pienamente, sanza le istorie e la morale e naturale filosofia, le poetiche intenzioni avere non si potevano intere; partendo i tempi debitamente, le istorie da sé, e la filosofia sotto diversi dottori s'argomentò, non sanza lungo studio e affanno, d'intendere. E, preso dalla dolcezza del conoscere il vero delle cose racchiuse dal cielo, niuna altra più cara che questa trovandone in questa vita, lasciando del tutto ogni altra temporale sollecitudine, tutto a questa sola si diede. E, acciò che niuna parte di filosofia non veduta da lui rimanesse, nelle profondità altissime della teologia con acuto ingegno si mise. Né fu dalla intenzione l'effetto lontano, perciò che, non curando né caldi né freddi, [né] vigilie né digiuni, né alcun altro corporale disagio, con assiduo studio pervenne a conoscere della divina essenzia e dell'altre separate intelligenzie quello che per umano ingegno qui se ne può comprendere. E così come in varie etadi varie scienze furono da lui conosciute studiando, così in vari studi sotto varii dottori le comprese.
Egli li primi inizi, sì come di sopra è dichiarato, prese nella propia patria e di quella, sì come a luogo più fertile di tal cibo, n'andò a Bologna; e già vicino alla sua vecchiezza n'andò a Parigi, dove, con tanta gloria di sé, disputando, più volte mostrò l'altezza del suo ingegno, che ancora, narrandosi, se ne maravigliano gli uditori. E di tanti e sì fatti studii non ingiustamente meritò altissimi titoli: perciò che alcuni il chiamarono sempre "poeta", altri "filosofo", e molti "teologo", mentre visse. Ma, perciò che tanto è la vittoria più gloriosa al vincitore, quanto le forze del vinto sono state maggiori, giudico esser convenevole dimostrare, di come fluttuoso e tempestoso mare costui, gittato ora in qua ora in là, vincendo l'onde parimenti e' venti contrarii, pervenisse al salutevole porto de' chiarissimi titoli già narrati.
IV
Impedimenti avuti da Dante agli studi
Gli studi generalmente sogliono solitudine e rimozione di sollecitudine e tranquillità d'animo disiderare, e massimamente gli speculativi, a' quali il nostro Dante, sì come mostrato è, si diede tutto. In luogo della quale rimozione e quiete, quasi dallo inizio della sua vita infino all'ultimo della morte, Dante ebbe fierissima e importabile passione d'amore, moglie, cura familiare e publica, esilio e povertà; l'altre lasciando più particulari [noie], le quali di necessità queste si traggon dietro: le quali, acciò che più appaia della loro gravezza, partitamente convenevole giudico di spiegarle.
V
Amore per Beatrice
Nel tempo nel quale la dolcezza del cielo riveste de' suoi ornamenti la terra, e tutta per la varietà de' fiori mescolati fra le verdi frondi la fa ridente, era usanza della nostra città, e degli uomini e delle donne, nelle loro contrade ciascuno in distinte compagnie festeggiare; per la qual cosa, infra gli altri per avventura, Folco Portinari, uomo assai orrevole in que' tempi tra' cittadini, il primo dì di maggio aveva i circustanti vicini raccolti nella propia casa a festeggiare, infra li quali era il già nominato Alighieri. Al quale, sì come i fanciulli piccoli, e spezialmente a' luoghi festevoli, sogliono li padri seguire, Dante, il cui nono anno non era ancora finito, seguìto avea; e quivi mescolato tra gli altri della sua età, de' quali così maschi come femine erano molti nella casa del festeggiante, servite le prime mense, di ciò che la sua picciola età poteva operare, puerilmente si diede con gli altri a trastullare.
Era intra la turba de' giovinetti una figliuola del sopradetto Folco, il cui nome era Bice come che egli sempre dal suo primitivo, cioè Beatrice, la nominasse, la cui età era forse d'otto anni, leggiadretta assai secondo la sua fanciullezza, e ne' suoi atti gentilesca e piacevole molto, con costumi e con parole assai più gravi e modeste che il suo picciolo tempo non richiedea; e, oltre a questo, aveva le fattezze del viso dilicate molto e ottimamente disposte, e piene, oltre alla bellezza, di tanta onesta vaghezza, che quasi una angioletta era reputata da molti. Costei adunque, tale quale io la disegno, o forse assai più bella, apparve in questa festa, non credo primamente, ma prima possente ad innamorare, agli occhi del nostro Dante: il quale, ancora che fanciul fosse, con tanta affezione la bella imagine di lei ricevette nel cuore, che da quel giorno innanzi, mai, mentre visse, non se ne dipartì. Quale ora, questa si fosse, niuno il sa; ma o conformità di complessioni o di costumi o speziale influenzia del cielo che in ciò operasse, o, sì come noi per esperienza veggiamo nelle feste, per la dolcezza de' suoni, per la generale allegrezza, per la dilicatezza de' cibi e de' vini, gli animi eziandio degli uomini maturi, non che de' giovinetti, ampliarsi e divenire atti a poter essere leggiermente presi da qualunque cosa che piace; è certo questo esserne divenuto, cioè Dante nella sua pargoletta età fatto d'amore ferventissimo servidore.Ma, lasciando stare il ragionare de' puerili accidenti, dico che con l'età multiplicarono l'amorose fiamme, intanto che niuna altra cosa gli era piacere o riposo o conforto, se non il vedere costei. Per la qual cosa, ogni altro affare lasciandone, sollecitissimo andava là dovunque credeva potere vederla, quasi del viso e degli occhi di lei dovesse attignere ogni suo bene e intera consolazione.
Oh insensato giudicio degli amanti! chi altri che essi estimerebbe per aggiugnimento di stipa fare le fiamme minori? Quanti e quali fossero li pensieri, li sospiri, le lagrime e l'altre passioni gravissime poi in più provetta età da lui sostenute per questo amore, egli medesimo in parte il dimostra nella sua
Vita nova, e però più distesamente non curo di raccontarle. Tanto solamente non voglio che non detto trapassi, cioè che, secondo che egli scrive e che per altrui, a cui fu noto il suo disio, si ragiona, onestissimo fu questo amore, né mai apparve, o per isguardo o per parola o per cenno, alcuno libidinoso appetito né nello amante né nella cosa amata: non picciola maraviglia al mondo presente, del quale è sì fuggito ogni onesto piacere, e abituatosi l'avere prima la cosa che piace conformata alla sua lascivia che diliberato d'amarla, che in miracolo è divenuto, sì come cosa rarissima, chi amasse altramente. Se tanto amore e sì lungo poté il cibo, i sonni e ciascun'altra quiete impedire, quanto si dee potere estimare lui essere stato avversario agli sacri studi e allo 'ngegno? Certo non poco; come che molti vogliano lui essere stato incitatore di quello, argomento a ciò prendendo dalle cose leggiadramente nel fiorentino idioma e in rima, in laude della donna amata, e acciò che li suoi ardori e amorosi concetti esprimesse, già fatte da lui; ma certo io nol consento, se io non volessi già affermare l'ornato parlare essere sommissima parte d'ogni scienza; che non è vero.
VI
Dolore di Dante per la morte di Beatrice
Come ciascuno puote evidentemente conoscere, niuna cosa è stabile in questo mondo; e, se niuna leggiermente ha mutamento, la nostra vita è quella. Un poco di soperchio freddo o di caldo che noi abbiamo, lasciando stare gli altri infiniti accidenti e possibili, da essere a non essere sanza difficultà ci conduce; né da questo gentilezza, ricchezza, giovanezza, né altra mondana dignità è privilegiata; della quale comune legge la gravità convenne a Dante prima per l'altrui morte provare che per la sua. Era quasi nel fine del suo vigesimoquarto anno la bellissima Beatrice, quando, sì come piacque a Colui che tutto puote, essa, lasciando di questo mondo l'angosce, n'andò a quella gloria che li suoi meriti l'avevano apparecchiata. Della qual partenza Dante in tanto dolore, in tanta afflizione, in tante lagrime rimase, che molti de' suoi più congiunti e parenti ed amici niuna fine a quelle credettero altra che solamente la morte; e questa estimarono dovere essere in brieve, vedendo lui a niuno conforto, a niuna consolazione pòrtagli dare orecchie. Gli giorni erano alle notte iguali e agli giorni le notti; delle quali niuna ora si trapassava senza guai, senza sospiri e senza copiosa quantità di lagrime; e parevano li suoi occhi due abbondantissime fontane d'acqua surgente, intanto che i più si maravigliarono donde tanto umore egli avesse che al suo pianto bastasse. Ma, si come noi veggiamo, per lunga usanza le passioni divenire agevoli a comportare, e similmente nel tempo ogni cosa diminuire e perire; avvenne che Dante infra alquanti mesi apparò a ricordarsi senza lagrime Beatrice esser morta, e con più dritto giudicio, dando alquanto il dolore luogo alla ragione, a conoscere li pianti e li sospiri non potergli, né ancora alcuna altra cosa, rendere la perduta donna. Per la qual cosa con più pazienza s'acconciò a sostenere l'avere perduta la sua presenzia; né guari di spazio passò che, dopo le lasciate lagrime, li sospiri, li quali già erano alla loro fine vicini, cominciarono in gran parte a partirsi sanza tornare.
Egli era, sì per lo lagrimare, sì per l'afflizione che il cuore sentiva dentro, e sì per lo non avere di sé alcuna cura, di fuori divenuto quasi una cosa salvatica a riguardare: magro, barbuto e quasi tutto trasformato da quello che avanti esser solea; intanto che 'l suo aspetto, non che negli amici, ma eziandio in ciascun altro che il vedea, a forza di sé metteva compassione; come che egli poco, mentre questa vita così lagrimosa durò, altrui che ad amici veder si lasciasse.
Questa compassione e dubitanza di peggio facevano li suoi parenti stare attenti a' suoi conforti; li quali, come alquanto videro le lagrime cessate e conobbero li cocenti sospiri alquanto dare sosta al faticato petto, con le consolazioni lungamente perdute, rincominciarono a sollecitare lo sconsolato; il quale, come che infino a quella ora avesse a tutte ostinatamente tenute le orecchie chiuse, alquanto le cominciò non solamente ad aprire, ma ad ascoltare volentieri ciò che intorno al suo conforto gli fosse detto. La qual cosa veggendo i suoi parenti, acciò che del tutto non solamente de' dolori il traessero ma il recassero in allegrezza, ragionarono insieme di volergli dar moglie; acciò che, come la perduta donna gli era stata di tristizia cagione, così di letizia gli fosse la nuovamente acquistata. E, trovata una giovane, quale alla sua condizione era decevole, con quelle ragioni che più loro parvero induttive, la loro intenzione gli scoprirono. E, acciò che io particularmente non tocchi ciascuna cosa, dopo lunga tencione, senza mettere guari di tempo in mezzo, al ragionamento seguì l'effetto: e fu sposato.
VII
Digressione sul matrimonio
Oh menti cieche, oh tenebrosi intelletti, oh argomenti vani di molti mortali, quanto sono le riuscite in assai cose contrarie a' vostri avvisi, e non sanza ragion le più volte! Chi sarebbe colui che del dolce aere d'Italia, per soperchio caldo, menasse alcuno nel...
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