MIRRA, di Vittorio Alfieri - pagina 3
...
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EURICLÉA
Alle orribili nozze andarne invano
presumi adunque.
Ai genitori il tutto
corro a narrar...
MIRRA
Nol fare, o appien tu perdi
l'amor mio: deh! nol far; ten prego: in nome
del tuo amor, ti scongiuro.
- A un cor dolente
sfuggon parole, a cui badar non vuolsi.
-
Bastante sfogo (a cui concesso il pari
non ho giammai) mi è stato il pianger teco;
e il parlar di mia doglia: in me giá quindi
addoppiato è il coraggio.
- Omai poch'ore
mancano al nuzíal rito solenne:
statti al mio fianco sempre: andiamo: e intanto,
nel necessario alto proposto mio
il vieppiú raffermarmi, a te si aspetta.
Tu del tuo amor piú che materno, e a un tempo
giovar mi dei del fido tuo consiglio.
Tu dei far sí, ch'io saldamente afferri
il partito, che solo orrevol resta.
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
CINIRO, CECRI.
CECRI
Dubbio non v'ha; benché non sia per anco
venuto a noi Peréo, scontento appieno
fu dei sensi di Mirra.
Ella non l'ama;
certezza io n'ebbi; e andando ella a tai nozze,
corre (pur troppo!) ad infallibil morte.
CINIRO
Or, per ultima prova, udiam noi stessi
dal di lei labro il vero.
In nome tuo
ingiunger giá le ho fatto, che a te venga.
Nessun di noi forza vuol farle, in somma:
quanto l'amiamo, il sa ben ella, a cui
non siam men cari noi.
Ch'ella omai chiuda
in ciò il suo core a noi, del tutto parmi
impossibile; a noi, che di noi stessi,
non che di se, la femmo arbitra e donna.
CECRI
Ecco, ella viene: oh! mi par lieta alquanto;
e piú franco il suo passo...
Ah! pur tornasse
qual era! al sol riapparirle in volto
anco un lampo di gioja, in vita io tosto
ritornata mi sento.
SCENA SECONDA
MIRRA, CECRI, CINIRO.
CECRI
Amata figlia,
deh! vieni a noi; deh! vieni.
MIRRA
Oh ciel! che veggo?
anco il padre!...
CINIRO
T'inoltra, unica nostra
speranza e vita; inoltrati secura;
e non temere il mio paterno aspetto,
piú che non temi della madre.
A udirti
siam presti entrambi.
Or, del tuo fero stato
se disvelarne la cagion ti piace,
vita ci dai; ma, se il tacerla pure
piú ti giova o ti aggrada, anco tacerla,
figlia, tu puoi; che il tuo piacer fia il nostro.
Ad eternare il marital tuo nodo
manca omai sola un'ora; il tien ciascuno
per certa cosa: ma, se pur tu fossi
cangiata mai; se t'increscesse al core
la data fe; se la spontanea tua
libera scelta or ti spiacesse; ardisci,
non temer cosa al mondo, a noi la svela.
Non sei tenuta a nulla; e noi primieri
te ne sciogliam, noi stessi; e, di te degno,
generoso ti scioglie anco Peréo.
Né di leggiera vorrem noi tacciarti:
anzi, creder ci giova che maturi
pensier novelli a ciò ti astringan ora.
Da cagion vile esser non puoi tu mossa;
l'indole nobil tua, gli alti tuoi sensi,
e l'amor tuo per noi, ci è noto il tutto:
di te, del sangue tuo cosa non degna,
né pur pensarla puoi.
Tu dunque appieno
adempi il voler tuo; purché felice
tu torni, e ancor di tua letizia lieti
tuoi genitor tu renda.
Or, qual ch'ei sia
questo presente tuo voler, lo svela,
come a fratelli, a noi.
CECRI
Deh! sí: tu il vedi;
né dal materno labro udisti mai
piú amoroso, piú tenero, piú mite
parlar, di questo.
MIRRA
...
Havvi tormento al mondo,
che al mio si agguagli?...
CECRI
Ma, che fia? tu parli
sospirando infra te?
CINIRO
Lascia, deh! lascia,
che il tuo cor ci favelli: altro linguaggio
non adopriam noi teco.
- Or via; rispondi.
MIRRA
...
Signor...
CINIRO
Tu mal cominci: a te non sono
signor; padre son io: puoi tu chiamarmi
con altro nome, o figlia?
MIRRA
O Mirra, è questo
l'ultimo sforzo.
- Alma, coraggio...
CECRI
Oh cielo!
Pallor di morte in volto...
MIRRA
A me?...
CINIRO
Ma donde,
donde il tremar? del padre tuo?...
MIRRA
Non tremo...
parmi;...
od almen, non tremerò piú omai,
poiché ad udirmi or sí pietosi state.
-
L'unica vostra, e troppo amata figlia
son io, ben so.
Goder d'ogni mia gioja,
e v'attristar d'ogni mio duol vi veggo;
ciò stesso il duol mi accresce.
Oltre i confini
del natural dolore il mio trascorre;
invan lo ascondo; e a voi vorrei pur dirlo,...
ove il sapessi io stessa.
Assai giá pria,
ch'io fra 'l nobile stuol de' proci illustri
Peréo scegliessi, in me cogli anni sempre
la fatal mia tristezza orridi era ita
ogni dí piú crescendo.
Irato un Nume,
implacabile, ignoto, entro al mio petto
si alberga; e quindi, ogni mia forza è vana
contro alla forza sua...
Credilo, o madre;
forte, assai forte (ancor ch'io giovin sia)
ebbi l'animo, e l'ho: ma il debil corpo,
egro ei soggiace;...
e a lenti passi in tomba
andar mi sento...
- Ogni mio poco e rado
cibo, mi è tosco: ognor mi sfugge il sonno;
o con fantasmi di morte tremendi,
piú che il vegliar, mi dan martíro i sogni:
né dí, né notte, io non trovo mai pace,
né riposo, né loco.
Eppur sollievo
nessuno io bramo; e stimo, e aspetto, e chieggo,
come rimedio unico mio, la morte.
Ma, per piú mio supplicio, co' suoi lacci
viva mi tien natura.
Or me compiango,
or me stessa abborrisco: e pianto, e rabbia,
e pianto ancora...
È la vicenda questa,
incessante, insoffribile, feroce,
in cui miei giorni infelici trapasso.
-
Ma che?...
voi pur dell'orrendo mio stato
piangete?...
Oh madre amata!...
entro il tuo seno
ch'io, suggendo tue lagrime, conceda
un breve sfogo anco alle mie!...
CECRI
Diletta
figlia, chi può non piangere al tuo pianto?...
CINIRO
Squarciare il cor mi sento da' suoi detti...
Ma in somma pur, che far si dee?...
MIRRA
Ma in somma,
(deh! mel credete) in mio pensier non cadde
mai di attristarvi, né di trarvi a vana
pietá di me, coll'accennar mie fere
non narrabili angosce.
- Da che ferma,
Peréo scegliendo, ebbi mia sorte io stessa,
meno affannosa rimaner mi parve,
da prima, è ver; ma, quanto poi piú il giorno
del nodo indissolubil si appressava,
vie piú forti le smanie entro al mio cuore
ridestavansi; a tal, ch'io ben tre volte
pregarvi osai di allontanarlo.
In questi
indugj io pur mi racquetava alquanto;
ma, col scemar del tempo, ricrescea
di mie Furie la rabbia.
Oggi son elle,
con mia somma vergogna e dolor sommo,
giunte al lor colmo al fin: ma sento anch'oggi,
che nel mio petto di lor possa han fatto
l'ultima prova.
Oggi a Peréo son io
sposa, o questo esser demmi il giorno estremo.
CECRI
Che sento?...
Oh figlia!...
E alle ferali nozze
ostinarti tu vuoi?...
CINIRO
No, mai non fia.
Peréo non ami; e mal tuo grado, indarno,
vuoi darti a lui...
MIRRA
Deh! non mi torre adesso;
o dammi tosto a morte...
È ver, ch'io, forse,
quanto egli me, non l'amo;...
e ciò, neppure
io ben mel so...
Credi, ch'io assai lo estimo;
e che null'uomo avrá mia destra al mondo,
s'egli non l'ha.
Caro al mio core, io spero,
Peréo sará, quanto il debb'esser; seco
vivendo io fida e indivisibil sempre,
egli in me pace, io spero, egli in me gioja
tornar fará: cara, e felice forse,
un giorno ancor mi fia la vita.
Ah! s'io
finor non l'amo al par ch'ei merta, è colpa
non di me, del mio stato; in cui me stessa
prima abborrisco...
Io l'ho pur scelto: ed ora,
io di nuovo lo scelgo: io bramo, io chieggo
lui solo.
Oltre ogni dire, a voi gradita
era la scelta mia: si compia or dunque,
come il voleste, e come io 'l voglio, il tutto.
Poiché maggior del mio dolore io sono,
siatel pur voi.
Quanto il potrò piú lieta,
vengo in breve alle nozze: e voi, beati
ve ne terrete un giorno.
CECRI
Oh rara figlia!
quanti mai pregj aduni!
CINIRO
Un po' mi acqueta
il tuo parlar; ma tremo...
MIRRA
In me piú forte
tornar mi sento, in favellarvi.
Appieno
tornar, sí, posso di me stessa io donna,
(ove il voglian gli Dei) pur che soccorso
voi men prestiate.
CINIRO
E qual soccorso?
CECRI
Ah! parla.
Tutto faremo.
MIRRA
Addolorarvi ancora
io deggio.
Udite.
- Al travagliato petto,
e alla turbata egra mia mente oppressa,
alto rimedio or fia, di nuovi oggetti
la vista; e in ciò il piú tosto, il miglior fia.
L'abbandonarvi (oh ciel!) quanto a me costi,
dir nol posso; il diranno le mie lagrime,
quand'io darovvi il terribile addio:
se il potrò pur, senza cadere,...
o madre,
infra tue braccia estinta...
Ma, s'io pure
lasciar vi posso, il dí verrá, che a questo
generoso mio sforzo, e vita, e pace,
e letizia dovrò.
CECRI
Tu di lasciarci
parli? e il vuoi tosto; e in un lo temi e il brami?
Ma qual fia mai?...
CINIRO
Lasciarci? e a noi che resta,
senza di te? Ben di Peréo tu poscia
irne al padre dovrai; ma intanto pria
lieta con noi qui lungamente ancora....
MIRRA
E s'io qui lieta esser per or non posso,
vorreste voi qui pria morta vedermi,
che felice sapermi in stranio lido? -
Tosto, piú o meno, il mio destin mi chiama
nella reggia d'Epíro: ivi pur debbo
con Peréo dimorarmi.
A voi ritorno
faremo un dí, quando il paterno scettro
Peréo terrá.
Di molti figli e cari
me lieta madre rivedrete in Cipro,
se il concedono i Numi: e, qual piú a grado
a voi sará tra i figli miei, sostegno
vel lasceremo ai vostri anni canuti.
Cosí a questo bel regno erede avrete
del sangue vostro; poiché a voi negato
prole han finor del miglior sesso i Numi.
Voi primi allor benedirete il giorno,
che partir mi lasciaste.
- Al sol novello,
deh! concedete, che le vele ai venti
meco Peréo dispieghi.
Io sento in cuore
certo un presagio funesto, che dove
il partir mi neghiate, (ahi lassa!) io preda
in questa reggia infausta oggi rimango
d'una invincibil sconosciuta possa:
che a voi per sempre io sto per esser tolta...
Deh! voi pietosi; o al mio presagio fero
crediate; o, all'egra fantasia dolente
cedendo, secondar piacciavi il mio
errore.
La mia vita, il mio destino,
ed anco (oh cielo! io fremo) il destin vostro;
dal mio partir, tutto, purtroppo! or pende.
CECRI
Oh figlia!...
CINIRO
Oimè!...
Tremar ci fan tuoi detti...
Ma pur, quanto a te piace, appien si faccia.
Qual ch'esser possa il mio dolor, pria voglio
non piú vederti, che cosí vederti.
-
E tu, dolce consorte, in pianto muta
ti stai?...
Consenti al suo desio?
CECRI
Morirne
fossi almen certa, come (ahi trista!) il sono
di viver sempre in sconsolato pianto!...
Fosse almen vero un dí l'augurio fausto,
che dei cari nepoti ella ne accenna!...
Ma, poiché tale il suo strano pensiero,
pur ch'ella viva, seguasi.
MIRRA
La vita,
madre, or mi dai per la seconda volta.
Presta alle nozze io son fra un'ora.
Il tempo
vel proverá, s'io v'ami; ancor che lieta
io di lasciarvi appaia.
- Or mi ritraggo
a mie stanze, per poco: asciutto affatto
recar vo' il ciglio all'ara; e al degno sposo
venir gradita con serena fronte.
SCENA TERZA
CINIRO, CECRI.
CECRI
Miseri noi! misera figlia!
CINIRO
Eppure,
di vederla ogni giorno piú infelice,
no, non mi basta il core.
Invan l'opporci...
CECRI
Oh sposo!...
io tremo, che ai nostri occhi appena
toltasi, il fero suo dolor la uccida.
CINIRO
Ai detti, agli atti, ai guardi, anco ai sospiri,
par che la invasi orribilmente alcuna
sovrumana possanza.
CECRI
...
Ah! ben conosco,
cruda implacabil Venere, le atroci
tue vendette.
Scontare, ecco, a me fai,
in questa guisa, il mio parlar superbo.
Ma, la mia figlia era innocente; io sola,
l'audace io fui; la iniqua, io sola...
CINIRO
Oh cielo!
che osasti mai contro alla Dea?...
CECRI
Me lassa!...
Odi il mio fallo, o Ciniro.
- In vedermi
moglie adorata del piú amabil sposo,
del piú avvenente infra i mortali, e madre
per lui d'unica figlia (unica al mondo
per leggiadria, beltá, modestia, e senno)
ebra, il confesso, di mia sorte, osava
negar io sola a Venere gl'incensi.
Vuoi piú? folle, orgogliosa, a insania tanta
(ahi sconsigliata!) io giunsi, che dal labro
io sfuggir mi lasciava; che piú gente
tratta è di Grecia e d'Oríente omai
dalla famosa alta beltá di Mirra,
che non mai tratta per l'addietro in Cipro
dal sacro culto della Dea ne fosse.
CINIRO
Oh! che mi narri?...
CECRI
Ecco, dal giorno in poi,
Mirra piú pace non aver; sua vita,
e sua beltá, qual debil cera al fuoco,
lentamente distruggersi; e niun bene
non v'esser piú per noi.
Che non fec'io,
per placar poi la Dea? quanti non porsi
e preghi, e incensi, e pianti? indarno sempre.
CINIRO
Mal festi, o donna; e fu il tacermel, peggio.
Padre innocente appieno, io co' miei voti
forse acquetar potea l'ira celeste:
e forse ancor (spero) il potrò.
- Ma intanto,
io pur di Mirra or nel pensier concorro:
ben forza è torre, e senza indugio nullo,
da quest'isola sacra il suo cospetto.
Chi sa? seguirla in altre parti forse
l'ira non vuol dell'oltraggiato Nume:
e quindi forse la infelice figlia,
tal sentendo presagio ignoto in petto,
tanto il partir desia, tanto ne spera.
-
Ma, vien Peréo: ben venga: ei sol serbarci
può la figlia, col torcela.
CECRI
Oh destino!
SCENA QUARTA
CINIRO, PERÉO, CECRI.
PERÉO
Tardo, tremante, irresoluto, e pieno
di mortal duol, voi mi vedete.
Un fero
contrasto è in me: pur, gentilezza, e amore
vero d'altrui, non di me stesso, han vinto.
Men costerá la vita.
Alto non duolmi,
che il non poter, con util vostro almeno,
spenderla omai: ma l'adorata Mirra
a morte io trarre, ah! no, non voglio.
Il nodo
fatal si rompa; e de' miei giorni a un tempo
rompasi il filo.
CINIRO
Oh figlio!...
ancor ti appello
di tal nome; e il sarai tra breve, io spero.
Noi, dopo te, noi pure i sensi udimmo
di Mirra: io seco, qual verace padre,
tutto adoprai perch'ella appien seguisse
il suo libero intento: ma, piú salda,
che all'aure scoglio, ella si sta: te solo
e vuole, e chiede; e teme, che a lei tolto
sii tu.
Cagion del suo dolore addurne
ella stessa non sa: l'egra salute,
che l'effetto pria n'era, omai n'è forse
la cagion sola.
Ma il suo duol profondo
merta, qual ch'egli sia, pietá pur molta;
né sdegno alcuno in te destar debb'ella,
piú che ne desti in noi.
Sollievo dolce
tu del suo mal sarai: d'ogni sua speme
l'amor tuo forte, è base.
Or, qual vuoi prova
maggior di questa? al nuovo dí lasciarci
(noi, che l'amiam pur tanto!) ad ogni costo
vuole ella stessa; e per ragion ne assegna,
l'esser piú teco, il divenir piú tua.
PERÉO
Creder, deh, pure il potess'io! ma appunto
questo partir sí subito...
Oimè! tremo,
che in suo pensier disegni ella stromento
della sua morte farmi.
CECRI
A te, Peréo,
noi l'affidiamo: il vuole oggi il destino.
Pur troppo qui, su gli occhi nostri, morta
cadria, se ostare al suo voler piú a lungo
cel sofferisse il core.
In giovin mente
grande ha possanza il varíar gli oggetti.
Ogni tristo pensier deponi or dunque;
e sol ti adopra in lei vieppiú far lieta.
La tua pristina gioja in volto chiama;
e, col non mai del suo dolor parlarle,
vedrai che in lei presso a finir fia 'l duolo.
PERÉO
Creder dunque poss'io, creder davvero,
che non mi abborre Mirra?
CINIRO
A me tu il puoi
creder, deh! sí.
Qual ti parlassi io dianzi,
rimembra; or son dal suo parlar convinto,
che, lungi d'esser de' suoi lai cagione,
suo sol rimedio ella tue nozze estima.
Dolcezza assai d'uopo è con essa; e a tutto
piegherassi ella.
Vanne; e a lieta pompa
disponti in breve; e in un (pur troppo!) il tutto,
per involarci al nuovo sol la figlia,
anco disponi.
Del gran tempio all'ara,
a Cipro tutta in faccia andar non vuolsi;
che il troppo lungo rito al partir ratto
ostacol fora.
In questa reggia, gl'inni
d'Imenéo canteremo.
PERÉO
A vita appieno
tornato m'hai.
Volo; a momenti io riedo.
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA
EURICLÉA, MIRRA.
MIRRA
Sí; pienamente in calma omai tornata,
cara Euricléa, mi vedi; e lieta, quasi,
del mio certo partire.
EURICLÉA
Oimè! fia vero?...
Sola ne andrai col tuo Peréo?...
né trarti
al fianco vuoi, non una pur di tante
tue fide ancelle? E me da lor non scerni,
che neppur me tu vuoi?...
Di me che fia,
se priva io resto della dolce figlia?
Solo in pensarvi, oimè! morir mi sento...
MIRRA
Deh! taci...
Un dí ritornerò...
EURICLÉA
Deh! il voglia,
il voglia il cielo! Oh figlia amata!...
Ah! tale
durezza in te, no, non creda: sperato
avea pur sempre di morirmi al tuo fianco...
MIRRA
S'io meco alcun di questa reggia trarre
acconsentir poteva, eri tu sola,
quella ch'io chiesta avrei...
Ma, in ciò son salda...
EURICLÉA
E al nuovo dí tu parti?...
MIRRA
Al fin certezza
dai genitor ne ottenni; e scior vedrammi
da questo lido la nascente aurora.
EURICLÉA
Deh! ti sia fausto il dí!...
Pur ch'io felice
almen ti sappia!...
Ella è ben cruda gioja,
questa che quasi ora in lasciarci mostri...
Pur, se a te giova, io piangerò, ma muta
con la dolente genitrice...
MIRRA
Oh! quale
muovi tu assalto al mio mal fermo cuore?...
Perché sforzarmi al pianto?...
EURICLÉA
E come il pianto
celar poss'io?...
Quest'è l'ultima volta,
ch'io ti vedo, e ti abbraccio.
D'anni molti
carca me lasci, e di dolor piú assai.
Al tuo tornar, se pur mai riedi, in tomba
mi troverai: qualche lagrima, spero,...
alla memoria...
della tua Euricléa...
almen darai...
MIRRA
Deh!...
per pietá mi lascia;
o taci almeno.
- Io tel comando; taci
Essere omai per tutti dura io deggio;
ed a me prima io 'l sono.
- È giorno questo
di gioja e nozze.
Or, se tu mai mi amasti,
aspra ed ultima prova oggi ten chieggo;
frena il tuo pianto,...
e il mio.
- Ma, giá lo sposo
venirne io veggio.
Ogni dolor sia muto.
SCENA SECONDA
PERÉO, MIRRA, EURICLÉA.
PERÉO
D'inaspettata gioja hammi ricolmo,
Mirra, il tuo genitore: ei stesso, lieto,
il mio destin, ch'io tremando aspettava,
annunziommi felice.
Ai cenni tuoi
preste saranno al nuovo albór mie vele,
poiché tu il vuoi cosí.
Piacemi almeno,
che vi acconsentan placidi e contenti
i genitori tuoi: per me non altra
gioja esser può, che di appagar tue brame.
MIRRA
Sí, dolce sposo; ch'io giá tal ti appello;
se cosa io mai ferventemente al mondo
bramai, di partir teco al nuovo sole
tutta ardo, e il voglio.
Il ritrovarmi io tosto
sola con te; non piú vedermi intorno
nullo dei tanti oggetti a lungo stati
testimon del mio pianto, e cagion forse;
il solcar nuovi mari, e a nuovi regni
irne approdando; aura novella e pura
respirare, e tuttor trovarmi al fianco
pien di gioja e d'amore un tanto sposo;
tutto, in breve, son certa, appien mi debbe
quella di pria tornare.
Allor sarotti
meno increscevol, spero.
Aver t'è d'uopo
pietade intanto alcuna del mio stato;
ma, non fia lunga; accertati.
Il mio duolo,
se tu non mai men parli, in breve svelto
fia da radice.
Deh! non la paterna
lasciata reggia, e non gli orbati e mesti
miei genitor; né cosa, in somma, alcuna
delle giá mie, tu mai, né rimembrarmi
dei, né pur mai nomarmela.
Fia questo
rimedio, il sol, che asciugherá per sempre
il mio finor perenne orribil pianto.
PERÉO
Strano, inaudito è il tuo disegno, o Mirra:
deh! voglia il ciel, ch'ei non t'incresca un giorno! -
Pur, benché in cor lusinga omai non m'entri
d'esserti caro, in mio pensier son fermo
di compier ciecamente ogni tua brama.
Ove poi voglia il mio fatal destino,
ch'io mai non merti l'amor tuo, la vita
che per te sola io serbo (questa vita,
cui tolta io giá di propria man mi avrei,
s'oggi perderti affatto erami forza)
questa mia vita per sempre consacro
al tuo dolore, poiché a ciò mi hai scelto.
A pianger teco, ove tu il brami; a farti,
tra giuochi e feste, il tuo cordoglio e il tempo
ingannar, se a te giova; a porre in opra,
a prevenir tutti i desiri tuoi;
a mostrarmiti ognor, qual piú mi vogli,
sposo, amico, fratello, amante, o servo;
ecco, a quant'io son presto: e in ciò soltanto
la mia gloria fia posta e l'esser mio.
Se non potrai me poscia amar tu mai,
parmi esser certo, che odiarmi almeno
neppur potrai.
MIRRA
Che parli tu? Deh! meglio
Mirra e te stesso in un conosci e apprezza.
Alle tante tue doti amor sí immenso
v'aggiungi tu, che di ben altro oggetto,
ch'io nol son, ti fa degno.
Amor sue fiamme
porrammi in cor, tosto che sgombro ei l'abbia
dal pianto appieno.
Indubitabil prova
abbine, ed ampia, oggi in veder ch'io scelgo
d'ogni mio mal te sanator pietoso;
ch'io stimo te, ch'io ad alta voce appello,
Peréo, te sol liberator mio vero.
PERÉO
D'alta gioja or m'infiammi: il tuo bel labro
tanto mai non mi disse: entro al mio core
stanno in note di fuoco omai scolpiti
questi tuoi dolci accenti.
- Ecco venirne
giá i sacerdoti, e la festosa turba,
e i cari nostri genitori.
O sposa,
deh! questo istante a te davver sia fausto,
come il piú bello è a me del viver mio!
SCENA TERZA
SACERDOTI, CORO DI FANCIULLI, DONZELLE, E VECCHI;
CINIRO, CECRI, POPOLO, MIRRA, PERÉO, EURICLÉA.
CINIRO
Amati figli, augurio lieto io traggo
dal vedervi precedere a noi tutti,
al sacro rito.
In sul tuo viso è sculta,
Peréo, la gioja; e della figlia io veggo
fermo e sereno anco l'aspetto.
I Numi
certo abbiamo propizj.
- In copia incensi
fumino or dunque in su i recati altari;
e, per far vie piú miti a noi gli Dei,
schiudasi il canto; al ciel rimbombin grati
devoti inni vostri alti-sonanti.
CORO(1)
«O tu, che noi mortali egri conforte,
«fratel d'Amor, dolce Imenéo, bel Nume;
«deh! fausto scendi; = e del tuo puro lume
«fra i lieti sposi accendi
«fiamma, cui nulla estingua, altro che morte.
-
FANCIULLO
«Benigno a noi, lieto Imenéo, deh! vola
«del tuo german su i vanni;
DONZELLE
«e co' suoi stessi inganni
«a lui tu l'arco, = e la farétra invola:
VECCHI
«ma scendi scarco
«di sue lunghe querele e tristi affanni: -
CORO
«de' nodi tuoi, bello Imenéo giocondo,
«stringi la degna coppia unica al mondo».
EURICLÉA
Figlia, che fia? tu tremi?...
oh cielo!...
MIRRA
Taci:
deh! taci...
EURICLÉA
Eppur...
MIRRA
No, non è ver; non tremo.
-
CORO
«O d'Imenéo e d'Amor madre sublime,
«o tra le Dive Diva,
«alla cui possa nulla possa è viva;
«Venere, deh! fausta agli sposi arridi
«dalle olimpiche cime,
«se sacri mai ti fur di Cipro i lidi.
FANCIULLO
«Tutta è tuo don questa beltá sovrana,
«onde Mirra è vestita, e non altera;
DONZELLE
«lasciarci in terra la tua immagin vera
«piacciati, deh! col farla allegra e sana,
VECCHI
«e madre in breve di sí nobil prole,
«che il padre, e gli avi, e i regni lor, console.
-
CORO
«Alma Dea, per l'azzurre aure del cielo,
«coi be' nitidi cigni al carro aurato,
«raggiante scendi; abbi i duo figli a lato;
«e del bel roseo velo
«gli sposi all'ara tua prostráti ammanta;
«e in due corpi una sola alma traspianta».
CECRI
Figlia, deh! sí; della possente nostra
Diva, tu sempre umíl...
Ma che? ti cangi
tutta d'aspetto?...
Oimè! vacilli? e appena
su i piè tremanti?...
MIRRA
Ah! per pietá, coi detti
non cimentar la mia costanza, o madre:
del sembiante non so;...
ma il cor, la mente,
salda stommi, immutabile.
EURICLÉA
Per essa
morir mi sento.
PERÉO
Oimè! vieppiú turbarsi
la veggo in volto?...
Oh qual tremor mi assale! -
CORO
«La pura Fe, l'eterna alma Concordia,
«abbian lor templo degli sposi in petto;
«e indarno sempre la infernale Aletto,
«con le orribil suore,
«assalto muova di sue negre tede
«al forte intatto core
«dell'alta sposa, = che ogni laude eccede:
«e, invan rabbiosa,
«se stessa roda la feral Discordia...»
MIRRA
Che dite voi? giá nel mio cor, giá tutte
le Furie ho in me tremende.
Eccole; intorno
col vipereo flagello e l'atre faci
stan le rabide Erinni: ecco quai merta
questo imenéo le faci...
CINIRO
Oh ciel! che ascolto?
CECRI
Figlia, oimè! tu vaneggi...
PERÉO
Oh infauste nozze!
Non fia, no mai...
MIRRA
- Ma che? giá taccion gl'inni?...
Chi al sen mi stringe? Ove son io? Che dissi?
Son io giá sposa? Oimè!...
PERÉO
Sposa non sei,
Mirra; né mai tu di Peréo, tel giuro,
sposa sarai.
Le agitatrici Erinni,
minori no, ma dalle tue diverse,
mi squarcian pure il cuore.
Al mondo intero
favola omai mi festi; ed a me stesso
piú insoffribil, che a te: non io per tanto
farti voglio infelice.
Appien tradita,
mal tuo grado, ti sei: tutto traluce
invincibile tuo lungo ribrezzo,
che per me nutri.
Oh noi felici entrambi,
che ti tradisti in tempo! Omai disciolta
sei dal richiesto ed abborrito giogo.
Salva, e libera, sei.
Per sempre io tolgo
dagli occhi tuoi quest'odíoso aspetto...
Paga e lieta vo' farti...
Infra brev'ora,
qual resti scampo a chi te perde, udrai.
SCENA QUARTA
CINIRO, MIRRA, CECRI, EURICLÉA,
SACERDOTI, CORO, POPOLO.
CINIRO
Contaminato è il rito; ogni solenne
pompa omai cessi, e taccian gl'inni.
Altrove
itene intanto, o sacerdoti.
Io voglio,
(misero padre!) almen pianger non visto.
SCENA QUINTA
CINIRO, MIRRA, CECRI, EURICLÉA.
EURICLÉA
Mirra piú presso a morte assai, che a vita,
stassi: il vedete, ch'io a stento la reggo?
Oh figlia!...
CINIRO
Donne, a se medesma in preda
costei si lasci, e alle sue furie inique.
Duro, crudel, mal grado mio, mi ha fatto
con gl'inauditi modi suoi: pietade
piú non ne sento.
Ella, all'altar venirne,
contra il voler dei genitori quasi,
ella stessa il voleva: e sol, per trarci
a tal nostr'onta e sua?...
Pietosa troppo,
delusa madre, lasciala: se pria
noi severi non fummo, è giunto il giorno
d'esserlo al fine.
MIRRA
È ver: Ciniro meco
inesorabil sia; null'altro io bramo;
null'altro io voglio.
Ei terminar può solo
d'una infelice sua figlia non degna
i martír tutti.
- Entro al mio petto vibra
quella che al fianco cingi ultrice spada:
tu questa vita misera, abborrita,
davi a me giá; tu me la togli: ed ecco
l'ultimo dono, ond'io ti prego...
Ah! pensa;
che se tu stesso, e di tua propria mano,
me non uccidi, a morir della mia
omai mi serbi, ed a null'altro.
CINIRO
Oh figlia!...
CECRI
Oh parole!...
Oh dolor!...
Deh! tu sei padre;
padre tu sei;...
perchè innasprirla?...
Or forse
non è abbastanza misera?...
Ben vedi,
mal di se stessa è donna; ad ogni istante
fuor di se stessa è dal dolore...
EURICLÉA
O Mirra...
Figlia,...
e non m'odi?...
Parlar,...
pel gran pianto,...
non posso...
CINIRO
Oh stato!...
A sí terribil vista
non reggo...
Ah! sí, padre pur troppo io sono;
e di tutti il piú misero...
Mi sforza
giá, piú che l'ira, or la pietá.
Mi traggo
a pianger solo altrove.
Ah! voi sovr'essa
vegliate intanto.
- In se tornata, in breve,
ella udrá poscia favellarle il padre.
SCENA SESTA
CECRI, MIRRA, EURICLÉA.
EURICLÉA
Ecco, di nuovo ella i sensi ripiglia...
CECRI
Buona Euricléa, con lei lasciami sola;
parlarle voglio.
SCENA SETTIMA
CECRI, MIRRA.
MIRRA
- Uscito è il padre?...
Ei dunque,
ei di uccidermi niega?...
Deh! pietosa
dammi tu, madre, un ferro; ah! sí; se l'ombra
pur ti riman per me d'amore, un ferro,
senza indugiar, dammi tu stessa.
Io sono
in senno appieno; e ciò ch'io dico, e chieggo,
so quanto importi: al senno mio, deh! credi;
n'è tempo ancor: ti pentirai, ma indarno,
del non mi aver d'un ferro oggi soccorsa.
CECRI
Diletta figlia,...
oh ciel!...
tu, pel dolore,
certo vaneggi.
Alla tua madre mai
non chiederesti un ferro...
- Or, piú di nozze
non si favelli: uno inaudito sforzo
quasi pur troppo a compierle ti trasse;
ma, piú di te potea natura; i Numi
io ne ringrazio assai.
Tu fra le braccia
della dolce tua madre starai sempre:
e se ad eterno pianto ti condanni,
pianger io teco eternamente voglio,
né mai, né d'un sol passo, mai lasciarti:
sarem sol'una; e del dolor tuo stesso,
poich'ei da te partir non vuolsi, anch'io
vestirmi vo'.
Piú suora a te, che madre,
spero, mi avrai...
Ma, oh ciel! che veggio? O figlia,...
meco adirata sei?...
me tu respingi?...
e di abbracciarmi nieghi? e gl'infuocati
sguardi?...
Oimè! figlia,...
anco alla madre?...
MIRRA
Ah! troppo
dolor mi accresce anco il vederti: il cuore,
nell'abbracciarmi tu, vieppiú mi squarci...
-
Ma...
oimè!...
che dico?...
Ahi madre!...
Ingrata, iniqua,
figlia indegna son io, che amor non merto.
Al mio destino orribile me lascia;...
o se di me vera pietá tu senti,
io tel ridico, uccidimi.
CECRI
Ah! me stessa
ucciderei, s'io perderti dovessi:
ahi cruda! e puoi tu dirmi, e replicarmi
cosí acerbe parole? - Anzi, vo' sempre
d'ora in poi sul tuo viver vegliar io.
MIRRA
Tu vegliare al mio vivere? ch'io deggia,
ad ogni istante, io rimirarti? innanzi
agli occhi miei tu sempre? ah! pria sepolti
voglio in tenebre eterne gli occhi miei:
con queste man mie stesse, io stessa pria
me li vo' sverre, io, dalla fronte...
CECRI
Oh cielo!
che ascolto?...
Oh ciel!...
Rabbrividir mi fai.
Me dunque abborri?...
MIRRA
Tu prima, tu sola,
tu sempiterna cagione funesta
d'ogni miseria mia...
CECRI
Che parli?...
Oh figlia!...
Io la cagion?...
Ma giá il tuo pianto a rivi...
MIRRA
Deh! perdonami; deh!...
Non io favello;
una incognita forza in me favella...
Madre, ah! troppo tu m'ami; ed io...
CECRI
Me nomi
cagion?...
MIRRA
Tu, sí; de' mali miei cagione
fosti, nel dar vita ad un'empia; e il sei,
s'or di tormela nieghi; or, ch'io ferventi
prieghi ten porgo.
Ancor n'è tempo; ancora
sono innocente, quasi...
- Ma,...
non regge
a tante furie...
il languente...
mio...
corpo...
mancano i piè,...
mancano...
i sensi...
CECRI
Io voglio
trarti alle stanze tue.
D'alcun ristoro
d'uopo hai, son certa; dal digiun tuo lungo
nasce in te il vaneggiare.
Ah! vieni; e al tutto
in me ti affida: io vo' servirti, io sola.
ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
CINIRO.
Oh sventurato, oh misero Peréo!
Troppo verace amante!...
Ah! s'io piú ratto
al giunger era, il crudo acciaro forse
tu non vibravi entro al tuo petto.
- Oh cielo!
che dirá l'orbo padre? ei lo attendeva
sposo, e felice; ed or di propria mano
estinto, esangue corpo, innanzi agli occhi
ei recar sel vedrá.
- Ma, sono io padre
men di lui forse addolorato? è vita
quella, a cui resta, infra sue furie atroci,
la disperata Mirra? è vita quella,
a cui l'orrido suo stato noi lascia? -
Ma, udirla voglio: e giá di ferreo usbergo
armato ho il core.
Ella ben merta (e il vede)
il mio sdegno; ed in prova, al venir lenta
mostrasi: eppur, dal terzo messo ella ode
giá il paterno comando.
- Orribil certo,
e rilevante arcano havvi nascoso
in questi suoi travagli.
O il vero udirne
dal di lei labro io voglio, o mai non voglio,
mai piú, vederla al mio cospetto innante...
Ma, (oh ciel!) se forza di destino, ed ira
di offesi Numi a un lagrimar perenne
la condanna innocente, aggiunger deggio
l'ira d'un padre a sue tante sventure?
E abbandonata, e disperata, a lunga
morte lasciarla?...
Ah! mi si spezza il core...
Pure, il mio immenso affetto, in parte almeno,
ora è mestier, ch'io per la prova estrema,
le asconda.
In suon di sdegno ella finora
mai non mi udia parlarle: il cor sí saldo,
no, donzella non ha, che incontro basti
al non usato minacciar del padre.
-
Eccola al fine.
- Oimè! come si avanza
a tardi passi, e sforzati! Par, ch'ella
al mio cospetto a morire sen venga.
SCENA SECONDA
CINIRO, MIRRA.
CINIRO
- Mirra, che nulla tu il mio onor curassi,
creduto io mai, no, non l'avrei; convinto
me n'hai (pur troppo!) in questo dí fatale
a tutti noi: ma, che ai comandi espressi,
e replicati del tuo padre, or tarda
all'obbedir tu sii, piú nuovo ancora
questo a me giunge.
MIRRA
...
Del mio viver sei
signor, tu solo...
Io de' miei gravi,...
e tanti
falli...
la pena...
a te chiedeva,...
io stessa,...
or dianzi,...
qui...
- Presente era la madre;...
deh! perché allor...
non mi uccidevi?...
CINIRO
È tempo,
tempo ormai, sí, di cangiar modi, o Mirra.
Disperate parole indarno muovi;
e disperati, e in un tremanti, sguardi
al suolo affissi indarno.
Assai ben chiara
in mezzo al dolor tuo traluce l'onta;
rea ti senti tu stessa.
Il tuo piú grave
fallo, è il tacer col padre tuo: lo sdegno
quindi appien tu ne merti; e che in me cessi
l'immenso amor, che all'unica mia figlia
io giá portai.
- Ma che? tu piangi? e tremi?
e inorridisci?...
e taci? - A te fia dunque
l'ira del padre insopportabil pena?
MIRRA
Ah!...
peggior...
d'ogni morte...
CINIRO
Odimi.
- Al mondo
favola hai fatto i genitori tuoi,
quanto te stessa, coll'infausto fine
che alle da te volute nozze hai posto.
Giá l'oltraggio tuo crudo i giorni ha tronchi
del misero Peréo...
MIRRA
Che ascolto? Oh cielo!
CINIRO
Peréo, sí, muore; e tu lo uccidi.
Uscito
del nostro aspetto appena, alle sue stanze
solo, e sepolto in un muto dolore,
ei si ritrae: null'uomo osa seguirlo.
Io, (lasso me!) tardo pur troppo io giungo...
Dal proprio acciaro trafitto, ei giacea
entro un mare di sangue: a me gli sguardi
pregni di pianto e di morte inalzava;...
e, fra i singulti estremi, dal suo labro
usciva ancor di Mirra il nome.
- Ingrata...
MIRRA
Deh! piú non dirmi...
Io sola, io degna sono,
di morte...
E ancor respiro?...
CINIRO
Il duolo orrendo
dell'infelice padre di Peréo,
io che son padre ed infelice, io solo
sentir lo posso: io 'l so, quanto esser debba
lo sdegno in lui, l'odio, il desio di farne
aspra su noi giusta vendetta.
- Io quindi,
non dal terror dell'armi sue, ma mosso
dalla pietá del giovinetto estinto,
voglio, qual de' padre ingannato e offeso,
da te sapere (e ad ogni costo io 'l voglio)
la cagion vera di sí orribil danno.
-
Mirra, invan me l'ascondi: ah! ti tradisce
ogni tuo menom'atto.
- Il parlar rotto;
lo impallidire, e l'arrossire; il muto
sospirar grave; il consumarsi a lento
fuoco il tuo corpo; e il sogguardar tremante;
e il confonderti incerta; e il vergognarti,
che mai da te non si scompagna:...
ah! tutto,
sí tutto in te mel dice, e invan tu il nieghi;...
son figlie in te le furie tue...
d'amore.
MIRRA
Io?...
d'amor?...
Deh! nol credere...
T'inganni.
CINIRO
Piú il nieghi tu, piú ne son io convinto.
E certo in un son io (pur troppo!) omai,
ch'esser non puote altro che oscura fiamma,
quella cui tanto ascondi.
MIRRA
Oimè!...
che pensi?...
Non vuoi col brando uccidermi;...
e coi detti...
mi uccidi intanto...
CINIRO
E dirmi pur non l'osi,
che amor non senti? E dirmelo, e giurarlo
anco ardiresti, io ti terria spergiura.
-
Ma, chi mai degno è del tuo cor, se averlo
non potea pur l'incomparabil, vero,
caldo amator, Peréo? - Ma, il turbamento
cotanto è in te;...
tale il tremor; sí fera
la vergogna; e in terribile vicenda,
ti si scolpiscon sí forte sul volto;
che indarno il labro negheria...
MIRRA
Vuoi dunque...
farmi...
al tuo aspetto...
morir...
di vergogna?...
E tu sei padre?
CINIRO
E avvelenar tu i giorni,
troncarli vuoi, di un genitor che t'ama
piú che se stesso, con l'inutil, crudo,
ostinato silenzio? - Ancor son padre:
scaccia il timor; qual ch'ella sia tua fiamma,
(pur ch'io potessi vederti felice!)
capace io son d'ogni inaudito sforzo
per te, se la mi sveli.
Ho visto, e veggo
tuttor, (misera figlia!) il generoso
contrasto orribil, che ti strazia il core
infra l'amore, e il dover tuo.
Giá troppo
festi, immolando al tuo dover te stessa:
ma, piú di te possente, Amor nol volle.
La passíon puossi escusare; ha forza
piú assai di noi; ma il non svelarla al padre,
che tel comanda, e ten scongiura, indegna
d'ogni scusa ti rende.
MIRRA
- O Morte, Morte,
cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda
sempre sarai?...
CINIRO
Deh! figlia, acqueta alquanto,
l'animo acqueta: se non vuoi sdegnato
contra te piú vedermi, io giá nol sono
piú quasi omai; purché tu a me favelli.
Parlami deh! come a fratello.
Anch'io
conobbi amor per prova: il nome.
MIRRA
Oh cielo!...
Amo, sí; poiché a dirtelo mi sforzi;
io disperatamente amo, ed indarno.
Ma, qual ne sia l'oggetto, né tu mai,
né persona il saprá: lo ignora ei stesso...
ed a me quasi io 'l niego.
CINIRO
Ed io saperlo
e deggio, e voglio.
Né a te stessa cruda
esser tu puoi, che a un tempo assai nol sii
piú ai genitori che ti adoran sola.
Deh! parla; deh! - Giá, di crucciato padre,
vedi ch'io torno e supplice e piangente:
morir non puoi, senza pur trarci in tomba.
-
Qual ch'ei sia colui ch'ami, io 'l vo' far tuo.
Stolto orgoglio di re strappar non puote
il vero amor di padre dal mio petto.
Il tuo amor, la tua destra, il regno mio,
cangiar ben ponno ogni persona umíle
in alta e grande: e, ancor che umíl, son certo,
che indegno al tutto esser non può l'uom ch'ami.
Te ne scongiuro, parla: io ti vo' salva,
ad ogni costo mio.
MIRRA
Salva?...
Che pensi?...
Questo stesso tuo dir mia morte affretta...
Lascia, deh! lascia, per pietá, ch'io tosto
da te...
per sempre...
il piè...
ritragga...
CINIRO
O figlia
unica amata; oh! che di' tu? Deh! vieni
fra le paterne braccia.
- Oh cielo! in atto
di forsennata or mi respingi? Il padre
dunque abborrisci? e di sí vile fiamma
ardi, che temi...
MIRRA
Ah! non è vile;...
è iniqua
la mia fiamma; né mai...
CINIRO
Che parli? iniqua,
ove primiero il genitor tuo stesso
non la condanna, ella non fia: la svela.
MIRRA
Raccapricciar d'orror vedresti il padre,
se la sapesse...
Ciniro...
CINIRO
Che ascolto!
MIRRA
Che dico?...
ahi lassa!...
non so quel ch'io dica...
Non provo amor...
Non creder, no...
Deh! lascia,
te ne scongiuro per l'ultima volta,
lasciami il piè ritrarre.
CINIRO
Ingrata: omai
col disperarmi co' tuoi modi, e farti
del mio dolore gioco, omai per sempre
perduto hai tu l'amor del padre.
MIRRA
Oh dura,
fera orribil minaccia!...
Or, nel mio estremo
sospir, che giá si appressa,...
alle tante altre
furie mie l'odio crudo aggiungerassi
del genitor?...
Da te morire io lungi?...
Oh madre mia felice!...
almen concesso
a lei sará...
di morire...
al tuo fianco...
CINIRO
Che vuoi tu dirmi?...
Oh! qual terribil lampo,
da que
...
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