DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI, di Galileo Galilei - pagina 88
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Aggiugnete un altro accidente, non men bello di questo: che è che anco per tutte le corde tirate dal punto B a i punti C, D, E ed a qualunque altro, non solamente preso nella quarta BA, ma in tutta la circonferenza del cerchio intero, il mobile stesso scenderà in tempi assolutamente eguali; talchè in tanto tempo scenderà per tutto 'l diametro eretto a perpendicolo sopra il punto B, in quanto scenderà per la BC, quando bene ella suttendesse a un sol grado o a minore arco.
Aggiugnete l'altra meraviglia, qual è che i moti de i cadenti fatti per gli archi della quarta AB si fanno in tempi più brevi che quelli che si fanno per le corde de i medesimi archi: talchè il moto velocissimo e fatto nel tempo brevissimo da un mobile per arrivare dal punto A al termine B sarà quello che si farà non per la linea retta AB (ancor che sia la brevissima di tutte quelle che tirar si possono tra i
punti A, B), ma per la circonferenza ADB, e preso anco qualsivoglia punto nel medesimo arco, qual sia, v.
g., il punto D, e tirate due corde AD, DB, il mobile, partendosi dal punto A, in manco tempo giugnerà al B venendo per le due corde AD, DB, che per la sola AB ma brevissimo sopra tutti i tempi sarà quello della caduta per l'arco ADB: e gli stessi accidenti intendansi di tutti gli altri archi minori, presi dall'infimo termine B in su.
SAGR.
Non piú, non piú, ché voi mi ingombrate sí di maraviglia, ed in tante bande mi distraete la mente, ch'io dubito che piccola parte sarà quella che mi resterà libera e sincera per applicarla alla materia principale che si tratta, e che pur troppo è per se stessa oscura e difficile.
Vi pregherò bene che vogliate favorirmi, spedita che aviamo la specolazione de i flussi e reflussi, di esser altri giorni ancora a onorar questa mia e vostra casa, ed a discorrere sopra tanti altri problemi che aviamo lasciati in pendente, e che forse non son men curiosi e belli di questo che si è trattato ne i passati giorni e che oggi dovrà terminarsi.
SALV.
Sarò a servirvi; ma piú di una e di due sessioni bisognerà che facciamo, se, oltre all'altre quistioni riserbate a trattarsi appartatamente, vorremo aggiugnerci le tante attenenti al moto locale, tanto de i mobili naturali quanto de i proietti, materia diffusamente trattata dal nostro Accademico Linceo.
Ma tornando al nostro primo proposito, dove eravamo su il dichiarare come de i mobili circolarmente da virtù motrice, che continuamente si conservi la medesima, i tempi delle circolazioni erano prefissi e determinati, ed impossibili a farsi piú lunghi o piú brevi, avendone dati esempi e portate esperienze sensate e fattibili da noi, possiamo la medesima verità confermare con le esperienze de i movimenti celesti de i pianeti, ne i quali si vede mantener l'istessa regola: che quelli che si muovono per cerchi maggiori, piú tempo consumano in passargli.
Speditissima osservazione di questo abbiamo da i pianeti Medicei, che in tempi brevi fanno lor revoluzioni intorno a Giove.
Talché non è da metter dubbio, anzi possiamo tener per fermo e sicuro, che quando, per esempio, la Luna, seguitando di esser mossa dalla medesima facoltà movente, fusse ritirata a poco a poco in cerchi minori, ella acquisterebbe disposizione di abbreviare i tempi de i suoi periodi, conforme a quel pendolo del quale, nel corso delle sue vibrazioni, andavamo abbreviando la corda, cioè scorciando il semidiametro delle circonferenze da lui passate.
Sappiate ora che questo, che della Luna ho portato per esempio, avviene e si verifica essenzialmente in fatto.
Rammemoriamoci che già fu concluso da noi, insieme co 'l Copernico, non esser possibile separar la Luna dalla Terra, intorno alla quale, senza controversia, si muove in un mese: ricordiamoci parimente che il globo terrestre, accompagnato pur sempre dalla Luna, va per la circonferenza dell'orbe magno intorno al Sole in un anno, nel qual tempo la Luna si rivolge intorno alla Terra quasi 13 volte; dal qual rivolgimento séguita che essa Luna talor si trovi vicina al Sole, cioè quando è tra 'l Sole e la Terra, e talora assai piú lontana, che è quando la Terra riman tra la Luna e il Sole: vicina, in somma, nel tempo della sua congiunzione e novilunio; lontana, nel plenilunio ed opposizione; e la massima lontananza e la massima vicinità differiscono per quanto è grande il diametro dell'orbe lunare.
Ora, se è vero che la virtú che muove la Terra e la Luna intorno al Sole si mantenga sempre del medesimo vigore; e se è vero che il medesimo mobile, mosso dalla medesima virtú, ma in cerchi diseguali, in tempi piú brevi passi archi simili de i cerchi minori; bisogna necessariamente dire che la Luna quando è in minor distanza dal Sole, cioè nel tempo della congiunzione, archi maggiori passi dell'orbe magno, che quando è in maggior lontananza, cioè nell'opposizione e plenilunio: e questa lunare inegualità convien che sia participata dalla Terra ancora.
Imperocché, se noi intenderemo una linea retta prodotta dal centro del Sole per il centro del globo terrestre, e prolungata sino all'orbe lunare, questa sarà il semidiametro dell'orbe magno, nel quale la Terra, quando fusse sola, si moverebbe uniformemente; ma se nel medesimo semidiametro collocheremo un altro corpo da esser portato, ponendolo una volta tra la Terra e il Sole, ed un'altra volta oltre alla Terra in maggior lontananza dal Sole, è forza che in questo secondo caso il moto comune di amendue secondo la circonferenza dell'orbe magno, mediante la lontananza della Luna, riesca alquanto piú tardo che nell'altro caso, quando la Luna è tra la Terra e 'l Sole, cioè in minor distanza: talché in questo fatto accade giusto quel che avviene nel tempo dell'oriuolo, rappresentandoci la Luna quel piombo che s'attacca or piú lontano dal centro, per far le vibrazioni dell'asta men frequenti, ed ora piú vicino, per farle piú spesse.
Di qui può esser manifesto, come il movimento annuo della Terra nell'orbe magno e sotto l'eclittica non è uniforme, e come la sua difformità deriva dalla Luna ed ha suoi periodi e restituzioni mestrue.
E perché si era concluso, le alterazioni periodiche, mestrue ed annue, de i flussi e reflussi non poter derivare da altra cagione che dall'alterata proporzione tra il moto annuo e gli additamenti e suttrazioni della vertigine diurna; e tale alterazione poteva farsi in due modi, cioè con l'alterare il moto annuo, ritenendo ferma la quantità de gli additamenti, o co 'l mutar la grandeza di questi, mantenendo l'uniformità del moto annuo; già abbiamo ritrovato il primo di questi due modi, fondato sopra la difformità del moto annuo, dependente dalla Luna e che ha i suoi periodi mestrui: è dunque necessario che per tal cagione i flussi e reflussi abbiano un periodo mestruo, dentro al quale si facciano maggiori e minori.
Ora vedete come la causa del periodo mestruo risiede nel moto annuo, ed insieme vedete ciò che ha che far la Luna in questo negozio, e come ella ci entra a parte senza aver che fare niente né con mari né con acque.
SAGR.
Se a uno che non avesse cognizione di veruna sorte di scale fusse mostrata una torre altissima, e domandatogli se gli desse l'animo d'arrivare alla sua suprema altezza, credo assolutamente che direbbe di no, non comprendendo che in altro modo che co 'l volare vi si potesse pervenire; ma mostrandosegli una pietra non piú alta di mezo braccio ed interrogandolo se sopra quella credessi di poter montare, son certo che risponderebbe di sí, ed anco non negherebbe che non una sola, ma 10, 20 e 100 volte, agevolmente salir vi potrebbe: per lo che, quando se gli mostrassero le scale, co 'l mezo delle quali, con l'agevolezza da lui conceduta, si poteva pervenire colà dove poco fa aveva affermato esser impossibile di arrivare, credo che, ridendo di se stesso, confesserebbe il suo poco avvedimento.
Voi, signor Salviati, mi avete di grado in grado tanto soavemente guidato, che non senza meraviglia mi trovo giunto con minima fatica a quell'altezza dove io credeva non potersi arrivare; è ben vero che, per esser stata la scala buia, non mi sono accorto d'essermi avvicinato né pervenuto alla cima se non dopo che, uscendo all'aria luminosa, ho scoperto gran mare e gran campagna: e come nel salire un grado non è fatica veruna, cosí ad una ad una delle vostre proposizioni mi son parse tanto chiare, che, sopraggiugnendomi poco o nulla di nuovo, piccolo o nulla mi sembrava essere il guadagno; onde tanto maggiormente si accresce in me la maraviglia per l'inopinata riuscita di questo discorso, che mi ha scorto all'intelligenza di cosa ch'io stimava inesplicabile.
Una difficultà mi rimane solamente, dalla quale desidero di esser liberato; e questa è, che se 'l movimento della Terra insieme con quel della Luna sotto 'l zodiaco sono irregolari, dovrebbe tale irregolarità essere stata osservata e notata da gli astronomi, il che non so che sia seguito; però voi, che piú di me sete di queste materie informato, liberatemi dal dubbio, e ditemi come sta il fatto.
SALV.
Molto ragionevolmente dubitate: ed io all'instanza rispondendo, dico che benché l'astronomia nel corso di molti secoli abbia fatto gran progressi, nell'investigar la constituzione e i movimenti de i corpi celesti, non però è ella sin qui arrivata a segno tale, che moltissime cose non restino indecise, e forse ancora molt'altre occulte.
È da credere che i primi osservatori del cielo non conoscessero altro che un moto comune a tutte le stelle, quale è questo diurno: crederò bene che in pochi giorni si accorgessero che la Luna era incostante nel tener compagnia all'altre stelle, ma che scorressero ben poi molti anni prima che si distinguessero tutti i pianeti; ed in particolare penso che Saturno, per la sua tardità, e Mercurio, per il vedersi di rado, fussero de gli ultimi ad esser conosciuti per vagabondi ed erranti.
Molti piú anni è da credere che passassero avanti che fussero osservate le stazioni e retrogradazioni de i tre superiori, come anco gli accostamenti e discostamenti dalla Terra, occasioni necessarie dell'introdur gli eccentrici e gli epicicli, cose incognite sino ad Aristotile, già che ei non ne fa menzione.
Mercurio e Venere con le loro ammirande apparizioni quanto hanno tenuto sospesi gli astronomi nel risolversi, non che altro, circa il sito loro? Talché qual sia l'ordine solamente de i corpi mondani e la integrale struttura delle parti dell'universo da noi conosciute, è stata dubbia sino al tempo del Copernico, il quale ci ha finalmente additata la vera costituzione ed il vero sistema secondo il quale esse parti sono ordinate; sí che noi siamo certi che Mercurio, Venere e gli altri pianeti si volgono intorno al Sole, e che la Luna si volge intorno alla Terra.
Ma come poi ciascun pianeta si governi nel suo rivolgimento particolare e come stia precisamente la struttura dell'orbe suo, che è quella che vulgarmente si chiama la sua teorica, non possiamo noi per ancora indubitatamente risolvere: testimonio ce ne sia Marte, che tanto travaglia i moderni astronomi; ed alla Luna stessa sono state assegnate variate teoriche, dopo l'averla il medesimo Copernico mutata assai da quella di Tolomeo.
E per descender piú al nostro particolare, cioè al moto apparente del Sole e della Luna, di quello è stato osservato certa grande inegualità, per la quale in tempi assai differenti e' passa li due mezi cerchi dell'eclittica, divisi da i punti de gli equinozii; nel passar l'uno de i quali egli consuma circa a nove giorni di piú che nel passar l'altro, differenza, come vedete, molto grande e notabile.
Ma se nel passare archi piccoli, quali sarebbono, per esempio, i 12 segni, e' mantenga un moto regolarissimo, o pure proceda con passi or piú veloci alquanto ed or piú lenti, come è necessario che segua quando il movimento annuo sia solo in apparenza del Sole, ma in realtà della Terra accompagnata dalla Luna, ciò non è stato sin qui osservato, né forse ricercato.
Della Luna poi, le cui restituzioni sono state investigate principalmente in grazia de gli eclissi, per i quali basta aver esatta cognizione del moto suo intorno alla Terra, non si è parimente con intera curiosità ricercato qual sia il suo progresso per gli archi particolari del zodiaco.
Che dunque la Terra e la Luna nello scorrer per il zodiaco, cioè per la circonferenza dell'orbe magno, si accelerino alquanto ne' novilunii e si ritardino ne' plenilunii, non deve mettersi in dubbio perché tal inegualità non si sia manifestata: il che per due ragioni è accaduto; prima, perché non è stata ricercata; secondariamente poi, perché ella può essere non molto grande.
Né molto grande fa di bisogno che ella sia per produr l'effetto che si vede nell'alterazione delle grandezze de i flussi e reflussi, perché non solamente tali alterazioni, ma gli stessi flussi e reflussi, son piccola cosa rispetto alla grandezza de' suggetti in cui si esercitano, ancor che rispetto a noi ed alla nostra piccolezza sembrino cose grandi.
Imperocché l'aggiugnere o scemare un grado di velocità dove ne sono naturalmente 700 o 1000, non si può chiamar grande alterazione né in chi lo conferisce né in chi lo riceve: l'acqua del mar nostro, portata dalla vertigine diurna, fa circa 700 miglia per ora (che è il moto comune alla Terra ed ad essa, e però impercettibile a noi); quello che nelle correnti ci si fa sensibile, non è di un miglio per ora (parlo nel mare aperto, e non ne gli stretti), e questo è quello che altera il movimento primo, naturale e magno: e tale alterazione è assai rispetto a noi ed a i navilii, perché a un vassello che dalla forza de i remi ha di fare nell'acqua stagnante, verbigrazia, 3 miglia per ora, in quella tal corrente dall'averla in favore all'averla contro importerà il doppio del viaggio; differenza notabilissima nel moto della barca, ma piccolissima nel movimento del mare, che viene alterato per la sua settecentesima parte.
L'istesso dico dell'alzarsi ed abbassarsi uno due o tre piedi, ed a pena quattro o cinque nell'estremità del seno lungo due mila o piú miglia e dove sono profondità di centinaia di piedi: questa alterazione è assai meno, che se, in una delle barche che conducon l'acqua dolce, essa acqua, nell'arrestarsi la barca, s'alzasse alla prua quant'è la grossezza d'un foglio.
Concludo per tanto, piccolissime alterazioni rispetto all'immensa grandezza e somma velocità de i mari esser bastanti per fare in essi mutazioni grandi in relazione alla piccolezza nostra e di nostri accidenti.
SAGR.
Rimango pienamente sodisfatto quanto a questa parte; resta da dichiararci come quelli additamenti e suttrazioni derivanti dalla vertigine diurna si facciano or maggiori ed or minori; dalla quale alterazione ci accennaste che dependeva il periodo annuo de gli accrescimenti e diminuzioni de' flussi e reflussi.
SALV.
Farò ogni possibile sforzo per lasciarmi intendere; ma la difficoltà dell'accidente stesso, e la grand'astrazion di mente che ci vuol per capirlo, mi sgomentano.
La disegualità de gli additamenti e suttrazioni che la vertigine diurna fa sopra 'l moto annuo, depende dall'inclinazion dell'asse del moto diurno sopra 'l piano dell'orbe magno o vogliamo dire dell'eclittica, mediante la quale inclinazione l'equinoziale sega essa eclittica, restando sopra di lei inclinato ed obbliquo secondo la medesima inclinazion dell'asse: e la quantità de gli additamenti viene a importar quanto è tutto il diametro di esso equinoziale, stante il centro della Terra ne i punti solstiziali; ma fuor di quelli importa manco e manco, secondo che esso centro si va avvicinando a i punti degli equinozii, dove tali additamenti son minori che in tutti gli altri luoghi.
Questo è il tutto, ma involto in quella oscurità, che voi vedete.
SAGR.
Anzi pure in quella ch'io non veggo, perché sin ora non comprendo nulla.
SALV.
Già l'ho io predetto: tuttavia proveremo se co 'l disegnarne un poco di figura si potesse guadagnar qualche lume, se bene meglio sarebbe il rappresentarla con corpi solidi che con semplici disegni; pure ci aiuteremo con la prospettiva e con gli scorci.
Segnamo dunque, come di sopra, la [vedi figura 32.gif] circonferenza dell'orbe magno, nella quale intendasi il punto A essere uno de i solstiziali, ed il diametro A P la comun sezione del coluro de' solstizi e del piano dell'orbe magno o vogliam dire dell'eclittica, ed in esso punto A esser locato il centro del globo terrestre, l'asse del quale CAB, inclinato sopra il piano dell'orbe magno, cade nel piano del detto coluro, che passa per amendue gli assi dell'equinoziale e dell'eclittica; e per minor confusione segneremo il solo cerchio equinoziale, notandolo con questi caratteri DGEF, del quale la comun sezione col piano dell'orbe magno sia la linea DE, sì che la metà di esso equinoziale DFE rimarrà inclinata sotto il piano dell'orbe magno, e l'altra metà DGE elevata sopra.
Passiamo ora a vedere se ne i tempi de gli equinozii e' siano della medesima grandezza; e trasportando il centro della Terra nel punto I, lontano per una quarta dal punto A, intendiamo il medesimo equinoziale GEFD, la sua comun sezione con l'orbe magno DE, l'asse con la medesima inclinazione CB; ma la tangente dell'orbe magno nel punto I non sarà piú la DE, ma un'altra che la segherà ad angoli retti, e sia questa notata HIL, secondo la quale verrà ad essere incamminato il moto del centro I, procedente per la circonferenza dell'orbe magno.
Ora in questo stato gli additamenti e suttrazioni non si misurano piú nel diametro DE, come prima si fece, perché, non si distendendo tal diametro secondo la linea del moto annuo HL, anzi segandola ad angoli retti, niente promuovono o detraggono essi termini D, E; ma gli additamenti e suttrazioni s'hanno a prendere da quel diametro che cade nel piano eretto al piano dell'orbe magno e che lo sega secondo la linea HL, il qual diametro sarà adesso questo GF: ed il moto addiettivo, per cosí dire, sarà il fatto dal punto G per il mezzo cerchio GEF, e l'ablativo sarà il restante, fatto per l'altro mezo cerchio FDG.
Ora questo diametro, per non esser nella medesima linea HL del moto annuo, anzi perché la sega, come si vede, nel punto I, restando il termine G elevato sopra ed F depresso sotto il piano dell'orbe magno, non determina gli additamenti e suttrazioni secondo tutta la sua lunghezza; ma devesi la quantità di quelli prendere dalla parte della linea HL che rimane intercetta tra le perpendicolari tirate sopra di lei da i termini G, F, quali sono queste due GS, FV: sí che la misura de gli additamenti è la linea SV, minore della GF o vero della DE, che fu la misura de gli additamenti nel solstizio A.
Secondo poi che si costituirà il centro della Terra in altri punti del quadrante AI, tirando le tangenti in essi punti e le perpendicolari sopra esse cadenti da i termini de i diametri dell'equinoziale segnati da i piani eretti per esse tangenti al piano dell'orbe magno, le parti di esse tangenti (che saranno sempre minori verso gli equinozii e maggiori verso i solstizii) ci daranno le quantità de gli additamenti e suttrazioni.
Quanto poi differischino i minimi additamenti da i massimi, è facile a sapersi, perché tra essi è la differenza medesima che tra tutto l'asse o diametro della sfera e la parte di esso che resta tra i cerchi polari, la quale è minor di tutto 'l diametro la duodecima parte prossimamente, intendendo però de gli additamenti e suttrazioni fatte nell'equinoziale; ma negli altri paralleli son minori, secondo che i lor diametri si vanno diminuendo.
Questo è quanto io posso dirvi in questa materia e quanto per avventura può comprendersi sotto una nostra cognizione, la quale, come ben sapete, non si può aver se non di quelle conclusioni che son ferme e costanti, quali sono i tre periodi in genere de' flussi e reflussi, come quelli che dependono da cause invariabili, une ed eterne.
Ma perché con queste cagion primarie ed universali si mescolano poi le secondarie e particolari, potenti a far molte alterazioni, e sono, queste secondarie, parte inosservabili ed incostanti, qual è, per esempio, l'alterazion de i venti, e parte, benché determinate e ferme, non però osservate per la loro multiplicità, come sono le lunghezze de i seni, le loro diverse inclinazioni verso questa o quella parte, le tante e tanto diverse profondità dell'acque; chi potrà, se non forse doppo lunghissime osservazioni e ben sicure relazioni, formarne istorie cosí spedite, che possano servir come ipotesi e supposizioni sicure a chi volesse con le lor combinazioni render ragioni adequate di tutte le apparenze, e dirò anomalie e particolari difformità, che ne i movimenti dell'acque possono scorgersi? Io mi contenterò d'avere avvertito come le cause accidentarie sono in natura, e son potenti a produr molte alterazioni: le minute osservazioni le lascerò fare a quelli che praticano diversi mari; e solo, per chiusa di questo nostro discorso, metterò in considerazione come i tempi precisi de i flussi e reflussi non solamente vengono alterati dalle lunghezze de i seni e dalle profondità varie, ma notabile alterazione ancora penso io che possa provenire dalla conferenza di diversi tratti di mari, differenti in grandezza ed in positura o vogliam dire inclinazione: qual diversità cade appunto qui nel golfo Adriatico, minore assai del resto del Mediterraneo, e posto in tanta diversa inclinazione, che dove quello ha il suo termine che lo serra dalla parte orientale, che sono le rive della Soria, questo è racchiuso dalla parte piú occidentale; e perché nelle estremità sono assai maggiori i flussi e reflussi, anzi quivi solamente sono grandissimi gli alzamenti ed abbassamenti, molto verisimilmente può accadere che i tempi de i flussi in Venezia si facciano ne i reflussi dell'altro mare, il quale, come molto maggiore e piú direttamente disteso da occidente in oriente, viene in certo modo ad aver dominio sopra l'Adriatico; e però non sarebbe da maravigliarsi quando gli effetti dependenti dalle cagioni primarie non si verificassero ne i tempi debiti, e rispondenti a i periodi, nell'Adriatico, ma sí bene nel resto del Mediterraneo.
Ma queste particolarità ricercano lunghe osservazioni, le quali né io ho sin qui fatte, né meno son per poterle fare per l'avvenire.
SAGR.
Assai mi par che voi abbiate fatto in aprirci il primo ingresso a cosí alta specolazione: della quale quando altro non ci aveste arrecato che quella prima general proposizione, che a me par che non patisca replica alcuna, dove molto concludentemente si dichiara, che stando fermi i vasi contenenti le acque marine, impossibil sarebbe, secondo il comun corso di natura, che in esse seguissero quei movimenti che seguir veggiamo, e che, all'incontro, posti i movimenti per altri rispetti attribuiti dal Copernico al globo terrestre, debbano necessariamente seguire simili alterazioni ne i mari, quando, dico, altro non ci fusse, questo solo mi par che superi di tanto intervallo le vanità introdotte da tanti altri, che il ripensar solamente a quelle mi muove nausea; e molto mi maraviglio che tra uomini di sublime ingegno, che pur ve ne sono stati non pochi, non sia ad alcuno cascato in mente la incompatibilità che è tra il reciproco moto dell'acqua contenuta e la immobilità del vaso contenente, la quale repugnanza ora mi par tanto manifesta.
SALV.
Piú è da maravigliarsi, che essendo pur caduto in pensiero ad alcuni di referir la causa de i flussi e reflussi al moto della Terra, onde in ciò hanno mostrato perspicacità maggiore della comune, nello strigner poi il negozio non abbiano afferrato nulla, per non avere avvertito che non basta un semplice moto ed uniforme, quale è, verbigrazia, il semplice diurno del globo terrestre, ma si ricerca un movimento ineguale, ora accelerato ed ora ritardato; perché quando il moto de i vasi sia uniforme, l'acque contenute si abitueranno a quello, né mai faranno mutazione alcuna.
Il dire anco (come si referisce d'uno antico matematico) che il moto della Terra, incontrandosi col moto dell'orbe lunare, cagiona, per tal contrasto, il flusso e reflusso, resta totalmente vano, non solo perché non vien dichiarato né si vede come ciò debba seguire, ma si scorge la falsità manifesta, atteso che la conversione della Terra non è contraria al moto della Luna, ma è per il medesimo verso: talché il detto e imaginato sin qui da gli altri resta, al parer mio, del tutto invalido.
Ma tra tutti gli uomini grandi che sopra tal mirabile effetto di natura hanno filosofato, piú mi meraviglio del Keplero che di altri, il quale, d'ingegno libero ed acuto, e che aveva in mano i moti attribuiti alla Terra, abbia poi dato orecchio ed assenso a predominii della Luna sopra l'acqua, ed a proprietà occulte, e simili fanciullezze.
SAGR.
Io son d'opinione che a questi piú specolativi sia avvenuto quello che di presente accade a me ancora, cioè il non potere intendere il viluppo de i tre periodi, annuo, mestruo e diurno, e come le cause loro mostrino di dependere dal Sole e dalla Luna, senza che né il Sole né la Luna abbiano che far nulla con l'acqua; negozio, per piena intelligenza del quale a me fa di mestiero una piú fissa e lunga applicazione di mente, la quale sin ora dalla novità e dalla difficultà mi resta assai offuscata: ma non dispero, col tornar da me stesso, in solitudine e silenzio, a ruminar quello che non ben digesto mi rimane nella fantasia, d'esser per farmene possessore.
Aviamo dunque da i discorsi di questi 4 giorni grandi attestazioni a favor del sistema Copernicano; tra le quali queste tre, prese, la prima, dalle stazioni e retrogradazioni de i pianeti e da i loro accostamenti e allontanamenti dalla Terra, la seconda dalla revoluzion del Sole in se stesso e da quello che nelle sue macchie si osserva, la terza da i flussi e reflussi del mare, si mostrano assai concludenti.
SALV.
Ci si potrebbe forse in breve aggiugner la quarta, e per avventura anco la quinta: la quarta, dico, presa dalle stelle fisse, mentre in loro per esattissime osservazioni apparissero quelle minime mutazioni che il Copernico pone per insensibili.
Surge di presente una quinta novità, dalla quale si possa arguir mobilità nel globo terrestre, mediante quello che sottilissimamente va scoprendo l'Illustrissimo signor Cesare della nobilissima famiglia de i Marsilii di Bologna, pur Accademico Linceo, il quale in una dottissima scrittura va esponendo come ha osservato una continua mutazione, benché tardissima, nella linea meridiana; della quale scrittura, da me ultimamente con stupore veduta, spero che doverà farne copia a tutti gli studiosi delle maraviglie della natura.
SAGR.
Non è questa la prima volta che io ho inteso parlar dell'esquisita dottrina di questo Signore, e di quanto egli si mostri ansioso protettor di tutti i litterati; e se questa o altra sua opera uscirà in luce, già possiamo esser sicuri che sia per esser cosa insigne.
SALV.
Ora, perché è tempo di por fine a i nostri discorsi, mi resta a pregarvi, che se nel riandar piú posatamente le cose da me arrecate incontraste delle difficultà o dubbii non ben resoluti, scusiate il mio difetto, sí per la novità del pensiero, sí per la debolezza del mio ingegno, sí per la grandezza del suggetto, e sí finalmente perché io non pretendo né ho preteso da altri quell'assenso ch'io medesimo non presto a questa fantasia, la quale molto agevolmente potrei ammetter per una vanissima chimera e per un solennissimo paradosso: e voi, signor Sagredo, se ben ne i discorsi avuti avete molte volte con grand'applauso mostrato di rimaner appagato d'alcuno de' miei pensieri, ciò stimo io che sia provenuto, in parte, piú dalla novità che dalla certezza di quelli, ma piú assai dalla vostra cortesia, che ha creduto e voluto co 'l suo assenso arrecarmi quel gusto che naturalmente sogliamo prendere dall'approvazione e laude delle cose proprie.
E come a voi mi ha obbligato la vostra gentilezza, cosí m'è piaciuta l'ingenuità del signor Simplicio; anzi la sua costanza nel sostener con tanta forza e tanto intrepidamente la dottrina del suo maestro, me gli ha reso affezionatissimo: e come a Vossignoria, signor Sagredo, rendo grazie del cortesissimo affetto, cosí al signor Simplicio chieggio perdono se tal volta co 'l mio troppo ardito e resoluto parlare l'ho alterato; e sia certo che ciò non ho io fatto mosso da sinistro affetto, ma solo per dargli maggior occasione di portar in mezo pensieri alti, onde io potessi rendermi piú scienziato.
SIMP.
Non occorre che voi arrechiate queste scuse, che son superflue, e massime a me, che, sendo consueto a ritrovarmi tra circoli e pubbliche dispute, ho cento volte sentito i disputanti non solamente riscaldarsi e tra di loro alterarsi, ma prorompere ancora in parole ingiuriose, e talora trascorrere assai vicini al venire a i fatti.
Quanto poi a i discorsi avuti, ed in particolare in quest'ultimo intorno alla ragione del flusso e reflusso del mare, io veramente non ne resto interamente capace; ma per quella qual si sia assai tenue idea che me ne son formata, confesso, il vostro pensiero parermi bene piú ingegnoso di quanti altri io me n'abbia sentiti, ma non però lo stimo verace e concludente: anzi, ritenendo sempre avanti a gli occhi della mente una saldissima dottrina, che già da persona dottissima ed eminentissima appresi ed alla quale è forza quietarsi, so che amendue voi, interrogati se Iddio con la Sua infinita potenza e sapienza poteva conferire all'elemento dell'acqua il reciproco movimento, che in esso scorgiamo, in altro modo che co 'l far muovere il vaso contenente, so, dico, che risponderete, avere egli potuto e saputo ciò fare in molti modi, ed anco dall'intelletto nostro inescogitabili.
Onde io immediatamente vi concludo che, stante questo, soverchia arditezza sarebbe se altri volesse limitare e coartare la divina potenza e sapienza ad una sua fantasia particolare.
SALV.
Mirabile e veramente angelica dottrina: alla quale molto concordemente risponde quell'altra, pur divina, la quale, mentre ci concede il disputare intorno alla costituzione del mondo, ci soggiugne (forse acciò che l'esercizio delle menti umane non si tronchi o anneghittisca) che non siamo per ritrovare l'opera fabbricata dalle Sue mani.
Vaglia dunque l'esercizio permessoci ed ordinatoci da Dio per riconoscere e tanto maggiormente ammirare la grandeza Sua, quanto meno ci troviamo idonei a penetrare i profondi abissi della Sua infinita sapienza.
SAGR.
E questa potrà esser l'ultima chiusa de i nostri ragionamenti quatriduani: dopo i quali se piacerà al signor Salviati prendersi qualche intervallo di riposo, conviene che dalla nostra curiosità gli sia conceduto, con condizione però che, quando gli sia meno incomodo, torni a sodisfare al desiderio, in particolare mio, circa i problemi lasciati indietro, e da me registrati per proporgli in una o due altre sessioni, conforme al convenuto; e sopra tutto starò con estrema avidità aspettando di sentire gli elementi della nuova scienza del nostro Accademico intorno a i moti locali, naturale e violento.
Ed in tanto potremo, secondo il solito, andare a gustare per un'ora de' nostri freschi nella gondola che ci aspetta.
Note:
1 Nota all'edizione elettronica Manuzio: Il nostro testo di riferimento (Einaudi 1964), e l'Edizione Nazionale delle opere di Galileo, riportano in forma di nota, ma nello stesso corpo del testo, una serie di aggiunte che Galileo riportò a margine di una copia del Dialogo conservata oggi alla Biblioteca del Seminario di Padova.
Per evitare confusioni, in questa edizione elettronica, i brani sono inseriti all'interno del testo, compresi tra parentesi quadre.
2 La lettera H, la quale nell'edizione originale manca nella figura, è stata aggiunta a penna di mano di GALILEO nell'esemplare, già più volte citato, di detta edizione, che è oggi posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova.
3 Il moto annuo della Terra costringe i copernicani ad asserire [anche] la rotazione diurna; altrimenti sarebbe rivolto continuamente verso il Sole lo stesso emisfero della Terra, e l'altro sarebbe sempre in ombra.
4 "Che questa rotazione della Terra sia impossibile, lo dimostriamo come segue."
5 "Poste queste premesse ne consegue necessariamente che, muovendosi la Terra di moto circolare, tutte le cose dall'aria ad essa, ecc.
Se poi immaginiamo che queste palle siano di ugual peso, grandezza, gravità, e le lasciamo cadere dal concavo lunare, ammesso che il moto di discesa abbia la stessa velocità del moto di rotazione (cosa che in realtà non è, perché la palla A ecc.) arriveranno al suolo (per fare una grossa concessione agli avversari) in almeno sei giorni: nel qual tempo sei volte intorno alla Terra, ecc."
6 "Se dall'esterno, è Dio stesso che lo produce con un miracolo continuo? O forse un angelo? O l'aria? E questa è invero la spiegazione di molti.
Ma contro queste argomentazioni..."
7 "Insorgono questioni seconde difficilissime, anzi inestricabili."
8 "Quel principio interno è accidente o sostanza: se è accidente, qual è? Poiché finora sembra non si conosca nessuna qualità che muova in cerchio di moto locale."
9 "La quale, anche se esistesse, come potrebbe trovarsi in cose tanto contrarie? Nel fuoco come nell'acqua? Nell'aria come nella terra? Nei viventi come negli esseri inanimati?"
10 "Se sostieni la seconda ipotesi (ossia se asserisci che tale principio è una sostanza), allora esso è o materia o composto di materia e forma; ma a quest'ipotesi si oppongono di nuovo tante diverse nature, quali sono gli uccelli, le lumache, i sassi, le frecce, le nevi, i fumi, le grandini, i pesci, ecc., cose che tutte, benché differenti per specie e per genere, sarebbero mosse circolarmente dalla loro natura, essendo per le loro nature, diversissime."
11 "Se la Terra, per volontà di Dio, fosse in quiete, le altre cose ruoterebbero o no? Se no, è falso che ruotino per natura; se sí, si tornerebbe alle questioni prime; e invero sarebbe ben strano che, anche volendolo, il gabbiano non potesse trattenersi sopra un pesciolino, l'allodola sopra il suo nido, e il corvo sopra una lumaca o sopra un sasso."
12 "Inoltre, come avviene che cose tanto diverse si muovano soltanto da occidente a oriente, parallele all'equatore? E che si muovano sempre, senza mai fermarsi?"
13 "Perché tanto più velocemente quanto piú sono alte, e tanto piú lentamente quanto piú sono basse?"
14 "Perché le cose piú prossime all'equinoziale si muovono in un cerchio maggiore, e quelle piú lontane in un cerchio minore?"
15 "Perché una stessa palla sotto l'equinoziale si rivolgerebbe intorno al centro della terra in un cerchio massimo, con velocità incredibile, e sotto il polo invece ruoterebbe intorno al proprio centro, con rotazione nulla, e con lentezza massima?"
16 "Perché una stessa cosa, ad esempio una palla di piombo, se avrà ruotato una volta intorno alla Terra descrivendo un cerchio massimo, non continuerà a rivolgersi ovunque, intorno ad essa, secondo un cerchio massimo, ma, portata fuori dell'equinoziale, si muoverà in cerchi minori?"
17 "Se il moto circolare è naturale ai corpi gravi e ai leggeri, come si potrà definire quello in linea retta? Se infatti lo si definirà naturale, come potrà esser tale anche il moto circolare, differendo in specie dal retto? Se lo si definirà violento, come accade che un razzo, volando verso l'alto, muova il capo scintillante in su invece che in giro?"
18 "Perché il centro di una sfera in caduta libera all'equatore descrive una spira nel suo piano, mentre alle altre latitudini descrive una spira in una superficie conica? Perché cadendo al polo discende nell'asse (terrestre) descrivendo circolarmente una linea su una superficie cilindrica?"
19 "Se tutta la terra, insieme con l'acqua, fosse annientata, dalle nubi non cadrebbero grandine o pioggia, ma per natura si muoverebbero soltanto in cerchio; né alcun fuoco o corpo igneo salirebbe, poiché probabilmente a loro giudizio in alto non c'è fuoco."
20 Alle quali conclusioni si oppongono tuttavia l'esperienza e la ragione.
21 "Una pietra posta nel centro, o salirà per congiungersi alla Terra in qualche punto, oppure no: in questo secondo caso è falso che le parti, per il semplice fatto di esserne separate, si muovano verso il tutto; quanto al primo caso vi si oppone ogni ragione ed esperienza, e in tal caso i gravi non riposerebbero nel loro centro di gravità.
Analogamente, se una pietra lasciata libera cadrà nel centro, si separerà del tutto, contro Copernico; che rimanga sospesa, è contrario ad ogni esperienza; vediamo infatti archi interi crollare."
22 "Non si avvede di fare il cerchio annuo minore o l'orbe della Terra molto maggiore del giusto."
23 "E in primo luogo, se si accetta l'opinione del Copernico, pare si metta in grave pericolo, se pure non si distrugge del tutto, il criterio della filosofia naturale."
24 "Insieme con la Terra si muove l'aria che la circonda, e tuttavia noi non sentiremmo il suo moto, benché piú veloce e piú rapido di qualunque impetuosissimo vento, ma anzi lo considereremmo una somma calma, se non vi si aggiungesse un altro moto.
Quando mai si potrebbe dire che i sensi s'ingannano, se questo non è un inganno dei sensi?"
25 "Inoltre noi stessi siamo portati in giro dalla circolazione della Terra, ecc."
26 "Secondo quest'opinione è necessario che noi diffidiamo dei nostri sensi, in quanto del tutto fallaci o ottusi nel giudicare le cose sensibili, anche quelle a noi piú prossime; che verità possiamo dunque sperare da una facoltà cosí soggetta a errore?"
27 "È piú difficile accrescere l'accidente oltre la norma del soggetto, che aumentare il soggetto senza l'accidente: è dunque piú verosimile quel che fa Copernico, accrescendo l'orbe delle stelle fisse senza conferirgli il moto, che quel che fa Tolomeo, che accresce con velocità immensa il moto delle fisse."
28 "Nel punto del regresso intercorre quiete."
29 "Copernico [trasportò] la Terra, insieme con la Luna e tutto questo mondo elementare..."
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