[Pagina precedente]...poneva a tranquillità e a quiete revocato e racconsolato dalle suavissime voci e modi di musica. E provai io non rarissimo questo in me, che in mie lassitudini d'animo questa dolcezza e varietà de' suoni e del cantare molto mi sullevorono e restituirono. E proverrete questo voi, se mai v'accade: mai vi s'avvolgerà pell'animo e mente alcuna sì cocente cura che subito ella non si estingua ove voi perseverrete cantando. E non so come a me pare che 'l cantare mio qualunque e' sia, più a me satisfaccia e più giovi che 'l sonare di qualunque altri forse fusse ottimo ed essercitatissimo musico. Né fu senza commodo instituto quel costume antiquissimo, qual poi interdisse el concilio arelatense, che le escubie funerali si vegghiassero cantando. Credo io così faceano que' buoni antiqui per distorre l'animo da que' tristi pensieri del morire. Ma a questi nostri religiosissimi forse parse più utile el ricordarsi d'essere uomo simile a quel morto; e parsegli officio più pio riconoscersi mortale e d'ora in ora caduco che darsi ad alcuna levità e lascivia. Ma el disputare di questo poco sarebbe a proposito. Tanto affermo, che qualunque cosa faremo per recrearci qual sia fatta senza iniuria di persona, sarà non indegna d'uomo studioso. Dice Plutarco: el trasferirsi qua e qua si è quasi come imitare chi fugge. E certo giova pigliare nuovi spassi in vari luoghi e sollazzi; correre, saltare, lanciare, sibillare alla caccia, e fra la gioventù in luogo e tempo atto non mi dispiace. Né mi dispiacerebbe el convivare, el motteggiare, el perdurre la notte co' lumi e giucando con tuoi amici e con la gioventù, e ancora cantare danzando. Quel nostro poeta gridava:
Non placet iste ludus, clamo et diludia posco.
A me non in tutto dispiacerebbe se qualche giuoco alquanto lascivo piacesse a chi e' bisognasse per dimenticarsi la sua mala sanità d'animo. L. Silla cantava non rarissimo, e Cimon, quel celebratissimo ateniense, doppo cena cantò appresso di Laumedonte. Scipione, qual fu lume non solo dell'arme e impeto romano, ma lume in prima illustrissimo d'ogni civiltà latina, solea con molta grazia spesso danzare. E Appio Claudio, uomo che trionfò, sendo grave e maturo, persino in ultima sua età danzò molto volentieri e con molta iocondità . Augusto, quel primo successore a Cesare, quale tre volte chiuse el tempio di Iano Quirino, non più che una o due volte prima veduto in Roma non aperto, scriveno che per suo trastullo solea pescare coll'amo, e non raro giucare alle nocciuole in mezzo di più fanciugli quali fossero d'aspetto dolce e di parole arditi. Ed Eraclito filosofo simile non fue più volte veduto appresso al tempio di Diana giucare alle murelle co' fanciugli? E Socrate, principe d'ogni modestia e gravità , non soleva egli per ricrearsi giucare a que' simili giuochi puerili insieme co' fanciugli? Lelio e Scipione sul lito presso a Gaeta soleano simile trastullarsi co' calculi e fargli balzellare sopra l'acque e a maraviglia insieme rinfanciullire. Referirovvi a questa similitudine ciò che a me verrà in memoria. Publio Muzio iurisconsulto giucava per darsi ozio a quel giuoco quale e' chiamavano
duodecim scripta; e Claudio Cesare giucava a quel giuoco chiamato alea, e scrissene un libro non solo per esplicare che artificio vi bisogni per vincere, ma forse in prima per pigliarsene diletto scrivendone. E simile C. Macio e M. Ambivio, patrizi romani, dice Columella, scrissero que' duo libri
Quocum et Pistorem, dove e' comandano a questi che venendo a mescolarsi con qualche femmina tocchin nulla se prima e' non si lavin le mani in fiume. E scrissero costoro non per insegnare cuocere el pane e fare la cucina, ma credo solo per imitare Solone, prestantissimo principe e filosofo in Grecia, quale recita Plutarco che per recrearsi dalle fatiche delle sue faccende solea darsi a scrivere versi lascivi. Penolopes, presso ad Omero, tenea in sue delizie venti oche, credo io, bionde bionde, e gratificavagli intanto dimenticarsi el suo Ulisses quanto ella curava quella sua domestica greggia e famigliuola. Alessandro, quello ottimo principe romano nimico de' ladri, quale talvolta con tanto stomaco si versava contro a' rapaci cittadini che la collera si li rompea e fuori in terra traboccava, costui, principe ottimo e constantissimo, dicono che per suo sollazzo e vezzi tenea colombi paia ventimila, e pasceagli del frutto de' loro pippioni: godea vedergli volare, e, come dicono e' poeti, godea sentirgli gemere ne' suoi amori e applaudere e festeggiare coll'ale a chi ben gli nutriva. Racconta Suetonio istorico che Tiberio Cesare principe romano pigliava sollazzo in mezzo al bagno natare con più e più tenerucci fanciugli, e ridea dicendo: questi sono e' mia pesciatellini. Ulisses solea presso a Circes lavarsi co' bagnuoli odoriferi. Catone, quel buon romano si levava dalle fessitudini delle sue faccende e tessea paneruzzole. Vidi io alcuni di natura duri, bizzarri, inessorabili, a cui bisognava quasi come per escludere e pignere fuori quel piuolo rotto del pertuso infiggervi uno altro intero piuolo, e per trargli la bizzarria bisognava litigar seco di qualche cosa ed eccitar seco qualche rissa tanto che si sfogasse, e poi era mansuetissimo e facilissimo e flessibile in ogni parte. A Pirro Eliensis filosofo, figliuolo di Plistarco, scrive Laerzio istorico, fu trastullo tenere una sua scrofa ben munda dal loto e ben pulita, e forse se la tenea, qual fanno le mamme, in collo per sua bambina. Così molti simili essempli e modi da espurgare la erumna e gravezza de' duri pensieri e atti a restaurarci, s'io vi pensassi, potrei esporveli, co' quali e' nostri maggiori soleano recrearsi. Ma questi per ora bastino a quanto intendiamo.
Adunque e noi, quando forse ci si presentassero triste alcune memorie e insurgessero in noi turbulenti pensieri e agitazione di nostra mente, e già cominciassero opprimerci grave alcune e dure sollicitudini, subito in que' principi osteremo prima che l'animo sia convinto, però che l'animo non può mai poi imperare a se stesso. A que' primi insulti adunque subito usurperemo simili remedi; e con ogni arte e diligenza cureremo vendicarci in tranquilla ed espedita libertà d'animo e di mente. E vuolsi, come si dice, se un solo non giova, molti forse gioveranno, vuolsi provarne più e più, tanto che tu senta da qualche uno l'animo tuo acquietato e pacificato con teco stessi.
Restano alcuni ultimi e ottimi ricordi a questa materia quali non voglio preterirli, e sono questi: non repetere all'animo tuo e' passati sinistri; ragiona e con teco e con altri d'ogni altra cosa che de' casi e infortuni tuoi. In Roma el simulacro della dea Angeronia aveva la bocca legata e suggellata, e a costei faceano e' sacerdoti sacrificio nel sacello della dea Voluppia; qual misterio interpetra Macrobio significare che soffrendo con taciturnità le angustie dell'animo tornano poi in voluttà . Ma perché pare, quando siamo soli, meno possiamo non repetere e' nostri mali, e quando siamo non soli più troviamo da consolarci co' e' ricordi e ammonimenti di chi ne ascolta, però mi piace quel precetto antiquo che in tue infelicità e miserie sempre fugga la solitudine. E a questo lodano trovarsi co' cari noti e amici in teatro, ne' tempi, e dove siano feste e giuochi privati e pubblici. E simile lodo io el tradursi colla gioventù in villa a quello aiere libero, suso que' lieti colli, fra que' culti e prati amenissimi. E per divertere l'animo da ogni trista memoria e duro pensiero, dicovi questo: nulla troverete utilissimo quanto occupare le membra e occupare l'animo vostro ad altre varie o grate o ingrate faccende ch'elle siano. Que' di Pompeio, quando e' lo viddero ucciso e tronco giacere in sul lito, tanto restorono di condolersi quanto essi attesero a fuggire. Converrassi adoperare coll'uccello, co' cani alle caccie, tendere alle fere, a' pesci. Sarà non disutile intrapreendere qualche patrocinio in la causa del tuo noto o vicino. Così con altri e con simili essercizi sarà utilissimo al tutto lungi fuggire ogni ozio e solitudine. E non vi tacerò quel ch'io provai in me. Parravvi forse cosa lieve, ma ella porta seco ottimo e presentaneo rimedio. Cosa niuna tanto mi disdice da mia vessazione d'animo, né tanto mi contiene in quiete e tranquillità di mente, quanto occupare e' miei pensieri in qualche degna faccenda e adoperarmi in qualche ardua e rara pervestigazione. Soglio darmi a imparare a mente qualche poema o qualche ottima prosa; soglio darmi a commentare qualche essornazione, ad amplificare qualche argumentazione; e soglio, massime la notte, quando e' miei stimoli d'animo mi tengono sollecito e desto, per distormi da mie acerbe cure e triste sollicitudini, soglio fra me investigare e construere in mente qualche inaudita macchina da muovere e portare, da fermare e statuire cose grandissime e inestimabili. E qualche volta m'avvenne che non solo me acquetai in mie agitazioni d'animo, ma e ancora giunsi cose rare e degnissime di memoria. E talora, mancandomi simili investigazioni, composi a mente e coedificai qualche compositissimo edificio, e disposivi più ordini e numeri di colonne con vari capitelli e base inusitate, e collega'vi conveniente e nuova grazia di cornici e tavolati. E con simili conscrizioni occupai me stessi sino che 'l sonno occupò me. E quando pur mi sentissi non atto con questi rimedi a rassettarmi, io piglio qualche ragione in conoscere e discutere cagioni ed essere di cose da natura riposte e ascose. E sopratutto quanto io provai, nulla più in questo mi satisfa, nulla tutto tanto mi compreende e adopera, quanto le investigazioni e dimostrazioni matematice, massime quando io studi ridurle a qualche utile pratica in vita; come fece qui Battista, qual cavò e' suoi rudimenti di pittura e anche e' suoi elementi pur da' matematici, e cavonne quelle incredibili preposizioni
de motibus ponderis. Non voglio estendermi in recitarvi di me quello che in me possano queste arti matematice; né voglio insistere a persuadervi quel che io stimo per miei detti di sopra esservi persuaso. Tanto solo v'affermo: cosa niuna più giova a espurgare ogni tristezza che immettersi in animo qualche altra occupazione e pensiere. Confesserovvi di me stesso, a me non rarissimo intervenne ch'io, posto in mezzo dove erano alcuni invidi, procaci e temulenti, de' quali più d'uno con vari stimoli e aculei di parole per incitarmi ad ira di qua e di qua mi saettavano, stetti parte sì occupato ad altre mie investigazioni, parte ancora sì disposto a nulla curarli più che se fussero quel corvo che salutava Cesare, o quel psittaco che gridava chere, chere, che io nulla udiva, nulla vedea, nulla sentiva altri che me stessi; meco ragionava, meco repetea miei studi e vigilie, e a me stessi intanto promettea buona grazia e posterità . Quinci pensate voi quali siano gli animi più pieni che 'l mio di maravigliosa investigazione. M. Marcello presso a Siracuse comandò a' suoi armati che in tanto eccidio di sì nobile terra servassero quello Archimede matematico, quale difendendo la patria sua con varie e in prima non vedute macchine e instrumenti bellici, aveva una e un'altra volta perturbato ogni ordine suo e rotto l'impeto di tanta sua ossidione ed espugnazione. Trovoronlo investigare cose geometrice quale e' disegnava in sul pavimento in casa sua; e trovoronlo sì occupato coll'animo e tanto astratto da ogni altro senso che lo strepito delle armi, el gemito de' cittadini quali cadeano sotto le ferite, le strida delle moltitudine quali periano oppressi dalle fiamme e dalle ruine de' tetti e de' tempi, nulla el commoveano. Cosa per certo mirabile che tanto fracasso, tanta caligine del fumo e del polverio non lo stogliesse da questa una sua investigazione e ragione matematica a quale egli era tanto occupato e adiudicato.
Così, non dubitate, se instituiremo in noi buona ragione di vivere, se ci daremo a lodati essercizi, se insisterremo in pervestigazioni di cose degne e prestantissime, se ci adempieremo di virtù e constanza, certo potremo, con n...
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