[Pagina precedente]...zo a una peste.
Arrivò a Sesto, sulla sera; né pareva che l'acqua volesse cessare. Ma, sentendosi più in gambe che mai, e con tante difficoltà di trovar dove alloggiare, e così inzuppato, non ci pensò neppure. La sola cosa che l'incomodasse, era un grand'appetito: ché una consolazione come quella gli avrebbe fatto smaltire altro che la poca minestra del cappuccino. Guardò se trovasse anche qui una bottega di fornaio; ne vide una; ebbe due pani con le molle, e con quell'altre cerimonie. Uno in tasca e l'altro alla bocca, e avanti.
Quando passò per Monza, era notte fatta: nonostante, gli riuscì di trovar la porta che metteva sulla strada giusta. Ma meno questo, che, per dir la verità , era un gran merito, potete immaginarvi come fosse quella strada, e come andasse facendosi di momento in momento. Affondata (com'eran tutte; e dobbiamo averlo detto altrove) tra due rive, quasi un letto di fiume, si sarebbe a quell'ora potuta dire, se non un fiume, una gora davvero; e ogni tanto pozze, da volerci del buono e del bello a levarne i piedi, non che le scarpe. Ma Renzo n'usciva come poteva, senz'atti d'impazienza, senza parolacce, senza pentimenti; pensando che ogni passo, per quanto costasse, lo conduceva avanti, e che l'acqua cesserebbe quando a Dio piacesse, e che, a suo tempo, spunterebbe il giorno, e che la strada che faceva intanto, allora sarebbe fatta.
E dirò anche che non ci pensava se non proprio quando non poteva far di meno. Eran distrazioni queste; il gran lavoro della sua mente era di riandare la storia di que' tristi anni passati: tant'imbrogli, tante traversìe, tanti momenti in cui era stato per perdere anche la speranza, e fare andata ogni cosa; e di contrapporci l'immaginazioni d'un avvenire così diverso: e l'arrivar di Lucia, e le nozze, e il metter su casa, e il raccontarsi le vicende passate, e tutta la vita.
Come la facesse quando trovava due strade; se quella poca pratica, con quel poco barlume, fossero quelli che l'aiutassero a trovar sempre la buona, o se l'indovinasse sempre alla ventura, non ve lo saprei dire; ché lui medesimo, il quale soleva raccontar la sua storia molto per minuto, lunghettamente anzi che no (e tutto conduce a credere che il nostro anonimo l'avesse sentita da lui più d'una volta), lui medesimo, a questo punto, diceva che, di quella notte, non se ne rammentava che come se l'avesse passata in letto a sognare. Il fatto sta che, sul finir di essa, si trovò alla riva dell'Adda.
Non era mai spiovuto; ma, a un certo tempo, da diluvio era diventata pioggia, e poi un'acquerugiola fine fine, cheta cheta, ugual uguale: i nuvoli alti e radi stendevano un velo non interrotto, ma leggiero e diafano; e il lume del crepuscolo fece vedere a Renzo il paese d'intorno. C'era dentro il suo; e quel che sentì, a quella vista, non si saprebbe spiegare. Altro non vi so dire, se non che que' monti, quel Resegone vicino, il territorio di Lecco, era diventato tutto come roba sua. Diede un'occhiata anche a sé, e si trovò un po' strano, quale, per dir la verità , da quel che si sentiva, s'immaginava già di dover parere: sciupata e attaccata addosso ogni cosa: dalla testa alla vita, tutto un fradiciume, una grondaia; dalla vita alla punta de' piedi, melletta e mota: le parti dove non ce ne fosse si sarebbero potute chiamare esse zacchere e schizzi. E se si fosse visto tutt'intero in uno specchio, con la tesa del cappello floscia e cascante, e i capelli stesi e incollati sul viso, si sarebbe fatto ancor più specie. In quanto a stanco, lo poteva essere, ma non ne sapeva nulla: e il frescolino dell'alba aggiunto a quello della notte e di quel poco bagno, non gli dava altro che una fierezza, una voglia di camminar più presto.
È a Pescate; costeggia quell'ultimo tratto dell'Adda, dando però un'occhiata malinconica a Pescarenico; passa il ponte; per istrade e campi, arriva in un momento alla casa dell'ospite amico. Questo, che s'era levato allora, e stava sull'uscio, a guardare il tempo, alzò gli occhi a quella figura così inzuppata, così infangata, diciam pure così lercia, e insieme così viva e disinvolta: a' suoi giorni non aveva visto un uomo peggio conciato e più contento.
- Ohe! - disse: - già qui? e con questo tempo? Com'è andata?
- La c'è, - disse Renzo: - la c'è: la c'è.
- Sana?
- Guarita, che è meglio. Devo ringraziare il Signore e la Madonna fin che campo. Ma cose grandi, cose di fuoco: ti racconterò poi tutto.
- Ma come sei conciato!
- Son bello eh?
- A dir la verità , potresti adoprare il da tanto in su, per lavare il da tanto in giù. Ma, aspetta, aspetta; che ti faccia un buon fuoco.
- Non dico di no. Sai dove la m'ha preso? proprio alla porta del lazzeretto. Ma niente! il tempo il suo mestiere, e io il mio.
L'amico andò e tornò con due bracciate di stipa: ne mise una in terra, l'altra sul focolare, e, con un po' di brace rimasta della sera avanti, fece presto una bella fiammata. Renzo intanto s'era levato il cappello, e, dopo averlo scosso due o tre volte, l'aveva buttato in terra: e, non così facilmente, s'era tirato via anche il farsetto. Levò poi dal taschino de' calzoni il coltello, col fodero tutto fradicio, che pareva stato in molle; lo mise su un panchetto, e disse: - anche costui è accomodato a dovere; ma l'è acqua! l'è acqua! sia ringraziato il Signore... Sono stato lì lì...! Ti dirò poi -. E si fregava le mani. - Ora fammi un altro piacere, - soggiunse: - quel fagottino che ho lasciato su in camera, va' a prendermelo, ché prima che s'asciughi questa roba che ho addosso...!
Tornato col fagotto, l'amico disse: - penso che avrai anche appetito: capisco che da bere, per la strada, non te ne sarà mancato; ma da mangiare...
- Ho trovato da comprar due pani, ieri sul tardi; ma, per dir la verità , non m'hanno toccato un dente.
- Lascia fare, - disse l'amico; mise l'acqua in un paiolo, che attaccò poi alla catena; e soggiunse: - vado a mungere: quando tornerò col latte, l'acqua sarà all'ordine; e si fa una buona polenta. Tu intanto fa' il tuo comodo.
Renzo, rimasto solo, si levò, non senza fatica, il resto de' panni, che gli s'eran come appiccicati addosso; s'asciugò, si rivestì da capo a piedi. L'amico tornò, e andò al suo paiolo: Renzo intanto si mise a sedere, aspettando.
- Ora sento che sono stanco, - disse: - ma è una bella tirata! Però questo è nulla! Ne ho da raccontartene per tutta la giornata. Com'è conciato Milano! Le cose che bisogna vedere! Le cose che bisogna toccare! Cose da farsi poi schifo a se medesimo. Sto per dire che non ci voleva meno di quel bucatino che ho avuto. E quel che m'hanno voluto fare que' signori di laggiù! Sentirai. Ma se tu vedessi il lazzeretto! C'è da perdersi nelle miserie. Basta; ti racconterò tutto... E la c'è, e la verrà qui, e sarà mia moglie; e tu devi far da testimonio, e, peste o non peste, almeno qualche ora, voglio che stiamo allegri.
Del resto mantenne ciò, che aveva detto all'amico, di voler raccontargliene per tutta la giornata; tanto più, che, avendo sempre continuato a piovigginare, questo la passò tutta in casa, parte seduto accanto all'amico, parte in faccende intorno a un suo piccolo tino, e a una botticina, e ad altri lavori, in preparazione della vendemmia; ne' quali Renzo non lasciò di dargli una mano; ché, come soleva dire, era di quelli che si stancano più a star senza far nulla, che a lavorare. Non poté però tenersi di non fare una scappatina alla casa d'Agnese, per rivedere una certa finestra, e per dare anche lì una fregatina di mani. Tornò senza essere stato visto da nessuno; e andò subito a letto. S'alzò prima che facesse giorno; e, vedendo cessata l'acqua, se non ritornato il sereno, si mise in cammino per Pasturo.
Era ancor presto quando ci arrivò: ché non aveva meno fretta e voglia di finire, di quel che possa averne il lettore. Cercò d'Agnese; sentì che stava bene, e gli fu insegnata una casuccia isolata dove abitava. Ci andò; la chiamò dalla strada: a una tal voce, essa s'affacciò di corsa alla finestra; e, mentre stava a bocca aperta per mandar fuori non so che parola, non so che suono, Renzo la prevenne dicendo: - Lucia è guarita: l'ho veduta ierlaltro; vi saluta; verrà presto. E poi ne ho, ne ho delle cose da dirvi.
Tra la sorpresa dell'apparizione, e la contentezza della notizia, e la smania di saperne di più, Agnese cominciava ora un'esclamazione, ora una domanda, senza finir nulla: poi, dimenticando le precauzioni ch'era solita a prendere da molto tempo, disse: - vengo ad aprirvi.
- Aspettate: e la peste? - disse Renzo: - voi non l'avete avuta, credo.
- Io no: e voi?
- Io sì; ma voi dunque dovete aver giudizio. Vengo da Milano; e, sentirete, sono proprio stato nel contagio fino agli occhi. È vero che mi son mutato tutto da capo a piedi; ma l'è una porcheria che s'attacca alle volte come un malefizio. E giacché il Signore v'ha preservata finora, voglio che stiate riguardata fin che non è finito quest'influsso; perché siete la nostra mamma: e voglio che campiamo insieme un bel pezzo allegramente, a conto del gran patire che abbiam fatto, almeno io.
- Ma... - cominciava Agnese.
- Eh! - interruppe Renzo: - non c'è ma che tenga. So quel che volete dire; ma sentirete, sentirete, che de' ma non ce n'è più. Andiamo in qualche luogo all'aperto, dove si possa parlar con comodo, senza pericolo; e sentirete.
Agnese gl'indicò un orto ch'era dietro alla casa; e soggiunse: - entrate lì, e vedrete che c'è due panche, l'una in faccia all'altra, che paion messe apposta. Io vengo subito.
Renzo andò a mettersi a sedere sur una: un momento dopo, Agnese si trovò lì sull'altra: e son certo che, se il lettore, informato come è delle cose antecedenti, avesse potuto trovarsi lì in terzo, a veder con gli occhi quella conversazione così animata, a sentir con gli orecchi que' racconti, quelle domande, quelle spiegazioni, quell'esclamare, quel condolersi, quel rallegrarsi, e don Rodrigo, e il padre Cristoforo, e tutto il resto, e quelle descrizioni dell'avvenire, chiare e positive come quelle del passato, son certo, dico, che ci avrebbe preso gusto, e sarebbe stato l'ultimo a venir via. Ma d'averla sulla carta tutta quella conversazione, con parole mute, fatte d'inchiostro, e senza trovarci un solo fatto nuovo, son di parere che non se ne curi molto, e che gli piaccia più d'indovinarla da sé. La conclusione fu che s'anderebbe a metter su casa tutti insieme in quel paese del bergamasco dove Renzo aveva già un buon avviamento: in quanto al tempo, non si poteva decider nulla, perché dipendeva dalla peste, e da altre circostanze: appena cessato il pericolo, Agnese tornerebbe a casa, ad aspettarvi Lucia, o Lucia ve l'aspetterebbe: intanto Renzo farebbe spesso qualche altra corsa a Pasturo, a veder la sua mamma, e a tenerla informata di quel che potesse accadere.
Prima di partire, offrì anche a lei danari, dicendo: - gli ho qui tutti, vedete, que' tali: avevo fatto voto anch'io di non toccarli, fin che la cosa non fosse venuta in chiaro. Ora, se n'avete bisogno, portate qui una scodella d'acqua e aceto; vi butto dentro i cinquanta scudi belli e lampanti.
- No, no, - disse Agnese: - ne ho ancora più del bisogno per me: i vostri, serbateli, che saran buoni per metter su casa.
Renzo tornò al paese con questa consolazione di più d'aver trovata sana e salva una persona tanto cara. Stette il rimanente di quella giornata, e la notte, in casa dell'amico; il giorno dopo, in viaggio di nuovo, ma da un'altra parte, cioè verso il paese adottivo.
Trovò Bortolo, in buona salute anche lui, e in minor timore di perderla; ché, in que' pochi giorni, le cose, anche là , avevan preso rapidamente una bonissima piega. Pochi eran quelli che s'ammalavano; e il male non era più quello; non più que' lividi mortali, né quella violenza di sintomi; ma febbriciattole, intermittenti la maggior parte, con al più qualche piccol bubbone scolorito, che si curava come un fignolo ordinario. Già l'aspetto del paese compariva mutato; i rimasti vivi cominciavano a uscir fuori, a contarsi tra loro, a farsi a vicenda condoglianze e congratulazioni. Si parlava g...
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