SCRITTI LETTERARI, di Leonardo da Vinci - pagina 16
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g) E per la caduta parve che la provincia tutta tremassi.
2.
a) La nera faccia sul primo oggetto è molto orribile e spaventosa a riguardare, e massime l'ingrottati e rossi occhi, posti sotto le paurose e scure ciglia, da fare rannuolare il tempo e tremare la terra.
E credimi che non è sì fiero omo che dove voltava li infocati occhi, che volontieri non mettesse alie per fuggire, ché Lucifero 'nfernale parìa volto angelico a comparazion di quello.
Il naso arricciato con l'ampie anari, de' quali usciva molte e grandi setole, sotto i quali era l'arricciata bocca, colle grosse labbra, da l'estremità de' quali era peli a uso de le gatte e denti gialli.
Avanza sopra i capi de li omini a cavallo, dal dosso de' piedi in sù.
b) E rincrescendole il molto chinare e per esser vinto dalla importunità del...
, volta l'ira in furore, cominciò co' piè, dimenati da la furia delle possenti gambe, a entrare fra la turba, e co' calci gittava li omini per l'aria, i quali cadeano non altrimenti sopra gli altri u[o]mini, come se stata fussi una spessa grandine.
E molti furon quelli che, morendo, dètto[r] morte; e questa crudeltà durò finché la polvere mossa da' gran piedi, levata ne l'aria, costrinse questa furia infernale a ritirarsi indirieto.
E noi seguitammo la fuga.
c) O quanti vani assalimenti furono usati contro a questa indiavolata, a la quale ogni offesa era niente ! O misere genti, a voi non vale le inispugnabili fortezze, a voi non l'alte mura de le città, a voi non l'essere in moltitudine, non le case o palazzi! Non v'è restato se non le piccole buche e cave sotterrane; a modo di granchi o grilli o simili animali trovate salute e vostro scampo! O quante infilici madri e padri furo private de' figlioli! O quante misere femmine private de la lor compagnia! Certo certo, caro mio Benedetto, io non credo che, poi che 'l mondo fu creato, fussi mai visto un lamento, un pianto pubblico esser fatto con tanto terrore!
d) Certo in questo caso la spezie umana ha da 'nvidiare ogni altra generazione d'animali: imperocché, se l'aquila vince per [p]otenza li altri uccelli, il meno non son vinti per velocità di volo, onde le rondine colla lo[r] prestezza scampano da la rapina de lo smerlo; i dalfini con lo[r] veloce fuga scampano da la rapina de le balene e de' gran capidogli; ma noi, miseri! non ci vale alcuna fuga, imperocché questa, con lento passo, vince di gran lunga il corso d'ogni veloce corsiero.
Non so che mi dire o che mi fare, e mi pare tuttavia trovarmi a notare a capo chino per la gran g[o]la, e rimane[r] con cunfusa morte sepolto nel gran ventre.
3.
Era più nero ch'un calabrone,
gli occhi avea rossi, com'un foco ardente
e cavalcava sopra un gran ronzone
largo se' spanne e lungo più di 20,
con se' giganti attaccati all'arcione,
e uno in mano che lo rodea col dente
e dirieto li venìa porci con zanne
fori della bocca forse dieci spanne.
AL DIODARIO DI SORIA
1.
a) DIVISIONE DEL LIBRO.
La predica e persuasione di fede.
La subita innondazione insino al fine suo.
La ruina della città.
La morte del popolo e disperazione.
La caccia del predicatore e la sua liberazione e benivolenzia.
Descrizione della causa di tal ruina del monte.
Il danno ch'ella fece.
Ruine di neve.
Trovata del profeta.
La profezia sua.
Allagamento delle parte basse di Erminia occidentale, li scolamenti delle quali erano per la tagliata di monte Tauro.
Come il novo profeta (mostra dire) questa ruina è fatta al suo proposito.
Descrizione del monte Tàuro e del fiume Eufrates.
b) Perché il monte risplende nella sua cima la metà o 'l terzo della notte, e pare una cometa a quelli di ponente dopo la sera, e innanzi dì a quelli di levante.
Perché essa cometa par di variabile figura, in modo che ora è tondo, or lungo, e or diviso in due o in tre parti, e ora unita, e quando si perde, e quando si rivede.
c) Al Diodario di Soria, locotenente del sacro Soldano di Babilonia.
Il nuovo accidente accaduto in queste nostre parti settantrionali, il quale son certo che non solamente a te, ma a tutto l'universo da[rà] terrore, il quale successivamente ti sarà detto per ordine, mostrando prima l'effetto e poi la causa.
Ritrovandomi io in queste parti d'Erminia a dare con amore e sollecitudine opera a quello uffizio pel quale tu mi mandasti, e nel dare principio in quelle parte che a me pareano essere più al proposito nostro, entrai.
nel[la] città di Calindra, vicina ai nostri confini.
Questa città è posta nelle ispiagge di quella parte del monte Tauro che è divisa dall'Eufrates, e riguarda i corni del gran monte Tauro per ponente.
Questi corni son di tanta altura, che par che tocchino il cielo, ché nell'universo non è parte terreste più al[ta] della sua cima, e sempre quattro ore innanzi dì è percossa dai razzi del sole in oriente; e per l'essere lei di petra bianchissima, essa forte risplende e fa l'uffizio a questi Ermini come farebbe un bel lume di luna nel mezzo delle tenebre; e per la sua grande altura essa passa le somme altezze de' nugoli per ispazio di quattro miglia a linia retta.
Questa cima è veduta di gran parte dell'occidente alluminata dal sole dopo il suo tramontare insino alla terza parte della notte, ed è quella che appresso di voi ne' tempi sereni abbiam già giudicato essere una cumeta, e pare a noi nelle tenebre della notte mutarsi[n] varie figure, e quando dividersi in due o in tre parti, e quando lunga e quando corta; e questo nasce per li nuoli che ne l'orizzonte del cielo s'interpongano infra parte d'esso monte e 'l sole, e, per tagliare loro essi razzi solari, el lume del monte è interrotto con vari spazi di nugoli, e però è di figura variabile nel suo splendore.
2.
a) FIGURA DEL MONTE TAURO.
Non sono, o Diodaro, da essere da te imputato di piegrizia, come le tue rampogne par che accennino, ma lo isfrenato amore, il quale ha creato il benifizio ch'io posseggo da te, è quello che m'ha constretto con somma sollecitudine a cercare e con diligenzia a 'nvestigare la causa di sì grande e stupente effetto; la qual cosa non sanza tempo ha potuto avere effetto.
Ora, per farti ben sodisfatto della causa di sì grande effetto, è necessario ch'io ti mostri la forma del sito, e poi verrò allo effetto, col quale, credo, rimarrai sadisfatto.
b) Non ti dolere, o Diodario, del mio tardare a dar risposta alla tua desiderosa richiesta, perché queste cose, di che tu mi richiedesti, son di natura, che non sanza processo di tempo si possano bene espriemere, e massime perché a voler mostrare la causa di sì grande effetto, bisogna discrivere con bona forma la natura del sito, e mediante quella tu potrai poi con facilità sadisfarti della predetta richiesta.
Io lascerò indirieto la descriptione della forma dell'Asia Minore, e che mari o terre sien quelle che terminino la figura della sua quantità, perché so che la diligenzia e solliecitudine de' tua studi non t'hanno di tal notizia privato e verrò a denotare la vera figura di Taurus monte, il qual è quello ch'è causatore di sì stupenda e dannosa maraviglia, la quale serve alla espedizione del nostro proposito.
Questo monte Tauro è quello che appresso di molti è detto essere il giogo del monte Caucasso.
Ma aven[d]o voluto ben chiarirmi, ho voluto parlare con alquanti di quelli che abitano sopra del mar Caspio, i quali mostrano che benché i monti loro abbino il medesimo nome questi son di maggiore altura, e però confermano quello sia il vero monte Caucasso, perché Caucasso in lingua iscitica vol dire somma altezza.
E invero non ci è notizia che l'oriente né l'occidente abbia monte di sì grande altura, e la pruova che cosi sia è che li abitatori de' paesi, che li stanno per ponente, veggano i razzi del sole, che allumina, insino alla quarta parte delle maggior notte, parte della sua cima, e 'l simile fa a quelli paesi che li stanno per oriente.
3.
QUALITÀ E QUANTITÀ DEL MONTE TAURO.
L'ombra di questo giogo del Tauro è di tanta altura, che quando di mezzo giugno il sole è a mezzogiorno, la sua ombra s'astende insino al principio della Sarmazia che son giornate dodici, e a mezzo dicembre s'astende insino a' monti Iperborei, che è viaggio d'un mese inverso tramontana; e sempre la sua parte opposita al vento che soffia è piena di nuvoli e nebbie, perché il vento, che s'apre nella percussione del sasso, dopo esso sasso si viene a richiudere, e in tal modo porta con seco i nuvoli da ogni parte, e lasciali nella lor percussione, e sempre è piena di percussione di saette per la gran moltitudine di nugoli, che li son ricettati, onde il sasso è tutto fracassato e pien di gran ruine.
Questa nelle sua radici è abitata da ricchissimi popoli, ed è piena di bellissimi fonti e fiumi, e fertile e abbondante d'ogni bene, e massime nelle parti che riguardano a mezzogiorno.
Ma quando se n'è montata circa a tre miglia, si comincia a trovare le selve de' grandi abeti, pini e faggi e altri simili alberi; dopo questo per ispazio di tre altre miglia, si truova praterie e grandissime pasture; e tutto il resto, insino al nascimento del monte Tauro, sono neve eterne che mai per alcun tempo si partano, che s'astendano all'altezza di circa quattordici miglia in tutto.
Da questo nascimento del Tauro insino all'altezza d'un miglio, non passano mai e nuvoli, ché qui abbiàno quindici miglia, che sono circa a cinque miglia d'altezza per linia retta, e altrettanto, o circa, troviàno essere la cima delli corni del Tauro, ne' quali, dal mezzo in su, si comincia a trovare aria che riscalda e non vi si sente soffiamenti di venti, ma nessuna cosa ci pò troppo vivere.
Quivi non nasce cosa alcuna, salvo alcuni uccelli rapaci, che covano nell'alte fessure del Tauro, e discendano poi sotto i nugoli a fare le lor prede sopra i monti erbosi.
Questo è tutto sasso semplice, cioè da' nugoli in su, ed è sasso candidissimo, e in sulla alta cima non si pò andare per l'aspra e pericolosa sua salita.
4.
a) Essendomi io più volte con lettere rallegrato teco della tua prospera fortuna, al presente so che, come amico, ti contristerai con meco del misero stato nel quale i' mi trovo.
E questo è che ne' giorni passati sono stato in tanti affanni, paure, pericoli e danni, insieme con questi miseri paesani, che avàm d'avere invidia ai morti.
E certo i' non credo, che, poiché gli elementi con lor separazione disfeciono il gran caos, ch'elli riunissino lor forza, anzi rabie, a fare tanto nocimento alli omini, quanto al presente da noi s'è veduto e provato, in modo ch'io non posso immaginare che cosa si possin più accrescere a tanto male.
In prima fummo assaliti e combattuti dall'impeto e furore de' venti; a questo s'aggiunse le ruine delli gran monti di neve, i quali hanno ripieno tutte queste valli e conquassato gran parte della nostra città.
E non si contentando di questo, la fortuna con subiti dilu[v]i d'acque ebbe a sommergere tutta la parte bassa di questa città.
Oltre a di questo s'aggiunse una subita pioggia, anzi ruinosa tempesta piena d'acqua, sabbia, fango e pietre, insieme avviluppati con radici, sterpi e zocchi di varie piante, e ogni cosa, scorrendo per l'aria, discendea sopra di noi; e in ultimo uno incendio di foco, il qual parea condotto non che da' venti ma da trentamilia diavoli che 'l portassin, ha abbruciato e disfatto tutto questo paese, e ancora non è cessato.
E que' pochi che siàno restati, siàno rimasti con tanto isbigottimento e tanta paura, che appena, come balordi, abbiamo ardire di parlare l'uno coll'altro.
Avendo abbandonato ogni nostra cura, ci stiamo insieme uniti in certe ruine di chiese, insieme misti,maschi e femmme, piccoli e grandi a modo di torme di capre, e se non fussi certi popoli che ci hanno soccorso di vettovaglia tutti saremmo morti di fame.
Ora vedi come ci troviàno; e [tu]tti questi mali son niente a comparazione di quelli che 'n brieve tempo ci è promesso.
b) So che, come amico ti contristerai del mio male, come già, con lettere, ti mostrai con effetto rallegrarmi del tuo bene.
c) I vicini per pietà ci hanno soccorso di vettovaglie, i quali eran prima nostri nimici.
LETTERE
1.
Avendo, Signor mio Illustrissimo, visto & considerato oramai ad sufficienzia le prove di tutti quelli che si reputono maestri & compositori de instrumenti bellici, et che le invenzione e operazione di dicti instrumenti non sono niente alieni dal comune uso, mi exforzerò, non derogando a nessuno altro, farmi intender da V.
Excellentia, aprendo a quella li secreti mei, & appresso offerendoli ad omni suo piacimento in tempi opportuni, operare cum effecto circa tutte quelle cose che sub brevità in parte saranno qui di sotto notate:
1.
Ho modi de ponti leggerissimi & forti, & atti ad portare facilissimamente, et cum quelli seguire, & alcuna volta fuggire li inimici, & altri securi & inoffensibili da foco & battaglia, facili & commodi da levare & ponere.
Et modi de arder & disfare quelli de l'inimico
2.
So in la obsidione de una terra toglier via l'acqua de' fossi, et fare infiniti ponti, gatti & scale & altri instrumenti pertinenti ad dicta expedizione.
3.
Item, se per altezza de argine, o per fortezza di loco & di sito, non si potesse in la obsidione de una terra usare l'officio de le bombarde, ho modi di ruinare omni rocca o altra fortezza, se già non fusse fondata in su el saxo
4.
Ho ancora modi de bombarde commodissime & facile ad portare, et cum quelle buttare minuti (saxi a similitudine) di tempesta; & cum el fumo di quella dando grande spavento all'inimico, cum grave suo danno & confusione.
9.
Et quando accadesse essere in mare, ho modi de molti instrumenti actissimi da offender & defender, et navili che faranno resistenzia al trarre de omni g[r]ossissima bombarda & polver & fumi.
5.
Item, ho modi, per cave & vie secrete & distorte, facte senza alcuno strepito, per venire (ad uno certo) & disegnato [loco], ancora che bisognasse passare sotto fossi o alcuno fiume.
6.
Item, farò carri coperti, securi & inoffensibili, e quali intrando intra li inimica cum sue artiglierie, non è sì grande multitudine di gente d'arme che non rompessino.
Et dietro a questi poteranno seg[ui]re fanterie assai, illesi e senza alcuno impedimento.
7.
Item, occurrendo di bisogno, farò bombarde, mortari et passavolanti di bellissime & utile forme, fora del comune uso.
8.
Dove mancassi la operazione de le bombarde, componerò briccole, mangani, trabucchi & altri instrumenti di mirabile efficacia, & fora del usato; et insomma, secondo la varietà de' casi, componerò varie & infinite cose da offender & di[fendere].
10.
In tempo di pace credo satisfare benissimo ad paragone de omni altro in architectura, in composizione di edificii & pubblici & privati, & in conducer acqua da uno loco ad uno altro.
Item, conducerò in sculptura di marmore, di bronzo & di terra, similiter in pictura, ciò che si possa fare ad paragone de onni altro, & sia chi vole.
Ancora si poterà dare opera al cavallo di bronzo, che sarà gloria immortale & eterno onore de la felice memoria del Signor vostro patre & de lainclita casa Sforzesca.
Et se alcuna de le sopra dicte cose a alcuno paressino impossibile e infactibile, me offero paratissimo ad farne experimento in el parco vostro, o in qual loco piacerà a Vostr'Excellenzia, ad la quale humilmente quanto più posso me recomando.
2.
Assai m'incresce che l'avere a guadagnare el vitto m'abbi a interrompere il seguitare l'opera che già Vostra S.a mi commisse; ma spero in breve avere guadagnato tanto, che potrò sadisfare ad animo riposato a Vostra Eccellenza, alla quale mi raccomando.
E se Vostra S.a si credessi ch'io [ave]ssi dinari, quella s'ingannerebbe, perché ho tenuto sei bocche trentasei mesi e ho auto cinquanta ducati!
Forse che vostra Eccellenzia non commise altro (al) messer Gualtieri, credendo che io avessi dinari.
3.
a) E se mi date più alcuna commessione d'alcuna...
del premio del mio servizio, perché non son da essere da...
cose assegnazioni, perché loro hanno intrate di p...
tie che bene possano assettare più di me...
non la mia arte la quale voglio mutare e d...
dato qualche vestimento.
b) Signore, conoscendo io la mente di vostra Eccellenzia essere occupa...
il ricordare a vostra Signoria le mie piccole e l'arei messe in silenzio...
che 'l mio tacere fussi causa di fare isdegnare Vostra Signoria...
la mia vita ai vostri servizi mi tien continuamente parato a ubbidir...
del cavallo non dirò niente perché cognosco i tempi...
a Vostra Signoria com' io restai avere el salario di due anni del...
con due maestri i quali continovo stettono a mio salario e spe...
che al fine mi trovai avanzato di ta[l] opera circa a 15 lire m...
opere di fama per le quali io potessi mostrare a quelli che verranno ch'io sono sta...
fa per tutto ma io non so dove io potessi spendere le mia opere a per...
c) l'avere io atteso a guadagnarmi la vita...
d) Per non essere informata (in che essere io mi trovo come e mi)...
si ricorda della commessione del dipignere i camerini...
portavo a Vostra Signoria solo richiedendo a quella...
4.
a) Illustrissimi Signori mia, avendo io veduto come e Turchi non possano che prima venire in Italia per alcuna parte di terra ferma, che non passino il fiume l'Isonzio, e benché io cognosca non potersi fare alcuno riparo di lunga premanenzia, non resterò però di ricordare che i pochi omini coll'aiuto di tale fiumi non vaglino per molti, imperocché dove tali fiumi...
b) Ho giudicato non si potere fare riparo in alcun altro sito che sia di tanta universale valitudine, quanto quello che si fa sopra detto fiume.
c) Quanto l'acqua è più torbida, più pesa, e quanto più pesa, più si fa veloce nel suo discenso e quella cosa ch'è più veloce, più offende il suo obbietto.
O la cosa nota sopra l'acqua o ella...
d) L'acqua non ruina s'ella non si move e movendosi ciò che si trova sotto alla sua superfizie che non si ferma col suo fondo, si move tanto più tarda che l'acqua, quanto ella è più grave, e s'ella...
e) Pel portare delle cose col corso, cioe legnami e sassi.
t) Non vo' fare sostegno che passi le più basse rive, cioè quattro braccia e ci...
g) Di quel che fia detto contro alla premanenzia.
E legnami che son portati dai fiumi romperanno...
h) A questa parte rispondo che tutti i sostegni fieno nella loro altezza equali alla minor bassezza delle argini e venendo il fiume a crescere insino a tale altezza, esso non entra ne' boschi vicini all'argine e non v'entrando, non si concede che possa levarne alcun legname e così il fiume corre sol colla sua acqua di semplice turbolenzia.
i) E s'ella s'inalza sopra essa argine, come s'è visto questo anno aver superato le minore argine circa quattro braccia, e s'essa porta con seco legnami grandissimi, quelli levandoli a noto, a compagnia col suo corso, e gli lascia appoggiati e fermi a quelli maggiori alberi, che li sono atti a resistere e rimangano perch'hanno rami.
l) E se pure entrano nel fiume, essi v'entrano per avere pochi o nessun ramo e notano di sopra e non toccano il mio sostegno dentato.
m) (Passeran di notte se aran pau...
sospe...).
La gente dell'arme non vale contra di questi, s'ella non è unita, e s'ella è unita, essa non pò essere se non in un sol loco, o s'ella è unita in un sol loco, o ell'è più debole o più potente ch'e nimici; s'ell'è più debole, come da nimici per le spie...
inteso, essi passeran con tradi[mento].
n) Quando e' vengano e grande impeti, che portano e legnami e alberi grandissimi, esso passerà quattro o cinque braccia sopra le sommità di tali ripari come dimostrasi e segni infra le cose rimaste appiccate alli rami delli alberi donde già s'alzò.
o) Dove l'acqua non ha corso, quivi fia con facilità e prestezza riempiuto di fascine.
Sempre quelli che hanno gittato tornano indirieto da de...
p) (Avendo io) Illustrissimi Signori mia (bene esaminato el fiume di l'Isonzio fiume e oltre a di questo inteso) da paesani (ho inteso) come da qualunque parte (i paesani) e nimici (in v...) si pervenghino...
q) Illustrissimi Signori mia, avendo io bene esaminato la qualità del fiume l'Isonzio e da paesani inteso come per qualunche parte di terra fermare si possino i Turchi alle parte di la Italia, alfine conviene capitino al detto fiume, onde per questo ho giudicato che, ancora che sopra esso fiume ripari far non si possino che abbino che alfine non sieno ruinati e disfatti dalle sue inondazioni...
r) Illustrissimi Signori mia, avendo io conosciuto che per qualunque parte di terra ferma e Turchi pervenire si possino alle nostre parte italiche, alfine convien a quelli capitare al fiume l'Isonzio...
5.
Ill.me ac R.me D.ne D.ne mi Hn.
Comen.
etc.
Pochi giorni sono ch'io venni da Milano, & trovando che uno mio fratello maggiore non mi vuol servare uno [te]stamento facto da tre anni in qua che è morto nostro padre, ancor che la ragione sia per me, nondimeno per non mancare a me medesmo in una cosa che io stimo assai, non ho voluto ommettere di richiedere la R.ma S.
V.
di una lettera commendatizia & di favore qui a el Signor Raphaello Iheronymo, che è al presente uno de' nostri excelsi Signori, ne' quali questa mia causa si agita, & particularmente è suta dal Ex.tia del Gonfaloniere rimessa nel prenominato Signor Raphaello, & sua Signoria la ha a decidere & terminare prima venga la festa di tutti e Santi.
Et però, Monsignor mio, io prego quanto più so & posso V.
R.
S.
che scriva una lettera qui al decto Signor Raphaello, in quel dextro & affectuoso modo che lei saprà, raccomandandoli Leonardo Vincio svisceratissimo servitore suo, come mi appello, & sempre voglio essere, ricercandolo & gravandolo mi voglia fare non solo ragione, ma expedizione favorevole, & io non dubito puncto per molte relazioni mi son facte che, sendo el signor Raphaello a V.
S.
affectionatissimo, la cosa mi succederà ad votum.
Il che attribuirò a la lettera di V.
R.
S.
a la quale iterum mi raccomando.Et bene valeat.
Florentie XVIII 7bris 1507.
E.
V.
R.
D.
S.tor Humil.
Leonardus Vincius pictor.
6.
a) Voi volevi sommo male a Francesco e lasciavili godere il vostro in vita; a me ne volete malissimo a...
b) A chi volevi meglio, o a Francesco o a me? A te.
Costui vole e mia danari dopo me, ch'io non ne possa fare la volontà mia e sa ch'io non posso alienare l'erede mio.
Vol poi domandare a mia eredi e non come f.
ma come alienissimo; e io come alienissimo riceverò lui e sua.
Avete voi dati tali danari a Lionardo? No, o perché potrà elli dire che voi l'abbiate tirato in questa trappola, o finta o vera ch'ella si sia, se non per torli e sua danari o io non dirò nulla a lui in mentre che vive.
Adunque non volete voi poi rendere e danari prestati sul vostro a sua eredi, ma volete che paghi l'entrate che esso ha di tal possessione.
c) O non lasciavi voi godere a lui in vita, purché poi essi tornassino a vostri fi.
? Or non poteva esso ancora vivere molti anni? Sì.
Or fate conto che io sia quello.
Voi volesti che io fussi erede perch'io non vi potessi a voi, come erede, dimandare e danari che io ho avere da Francesco.
7.
Amatissimo mio fratello.
Solo questa per avvisarti come ne' dì passati io ricevetti una tua, per la quale io intesi tu avere avuto erede, della quale cosa intendo come hai fatto strema allegrezza: il che, stimando io tu essere prudente, al tutto son chiaro come i' sono tanto alieno da l'avere bono giudizio, quanto tu dalla prudenza; con ciò sia che tu ti se' rallegrato d'averti creato un sollecito nemico, il quale con tutti li sua sudori disidererà libertà, la quale non sarà sanza tua morte.
8.
Padre carissimo, a l'ultimo del passato ebbi la lettera mi scrivesti, la quale in brieve spazio mi dette piacere e tristizia.
Piacere, in quanto che per quella io intesi voi essere sano, di che ne rendo grazia a Dio; ebbi dispiacere intendendo il disagio vostro.
9.
a) (Ill.mo mio Signore aven)
(Assai mi rallegro illustrissimo mio Signore del vostro).
Tanto mi son rallegrato, illustrissimo mio Signore, del desiderato acquisto di vostra sanità che quasi el mal mio da me s'è fuggito della quasi rintegrata sanità di vostra Eccellenza.
Ma assai mi rincresce il non avere io potuto integralmente saddisfare alli desideri di vostra Eccellenzia mediante la malignità di cotesto ingannatore, al quale non ho lasciato indirieto cosa alcuna colle quale io li abbia potuto giovare che per me non il sia stata fatta e prima la sua provvisione innanzi al tempo immediate li era pagata, la quale io credo che volentieri negherebbe negata se io non avessi la scritta e testata di man dello interpetre, e, vedendo io che per me non si lavorava se non quando i lavori d'altri li mancavano, de' quali lui era sollecito investigatore, io lo pregai che dovessi mangiare con meco e lavorare di lime appresso di me perché oltre al conto...
ben l'opere, elli acquisterebbe il linguaggio taliano.
Lui sempre (lo promise e mai lo volle fare).
E questo facevo ancora perché quel Giovàn tedesco, che fa li specchi, ogni dì li era in bottega e voleva vedere e intendere ciò che si faceva, e pubblicava per la terra biasimando...
quel che lui non ne intendea.
E questo facevo perché lui mangiava (colli tedeschi che so) con quel della guardia del Papa e poi se n'andava in compagnia, colli scoppietti ammazzando uccelli per queste anticaglie, e così seguitava da dopo desinare a sera.
E se io mandavo Lorenzo a sollecitarli il lavoro lui si scrucciava e diceva che non voleva tanti maestri sopra ['l] capo e che il lavorar suo era per il guarderoba di vostra Eccellenzia, e passò dua mesi, e così seguitavo, e un dì trovando Giannicolò della guardaroba domanda'lo se 'l tedesco avea finito l'opere del Magnifico, (e lui) mi disse non esser vero, ma che solamente li avea dato a nettar dua scoppiette.
Di poi facendolo io sollecitare, lui lasciò la bottega e cominciò a lavorare in camera e perde[r] assai tempo nel fare un'altra morsa e lime e altri strumenti a vite, e quivi lavorava mulenelli da torcere seta e o[ro], i quali nascondeva, quando nessun de' mia v'entrava, e con mille bestemmie e rimbrotti in modo che nessun de' mia voleva più entrare.
b) Tanto mi son rallegrato, illustrissimo mio Signore, del desiderato acquisto di vostra sanità, che quasi il male mio da me s'è fuggito.
Ma assai mi rincresce il non avere io potuto integralmente saddisfare alli desideri di Vostra Eccellenza, mediante la malignità di cotesto ingannatore tedesco; per il quale non ho lasciato indirieto cosa alcuna, colle quale io abbia creduto farli piacere.
E prima invitarlo ad abitare e vivere con meco, per la qual cosa io vedrei al continuo l'opera che lui facessi, e con facilità ricorreggere' li errori, e oltre a di questo imparerebbe la lingua taliana, mediante la quale lui con facilità potrebbe parlare sanza interprete.
E prima li sua dinari li furon sempre dati innanzi al tempo al tutto Di poi, la richiesta di costui fu di avere li modelli finiti di legname, com'elli aveano a essere di ferro, e quali volea portare nel suo paese; la qual cosa io li negai, dicendoli ch'io li darei in disegno la larghezza, lun[gh]ezza e grossezza e figura di ciò ch'elli avesse a fare; e così restammo mal volentieri.
c) La seconda cosa fu che che si fece un'altra bottega, con nove morse e strumenti nella camera dove dormiva, e quivi lavorava per altri; dipoi andava a desinare co' Svizzeri della guardia, dove sta gente sfaccendata, della qual cosa lui tutti li vinceva.
Di lì se ne usciva e 'l più delle volte se n'andavan dua o tre di loro, colli scoppietti, ammazzando uccelli per le anticaglie, e questo durava insino a sera.
d) Alfine ho trovato come questo maestro Giovanni delli specchi è quello che ha fatto il tutto per due cagioni.
E la prima è perché lui ha uto a dire che la venuta mia qui li ha tolto la conversazione e 'l favore di Vostra Signoria, che sempre ve..., l'altra è che la stanzia di questo ferreri dice convenirsi a lui per lavorare li specchi e di questo n'è fatto dimostrazione che, oltre al farmi costui nimico, li ha fatto vendere ogni sua...
e lasciare a lui la sua bottega, nella qual lavora con molti lavoranti assai specchi per mandare alle fiere.
10.
Io ho uno che, per aversi di me promesse cose assai men che debite, essendo rimaso ingannato del suo prosuntuoso desiderio, ha tentato di tormi tutti li amici, e perché li ha trovati savi e non leggeri al suo volere, m'ha minacciato che troverà tale [inven]zione che mi torrà e benifattori; onde io ho di questo informato Vostra Signoria, acciò (che, volendo questo seminare li usati scandoli, non trovi terreno atto a ricevere i pensieri e li atti della sua mala natura).
([A ciò] che, tentando lui fare di Vostra Eccellenzia strumenti della sua iniqua e malvagia natura, rimanga ingannato di suo desiderio).
11.
a) Lo volli tenere a mangiar meco, stando a...
b) Andava a mangiare colla guardia, dove, oltre allo star due o tre ore a tavola, ispessi[ssi]me volte il rimanente del giorno era consumato coll'andare in collo scoppietto ammazzando uccelli per queste anticaglie.
E se nessun de' mia li entrava in bottega, e' faceva lor rabbuffi, e, se alcun lo riprendeva, elli diceva che lavorava per il guarderoba, e nettare armadure e scoppietti.
Alli danari subito il principio del mese sollecitissimo a riscoterli.
E per non essere sollecitato lasciò la bottega, e se ne fece una in camera, e lavorava per altri e se in ultimo li feci dire...
Vedendo io costui rare volte stare a bottega, e che consumava assai, io li feci dire che, se li piaccia, che i' farei co' lui mercato di ciascuna cosa che lui facessi, e a stima, e tanto li darei quanto noi fussimo d'accordo; elli si consigliò col vicino e lasciolli la stanza, vendendo ogni cosa e venne a trovare...
Quest'altro m'ha impedito l'anatomia col Papa biasimandola, e cosi allo spedale, e empiè di botteghe da specchi tutto questo Belvedere o lavoranti, e così ha fatto nella stanza di maestro Giorzo.
c) Questo non fece opera nessuna, che ogni giorno non conferissi con Giovanni, el quale le bandiva e bandiva per la terra, dicendo lui esser maestro di tale arte, e quel che lui non intendeva diceva io non sapere quello che far mi volessi, accusando me della sua ignoranza.
d) Non posso per via di costui far cosa segreta, perché quell'altro li è sempre alle spalli, perché l'una stanza riesce nell'altra.
e) Ma tutto il suo intento era insignorirsi di quelle due stanze per far lavorar di specchi.
E s'io li mettevo a fare la mia centina, ella si pubricava, etc.
f) Disse che otto ducati li fu promesso ogni mese, cominciando il primo dì che si misse in via, o, il più tardo, quando e' vi parlò, e che voi l'accettasti, e...
12.
Sommi accertificato che esso lavora a tutti e che fa bottega per il popolo; per la qual cosa io non voglio che lavori per me a provvisione, ma che e' si paghi de' lavori che fa per me; e perch'elli ha bottega e casa del Magnifico, che sia tenuto a mandare i lavori del Magnifico innanzi a tutti.
13.
Tutti i mali che sono e che furono essendo messi in opera da costui, non saddisferebbono al desiderio del suo iniquo animo.
I' non potrei con lunghezza di tem[po] desc[r]ivervi la natura di costui, ma ben conchiudo che...
14.
Magnifico Presidente, essendomi io più volte ricordato delle profferte fattomi da Vostra Eccellenzia, più volte ho preso sicurtà di scrivere, e di ricordare a quella la promessa fattomi a l'ultima partita, cioè la possessione di quelle dodici once d'acqua donatomi dal Cristianissimo Re.
Vostra Signoria sa che io non entrai in essa possessione, perché in quel tempo ch'ella mi fu donata, era carestia d'acqua nel Navilio, sì pel gran secco, come pel non essere ancora moderato li sua bocchelli, ma mi fu promesso da Vostra Eccellenzia che, fatta tal moderazione, io avrei l'attento mio.
Di poi, intendendo essere acconcio il Navilio, io scrissi più volte a Vostra Signoria e a Messer Girolamo da Cusano, che ha appresso di sé la carta di tal donagione, e così scrissi al Corigero, e mai ebbi risposta.
Ora io mando costì Salai, mio discepolo, apportatore di questa, al quale V.
S.
potrà dire a bocca tutto quel ch'è seguito, della qual cosa i' priego Vostra Eccellenzia.
15.
M.° Signore mio, l'amore che V.
Eccellenzia m'ha sempre dimostro, e benifizi ch'io ho ricevuti da quella al continuo mi son dinanzi.
Io ho sospetto che la poca remunerazion de' gran benifizi ch'i' ho ricevuta da Vostra Eccellenzia, non v'abbino fatto alquanto turbare con meco; e questo è che di più lettere che io ho scritte a Vostra Eccellenzia i' non ho mai auta risposta.
Ora io mando costì Salai per fare intendere a V.
Signoria come io son quasi al fine del mio letigio co' mia fratelli, e come io credo essere costì in questa Pasqua, e portare con meco due quadri, dov'è sù due Nostre Donne di varie grandezze, le quale io ho cominciate pel Cristianissimo Re o per chi a voi piacerà.
Arei ben caro di sapere, alla mia tornata di costà, dove io ho a stare per istanzia, perché non vorrei dare più noia a Vostra Signoria; e ancora, avendo io lavorato pel Cristianissimo Re, se la mia provvisione è per correre o no.
Io scrivo al Presidente di quell'acqua che mi donò il
Re, della quale non fui messo in possessione, per esserne carestia nel Navilio, per causa de' gran secchi, e perché i sua bocchegli non eran moderati; ma ben mi promisse che fatta tal moderazione, e ne sarei messo in possessione; si che io vi priego che scontrandosi in esso Presidente, non vi incresca che, ora che tali bocchelli son moderati, di ricordare a detto Presidente di farmi dare la possessione d'essa acqua, che mi parve intendere che in gran parte stava a lui.
Altro non mi accade.
I' sono sempre a' vostri comandi.
16.
Buon dì, messer Francesco, puollo fare Iddio che, di tante lettere ch'io v'ho scritto, che mai voi non m'abbiate risposto? Or aspettate ch'io venga costà, per Dio, ch'io vi farò tanto scrivere, che forse vi rincrescerà.
Caro mio messer Francesco, io mando costì Salai, per intendere della Magnificenzia del Presidente che fine ha 'uta quella moderazione dell'acqua, che alla mia partita fu ordinata per li bocchelli del Navilio: perché el Magnifico Presidente mi promise che subito fatta tal moderazione, io sarei spedito.
Ora egli è più tempo che io intesi che ['l] Navilio s'acconciava e similmente i sua bocchelli, e immediate scrissi al Presidente e a Voi, e poi ripricai, e mai ebbi risposta.
Adunque voi degnerete di rispondermi quel ch'è seguito, e, non essendo per ispedirsi, non v'incresca per mio amore, di sollecitarne un poco il Presidente e così Messer Girolamo da Cusano, al quale voi mi raccomanderete, e offereretemi a Sua Magnificenzia.
17.
a) Piacenzia è terra di passo, come Fiorenza.
b) Magnifici Fabbriceri, intendendo io vostre magnificenze avere preso partito di fare certe magne opere di bronzo, delle quali io vi darò alcuno ricordo, prima che voi non siate tanto veloci e tanto presti a fare essa allocazione, che, per essa celerità, sia tolto qualche omo che per la sua insoffizienzia abbia appresso a' vostri successori a vituperare sé e la vostra età...
iudicando che questa età fussi mal fornita [sia] d'omini di bon giudizio, che di boni maestri, vedendo nell'altre città, e massime nelle città de' fiorentini, quasi ne' medesimi tempi essere dotata di sì belle e magne opere di bronzo, infra le quali le porte del loro battisterio; la qual Fiorenzia, sì come Piacenzia, è terra di passo, dove concorre assai forestieri, i quali vedendo le opere belle o bone, d'elle fanno a sé medesimi impressione quella città essere fornita di degni abitatori, vedendo l'opere testimonie d'essa openione e per lo contradio vedendo tanta spesa di metallo operata sì tristamente, che men vergogna alla città sarebbe che esse porte fussino di semplice legname, perché la poca spesa della materia non parrebbe meritevole di grande spesa di magisterio, ond'è che...
c) Le principali parti che per le città si ricerca si sono i domi di quelle, delli quali appressatosi le prime cose che all'occhio appariscano sono le porte donde in esse chiese passare si possa.
d) Guardate, Signori Fabbriceri, che la troppa celerità del volere voi con tanta prestezza dare ispedizione alla locazione di tanta magna opera quanto io sento che per voi s'è ordinata, non sia cagione che quello che per onore di Dio e delli omini si fa, non torni in gran disonore de' vostri iudizi e della vostra città, dove, per essere terra degna e di passo, è concorso d'innumerabili forestieri.
E questo disonore accaderebbe quando per le vostre indiligenzie voi prestassi fede a qualche vantato[re] che per le sue frappe o per favore che di qua dato li fussi, da voi avessi a impetrare simile opera, per la quale a sé e a voi avessi a partorire lunga e grandissima infamia; che non posso fare che io non mi iscrucci a ripensare quali omini sieno quelli che con me abbino conferito volere in simile impresa entrare, sanza pensare alla loro soffizienzia, [sanza] dirne altro: chi è maestro da boccali, chi di corazze, chi campanaro, alcuno sonaglieri, e insino a bombardiere, fra i quali uno del Signore s'è vantato che tra l'essere lui compare de Messere Ambrosio Ferrere che à qualche commessione, dal quale lui à buone promessioni, e se quello non basterà, che monterà a cavallo, e andrà dal Signore e impet[r]erà tale lettere che per voi mai simile opera non gli sa[rà] dinegata.
Mo' guardate dove i miseri studiosi, atti a simile opere sono ridotti, quando con simili omini hanno a gareggiare! con che speranza e' possano aspettare premio di lor virtù! aprite li occhi, e vogliate ben vedere che i vostri dinari non si spendino in comperare le vostre vergogne.
Io vi so annunziare che di questa terra voi non trarrete se none opere di sorte e di vile e grossi magisteri; non ci è omo che vaglia e credetelo a me, salvo Lonar Fiorentino che fa il cavallo del duca Francesco di bronzo, che non ne bisogna fare stima, perché ha che fare il tempo di sua vita, e dubito che, per l'essere sì grande opera, che non la finirà mai.
18.
a) Signori padri diputati, si come ai medici, tutori, curatori de li ammalati, bisogna intendere che cosa è omo, che cosa è vita, che cosa è sanità, e in che modo una parità, una concordanza d'elementi la mantiene, e così una discordanza di quelli la ruina e disfà, e conosciuto ben le sopra dette nature, potrà meglio riparare che chi n'è privato.
b) Voi sapete le medicine, essendo bene adoperate, rendon sanità ai malati.
Questo bene adoperate sarà, quando il medico con lo intendere la lor natura intenderà che cosa è omo, che cosa è vita, che cosa è complessione e così sanità.
Conosciute ben queste, ben conoscerà il suo contrario.
Essendo così, ben vi saperà riparare.
c) Voi sapete le medicine, essendo bene adoperate, rendon sanità ai malati, e quello che bene le conosce, ben l'adopererà, quando ancora lui conoscerà che cosa è omo, che cosa è vita e complessione, che cosa è sanità; conoscendo queste, bene conoscerà i sua contrari; essendo così, più visino sarà al riparo ch'alcun altro.
Questo medesimo bisogna al malato domo, cioè uno medico architetto, che 'ntenda bene che cosa è edifizio, e da che regole il retto edificare diriva, e donde dette regole sono tratte, e 'n quante parte sieno divise, e quale sieno le cagione che tengano lo edifizio insieme, e che lo fanno premanente, e che natura sia quella del peso, e quale sia il disiderio de la forza, e in che modo si debbono contessere e collegare insieme, e congiunte che effetto partorischino.
Chi di queste sopra dette cose arà vera cognizione, vi lascerà di sua rason e opera sadisfatto.
d) Onde per questo io m'ingegnerò, non ditraendo, non infamando alcuno, di saddisfare in parte con ragioni e in parte coll'opere, alcuna volta dimostrando li effetti per le cagioni, alcuna vol[t]a affermando le ragioni colle sperienze, (e 'nsieme con) queste accomodando alcuna alturità de li architetti antichi, le pruove de li edifizi fatti, e quali sieno le cagioni di lor ruina e di lor premanenzia ecc.
e) E con quelle dimostrare qual è prima del carico, e quale e quante sieno le cagioni che danno ruina a li edifizi, e quale è il modo della loro stabilità e premanenza.
f) Ma per non essere plorisso a Vostr'Eccellenze, dirò prima la invenzione del primo architetto del domo, e chiaramente vi dimosterò qual fussi sua intenzione, affermando quella collo principiato edifizio; e facendovi questo intendere, chiaramente potrete conoscere il modello da me fatto avere in sé quella simetria, quella corrispondenzia, quella conformità, quale s'appartiene al principiato edifizio.
g) Che cosa è edifizio e donde le regole del retto edificare hanno dirivazione, e quante e quali sieno le parte appartenente a quelle.
h) O io, o altri che lo dimostri me' di me, pigliatelo, mettete da canto ogni passione.
TRADUZIONI E TRASCRIZIONI
1.
O Greci, io non penso che miei fatti vi sieno d[a raccon]tare, però che voi li avete veduti.
Dica U[lisse] gli suoi, ch'egli fa senza testimoni de qua[li] è sola consapevole la oscura notte.
2.
O tempo, consumatore delle cose, e o invidiosa antichità, tu distruggi tutte le co[se] e consummate tutte le cose da' duri denti della vecchiezza a poco a poco con lenta morte.
Elena, quando si specchiava, vedendo le v[i]zze grinze del suo viso fatte per la vecchiezza, piagne e pensa seco perché fu rapita du' volte.
3.
De' non m'avere a vil ch'i non son povero; povero è quel che assai cose desidera.
Dove mi poserò? Dove, di qui a poco tempo tu 'l saprai, risposi, per te stessi, di qui a poco tempo.
4.
Mal fai se lodi e peggio istu riprendi la cosa, quando bene tu non la 'ntendi.
5.
Quando Fortuna vien, prendil' a man salva; dinanti dico, perché direto è calva.
6.
Se voi star sano osserva questa norma
non mangiar sanza voglia, e cena leve,
mastica bene, e quel che in te riceve
sia ben cotto e di semplice forma.
Chi medicina piglia mal s'informa.
Guarti dall'ira e fuggi l'aria grieve;
su diritto sta, quando da mensa leve;
di mezzogiorno fa che tu non do[r]ma.
El vin sia temperato, poco e spesso,
non for di pasto né a stomaco voto;
non aspectar né indugiare il cesso;
se fai esercizio sia di picciol moto.
Col ventre resuppino e col capo depresso
non star, e sta coperto ben di notte;
el capo ti posa e tien la mente lieta.
Fuggi lussuria e attienti alla dieta.
7.
Chi perde il tempo e virtù non acquista
quanto più pens' e l'animo più s'attrista.
8.
Virtù non ha ni poterebbe avere, chi lassa onore per acquistare avere.
9.
Non vale fortuna a chi non s'affatica;
perfetto don non s'ha senza gran pena;
colui si fa felice che vertù investiga.
10.
Passano nostri triunfi, nostre pompe.
11.
La gola e 'l sonno e l'oziose piume
hanno del mondo ogni virtù sbandita,
12.
Ormai convien così che tu ti spoltri,
disse il maestro, che seggendo in piuma,
in fama non si vien né sotto coltri;
sanza la qual chi sua vita consuma,
tal vestigia in terra di sé lascia,
qual fumo in aria o nell'acqua la schiuma.
13.
TERZETTO FATTO PER LI CORPI REGOLARI E LORO DERIVATIVI
El dolce fructo vago e sì diletto
constrinse già filosafi cercare
causa di noi per pascere lo 'ntelletto.
14.
Se 'l Petrarca amò sì forte il lauro
fu perché gli è bon fra la salsiccia e tor[do];
i' non posso di lor giance far tesauro.
15.
O se d'un mezzo circol far si pote
triangol si ch' un recto non avessi
e che gli altri due un retto non facessi.
...
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