[Pagina precedente]...ta di cose non m'intrico. È meglio ch'io vada a fare i bauli. Manco male che andando via domattina, ho un poco più di tempo. E poi chi sa se anderemo nemmeno? Il mio padrone è innamorato, e quando gli uomini sono innamorati, non navigano per dove devono andare, ma per dove il vento li spinge. (parte)
SCENA SESTA
BEATRICE sola.
BEAT. Questo signor Florindo da me ancora non s'è lasciato vedere. E sarà vero che egli mi sprezzi, che non si curi dell'amor mio? Che non faccia stima di me? L'ho pur veduto guardarmi con qualche attenzione. Mi ha pur egli detto delle dolci parole, si è pur compiaciuto scherzar sovente meco, ed ora così aspramente mi parla? Così rozzamente mi corrisponde? Partirà egli dimani? Partirà a mio dispetto? Misera Beatrice! Che farò senza il mio adorato Florindo? Ah! tremo solamente in pensarlo. (siede) Qual foglio è questo? Il carattere è del signor Florindo. Signora. Oh cieli! a chi scrive? La lettera non è finita. La gelosia mi rode. Sentiamo. Pur troppo ho rilevato che avete della bontà per me. Questa è la ragione per cui più presto partire risolvo, poiché trovando la vostra inclinazione pari alla mia, non sarebbe possibile il trattar con voi con indifferenza. Foss'egli innamorato di me, com'io lo sono di lui? Fosse a me questo foglio diretto? Ma no, qual ostacolo potrebbe egli avere per palesarmi il suo amore e per gradire il mio? Ah! che d'altra egli parla, ad altra donna questa carta è diretta. Potessi scoprir l'arcano! L'amico Lelio m'ha accolto nella propria sua casa, mi ha posto a parte di tutti gli arcani del di lui cuore; che mai direbbe di me, se io mancando al dovere d'amico, tradissi l'ospitalità ?... Tradissi l'ospitalità ? Oh cieli! Egli parla di me, pensa che sarebbe un tradir l'ospitalità , se si valesse della buona fede di Lelio... No caro, non è mala azione amar chi t'ama, non è riprensibile quell'amore che può terminare con piacere dell'amico stesso in un matrimonio. Ora intendo perché ricusa di corrispondermi; teme disgustare l'amico, non ardisce di farlo per non offendere l'ospitalità . Deh! pensate voi stessa che ciò non conviene... Qui termina la lettera; ma qui principia a consolarmi la mia speranza. Non conviene? Sì che conviene svelar l'arcano, parlar in tempo, e consolare i nostri cuori che s'amano. Ecco mio nipote. Viene opportunamente.
SCENA SETTIMA
LELIO e detta.
LEL. Signora zia, eccomi vivo in grazia dell'amico Florindo.
BEAT. Come? V'è intravvenuta qualche disgrazia?
LEL. Stamane, giuocando al faraone, fui soverchiato da un giuocator di vantaggio. Lo scopersi, rispose ardito, io gli diedi una mano nel viso, s'unì egli con un compagno, m'attesero sulla strada vicina, mi assalirono colle spade, mi difesi alla meglio; ma se in tempo non giungeva Florindo, avrei dovuto soccombere.
BEAT. Il signor Florindo dov'è?
LEL. Il servitore l'ha trattenuto; ora viene.
BEAT. È egli restato offeso?
LEL. Oh pensate! La spada in mano la sa tenere; ha fatto fuggir que' ribaldi.
BEAT. Grand'uomo è il signor Florindo!
LEL. Sì, egli è un uomo di merito singolare.
BEAT. Guardate fin dove arriva la sua delicatezza. Egli è invaghito di me, e non ardisce di palesarlo, temendo che per un tale amore possa dirsi violata l'ospitalità .
LEL. Signora, voi vi lusingate senza verun fondamento.
BEAT. Son certa che egli mi ama, e ve ne posso dar sicurezza.
LEL. Voi avete del merito; ma la vostra età ...
BEAT. Che parlate voi dell'età ? Vi dico che sono certa dell'amor suo.
LEL. Qual prova mi addurrete per persuadermi?
BEAT. Eccola; leggete questa lettera del signor Florindo, a me diretta.
LEL. A voi è diretta questa lettera?
BEAT. Sì, a me: non ha avuto tempo di terminarla.
LEL. Sentiamo che cosa dice. (legge piano)
BEAT. (Mi pareva impossibile che non avesse a sentire dell'amore per me. Sono io da sprezzare? Le mie nozze sono da rifiutarsi? Povero Florindo, egli penava per mia cagione; ma io gli farò coraggio, io gli aprirò la strada per esser di me contento). (da sé)
LEL. Ho inteso, parlerò seco e saprò meglio la sua intenzione. (a Beatrice)
BEAT. Avvertite, non lo lasciate partire.
LEL. No, no, se sarà vero che vi ami, non partirà .
BEAT. Se sarà vero? Ne dubitate? È cosa strana che io sia amata? Lo sapete voi quanti partiti ho avuti; ma questo sopra tutti mi piace. Povero signor Florindo! andatelo a consolare: ditegli che sarà contento che questa mano è per lui, che non dubiti, che non sospiri, che io sarò la sua cara sposa. (parte)
SCENA OTTAVA
LELIO solo.
LEL. Mi pare la cosa strana. Ma questa lettera è di suo carattere. Mia zia asserisce essere a lei diretta, e in fatti a chi l'avrebbe egli a scrivere? Sempre è stato meco; pratiche in Bologna non ne ha. Eccolo che egli viene.
SCENA NONA
FLORINDO e detto.
FLOR. (Lelio è qui? Dov'è la mia lettera?) (da sé)
LEL. Caro amico, lasciate che io teneramente vi abbracci, e nuovamente vi dica che da voi riconosco la vita.
FLOR. Ho fatto il mio debito, e niente più. (osserva sul tavolino)
LEL. Certamente, se non eravate voi, quei ribaldi mi soverchiavano. Amico, che ricercate?
FLOR. Niente... (osservando con passione)
LEL. Avete smarrito qualche cosa?
FLOR. Niente, una certa carta.
LEL. Una carta?
FLOR. Sì: è molto che siete qui?
LEL. Da che vi ho lasciato.
FLOR. Vi è stato nessuno in questa camera? (con ismania)
LEL. Ditemi, cercate voi una vostra lettera?
FLOR. (Ahimè! l'ha vista). (da sé) Sì, cerco un abbozzo di lettera.
LEL. Eccola; sarebbe questa?
FLOR. Per l'appunto. Signor Lelio, siamo amici; ma i fogli, compatitemi, non si toccano.
LEL. Né io ho avuto la temerità di levarlo dal tavolino.
FLOR. Come dunque l'avete in tasca?
LEL. Mi è capitato opportunamente.
FLOR. Basta... torno a dire... è un abbozzo fatto per bizzarria.
LEL. Sì, capisco benissimo che voi avete scritto per bizzarria: ma scusatemi, un uomo saggio come voi siete, non mette in ridicolo una donna civile in cotal maniera.
FLOR. Avete ragione; ho fatto male e vi chiedo scusa.
LEL. Non ne parliamo più. La nostra amicizia non si ha da alterare per questo.
FLOR. Non vorrei mai che credeste ch'io avessi scritto per inclinazione, per passione.
LEL. Al contrario bramerei che la vostra lettera fosse sincera, che foste nel caso di pensar come avete scritto, e che un tal partito vi convenisse.
FLOR. Voi bramereste ciò?
LEL. Sì, con tutto il cuore. Ma vedo anch'io quali circostanze si oppongono, ed ho capito fin da principio che avete scritto per bizzarria, e che vi burlate di una femmina che si lusinga.
FLOR. Io non credo ch'ella abbia alcun motivo di lusingarsi.
LEL. Eppure vi assicuro che si lusinga moltissimo. Sapete le donne come son fatte. Le attenzioni di un uomo civile, di un giovane manieroso, vengono interpretate per inclinazioni, per amore. E per dirvi la verità , ella stessa mi ha detto che contava moltissimo sulla vostra inclinazione per lei.
FLOR. E voi che cosa le avete risposto?
LEL. Le ho detto che ciò mi pareva difficile, che avrei parlato con voi, e se avessi trovato vero quanto ella suppone, avrei di buon animo secondate le di lei intenzioni.
FLOR. Caro amico, possibile che la vostra amicizia arrivi per me a quest'eccesso?
LEL. Io non ci trovo niente di estraordinario. Ditemi la verità , inclinereste voi a sposarla?
FLOR. Oh cieli! Che cosa mi domandate? A qual cimento mettete voi la mia sincerità , in confronto del mio dovere?
LEL. Orsù, capisco che voi l'amate. Può essere che l'amore che avete per me, vi faccia in essa trovar del merito; non abbiate riguardo alcuno a spiegarvi, mentre vi assicuro dal canto mio, che non potrei desiderarmi un piacer maggiore.
FLOR. Signor Lelio, pensateci bene.
LEL. Mi fate ridere. Via, facciamolo questo matrimonio.
FLOR. Ma! E il vostro interesse?
LEL. Se questo vi trattiene, non ci pensate. È vero ch'ella è più ricca di me, che da lei posso sperar qualche cosa, ma ad un amico sagrifico tutto assai volentieri.
FLOR. Né io son in caso di accettare un tal sagrifizio.
LEL. Parlatemi sinceramente. L'amate o non l'amate?
FLOR. Vi dirò ch'io la stimo, ch'io ho per lei tutto il rispetto possibile...
LEL. E per questa stima, per questo rispetto, la sposereste?
FLOR. Oh Dio! Non so; se non fosse per farvi un torto.
LEL. Che torto? Mi maraviglio di voi. Vi replico, questo sarebbe per me un piacere estremo, una consolazione infinita.
FLOR. Ma lo dite di cuore?
LEL. Colla maggior sincerità del mondo.
FLOR. (Son fuor di me. Non so in che mondo mi sia). (da sé)
LEL. Volete ch'io gliene parli?
FLOR. (Oimè!) Fate quel che volete.
LEL. La sposerete di genio?
FLOR. Ah! mi avete strappato dal cuore un segreto... ma voi ne siete la causa.
LEL. Tanto meglio per me. Non potea bramarmi contento maggiore. Il mio caro Florindo, il mio caro amico, sarà mio congiunto, sarà il mio rispettabile zio.
FLOR. Vostro zio?
LEL. Sì, sposando voi la signora Beatrice mia zia, avrò l'onore di esser vostro nipote.
FLOR. (Ahimè, che sento! Che equivoco è mai questo!) (da sé)
LEL. Che avete, che mi sembrate confuso?
FLOR. (Non bisogna perdersi, non bisogna scoprirsi). (da sé) Sì, caro Lelio, l'allegrezza mi fa confondere.
LEL. Per dire la verità , mia zia è un poco avanzata, ma non è ancora sprezzabile. Ha del talento, è di un ottimo cuore.
FLOR. Certo, è verissimo.
LEL. Quando volete che si facciano queste nozze?
FLOR. Eh, ne parleremo, ne parleremo. (smania)
LEL. Che avete che smaniate?
FLOR. Gran caldo.
LEL. Via, per consolarvi solleciterò quanto sia possibile le vostre nozze. Ora vado dalla signora Beatrice, e se ella non s'oppone, vi può dare la mano quando volete.
FLOR. (Povero me: se la signora Rosaura sa questa cosa, che dirà mai!) (da sé) Caro amico, vi prego di una grazia, di quest'affare non ne parlate a nessuno.
LEL. No? Per qual causa?
FLOR. Ho i miei riguardi. A Venezia non ho scritto niente, se mio zio lo sa, gli dispiacerà , ed io non lo voglio disgustare. Le cose presto passano di bocca in bocca, e i graziosi si dilettano di scriver le novità .
LEL. Finalmente, se sposate mia zia, ella non vi farà disonore.
FLOR. Sì, va bene, ma ho gusto che non si sappia.
LEL. Via, non lo dirò a nessuno. Ma alla signora Beatrice...
FLOR. Neppure a lei.
LEL. Oh diavolo! Non lo dirò alla sposa? La sarebbe bella!
FLOR. S'ella lo sa, in tre giorni lo sa tutta Bologna.
LEL. Eh via, spropositi. Amico, state allegro, non vedo l'ora che si concludano queste nozze. (parte)
SCENA DECIMA
FLORINDO solo.
FLOR. Bella felicità , bellissima contentezza! Oh me infelice, in che impegno mi trovo! Che colpo è questo! Che caso novissimo non previsto e non mai immaginato! Che ho io da fare? Sposare la signora Beatrice? No certo. Rifiutarla? Ma come? Lelio dirà che son volubile, che son pazzo. Andar via; fo male. Restar? Fo peggio. E la signora Rosaura che cosa dirà di me? Alla sua lettera non ho risposto. Se viene a saper ch'io abbia a sposar la signora Beatrice, che concetto formerà ella de' fatti miei? Spero che Lelio non glielo dirà ; ma se glielo dice? Bisognerebbe disingannarla. Ma come ho io da fare? In questo caso orribile nel quale mi trovo, non so a chi ricorrere, né so a chi domandare consiglio. Un unico amico che mi potrebbe consigliare, è quei che manco degli altri ha da sapere i contrasti delle mie passioni: dunque mi consiglierò da me stesso. Animo, spirito e risoluzione. Due cose son necessarie: una parlar con Rosaura; l'altra andar via di Bologna. La prima per un atto di gratitudine, la seconda per salvar l'amicizia. Facciamole, facciamole tutte e due, e con questi due carnefici al cuore, amore da una parte, amicizia dall'altra, potrò dire che le due più belle virtù sono diventate per me i due più crudeli tormenti. (parte)
SCENA UNDICESIMA
Camera di Ottavio.
ROSAURA e COLOMBINA.
ROS. Ma quella lettera a chi l'hai data?
COL. Al facchino, ed egli in presenza mia l'ha consegnata a Trivella.
ROS. Io dubito che il facchino non l'abbia data.
COL. Vi dico che l'ho veduto io a darla al servitore del signor Florindo.
ROS. Ed egli non mi risponde?
COL. Non avrà avuto tempo.
ROS. E anderà via senza darmi risposta?
COL. Può anche darsi. Chi...
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