[Pagina precedente]...ieur TAUS con madama FEDERICA, monsieur MANN e monsieur PAFF con madama GIUSEPPINA passeggiando il giardino, tenendo le donne la mano sul braccio degli uomini; e il suddetto.
GUD.
Cari quegli amorini delle Veneri a lato!
LASS
(Mostrando a madama Elisabetta il foglio colle figure del circolo)
Vedete? Ecco le prove del circolo quadrato.
Deve la linea B condursi al punto C,
E quella B e C infino al centro D;
E poscia intersecando dall'H infino all'I. (camminando)
ELI.
Signor, non me n'intendo. Per or basta così.
LASS
Per via di quel triangolo si va alla quadratura.
ELI.
Con vostra buona grazia, quest'è una seccatura. (partono)
TAUS
Il flusso ed il riflusso provien, signora sì,
Dal moto della luna. (camminando)
FED.
Dunque, quand'è così, (come sopra)
Essendo un po' lunatico, voi, monsieur Taus, potete
Far crescere e calare il mar quando volete. (partono)
PAFF
Il punto indivisibile siete voi, madamina.
MANN
Vedete quel Polacco? è un morto che cammina. (partono)
GUD.
Che impertinenza è questa? Voglia mi viene, affé,
Di far quell'insensato morir prima di me.
Ma no, Bainer m'insegna di usar la sofferenza.
Andiam nel di lui studio a udir la mia sentenza.
Due volte a lui guidato mi avrà tremante in core,
Una il timore antico, l'altra il novello amore.
La malattia di spirito ho, sua mercé, corretta;
La malattia del cuore or la salute aspetta.
Se bastaro alla prima del zio mediche note,
È necessaria a questa la man della nipote. (parte)
ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Camera di monsieur Baines con sedie.
Monsieur BAINER, poi monsieur GUDEN.
BAI.
(Solo, passeggiando senza dir niente)
GUD.
Eccomi a voi, signore.
BAI.
Monsier Guden, sedete.
Io sono un uomo onesto, un onest'uom voi siete.
Chiaro fra noi si parli, e non ci aduli in cuore
Né timor, né rispetto, né un sconsigliato amore.
Un evento impensato, opra di stolta mano,
Vi obbliga non volendo ad isvelar l'arcano,
Vi discoprite amante della nipote, è vero;
Ma qual ragion può farmi creder l'amor sincero?
Quando s'intese mai, che un divenisse amante
Di femmina in un giorno, e quasi in un istante?
Aspetto verisimile l'evento in sé non tiene;
Non si perdonerebbe tal caso in sulle scene.
Temo a ragion che abbiate detto d'amar per gioco.
Ed or sol dell'impegno sia conseguenza il foco.
Marianna or non vi sente; sinceritade io bramo.
L'amate, o non l'amate?
GUD.
Sì, vi rispondo, io l'amo.
Strano sembra a me stesso, in così brievi giri,
Per lei mandar dal petto le fiamme ed i sospiri.
Non so che dir, lasciamo di simpatia i portenti,
Che son d'un vero amore difficili argomenti;
Lasciam della bellezza, della virtude il dono,
Adulazion sospetta, di cui nemico io sono;
E più d'ogni suo pregio, dote lasciam da parte,
Che arrossirei pensando di arricchir con tal arte.
Quel che di lei m'accese, vo' giudicar più tosto
A compatirmi afflitto un animo disposto;
Piacer d'essere insieme d'amabile persona,
Trovarla, in giovinezza, saggia, discreta e buona;
E più di tutto io credo trovare in lei dipinta
L'immagine vezzosa della mia bella estinta.
Presto si fa scherzando a compiacersi un poco,
Da una scintilla ancora presto si accende un foco.
Quando è sincero il cuore, quando la fiamma è onesta,
Fuor d'un legame eterno altro sperar non resta;
E se al desio rassembra non discordar chi s'ama,
Cresce la speme, e il cuore accelera la brama.
Gli ostacoli ancor essi forza aggiungono a forza,
E presto amor piacevole a sospirar ci sforza.
Ecco, signor, qual penso fatta la mia catena,
Soggetta ad una critica fors'anco in sulla scena.
Ma solo il verisimile poeta ha nel pensiero,
E pien di casi è il mondo, ed il mio caso è vero.
BAI.
Sempre più vi ravviso giovine saggio, in cui
Filosofia si vede, che sparsi ha i lumi sui.
Voi la nipote amate, vi ama ella pur, lo veggio;
Ad un amor reciproco io che risponder deggio?
Uditemi: bambina venne Marianna meco;
Son da venti e più anni avvezzo a viver seco.
Ella è l'unico bene, che mi sia caro al mondo;
Con lei ha da vedermi, chi mi desia giocondo.
Moglie non presi ad onta di tanti amici miei,
Per l'unico piacere di vivere con lei,
Temendo che una zia superba, stravagante,
Non amasse Marianna quant'io le sono amante.
Ora voi la chiedete, la chiede un uom ch'io stimo,
Giovine saggio, onesto, e di ricchezze opimo.
Veggo che, a voi negandola, tolgo a lei sua fortuna,
E fuor dell'amor mio, non vi è ragione alcuna.
Ma! voi che amor sentite, lungi però dal mio,
Perderla non vorreste, e perderla degg'io?
Da lei, che per tanti anni godei mirarmi appresso,
Dunque dovrei per sempre allontanarmi adesso?
Nel settentrione algente andrà la mia Marianna?
So che il negarlo è ingiusto, ma un tal pensier mi affanna.
GUD.
Signor, entro in voi stesso, e apprendo il duol sì fiero,
Che il cuore in sul momento risvegliami un pensiero.
Solo di mia famiglia, non ho chi mi comanda:
I beni di Polonia tradur posso in Olanda.
Sotto la scorta vostra, sotto il vostro consiglio,
Ecco, se nol sdegnate, ecco, signore, un figlio.
BAI.
Ah sì, vostra è Marianna a questa legge, il giuro. (si alzano)
GUD.
L'amor suo, l'amor vostro: bene maggior non curo.
SCENA SECONDA
PETIZZ e detti.
PET.
È lecito, signore, di farvi un'imbasciata? (a monsieur Bainer)
BAI.
Che vuoi? dell'imbasciate è questa la giornata.
PET.
Monsieur Lass, che desidera parlarvi con premura.
BAI.
Verrà per istuccarmi colla sua quadratura.
Ma ricusai poc'anzi d'udir le sue parole:
Non vo' parer superbo; venga pur quanto vuole.
PET.
(Parte)
GUD.
Andrò dai negozianti d'Olanda principali,
Sopra di cui son tratte le lettere cambiali.
Si prenderà opportuna da lor la direzione,
Per trasportare in Leiden mia mercantil ragione.
Seco lor tratterete e chiaro si vedrà,
Se Guden vi ha parlato finor con verità.
BAI.
Prova non ha bisogno maggior la vostra fede.
Bainer è amico vostro, e vi conosce, e crede
Deesi avvisar la sposa.
GUD.
Fatelo voi, signore.
Dirglielo a me non lice, e poi non avrei core.
Dubiterei ancora, ch'essa dicesse un no.
E se un sì mi risponde, quel che farei non so.
Conosco del mio cuore l'usata debolezza:
Potrei su quel momento svenir per allegrezza.
Solo in pensarvi, io sento che mi circonda un foco...
Ritornerò, signore, ritornerò fra poco. (parte)
SCENA TERZA
Monsieur BAINER, poi monsieur LASS.
BAI.
Ecco, per un sentiero sì strano e mal previsto,
Ecco fatto in tal giorno il più felice acquisto.
Dell'amor, con cui soglio per altri interessarmi,
Ecco che il ciel pietoso desia ricompensarmi:
Non perdo la nipote, contenta ella si vede,
Acquistomi un amico, acquistomi un erede.
Vogliano i Dei pietosi, che pria ch'io chiuda il ciglio,
Vegga della nipote bamboleggiare un figlio!
LASS
Bainer.
BAI.
E bene, amico, compiste il bel disegno?
LASS
Ho abbandonato il circolo; sono in un altro impegno.
BAI.
Qualche scoperta nuova?
LASS
Novissima scoperta,
Del circolo quadrato più facile e più certa.
BAI.
Or da lungo discorso vi prego dispensarmi.
LASS
Vel dico in due parole: risolto ho maritarmi.
BAI.
Oh monsieur Lass amabile, quest'è ben altra cosa.
Che consumar nei circoli la mente rugginosa.
Bravo, me ne consolo.
LASS
Dissi finora il meno.
Ho bisogno di voi.
BAI.
Disponetene appieno.
LASS
Ho fissato l'oggetto.
BAI.
E chi è? saper si puote?
LASS
Vel dico in confidenza. Questa è vostra nipote.
BAI.
Voi mi onorate troppo.
LASS
Pensato ho fra di me,
Che partito più proprio al caso mio non c'è.
Filosofi noi siamo, siam tutti due sapienti:
Amici siamo, è giusto che diveniam parenti.
Da tale unione il mondo potrà sperare assai;
Virtù passando ai figli, non finirà giammai.
In grazia dello zio, sposar vo' la nipote.
BAI.
Siete ben generoso.
LASS
Quanto averà di dote?
BAI.
(Ecco l'idea primaria della filosofia). (da sé)
Il bene ch'io posseggo, frutto è dell'arte mia.
Privarmene non voglio. Marianna è mia parente,
Ma è povera, e di dote non le vo' dar niente.
Però, se il di lei volto vi piace e v'innamora...
LASS
No, non corriamo in fretta; non ho risolto ancora.
BAI.
Quando risolverete?
LASS
Quando perfezionato
Averò il mio progetto del circolo quadrato.
Ecco le prime prove. (spiega il foglio) Vedete, e giudicate...
Se le proposizioni son certe e ben fondate.
BAI.
Vedo di gran figure.
LASS
Costanmi gran fatica.
BAI.
A Marianna volete che l'amor vostro io dica?
LASS
Se sperar si potesse...
BAI.
Se non ha dote, è bella.
LASS
Vedete quella linea dell'altra paralella?
BAI.
Amico, io vedo tutto, vedo l'operazione
Del circolo a che tende, conosco l'intenzione.
Figuriam questo punto di monsieur Lass il core,
Figuriamo quest'altro di Marianna l'amore.
La linea tende al centro, ch'è il bel della nipote:
Ma ne impedisce il corso mancanza della dote;
Io potrei veramente formar giusto triangolo,
Ma vo' di tal figura restar fuori d'ogni angolo;
Onde piegate pure il foglio ed il progetto,
Voi vi formaste in mente un circolo imperfetto.
LASS
(Lo guarda, piega il foglio, lo saluta, e parte)
SCENA QUARTA
Monsieur BAINER, poi madama MARIANNA.
BAI.
Ecco gl'insidiatori dei splendidi contanti:
Ecco gl'interessati filosofi ignoranti.
È ben che a maritarla con mio piacer sia giunto.
Termineran le insidie. Ecco Marianna appunto.
MAR.
Signor, voi mi diceste, che essendo sol, venissi;
Eccomi ai cenni vostri.
BAI.
Sì, Marïanna, il dissi;
E a tempo a me venite. Spiegò la fiamma ascosa
Monsieur Guden alfine, e vi desia in isposa.
Giovane, e d'alti fregi, ricco, prudente e saggio,
Par che a noi l'abbia scorto di provvidenza un raggio.
Voi l'amate?
MAR.
Sì certo, l'amo, signor, nol nego.
Questa mia fiamma onesta di compatir vi prego.
So che mi amate, e vedo che tenerezza umana
Caro farà costarvi vedermi andar lontana.
Ciò costerà a me pure fiero dolor di morte,
Ma superarsi è forza, e cedere alla sorte.
BAI.
Ah ingrata! avreste cuore di abbandonar lo zio,
Dopo cotante prove del tenero amor mio?
Sino in Polonia andreste con il consorte allato,
Lasciandomi, crudele, dolente e sconsolato?
Questi è l'amor di figlia, onde l'amor pagate?
Anima sconoscente! oh donne, oh donne ingrate!
MAR.
Oimè! voi mi atterrite. Col vostro labbro istesso
Non foste voi, signore, che hammi d'amar concesso?
Che vi abbandoni e parta, voi la cagion non siete?
BAI.
No, barbara nipote, di qua non partirete. (parte)
SCENA QUINTA
Madama MARIANNA sola.
MAR.
Come a un tratto il destino, misera! cambiò faccia?
Prima la vita mi offre, morte poi mi minaccia.
Peno ancor io lasciando un zio grato amoroso;
Ma troppo è dolce cambio la compagnia di sposo.
Perché non maritarmi con altri a lui dappresso,
Pria che dal forestiere fosse il mio spirto oppresso?
Vuol condannarmi a vivere in uno stato amaro?
Ah, il ben ch'egli a me fece, mi costa troppo caro.
Prima bastar poteami il suo paterno amore,
Altre fiamme ora nutro, altro desio nel core.
Non partirete, ei disse? parla sì risoluto?
Che barbaro comando! che barbaro tributo!
SCENA SESTA
CAROLINA e detta.
CAR.
Ah madama, davvero ne ho consolazione!
MAR.
Sì, consolati meco, che ne hai giusta ragione. (ironica)
CAR.
Come! Non siete voi del forastier la sposa?
MAR.
Chi tel disse?
CAR.
Egli stesso. Carolina amorosa,
Dissemi giubbilante, da queste soglie andando:
Consola la mia sposa, a te mi raccomando.
Vengo per consolarvi
MAR.
La sposa mia consola?
Senti, che frase è questa? che barbara parola?
Dovendo restar sola, misera, abbandonata,
A te si raccomanda, perch'io sia consolata.
CAR.
Spropositi, signora; soggiunge, che in Olanda...
MAR.
Il zio per mia sfortuna, che barbaro comanda,
Dissemi in chiare note: Me abbandonar volete?
No, barbara nipote, di qui non partirete.
CAR.
E bene; monsieur Guden dissemi presto presto:
Più in Polonia non torno, qui colla sposa resto.
MAR.
Possibil che sia vero?
CAR.
Vero, ve l'assicuro.
MAR.
Ora del zio comprendo quel favellare oscuro.
Pietosissimo zio, caro fedel amante,
Oimè, che di dolcezza l'alma mia è delirante;
Sostienmi, Carolina, ahi mi par di morire.
CAR.
Vengono le fanciulle; non vi fate sentire.
SCENA SETTIMA
Madama ELISABETTA, madama FEDERICA, madama GIUSEPPINA e le suddette.
ELI.
Ma voi ci abbandonate.
MAR.
Scusatemi di grazia. (con agitazione)
FED.
Siete molto ag...
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