LA SERVA AMOROSA, di Carlo Goldoni - pagina 10
...
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Signor padrone, parliamo di cose allegre.
OTT.
Ah Corallina...
Non più cose allegre; cose tetre, cose miserabili...
Come! Si vuol chio faccia testamento per farmi poscia morire?
COR.
Pur troppo è la verità.
Ma non voglio infastidirvi.
Mutiamo discorso.
OTT.
Ah se potessi di ciò assicurarmi; vorrei prima di morire far una bella risoluzione.
COR.
Signor padrone, parliamo quietamente, senza che vi conturbiate; che torto fate voi alla signora Beatrice, a dubitar di lei per un poco?
OTT.
Niente affatto.
COR.
Dunque fate così.
Dubitate di lei per unora, ed io mimpegno di farvi toccar con mano la verità.
O sarà ella una buona donna, e voi fate tutto a suo modo; o sarà una finta, una bugiarda, e voi farete quello che più vi tornerà a conto.
OTT.
Tu di bene...
Ma come posso io far questa prova?
COR.
Sentite: fate così...
Ma non vorrei, parlando di cose tetre, venirvi a noia.
Volete che mutiamo discorso?
OTT.
No, no, seguitiamo questo.
Mi preme assai.
COR.
Bisogna farsi animo, e far così...
(si batte alla porta chiusa) Oimè! battono.
OTT.
Chi sarà mai?
COR.
Conviene aprire.
OTT.
Ma...
Il nostro discorso...
COR.
Unaltra volta.
(tornano a battere)
OTT.
Nascondetevi.
Entrate nella mia camera.
Colà non verrà nessuno.
COR.
Avvisatemi, se vi è pericolo.
(Voglia il cielo chio possa condurre a fine il disegno).
(da sé; entra in una camera in fondo alla scena)
SCENA SESTA
OTTAVIO, poi ARLECCHINO
OTT.
Oh, sono pure nel grandimbroglio! Povero me! Se fosse vero...
Ah, spero che non sarà.
(apre) Che vuoi? (ad Arlecchino, che si presenta alla porta)
ARL.
El sior nodaro el dis cussì, che vussioria ghe manda...
OTT.
Che cosa?
ARL.
Ghe manda...
OTT.
Ma che? Spicciati.
ARL.
Ah sì! El contrasto dei novizzi (21).
OTT.
Che diavolo dici? Io non ti capisco.
ARL.
Me par certo che labbia dit cussì.
OTT.
Sei un balordo; non avrà detto così.
ARL.
Adess marrecordo: la creatura del matrimonio (22).
OTT.
Eh, va al diavolo, pappagallo.
ARL.
Mo se el mha dit cussì.
OTT.
Ma se non può stare.
ARL.
Ha dit la padrona, che ghe mandè quella carta da notte, che avi mess in tel cantaro (23).
OTT.
Testa di legno! Vorrai tu dire quella carta di dote, che ho messo nel canterale.
ARL.
Circumcirca.
OTT.
Ho capito; è nella camera dove dormo.
Vattene, che ora la mando al signor notaio.
ARL.
I mha dit che la porta...
OTT.
Va in sala, aspetta, e la porterai.
ARL.
Vado in sala, e la porterai (24).
(parte)
OTT.
Presto, sentiamo che cosa sa dirmi quella buona donna di Corallina.
(in atto di partire)
SCENA SETTIMA
CORALLINA e detto.
COR.
È andato via? (dalla camera, incontrandola Ottavio)
OTT.
Sì, ma per maggior sicurezza entriamo nella mia camera.
Parlatemi pure liberamente, che son disposto a far tutto per chiarirmi della verità.
COR.
Andate innanzi; permettetemi chio dica una parola ad un uomo chè qui sulla scala segreta.
OTT.
E chi è questuomo?
COR.
È il servitore del notaio.
OTT.
Vi conosce?
COR.
Signor no.
OTT.
Via, spicciatevi, che vi aspetto.
Mi sento un ardor nello stomaco, che mi par di morire.
Ah, se scoprissi un inganno...
Ma non sarà vero; mi pare impossibile.
(entra per la porta di fondo)
SCENA OTTAVA
CORALLINA, poi BRIGHELLA travestito.
COR.
Sinora la cosa va bene.
(apre la porta segreta) Brighella, entrate.
BRIGH.
Son qua...
Come vala?
COR.
Andate dal signor Florindo, e ditegli che si consoli, che le cose vanno bene, che ho tirato il signor Ottavio ad ascoltarmi, e a dubitar della moglie.
Ora tento unaltra cosa, e se mi riesce, siamo a segno di tutto.
Avvisatelo che si trovi in queste vicinanze, per venir qui ad ogni cenno.
Avvisate anche il vostro padrone e la vostra padrona, e che tutti stieno pronti per aiutarmi se occorre, per profittar se bisogna.
(entra dove Ottavio è entrato)
SCENA NONA
BRIGHELLA, poi OTTAVIO
BRIGH.
Gran testa ha sta Corallina! Gran belle viscere! Gran bel cuor! Oh, se posso, la vôi per mi sta zoggia! Se tanto la fa per amor damicizia, figureve quel che la farà per affetto matrimonial.
(in atto di partire)
OTT.
Galantuomo.
BRIGH.
Signor (alterando la voce)
OTT.
Tenete.
Fatemi il piacere di portar questa carta al vostro padrone.
(Corro a sentir Corallina).
(entra, e chiude la porta)
BRIGH.
Cossèla mo sta carta? Lho da portar al me patron? Chel mabbia cognossù? Mi no la so capir.
Basta, la porterò al me patron.
(parte)
SCENA DECIMA
ARLECCHINO, poi BEATRICE
ARL.
Adess; tornerò unaltra volta.
(mostrando di parlare in sala) Sior padron...
Dovèlo? Sior padron...
El contrasto...
La creatura...
(25) Sior padron.
Lè andà in fumo.
(va alla porta) Siora padrona, el padron lè andà in tel cantaro co la creatura (26).
BEAT.
Che cosa vai tu dicendo?
ARL.
Digo cussì...
BEAT.
Dovè il signor Ottavio?
ARL.
Dovèlo el sior Ottavi?
BEAT.
Sarà nellaltra camera a cercar la scrittura.
ARL.
Senzalter el sarà in camera a revéder le scritture.
BEAT.
È chiusa la porta.
(picchia) Signor Ottavio, signor Ottavio.
Diamine! che è mai questa novità? Non chiude mai.
Signor Ottavio.
Che sia andato giù della scala? Non crederei.
Le scale sono mesi che non le fa.
ARL.
El pol esser andà zoso da la fenestra.
BEAT.
Che gli sia venuto qualche accidente?
ARL.
Pol esser, per amor della creatura.
BEAT.
Arlecchino, va giù nel pian terreno.
Guarda se mai fosse disceso; se fosse venuto il suo figliuolo, se mi ordissero qualche tradimento.
Quel giovine non vi è più.
Temo di qualche inganno.
Va presto, spicciati.
ARL.
Vado subito.
(parte per la porta segreta)
BEAT.
Io entrerò in quella camera per laltra porta, di cui ho le chiavi.
Misera me! Sono in angustie.
Non vorrei chegli fosse pericolato.
Faccia testamento, e poi crepi, se vuol crepare.
(parte)
SCENA UNDICESIMA
CORALLINA dalla camera di Ottavio, poi ARLECCHINO
COR.
Manco male che se nè andata.
Posso uscire liberamente.
Povero padrone! Ma! Questi vecchi imparino a rimaritarsi.
(va per la porta segreta, ed incontra Arlecchino)
ARL.
Chi va là?
COR.
Oimè!
ARL.
Chi sive vu (27)?
COR.
Sono il giovine del notaio.
ARL.
Il giovine del notaio? (contraffacendo la voce di Corallina) Saldi.
(la prende per un braccio)
COR.
Lasciatemi andare.
ARL.
(Sta vose la cognosso).
(da sé) Vegnì con mi.
COR.
No, lasciatemi.
ARL.
Eh sangue de mi! (la vuol tirare innanzi) Griderò, farò vegnir zente.
COR.
No, per carità.
ARL.
Oh corpo del diavolo! Corallina?
COR.
Zitto, per amor del cielo.
ARL.
Oh, no vôi che me vegna el gosso.
Vôi gridar.
Cora...
COR.
Senti, senti; prendi questo zecchino, e sta zitto.
ARL.
Loro èlo un bon remedi contra el gosso?
COR.
Sì, te lo dono, lasciami andare, e non lo dire a nessuno.
ARL.
Va là; farò sto atto de cavalleria.
COR.
Cielo, aiutami.
(parte)
ARL.
Qualche imbroio ghè sotto: ma a mi me basta che sto zecchin sia de peso.
(parte)
SCENA DODICESIMA
Altra camera con letto chiuso dal cortinaggio, tavolino e lume.
OTTAVIO sul letto chiuso, che non si vede; BEATRICE apre luscio, ed entra.
BEAT.
Signor Ottavio.
Signor Ottavio.
Qui non cè nemmeno.
Povera me! Che me labbiano condotto via? Parmi vedere...
(saccosta al letto da una parte) Eccolo nel letto bello e vestito.
Si sarà addormentato.
Voglio destarlo, ritrovar questa carta, e concludere il testamento.
Signor Ottavio; ehi, signor Ottavio, signor Ottavio...
(scuotendolo) Oh me infelice! Che sia morto? Signor Ottavio, signor Ottavio; pare morto senzaltro.
Un accidente lavrà colpito.
Oh che colpo! Oh che caso! Oh mia disgrazia! È morto prima di far testamento.
SCENA TREDICESIMA
Il NOTAIO e detti.
NOT.
Ebbene, signora, lha ritrovata questa scrittura?
BEAT.
Non la trovo...
Ma, non si può far senza?
NOT.
Se non si trova, faremo senza.
Si ricorda ella precisamente la somma della sua dote?
BEAT.
Sì signore...
seimila scudi.
NOT.
Bene, metteremo seimila scudi; giacché ella ha piacere che col testamento si confermi questa sua dote, lo faremo; basta che il signor Ottavio me lo dica in voce.
BEAT.
Il signor Ottavio è nel letto.
NOT.
Che fa? Dorme?
BEAT.
Ho paura chegli abbia male.
NOT.
Mal grave?
BEAT.
Piuttosto; ma per far testamento saremo a tempo.
NOT.
Non gli sarebbe già venuto qualche accidente?
BEAT.
Io credo di no.
Ma se ciò fosse, il testamento non si farebbe più?
NOT.
Oh bella! Si avrebbe a far parlare un morto?
BEAT.
Non sarebbe la prima volta.
NOT.
Singanna, signora...
BEAT.
Via, via, il signor Ottavio è vivo.
Aspetti, che gli andrò a domandare, se vuole che ora vossignoria gli legga la sua minuta, e che si concluda.
(saccosta al letto)
NOT.
Benissimo.
(Costei la sa lunga).
(da sé)
BEAT.
Ha detto così che si sente male, e vuole spicciarsi per timor di morire.
Anzi colle sue mani mi ha dati questi trenta zecchini, acciò vossignoria beva la cioccolata per amor suo.
NOT.
Non occorraltro.
Troviamo li testimoni, e faccia portar da scrivere.
BEAT.
Dove li troveremo? I miei servitori non vorrei che in ciò sintrigassero.
NOT.
Andrò io a ritrovarli.
BEAT.
Non vorrei che fossero di quelli che vogliono parlare collammalato, e disturbarlo.
NOT.
Lasci fare a me.
Ho io de testimoni a proposito.
Conosco il bisogno suo e del signor Ottavio; mi lasci andare alla piazza, e torno in un momento.
BEAT.
Bravo, signor Agapito! Facciamo le cose come vanno fatte.
Mi ha detto il signor Ottavio, che per voi ci sarà un piccolo legato di mille scudi.
NOT.
Si lasci servire, e sarà contenta.
(parte)
SCENA QUATTORDICESIMA
BEATRICE, poi LELIO
BEAT.
Manco male che ho dato in un uomo facile, pratico del mestiere, e pronto a ripieghi.
Mi ha inteso bastantemente, e rimedierà egli al disordine.
Per altro, o sia morto, o stia per morire, mi aveva ben corbellato.
La scrittura della dote, chegli mi ha fatto dopo il matrimonio, ho paura non sia fatta a dovere, e mi preme di confermarla col testamento.
LEL.
Buona sera, signora madre.
BEAT.
Figliuolo mio, dove siete stato sinora?
LEL.
A fare allamore colla signora Rosaura.
BEAT.
Con lei veramente?
LEL.
Sì signora, con lei.
BEAT.
Dove?
LEL.
Sotto le sue finestre.
BEAT.
Vi ha ella parlato dalla finestra?
LEL.
Non era alla finestra, ma passeggiava per camera.
La serva mi ha veduto, e lha avvertita chio sospirava.
BEAT.
Eh scioccherello! Con quella non vi è da sperare: vi mariterò io.
LEL.
Ho veduto entrare Florindo in casa del signor Pantalone.
BEAT.
Peggio!
LEL.
Sarei rimasto lì ancora; ma laccidente ha fatto che dando lacqua ai fiori, mi hanno bagnato da capo a piedi.
BEAT.
Non ve ne accorgete che vi disprezzano, che si burlano di voi?
LEL.
Eh! giusto! Vorrei dar la buona sera al signor padre, e andarmene a letto.
BEAT.
Avete finito di dargli la buona sera.
LEL.
Perché?
BEAT.
Perché il vecchio sta per morire.
LEL.
Signora madre, quando muore qualcheduno, non si piange?
BEAT.
Sicuro.
E bisognerà che anche noi ci mettiamo a piangere.
LEL.
Quando?
BEAT.
Quando verranno le visite a condolersi.
LEL.
Quando ho da piangere, avvisatemi.
SCENA QUINDICESIMA
SERVITORE e detti.
SERV.
È qui il signor notaio con alcune altre persone, che non so chi siano.
BEAT.
Che passino, e porta da scrivere.
(il Servitore parte)
LEL.
Che cosa vuole il notaio?
BEAT.
Finir il testamento del signor Ottavio.
LEL.
Se è moribondo!
BEAT.
Zitto.
Badate a voi, e non parlate.
(a Lelio)
LEL.
(Questa domani la racconto al caffè).
(da sé)
SCENA SEDICESIMA
Il NOTAIO con alcuni testimoni.
Il SERVITORE di Ottavio che porta da scrivere, e detti.
BEAT.
Bravo, signor Agapito.
NOT.
Sono di parola?
BEAT.
Bravo.
NOT.
Ecco li testimoni.
Signori, saranno testimoni di questo testamento, che fa il signore Ottavio Panzoni.
BEAT.
Li supplico, e saprò il mio dovere.
(verso li testimoni)
NOT.
Signora Beatrice, signor Lelio, favoriscano ritirarsi, acciò possa io interrogare con libertà e confidenza il signor testatore, per leggere poi a testimoni la sua volontà.
BEAT.
Volentieri, ritiriamoci.
(a Lelio)
LEL.
Oh bella! vuol interrogare un moribondo.
(a Beatrice)
BEAT.
(Vien qui, sciocco).
(lo tira in disparte)
NOT.
(Saccosta al letto di Ottavio)
BEAT.
(Sarebbe meglio che tu fossi morto, che non parleresti).
LEL.
(Oh bella! Se fossi morto, non prenderei moglie).
BEAT.
(Bella razza che tu farai!)
LEL.
(Vedrete che bei figliuoli! La signora Rosaura è bella, io son grazioso).
BEAT.
(Tu sei pazzo.
Eppure, non avendo altri figliuoli, ti voglio bene).
LEL.
(Quando andiamo a cena?)
NOT.
Ecco fatto.
Ecco la volontà del signor Ottavio; ascoltino, signori testimoni.
BEAT.
Posso sentire io?
NOT.
Saccomodi.
Il signor Ottavio Panzoni, sano per grazia del cielo di corpo e di mente...
pensando che luomo è mortale, ha fatto e fa il presente suo ultimo testamento nuncupativo, che dicesi sine scriptis...
LEL.
(Sine scriptis; nuncupativo: queste parole non le capisco) (da sé)
NOT.
Per la sua sepoltura, si rimette allinfrascritto suo erede universale.
LEL.
Che sarò io.
NOT.
Item, per ragion di legato...
BEAT.
Ha detto che non voleva fare legati Sentiamo listituzion dellerede.
NOT.
In tutti i suoi beni presenti e futuri, mobili, stabili e semoventi, azioni, ragioni, nomi di debitori, instituì ed instituisce, nominò e nomina il signor Florindo Panzoni, figlio suo legittimo e naturale...
BEAT.
Come!
NOT.
Non ha inteso? Il signor Florindo Panzoni.
BEAT.
Questa non è la volontà del signor Ottavio.
NOT.
Io le dico di sì, e se non lo crede, linterroghi.
BEAT.
Questo è un tradimento.
Il signor Ottavio ha instituito erede sua moglie, che sono io.
NOT.
Ed io le dico che ha instituito suo figlio.
Ecco i testimoni.
BEAT.
Testimoni falsi! Notaio mendace!
NOT.
Io dico la verità.
BEAT.
Voi dite il falso.
LEL.
Chi potrà decidere la questione?
OTT.
(Esce da piedi del letto) La deciderò io.
BEAT.
Oimè!
LEL.
Bravo! E viva; si è risanato.
(parte)
OTT.
Signora Beatrice, vi ringrazio del bene che mi volete.
BEAT.
Ah marito mio...
OTT.
Bugiarda.
SCENA DICIASSETTESIMA
CORALLINA e detti.
COR.
Alto, alto, signori miei; ora tocca a parlare a me.
Signora Beatrice, mi riconosce?
BEA.
Corallina? Oh cieli! Ah per amor del cielo, abbiate pietà di me.
COR.
Si ricorda di quella pettegola, di quella impertinente, di quella servaccia?
BEA.
Non mi tormentate di piú.
COR.
Si ricorda che ha fatto cacciar di casa il povero signor Florindo?
OTT.
Dovè mio figlio? Dovè il povero mio Florindo?...
COR.
Eccolo, signor padrone.
Eccolo, che vi domanda pietà.
SCENA DICIOTTESIMA
FLORINDO e detti.
FLOR.
Ah caro padre...
(singinocchia)
OTT.
Vieni.
Appressati a me, parte delle mie viscere e del mio sangue.
Tu sei il mio unico erede.
Signor notaio, domani si stipulerà il testamento; e voi, signora moglie bugiarda, signora vedova, che aspetta di piangere quando verranno le visite a condolersi, prima di piangere per la morte di questo vecchiaccio, piangerete la causa del vostro male, e leffetto dei vostri perfidi inganni.
BEAT.
Datemi la mia dote.
OTT.
Che dote!
BEAT.
Seimila scudi.
OTT.
Non è vero.
Ho sottoscritta una carta falsa, e la farò revocare.
SCENA DICIANNOVESIMA
PANTALONE, BRIGHELLA e detti.
PANT.
Sior Ottavio...
OTT.
Oh! signor Pantalone.
PANT.
La compatissa se intro con libertà.
Ho sentio tutto: quante copie ghe nali de sta carta de dota?
OTT.
Una sola.
Laveva io, e il diavolo poco fa mi ha indotto a mandarla alla signora Beatrice.
PANT.
Co ghe ne xe una sola, eccola qua.
La xe capitada in te le mie man, e fazzo cussì.
(la straccia)
BEAT.
Fermatevi...
PANT.
La carta xe revocada, e cussì me vendico delle so impertinenze.
(a Beatrice)
BEAT.
Oh maledetta fortuna!
OTT.
Come vi capitò quella carta? (a Pantalone)
BRIGH.
La me lha dada a mi, e mi lho dada al me padron.
OTT.
Ma io la consegnai al servitor del notaio.
BRIGH.
Ella mha tolto per el servidor del nodaro, e son servidor del sior Pantalon.
BEAT.
Tutti contro di me.
Signor notaio, i miei trenta zecchini.
NOT.
Non me li ha ella dati per parte del signor Ottavio?
BEAT.
Sono miei, e li voglio.
OTT.
So tutto, ho inteso tutto.
Signor notaio, sono miei, ed io ve li dono, in premio della vostra onestà.
NOT.
Sarete persuaso, che quel che ho fatto, lho fatto con una onesta finzione, consigliato e animato da Corallina.
COR.
Tutta opera mia, tutte invenzioni mie, tutta condotta mia, per illuminarvi una volta, per disingannarvi, per farvi conoscere la verità, per assistere un figlio oppresso, per soccorrere un padre assassinato, per correggere una matrigna ingrata.
OTT.
Ah Corallina mia, voi mi date la vita! Voi ora mi fate piangere per tenerezza.
COR.
Orsù: parliamo di cose allegre.
Signor padrone il buono piace a tutti.
Vi siete voi rimaritato? Ci vogliamo maritare anche noi.
Il signor Florindo ed io abbiamo bisogno di matrimonio, e ci raccomandiamo a voi, perché ci facciate generosamente il mezzano.
OTT.
Sì, cari, sì, venite qui.
Tutti due lo meritate.
Florindo, vien qui; vien qui, Corallina.
Non vi è rango, non vi è disparità.
Io vi congiungo, io mi contento.
Siete marito e moglie.
BEAT.
Ecco dove tendeano le mire di questa virtuosa eroina.
COR.
Oh che bei termini! Che bei concetti! Ammiro la sua intrepidezza.
Ella in mezzo alle sue disgrazie è spiritosa e brillante.
(a Beatrice, deridendola)
BEAT.
Ah, non ho più sofferenza...
(vuol partire)
COR.
Si fermi, e sarà meglio per lei.
(a Beatrice)
BEAT.
Come!
COR.
La supplico.
Il signor Ottavio mi vuole sposare al signor Florindo, ed io prima di farlo gli voglio dare la dote.
BEAT.
Che dote?
COR.
Ora lo vedrà.
Con sua licenza, gentildonna.
(parte)
BEAT.
Ed io soffrirò che minsulti, e voi lo soffrirete? Voi che tanto mi amaste? Non vi ricordate più di quelle tenerezze che provaste per me? Caro signor Ottavio, chi avrà cura di voi, chi vi assisterà il giorno, chi vi darà soccorso la notte? (ad Ottavio)
OTT.
Ah! Voi...
voi mi avete tradito.
SCENA ULTIMA
CORALLINA, ROSAURA e detti.
COR.
Signori miei, ecco la mia dote.
Ecco la signora Rosaura, chio presento al signor Florindo.
OTT.
Come!
COR.
Signor padrone, voi in premio della mia buona servitù, mi avete regalato il signor Florindo; il signor Florindo è mio, ne posso far quel chio voglio.
Lo posso vendere, impegnare e donare.
Io lo dono alla signora Rosaura, degna di lui per nascita, per facoltà, per costumi.
A me preme lonore della vostra casa, il bene di vostro figlio, la salvezza del mio decoro; e in questa maniera il padre sarà contento, il figlio sarà consolato, e la povera serva compatita ed amata.
PANT.
Sior Ottavio, se ve degnè de mia fia, sappiè che mi son contento.
OTT.
Adorabile Corallina...
COR.
Parliamo di cose allegre.
Sposini, siete voi contenti?
FLOR.
Io ne son contentissimo; amo la signora Rosaura; confesso che avrei a tutto preferito il debito che ho con voi, ma poiché, generosa mia Corallina...
COR.
Parliamo di cose allegre.
Signora Rosaura, lo fate di buon animo?
ROS.
Sì, cara Corallina, sapete voi la mia inclinazione.
A voi lho confidata.
Voi avete il merito daverla alimentata e resa felice.
Mio padre vi acconsente, il signor Ottavio lapprova, il signor Florindo mi ama, che più desiderare potrei al mondo? Sì, desidero unicamente poter a voi procurar quella ricompensa...
COR.
Sì signora, parliamo un poco di me.
È giusto, che ancor io sia contenta.
Ho bisogno di marito e di dote.
Il marito lo troverò io, la dote me la darà il signor Ottavio.
OTT.
Sì, volentieri.
Trova il marito.
COR.
Eccolo.
(accenna Brighella)
BRIGH.
Oh cara! (saccosta a Corallina)
OTT.
Ed io ti darò mille scudi.
Bastano? (a Corallina)
BRIGH.
Se i fusse do mille...
PANT.
Mille ghe ne farò mi de contradota.
FLOR.
E mille io...
COR.
Basta, basta, non tanta roba, non merito tanto.
BRIGH.
Lassè che i fazza.
(a Corallina)
BEAT.
Tutti allegri, ed io misera sono in pianto.
OTT.
Vostro danno: andate fuori di casa mia, senza nulla, come siete venuta.
BEAT.
Ah pazienza!
COR.
Caro signor Ottavio, la supplico di una grazia.
OTT.
Comandate, la mia cara Corallina.
COR.
Per salvezza del suo decoro, e giacché ha tanta bontà per me, si contenti di fare un assegnamento alla signora Beatrice, che possa vivere.
È ancor giovine, potrebbe fare degli spropositi.
OTT.
Via, in grazia vostra, le assegnerò dugento scudi lanno, ma fuori di casa mia.
BEAT.
Ah Corallina, voi mi fate arrossire...
COR.
Così mi vendico delle sue persecuzioni.
Io non ho mai avuto odio con lei, ma tutto ho fatto per il povero mio padrone.
Se non era io, sarebbe egli precipitato.
Lho soccorso, lho assistito, lho rimesso in casa e in grazia del padre.
Lho ammogliato decentemente, lho assicurato della sua eredità, lho liberato da suoi nemici.
Una serva amorosa cosa poteva mai far di più? Or vengano que saccenti, che dicon male delle donne; vengano que signori poeti, a cui pare di non potere avere applauso, se non ci tagliano i panni addosso.
Io li farò arrossire, e ciò faranno meglio di me tante e tante nobili virtuose donne, le quali superano gli uomini nelle virtù, e non arrivano mai a paragonarli nei vizi.
Viva il nostro sesso, e crepi colui che ne dice male.
Fine della Commedia
(1) S.
E.
la Sig.
Marchesa Donna Eleonora Bentivoglio d'Aragona Albergati, Ferrarese.
(2) La Signora Maddalena Marliani, Veneziana.
(3) Con chi gridava?
(4) Matrigne.
(5) Che si sia cangiata.
(6) Quando.
(7) Da padrone.
(8) Aglio.
(9) Malvagia brusca.
(10) Frase alquanto bizzarra, con cui si spiega di voler una cosa a dispetto di chi non vorrebbe.
(11) C'è?
(12) Si accarezzano.
(13) Nemmeno.
(14) Figlia, detto amorosamente, per gentilezza.
(15) Aseo vuol dire aceto.
Qui è lo stesso che capperi!
(16) Che possiate.
(17) Non si sveglia.
(18) Coperta collo zendale.
(19) Bazzica è un giuoco di carte; si dà tre carte per uno, e si dice aver bazzica, quando numerando i punti delle tre carte, non passano il numero nove.
(20) Si dice aver bazzicotto, quando le tre carte sono simili, o semplicemente, o coll'aiuto di un comodino, a che servono i quattro sette.
(21) Dice spropositi, e qui vuol dir il contratto di nozze.
(22) Vuol dire la scrittura di matrimonio.
(23) Vuol dire quella carta che ha posta nel canterale, cioè nell'armadio.
(24) Sproposito da Arlecchino.
(25) Vuol dire il contratto, la scrittura.
(26) Dice spropositi.
(27) Chi siete voi?
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