MIRRA, di Vittorio Alfieri - pagina 2
...
...
Io nulla
celar ti debbo.
- Ah! riamarmi, forse
Mirra il vorrebbe, e par nol possa.
In petto
giá n'ebbi io speme; e ancor lo spero; o almeno,
io men lusingo.
Inesplicabil cosa,
certo, è il contegno, in ch'ella a me si mostra.
Ciniro, tu, benché sii padre, ancora
vivi ne' tuoi verdi anni, e amor rimembri:
or sappi, ch'ella a me sempre tremante
viene, ed a stento a me si accosta; in volto
d'alto pallor si pinge; de' begli occhi
dono a me mai non fa; dubbj, interrotti,
e pochi accenti in mortal gelo involti
muove; nel suolo le pupille, sempre
di pianto pregne, affigge; in doglia orrenda
sepolta è l'alma; illanguidito il fiore
di sua beltá divina: - ecco il suo stato.
Pur, di nozze ella parla; ed or diresti,
ch'ella stessa le brama, or che le abborre
piú assai che morte; or ne assegna ella il giorno,
or lo allontana.
S'io ragion le chieggo
di sua tristezza, il labro suo la niega;
ma di dolor pieno, e di morte, il viso
disperata la mostra.
Ella mi accerta,
e rinnuova ogni dí, che sposo vuolmi;
ch'ella m'ami, nol dice; alto, sublime,
finger non sa il suo core.
Udirne il vero
io bramo e temo a un tempo: io 'l pianto affreno;
ardo, mi struggo, e dir non l'oso.
Or voglio
di sua mal data fede io stesso sciorla;
or vo' morir, che perder non la posso;
né, senza averne il core, io possederla
vorrei...
Me lasso!...
ah! non so ben s'io viva,
o muoja omai.
- Cosí, racchiusi entrambi,
e di dolor, benché diverso, uguale
ripieni l'alma, al dí fatal siam giunti,
che irrevocabil oggi ella pur volle
all'imenéo prefiggere...
Deh! fossi
vittima almen di dolor tanto io solo!
CINIRO
Pietá mi fai, quanto la figlia...
Il tuo
franco e caldo parlare un'alma svela
umana ed alta: io ti credea ben tale;
quindi men franco non mi udrai parlarti.
-
Per la mia figlia io tremo.
Il duol d'amante
divido io teco; ah! prence, il duol di padre
meco dividi tu.
S'ella infelice
per mia cagion mai fosse!...
È ver, che scelto
ella t'ha sola; è ver, che niun l'astringe...
Ma, se pur onta, o timor di donzella...
se Mirra, in somma, a torto or si pentisse?...
PERÉO
Non piú; t'intendo.
Ad amator, qual sono,
appresentar puoi tu l'amato oggetto
infelice per lui? ch'io me pur stimi
cagion, benché innocente, de' suoi danni,
e ch'io non muoja di dolore? - Ah! Mirra
di me, del mio destino, omai sentenza
piena pronunzi: e s'or Peréo le incresce,
senza temenza il dica: io non pentito
sarò perciò di amarla.
Oh! lieta almeno
del mio pianger foss'ella!...
A me fia dolce
anco il morir, pur ch'ella sia felice.
CINIRO
Peréo, chi udirti senza pianger puote?...
Cor, né il piú fido, né in piú fiamma acceso
del tuo, non v'ha.
Deh! come a me l'apristi,
cosí il dischiudi anco alla figlia: udirti,
e non ti aprire anch'ella il cor, son certo,
che nol potrá.
Non la cred'io pentita;
(chi il fora, conoscendoti?) ma trarle
potrai dal petto la cagion tu forse
del nascosto suo male.
- Ecco, ella viene;
ch'io appellarla giá fea.
Con lei lasciarti
voglio; ritegno al favellar d'amanti
fia sempre un padre.
Or, prence, appien le svela
l'alto tuo cor che ad ogni cor fa forza.
SCENA SECONDA
MIRRA, PERÉO.
MIRRA
Ei con Peréo mi lascia?...
Oh rio cimento!
Vieppiú il cor mi si squarcia...
PERÉO
È sorto, o Mirra,
quel giorno al fin, quel che per sempre appieno
far mi dovria felice, ove tu il fossi.
Di nuzíal corona ornata il crine,
lieto ammanto pomposo, è ver, ti veggo:
ma il tuo volto, e i tuoi sguardi, e i passi, e ogni atto,
mestizia è in te.
Chi della propria vita
t'ama piú assai, non può mirarti, o Mirra,
a nodo indissolubile venirne
in tale aspetto.
È questa l'ora, è questa,
che a te non lice piú ingannar te stessa,
né altrui.
Del tuo martír (qual ch'ella sia)
o la cagion dei dirmi, o almen dei dirmi,
che in me non hai fidanza niuna; e ch'io
mal rispondo a tua scelta, e che pentita
tu in cor ne sei.
Non io di ciò terrommi
offeso, no; ben di mortal cordoglio
pieno ne andrò.
Ma, che ti cale in somma
il disperato duol d'uom che niente ami,
e poco estimi? A me rileva or troppo
il non farti infelice.
- Ardita, e franca
parlami, dunque.
- Ma, tu immobil taci?...
Disdegno e morte il tuo silenzio spira...
Chiara è risposta il tuo tacer: mi abborri;
e dir non l'osi...
Or, la tua fe riprendi
dunque: dagli occhi tuoi per sempre a tormi
tosto mi appresto, poiché oggetto io sono
d'orror per te...
Ma, s'io pur dianzi l'era,
come mertai tua scelta? e s'io il divenni
dopo, deh! dimmi; in che ti spiacqui?
MIRRA
...
Oh prence!...
L'amor tuo troppo il mio dolor ti pinge
fero piú assai, ch'egli non è.
L'accesa
tua fantasia ti spigne oltre ai confini
del vero.
Io taccio al tuo parlar novello;
qual maraviglia? inaspettate cose
odo, e non grate; e, dirò piú, non vere:
che risponder poss'io? - Questo alle nozze
è il convenuto giorno; io presta vengo
a compierle; e di me dubita intanto
il da me scelto sposo? È ver, ch'io forse
lieta non son, quanto il dovria chi raro
sposo ottiene, qual sei: ma, spesse volte
la mestizia è natura; e mal potrebbe
darne ragion chi in se l'acchiude: e spesso
quell'ostinato interrogar d'altrui,
senza chiarirne il fonte, in noi l'addoppia.
PERÉO
T'incresco; il veggo a espressi segni.
Amarmi,
io sapea che nol puoi; lusinga stolta
nell'infermo mio core entrata m'era,
che tu almen non mi odiassi: in tempo ancora,
per la tua pace e per la mia, mi avveggio
ch'io m'ingannava.
- In me non sta (pur troppo!)
il far che tu non m'odj: ma in me solo
sta, che tu non mi spregj.
Omai disciolta,
libera sei d'ogni promessa fede.
Contro tua voglia invan l'attieni: astretta,
non dai parenti, e men da me; da falsa
vergogna, il sei.
Per non incorrer taccia
di volubil, tu stessa, a te nemica,
vittima farti del tuo error vorresti:
e ch'io lo soffra, speri? Ah! no.
- Ch'io t'amo,
e ch'io forse mertavati, tel debbo
provare or, ricusandoti...
MIRRA
Tu godi
di vieppiú disperarmi...
Ah! come lieta
poss'io parer, se l'amor tuo non veggo
mai di me pago, mai? Cagion poss'io
assegnar di un dolor, che in me supposto
è in gran parte? e che pur, se in parte è vero,
origin forse altra non ha, che il nuovo
stato a cui mi avvicino; e il dover tormi
dai genitori amati; e il dirmi: «Ah! forse,
non li vedrai mai piú;...» l'andarne a ignoto
regno; il cangiar di cielo;...
e mille e mille
altri pensier, teneri tutti, e mesti;
e tutti al certo, piú ch'a ogni altro, noti
all'alto tuo gentile animo umano.
-
Io, data a te spontanea mi sono:
né men pento; tel giuro.
Ove ciò fosse,
a te il direi: te sovra tutti estimo:
né asconder cosa a te potrei,...
se pria
non l'ascondessi anco a me stessa.
Or prego;
chi m'ama il piú, di questa mia tristezza
il men mi parli, e svanirá, son certa.
Dispregierei me stessa, ove pur darmi
volessi a te, non ti apprezzando: e come
non apprezzarti?...
Ah! dir ciò ch'io non penso,
nol sa il mio labro: e pur tel dice, e giura,
ch'esser mai d'altri non vogl'io, che tua.
Che ti poss'io piú dire?
PERÉO
...
Ah! ciò che dirmi
potresti, e darmi vita, io non l'ardisco
chiedere a te.
Fatal domanda! il peggio
fia l'averne certezza.
- Or, d'esser mia
non sdegni adunque? e non ten penti? e nullo
indugio omai?...
MIRRA
No; questo è il giorno; ed oggi
sarò tua sposa.
- Ma, doman le vele
daremo ai venti, e lascerem per sempre
dietro noi queste rive.
PERÉO
Oh! che favelli?
Come or sí tosto da te stessa affatto
discordi? Il patrio suol, gli almi parenti,
tanto t'incresce abbandonare; e vuoi
ratta cosí, per sempre?...
MIRRA
Il vo';...
per sempre
abbandonarli;...
e morir...
di dolore...
PERÉO
Che ascolto? Il duol ti ha pur tradita;...
e muovi
sguardi e parole disperate.
Ah! giuro,
ch'io non sarò del tuo morir stromento;
no, mai; del mio bensí...
MIRRA
Dolore immenso
mi tragge, è ver...
Ma no, nol creder.
- Ferma
sto nel proposto mio.
- Mentre ho ben l'alma
al dolor preparata, assai men crudo
mi fia il partir: sollievo in te...
PERÉO
No, Mirra:
io la cagione, io 'l son (benché innocente)
della orribil tempesta, onde agitato,
lacerato è il tuo core.
- Omai vietarti
sfogo non vo', col mio importuno aspetto.
-
Mirra, o tu stessa ai genitori tuoi
mezzo alcun proporrai, che te sottragga
a sí infausti legami; o udrai da loro
oggi tu di Peréo l'acerba morte.
SCENA TERZA
MIRRA.
Deh! non andarne ai genitori...
Ah! m'odi...
Ei mi s'invola...
- Oh ciel! che dissi? Ah! tosto
ad Euricléa si voli: né un istante,
io rimaner vo' sola con me stessa...
SCENA QUARTA
EURICLÉA, MIRRA.
EURICLÉA
Ove sí ratti i passi tuoi rivolgi,
o mia dolce figliuola?
MIRRA
Ove conforto,
se non in te, ritrovo?...
A te venía...
EURICLÉA
Io da lungi osservandoti mi stava.
Mai non ti posso abbandonare, il sai:
e mel perdoni; spero.
Uscir turbato
quinci ho visto Peréo; te da piú grave
dolore oppressa io trovo: ah! figlia; almeno
liberamente il tuo pianto abbia sfogo
entro il mio seno.
MIRRA
Ah! sí; cara Euricléa,
io posso teco, almeno pianger...
Sento
scoppiarmi il cor dal pianto rattenuto...
EURICLÉA
E in tale stato, o figlia, ognor venirne
all'imenéo persisti?
MIRRA
Il dolor pria
ucciderammi, spero...
Ma no; breve
fia troppo il tempo;...
ucciderammi poscia,
ed in non molto...
Morire, morire,
null'altro io bramo;...
e sol morire, io merto.
EURICLÉA
- Mirra, altre furie il giovenil tuo petto
squarciar non ponno in sí barbara guisa,
fuor che furie d'amor...
MIRRA
Ch'osi tu dirmi?
qual ria menzogna?...
EURICLÉA
Ah! non crucciarti, prego,
contro di me, no.
Giá da gran tempo io 'l penso:
ma, se tanto ti spiace, a te piú dirlo
non mi ardirò.
Deh! pur che almen tu meco
la libertá del piangere conservi!
Né so ben, ch'io mel creda; anzi, alla madre
io fortemente lo negai pur sempre.
MIRRA
Che sento? oh ciel! ne sospettava forse
anch'essa?...
EURICLÉA
E chi, in veder giovin donzella
in tanta doglia, la cagion non stima
esserne amore? Ah! il tuo dolor pur fosse
d'amor soltanto! alcun rimedio almeno
vi avrebbe.
- In questo crudel dubbio immersa
giá da gran tempo io stando, all'ara un giorno
io ne venía della sublime nostra
Venere diva; e con lagrime, e incensi,
e caldi preghi, e invaso cor, prostrata
innanzi al santo simulacro, il nome
tuo pronunziava...
MIRRA
Oimè! Che ardir? che festi?
Venere?...
Oh ciel!...
contro di me...
Lo sdegno
della implacabil Dea...
Che dico?...
Ahi lassa!...
Inorridisco,...
tremo...
EURICLÉA
È ver, mal feci:
la Dea sdegnava i voti miei; gl'incensi
ardeano a stento, e in giú ritorto il fumo
sovra il canuto mio capo cadeva.
Vuoi piú? gli occhi alla immagine tremanti
alzar mi attento, e da' suoi piè mi parve
con minacciosi sguardi me cacciasse,
orribilmente di furore accesa,
la Diva stessa.
Con tremuli passi,
inorridita, esco del tempio...
Io sento
dal terrore arricciarmisi di nuovo,
in ciò narrar, le chiome.
MIRRA
E me pur fai
rabbrividire, inorridir.
Che osasti?
Nullo omai de' celesti, e men la Diva
terribil nostra, è da invocar per Mirra.
Abbandonata io son dai Numi; aperto
è il mio petto all'Erinni; esse v'han sole
possanza, e seggio.
- Ah! se riman pur l'ombra
di pietá vera in te, fida Euricléa,
tu sola il puoi, trammi d'angoscia: è lento,
è lento troppo, ancor che immenso, il duolo.
EURICLÉA
Tremar mi fai...
Che mai poss'io?
MIRRA
...
Ti chieggo
di abbreviar miei mali.
A poco, a poco
strugger tu vedi il mio misero corpo;
il mio languir miei genitori uccide;
odíosa a me stessa, altrui dannosa,
scampar non posso: amor, pietá verace,
fia 'l procacciarmi morte; a te la chieggio...
EURICLÉA
Oh cielo!...
a me?...
Mi manca la parola,...
la lena,...
i sensi...
MIRRA
Ah! no; davver non m'ami.
Di pietade magnanima capace
il tuo senile petto io mal credea...
Eppur, tu stessa, ne' miei teneri anni,
tu gli alti avvisi a me insegnavi: io spesso
udía da te, come antepor l'uom debba
alla infamia la morte.
Oimè! che dico?...
-
Ma tu non m'odi?...
Immobil,...
muta,...
appena
respiri! oh cielo!...
Or, che ti dissi? io cieca
dal dolore,...
nol so: deh! mi perdona;
deh! madre mia seconda, in te ritorna.
EURICLÉA
...
Oh figlia! oh figlia!...
A me la morte chiedi?
La morte a me?
MIRRA
Non reputarmi ingrata;
né che il dolor de' mali miei mi tolga
di que' d'altrui pietade.
- Estinta in Cipro
non vuoi vedermi? in breve udrai tu dunque,
ch'io né pur viva pervenni in Epíro.
EURICLÉA
Alle orribili nozze andarne invano
presumi adunque.
Ai genitori il tutto
corro a narrar...
MIRRA
Nol fare, o appien tu perdi
l'amor mio: deh! nol far; ten prego: in nome
del tuo amor, ti scongiuro.
- A un cor dolente
sfuggon parole, a cui badar non vuolsi.
-
Bastante sfogo (a cui concesso il pari
non ho giammai) mi è stato il pianger teco;
e il parlar di mia doglia: in me giá quindi
addoppiato è il coraggio.
- Omai poch'ore
mancano al nuzíal rito solenne:
statti al mio fianco sempre: andiamo: e intanto,
nel necessario alto proposto mio
il vieppiú raffermarmi, a te si aspetta.
Tu del tuo amor piú che materno, e a un tempo
giovar mi dei del fido tuo consiglio.
Tu dei far sí, ch'io saldamente afferri
il partito, che solo orrevol resta.
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
CINIRO, CECRI.
CECRI
Dubbio non v'ha; benché non sia per anco
venuto a noi Peréo, scontento appieno
fu dei sensi di Mirra.
Ella non l'ama;
certezza io n'ebbi; e andando ella a tai nozze,
corre (pur troppo!) ad infallibil morte.
CINIRO
Or, per ultima prova, udiam noi stessi
dal di lei labro il vero.
In nome tuo
ingiunger giá le ho fatto, che a te venga.
Nessun di noi forza vuol farle, in somma:
quanto l'amiamo, il sa ben ella, a cui
non siam men cari noi.
Ch'ella omai chiuda
in ciò il suo core a noi, del tutto parmi
impossibile; a noi, che di noi stessi,
non che di se, la femmo arbitra e donna.
CECRI
Ecco, ella viene: oh! mi par lieta alquanto;
e piú franco il suo passo...
Ah! pur tornasse
qual era! al sol riapparirle in volto
anco un lampo di gioja, in vita io tosto
ritornata mi sento.
SCENA SECONDA
MIRRA, CECRI, CINIRO.
CECRI
Amata figlia,
deh! vieni a noi; deh! vieni.
MIRRA
Oh ciel! che veggo?
anco il padre!...
CINIRO
T'inoltra, unica nostra
speranza e vita; inoltrati secura;
e non temere il mio paterno aspetto,
piú che non temi della madre.
A udirti
siam presti entrambi.
Or, del tuo fero stato
se disvelarne la cagion ti piace,
vita ci dai; ma, se il tacerla pure
piú ti giova o ti aggrada, anco tacerla,
figlia, tu puoi; che il tuo piacer fia il nostro.
Ad eternare il marital tuo nodo
manca omai sola un'ora; il tien ciascuno
per certa cosa: ma, se pur tu fossi
cangiata mai; se t'increscesse al core
la data fe; se la spontanea tua
libera scelta or ti spiacesse; ardisci,
non temer cosa al mondo, a noi la svela.
Non sei tenuta a nulla; e noi primieri
te ne sciogliam, noi stessi; e, di te degno,
generoso ti scioglie anco Peréo.
Né di leggiera vorrem noi tacciarti:
anzi, creder ci giova che maturi
pensier novelli a ciò ti astringan ora.
Da cagion vile esser non puoi tu mossa;
l'indole nobil tua, gli alti tuoi sensi,
e l'amor tuo per noi, ci è noto il tutto:
di te, del sangue tuo cosa non degna,
né pur pensarla puoi.
Tu dunque appieno
adempi il voler tuo; purché felice
tu torni, e ancor di tua letizia lieti
tuoi genitor tu renda.
Or, qual ch'ei sia
questo presente tuo voler, lo svela,
come a fratelli, a noi.
CECRI
Deh! sí: tu il vedi;
né dal materno labro udisti mai
piú amoroso, piú tenero, piú mite
parlar, di questo.
MIRRA
...
Havvi tormento al mondo,
che al mio si agguagli?...
CECRI
Ma, che fia? tu parli
sospirando infra te?
CINIRO
Lascia, deh! lascia,
che il tuo cor ci favelli: altro linguaggio
non adopriam noi teco.
- Or via; rispondi.
MIRRA
...
Signor...
CINIRO
Tu mal cominci: a te non sono
signor; padre son io: puoi tu chiamarmi
con altro nome, o figlia?
MIRRA
O Mirra, è questo
l'ultimo sforzo.
- Alma, coraggio...
CECRI
Oh cielo!
Pallor di morte in volto...
MIRRA
A me?...
CINIRO
Ma donde,
donde il tremar? del padre tuo?...
MIRRA
Non tremo...
parmi;...
od almen, non tremerò piú omai,
poiché ad udirmi or sí pietosi state.
-
L'unica vostra, e troppo amata figlia
son io, ben so.
Goder d'ogni mia gioja,
e v'attristar d'ogni mio duol vi veggo;
ciò stesso il duol mi accresce.
Oltre i confini
del natural dolore il mio trascorre;
invan lo ascondo; e a voi vorrei pur dirlo,...
ove il sapessi io stessa.
Assai giá pria,
ch'io fra 'l nobile stuol de' proci illustri
Peréo scegliessi, in me cogli anni sempre
la fatal mia tristezza orridi era ita
ogni dí piú crescendo.
Irato un Nume,
implacabile, ignoto, entro al mio petto
si alberga; e quindi, ogni mia forza è vana
contro alla forza sua...
Credilo, o madre;
forte, assai forte (ancor ch'io giovin sia)
ebbi l'animo, e l'ho: ma il debil corpo,
egro ei soggiace;...
e a lenti passi in tomba
andar mi sento...
- Ogni mio poco e rado
cibo, mi è tosco: ognor mi sfugge il sonno;
o con fantasmi di morte tremendi,
piú che il vegliar, mi dan martíro i sogni:
né dí, né notte, io non trovo mai pace,
né riposo, né loco.
Eppur sollievo
nessuno io bramo; e stimo, e aspetto, e chieggo,
come rimedio unico mio, la morte.
Ma, per piú mio supplicio, co' suoi lacci
viva mi tien natura.
Or me compiango,
or me stessa abborrisco: e pianto, e rabbia,
e pianto ancora...
È la vicenda questa,
incessante, insoffribile, feroce,
in cui miei giorni infelici trapasso.
-
Ma che?...
voi pur dell'orrendo mio stato
piangete?...
Oh madre amata!...
entro il tuo seno
ch'io, suggendo tue lagrime, conceda
un breve sfogo anco alle mie!...
CECRI
Diletta
figlia, chi può non piangere al tuo pianto?...
CINIRO
Squarciare il cor mi sento da' suoi detti...
Ma in somma pur, che far si dee?...
MIRRA
Ma in somma,
(deh! mel credete) in mio pensier non cadde
mai di attristarvi, né di trarvi a vana
pietá di me, coll'accennar mie fere
non narrabili angosce.
- Da che ferma,
Peréo scegliendo, ebbi mia sorte io stessa,
meno affannosa rimaner mi parve,
da prima, è ver; ma, quanto poi piú il giorno
del nodo indissolubil si appressava,
vie piú forti le smanie entro al mio cuore
ridestavansi; a tal, ch'io ben tre volte
pregarvi osai di allontanarlo.
In questi
indugj io pur mi racquetava alquanto;
ma, col scemar del tempo, ricrescea
di mie Furie la rabbia.
Oggi son elle,
con mia somma vergogna e dolor sommo,
giunte al lor colmo al fin: ma sento anch'oggi,
che nel mio petto di lor possa han fatto
l'ultima prova.
Oggi a Peréo son io
sposa, o questo esser demmi il giorno estremo.
CECRI
Che sento?...
Oh figlia!...
E alle ferali nozze
ostinarti tu vuoi?...
CINIRO
No, mai non fia.
Peréo non ami; e mal tuo grado, indarno,
vuoi darti a lui...
MIRRA
Deh! non mi torre adesso;
o dammi tosto a morte...
È ver, ch'io, forse,
quanto egli me, non l'amo;...
e ciò, neppure
io ben mel so...
Credi, ch'io assai lo estimo;
e che null'uomo avrá mia destra al mondo,
s'egli non l'ha.
Caro al mio core, io spero,
Peréo sará, quanto il debb'esser; seco
vivendo io fida e indivisibil sempre,
egli in me pace, io spero, egli in me gioja
tornar fará: cara, e felice forse,
un giorno ancor mi fia la vita.
Ah! s'io
finor non l'amo al par ch'ei merta, è colpa
non di me, del mio stato; in cui me stessa
prima abborrisco...
Io l'ho pur scelto: ed ora,
io di nuovo lo scelgo: io bramo, io chieggo
lui solo.
Oltre ogni dire, a voi gradita
era la scelta mia: si compia or dunque,
come il voleste, e come io 'l voglio, il tutto.
Poiché maggior del mio dolore io sono,
siatel pur voi.
Quanto il potrò piú lieta,
vengo in breve alle nozze: e voi, beati
ve ne terrete un giorno.
CECRI
Oh rara figlia!
quanti mai pregj aduni!
CINIRO
Un po' mi acqueta
il tuo parlar; ma tremo...
MIRRA
In me piú forte
tornar mi sento, in favellarvi.
Appieno
tornar, sí, posso di me stessa io donna,
(ove il voglian gli Dei) pur che soccorso
voi men prestiate.
CINIRO
E qual soccorso?
CECRI
Ah! parla.
Tutto faremo.
MIRRA
Addolorarvi ancora
io deggio.
Udite.
- Al travagliato petto,
e alla turbata egra mia mente oppressa,
alto rimedio or fia, di nuovi oggetti
la vista; e in ciò il piú tosto, il miglior fia.
L'abbandonarvi (oh ciel!) quanto a me costi,
dir nol posso; il diranno le mie lagrime,
quand'io darovvi il terribile addio:
se il potrò pur, senza cadere,...
o madre,
infra tue braccia estinta...
Ma, s'io pure
lasciar vi posso, il dí verrá, che a questo
generoso mio sforzo, e vita, e pace,
e letizia dovrò.
CECRI
Tu di lasciarci
parli? e il vuoi tosto; e in un lo temi e il brami?
Ma qual fia mai?...
CINIRO
Lasciarci? e a noi che resta,
senza di te? Ben di Peréo tu poscia
irne al padre dovrai; ma intanto pria
lieta con noi qui lungamente ancora....
MIRRA
E s'io qui lieta esser per or non posso,
vorreste voi qui pria morta vedermi,
che felice sapermi in stranio lido? -
Tosto, piú o meno, il mio destin mi chiama
nella reggia d'Epíro: ivi pur debbo
con Peréo dimorarmi.
A voi ritorno
faremo un dí, quando il paterno scettro
Peréo terrá.
Di molti figli e cari
me lieta madre rivedrete in Cipro,
se il concedono i Numi: e, qual piú a grado
a voi sará tra i figli miei, sostegno
vel lasceremo ai vostri anni canuti.
Cosí a questo bel regno erede avrete
del sangue vostro; poiché a voi negato
prole han finor del miglior sesso i Numi.
Voi primi allor benedirete il giorno,
che partir mi lasciaste.
- Al sol novello,
deh! concedete, che le vele ai venti
meco Peréo dispieghi.
Io sento in cuore
certo un presagio funesto, che dove
il partir mi neghiate, (ahi lassa!) io preda
in questa reggia infausta oggi rimango
d'una invincibil sconosciuta possa:
che a voi per sempre io sto per esser tolta...
Deh! voi pietosi; o al mio presagio fero
crediate; o, all'egra fantasia dolente
cedendo, secondar piacciavi il mio
errore.
La mia vita, il mio destino,
ed anco (oh cielo! io fremo) il destin vostro;
dal mio partir, tutto, purtroppo! or pende.
CECRI
Oh figlia!...
CINIRO
Oimè!...
Tremar ci fan tuoi detti...
Ma pur, quanto a te piace, appien si faccia.
Qual ch'esser possa il mio dolor, pria voglio
non piú vederti, che cosí vederti.
-
E tu, dolce consorte, in pianto muta
ti stai?...
Consenti al suo desio?
CECRI
Morirne
fossi almen certa, come (ahi trista!) il sono
di viver sempre in sconsolato pianto!...
Fosse almen vero un dí l'augurio fausto,
che dei cari nepoti ella ne accenna!...
Ma, poiché tale il suo strano pensiero,
pur ch'ella viva, seguasi.
MIRRA
La vita,
madre, or mi dai per la seconda volta.
Presta alle nozze io son fra un'ora.
Il tempo
vel proverá, s'io v'ami; ancor che lieta
io di lasciarvi appaia.
- Or mi ritraggo
a mie stanze, per poco: asciutto affatto
recar vo' il ciglio all'ara; e al degno sposo
venir gradita con serena fronte.
SCENA TERZA
CINIRO, CECRI.
CECRI
Miseri noi! misera figlia!
CINIRO
Eppure,
di vederla ogni giorno piú infelice,
no, non mi basta il core.
Invan l'opporci...
CECRI
Oh sposo!...
io tremo, che ai nostri occhi appena
toltasi, il fero suo dolor la uccida.
CINIRO
Ai detti, agli atti, ai guardi, anco ai sospiri,
par che la invasi orribilmente alcuna
sovrumana possanza.
CECRI
...
Ah! ben conosco,
cruda implacabil Venere, le atroci
tue vendette.
Scontare, ecco, a me fai,
in questa guisa, il mio parlar superbo.
Ma, la mia figlia era innocente; io sola,
l'audace io fui; la iniqua, io sola...
CINIRO
Oh cielo!
che osasti mai contro alla Dea?...
CECRI
Me lassa!...
Odi il mio fallo, o Ciniro.
- In vedermi
moglie adorata del piú amabil sposo,
del piú avvenente infra i mortali, e madre
per lui d'unica figlia (unica al mondo
per leggiadria, beltá, modestia, e senno)
ebra, il confesso, di mia sorte, osava
negar io sola a Venere gl'incensi.
Vuoi piú? folle, orgogliosa, a insania tanta
(ahi sconsigliata!) io giunsi, che dal labro
io sfuggir mi lasciava; che piú gente
tratta è di Grecia e d'Oríente omai
dalla famosa alta beltá di Mirra,
che non mai tratta per l'addietro in Cipro
dal sacro culto della Dea ne fosse.
CINIRO
Oh! che mi narri?...
CECRI
Ecco, dal giorno in poi,
Mirra piú pace non aver; sua vita,
e sua beltá, qual debil cera al fuoco,
lentamente distruggersi; e niun bene
non v'esser piú per noi.
Che non fec'io,
per placar poi la Dea? quanti non porsi
e preghi, e incensi, e pianti? indarno sempre.
CINIRO
Mal festi, o donna; e fu il tacermel, peggio.
Padre innocente appieno, io co' miei voti
forse acquetar potea l'ira celeste:
e forse ancor (spero) il potrò.
- Ma intanto,
io pur di Mirra or nel pensier concorro:
ben forza è torre, e senza indugio nullo,
da quest'isola sacra il suo cospetto.
Chi sa? seguirla in altre parti forse
l'ira n
...
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