[Pagina precedente]...a una povera ragazza innocente?
LEL. Ma io la voglio sposare.
COR. Perché non dirlo a vostro padre?
LEL. Gliel'ho detto, e me l'ha negata.
COR. Se ve l'ha negata, saprà che non la meritate; siete un discolo, un vagabondo.
LEL. Via, Corallina, ascoltatemi, che sarà meglio per voi.
COR. Non voglio ascoltar niente. Lasciatemi andare, o solleverò il vicinato.
LEL. Corallina, questi sono zecchini, ascoltatemi.
COR. Via, che cosa mi volete dire? (si va calmando)
LEL. Io sono innamorato della signora Rosaura.
COR. Bene, e così?
LEL. Un giovine che ama una ragazza per isposarla, commette alcun mancamento?
COR. Che spropositi! Signor no.
LEL. Se il padre nega al figlio una sposa senza ragione, il figlio non ha motivo d'andar in collera?
COR. Amore... certamente... scalda il sangue.
LEL. Quanti hanno fatto delle pazzie per amore?
COR. Ah! ne ho fatte anch'io qualcheduna.
LEL. Deh, Corallina, compatitemi.
COR. Vi compatisco, ma queste non sono azioni da farsi. Condur via una ragazza con inganno? Con tradimento? E metter in pericolo la mia riputazione! Oh, questa non ve la perdono.
LEL. Corallina mia, compatitemi. Tenete questi dieci zecchini; godeteli per amor mio, ed abbiate compassione di me.
COR. Oh, amore fa far le gran cose!
LEL. Via, teneteli.
COR. Che sì, che li avete tolti a vostro padre? (li prende)
LEL. Egli non me ne dà , ed io me ne piglio. Cara Corallina, pare a te ch'io non sia degno della signora Rosaura?
COR. Io non dico questo. Siete di egual condizione.
LEL. È vero che ho goduto il mondo finora, ma i giovani col matrimonio si assodano.
COR. Sì, abbiamo degli esempi, che molti si sono assodati.
LEL. Veniamo al fatto.
COR. Oh, qui sta il punto.
LEL. Io era innamorato della signora Rosaura: mio padre mi mette in disperazione d'averla; che cosa doveva io fare?
COR. Ah... basta, è fatta, bisogna rimediarci.
LEL. Se io la sposo, è rimediato ad ogni cosa.
COR. Avete detto nulla alla signora Rosaura?
LEL. No, non ho avuto coraggio. Cara Corallina, diglielo tu.
COR. Sapete ch'ella vi voglia bene?
LEL. Veramente io non lo so.
COR. E v'innamorate solo da voi?
LEL. Così è, sono innamorato.
COR. Di lei, o de' quattordicimila ducati?
LEL. E se buscassi li quattordicimila ducati, credi tu che non ve ne sarebbe un migliaio per Corallina?
COR. Un migliaio?
LEL. Sì, un migliaio.
COR. Vi prendo in parola.
LEL. Ma Rosaura sarà poi mia?
COR. Lasciate fare a me.
LEL. Come farai?
COR. Niente, con una somma facilità . La signora Rosaura dice presto di sì. Con quattro delle mie parole ve la faccio sposar su due piedi.
LEL. Mi raccomando.
COR. Mandatela qui, e non dubitate.
LEL. (Mai più ho speso il mio denaro sì bene. Quattordicimila ducati: e quando Rosaura è maritata, la tutela è finita). (da sé, parte)
COR. Finalmente io posso sempre dire di essere stata tradita. La padrona mi ha obbligato accompagnar la figliuola. Chi ha da sognare, che un uomo che rapisce una ragazza, si vaglia di me per persuaderla? Dirò che ho gridato in vano, e niuno mi viene a guardare in tasca.
SCENA DICIASSETTESIMA
ROSAURA e detta.
ROS. E ancora non si vedono queste signore! Io non so che cosa mi dica. Direi degli spropositi.
COR. Oh che belle cose, che si sentono al giorno d'oggi!
ROS. Il signor Pantalone dov'è?
COR. Il signor Pantalone verrà .
ROS. Ma intanto che cosa facciamo qui? Era meglio ch'io stessi a casa a terminar la mia manica.
COR. Eh signora Rosaura, il vostro tutore ve ne vuol fare una brutta.
ROS. Oimè! il signor Pantalone?
COR. Sì, quel signor Pantalone, che pare il ritratto dell'onoratezza. Vi vuol mettere in un luogo, dove sarete trattata male e non uscirete più fuori in tempo di vostra vita.
ROS. E perché mi vuol fare questa brutta cosa?
COR. Oh bella! Per mangiarvi la dote.
ROS. E mia madre?
COR. Vostra madre è d'accordo.
ROS. Tutti contro di me?
COR. Tutti contro di voi, e quel giovane dabbene del signor Lelio mi ha confidato ogni cosa.
ROS. Il cielo di ciò lo remuneri. Cara Corallina, aiutami per carità .
COR. Or ora deve venire il signor Pantalone; s'apre una porta nell'entrata di questa casa, vi caccia dentro, e non vedete più né la madre né i parenti, né gli amici, né la vostra Corallina che vi vuol tanto bene. (fingendo di piangere)
ROS. Povera me! Che cosa ho fatto al signor Pantalone? Che cosa ho fatto alla mia signora madre? (piange)
COR. Povera ragazza!
ROS. Corallina, aiutami.
COR. Eh, se voleste far a modo mio, li vorrei far restare con tanto di naso.
ROS. Insegnami che cosa ho da fare. Io farò tutto quello che mi dirai.
COR. Maritatevi.
ROS. Con chi?
COR. Col signor Lelio.
ROS. Bisognerà vedere s'ei mi vorrà .
COR. Se glielo dirò io, lo farà .
ROS. E poi...
COR. Qui vi vuole risoluzione. O dentro, o fuori.
ROS. Come! Non ti capisco.
COR. O sepolta fra quattro mura, o sposa del signor Lelio.
ROS. Sepolta? Oh, piuttosto sposa.
COR. Volete ch'io lo chiami?
ROS. Ah... Se si potesse...
COR. Che cosa?
ROS. Se si trovasse il signor Florindo...
COR. Qui non c'è altro rimedio. Di qui non si esce: o il signor Lelio, o nessuno; o sposa, o dentro.
ROS. Te l'ho detto: piuttosto sposa.
COR. Lo chiamo?
ROS. Sì; ma parla tu; non mi far vergognare.
COR. Eh, in due parole ci spicciamo. Signor Lelio. (chiama)
SCENA DICIOTTESIMA
LELIO e dette.
LEL. (Bravissima, ho sentito tutto). (piano a Corallina)
COR. Signor Lelio, giacché avete avuto la carità di scoprirci ogni cosa, se vi sentite di soccorrere questa povera sfortunata, e sposarla, ella è pronta a darvi la mano.
LEL. Non so che dire: sarò fortunato, se potrò assicurare la sua e la mia felicità .
ROS. (Piange)
COR. Via, rispondetegli.
LEL. La compatisco, è confusa, si rasserenerà .
COR. Lo volete per vostro sposo? (Rosaura piange) Dite sì, o no.
ROS. Sì. (mestamente)
COR. E voi, signor Lelio, volete per vostra sposa la signora Rosaura?
LEL. Sì, certamente.
COR. Via, datevi la mano.
LEL. Eccola, mia cara.
SCENA DICIANNOVESIMA
PANTALONE, TIRITOFOLO, uomini e detti.
PANT. Alto, alto.
COR. Ah signor Pantalone! Aiutateci, siamo tradite, siamo assassinate.
LEL. Come!...
PANT. Tasi là . Omeni, compagnele in barca. Adesso vegno anca mi. Andè in barca, putte, poverazze! andè là , care, andè là .
LEL. (Ah, se tardava un momento!) (da sé)
ROS. Signor Pantalone, vi prego, per carità ...
PANT. Sì, fia mia, sì, andè là , parleremo...
ROS. Mi volete mettere in quel ritiro?...
PANT. Sì, ve metterò dove che volè.
ROS. Ma per carità ...
PANT. Andè là , no me fe andar in collera.
ROS. Povera me! Ora vado a seppellirmi per sempre! (parte)
COR. Ecco lì, vostro figlio l'ha fatta bella. Povera la signora Rosaura! se io non fossi stata coraggiosa e onorata...
LEL. Eh, non le credete...
PANT. Tasi, furbazzo.
COR. (Oh, son sicura che crederà a me, più che a lui). (da sé, parte)
SCENA VENTESIMA
PANTALONE e LELIO
PANT. Tocco d'infame! tocco de desgrazià ! Sastu per cossa che son restà indrio? Per cossa che me son fermà in sta camera? Ti crederà per criarte, per manazzarte, per rimproverarte delle to iniquità . No, sto mistier l'ho fatto abbastanza, son stuffo de farlo e in do parole me sbrigo. Questa xe l'ultima volta che ti vedi to pare. Va, che el cielo te benediga. Arrecordete de quel che ti m'ha fatto passar. S'el cielo te darà desgrazie, se ti patirà , se ti pianzerà , arrecordete de to pare e di': Adesso sconto le lagreme e i patimenti che gh'ho fatto soffrir. No te vôi più rimproverar, no te vôi più dir gnente: el xe fià (28) buttà via, el xe tempo perso. I groppi xe vegnui al pettene, e no gh'è più remedio. Adesso ti dirà in tel to cuor: Cossa sarà de mi? Gnente a quel che ti meriti, ma tanto che basterà a castigarte. Menar via una putta? Sassinar una mia pupilla? Ah, questo me passa el cuor! Fio indegno, fio desgrazià ! Vame lontan dai occhi, come te mando lontan dal cuor. Ah, volesse el cielo che te podesse allontanar anca dalla memoria! Ma pur troppo ti sarà fin che vivo el mio tormento, el mio rossor, la mia desperazion, la mia morte. (piange)
LEL. Ah caro padre...
PANT. Via, furbazzo; indegno de nominar el nome de pare. (parte)
LEL. Oh me infelice! che cosa sarà di me? Anderò lontano da mio padre? Dove? Come? Mille timori mi assaliscono. Oh donne! oh donne! E quell'indegna di Corallina mi ha mangiati i denari, e poi ancora m'insulta? Ah, ch'io son disperato! Vadasi incontro ad ogni avverso destino. (parte)
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Strada con canale e casa, ove abita Rosaura; gondola che arriva, da dove sbarcano
PANTALONE, ROSAURA e CORALLINA
PANT. Andè là , fia(29), andè da vostra siora mare. (a Rosaura) E vualtri andeve a ligar al campo(30). (alli barcaruoli, e si ferma a parlare con uno di essi; gondola via)
ROS. Siamo a casa? (a Corallina)
COR. Sì, non vedete?
ROS. Sia ringraziato il cielo. Temevo andare in quel brutto luogo.
COR. Non ve l'ha detto in gondola il signor Pantalone, che vi conduceva a casa?
ROS. Non gli credevo. (entra in casa)
COR. (Sinora è andata bene. Non so quel che succederà poi). (da sé, entra in casa)
PANT. Andemo a sentir se siora Beatrice sa gnente. (vuol entrare)
SCENA SECONDA
FLORINDO e PANTALONE
FLOR. Signor Pantalone, la riverisco divotamente.
PANT. Servitor umilissimo.
FLOR. Vorrei pregarvi d'una grazia.
PANT. La comandi. In cossa possio servirla?
FLOR. Voi siete il tutore della signora Rosaura.
PANT. Per servirla.
FLOR. Perdonate se a troppo mi avanzo. Sareste voi in disposizione di maritarla?
PANT. Perché no? Volesse el cielo che ghe capitasse una bona fortuna. La putta xe in un'età discreta. De bontae no ghe xe fursi la so compagna. La gh'ha de dota quattordese mille ducati; la xe de bon parentà ; chi la tolesse, no faria cattivo negozio. (Magari che el la volesse elo! So chi l'è; ghe la daria con tanto de cuor). (da sé)
FLOR. (Qui bisogna farsi coraggio). (da sé) Signor Pantalone, io sono uno che non ha amici di confidenza, perché vivo a me stesso, e poco pratico. Le cose mie le faccio da me, quando posso, onde mi prendo l'ardire di chiedervi io stesso la signora Rosaura in consorte.
PANT. (Oh cielo, te ringrazio!) (da sé)
FLOR. Credo che mi conosciate bastantemente...
PANT. No la diga altro, caro sior Florindo. So chi la xe, son informà della so nascita, e del stato della so casa. Ho cognossù so sior pare e so sior barba(31), zentilomeni veronesi de tutta stima e de tutta bontà . Accetto con tutto el contento la richiesta che la me fa de sta putta, e qua su do piè, da galantomo, da omo d'onor, ghe prometto che la sarà so muggier.
FLOR. Potete voi compromettervi della di lei volontà ?
PANT. Me posso comprometter, so quel che digo, cognosso la bontà della putta, e po el merito de sior Florindo xe una bona lettera de raccomandazion.
FLOR. Voi mi consolate. Credetemi ch'io l'amo teneramente.
PANT. La senta, per ogni bon riguardo, anderò a dirlo alla putta, e ghe lo dirò anca a so siora mare...
FLOR. E se la madre non volesse?
PANT. Oh, circa la mare me ne rido. Ghe lo dirò per rispetto, ma co xe contenta la putta, fazzo conto che sia fatto tutto.
FLOR. E suo zio?
PANT. El lo saverà , el fa tutto quel che digo mi. Ma la senta, sior Florindo, la s'arrecorda ben che semo omeni, e no semo puttelli; se la putta se contenta, no trovemo radeghi(32), no se pentimo.
FLOR. Sono un uomo d'onore, non son capace di male azioni.
PANT. Me dala parola?
FLOR. Vi do parola.
PANT. Vago subito.
SCENA TERZA
LELIO e detti.
LEL. Ah signor padre...
PANT. Via, tocco de desgrazià , via, galiotto, baron, no me vegnir più davanti. Ma senti, furbazzo, per poco ancora ti spassizzerà (33) su ste piere(34). (entra in casa di Rosaura)
FLOR. Signor Lelio, convien credere che abbiate fatto qualche cosa di brutto a vostro padre, poiché vi scaccia sì bruscamente.
LEL. Mi odia, non mi può vedere.
FLOR. Ma diavolo! Dirvi galeotto, disgraziato, sono cose che fanno inorridire.
LEL. Ecco i titoli con cui mi onora.
FLOR. Avete inteso, che ha detto che per poco passeggierete ancora su queste pietre?
LEL. Certamente io dubito ch'ei mi voglia far catturare.
FLOR. Ma che mai gli avete fatto?
LEL. Niente; non vuol compatire la gioventù.
FLOR. Via, posso io accomoda...
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