[Pagina precedente]...ete, dove che bisogna dire: Se la Terra sta ferma, il sasso si parte dalla quiete e scende perpendicolarmente; ma se la Terra si muove, la pietra altresà si muove con pari velocità , né si parte dalla quiete, ma dal moto eguale a quel della Terra, col quale mescola il sopravegnente in giú e ne compone un trasversale.
SIMP. Ma, Dio buono, come, se ella si muove trasversalmente, la veggo io muoversi rettamente e perpendicolarmente? questo è pure un negare il senso manifesto; e se non si deve credere al senso, per qual altra porta si deve entrare a filosofare?
SALV. Rispetto alla Terra, alla torre e a noi, che tutti di conserva ci moviamo, col moto diurno, insieme con la pietra, il moto diurno è come se non fusse, resta insensibile, resta impercettibile, è senza azione alcuna, e solo ci resta osservabile quel moto del quale noi manchiamo, che è il venire a basso lambendo la torre. Voi non sete il primo che senta gran repugnanza in apprender questo nulla operar il moto tra le cose delle quali egli è comune.
SAGR. Ora mi sovviene di certo mio fantasticamento, che mi passò un giorno per l'immaginativa mentre navigava nel viaggio di Aleppo, dove andava consolo della nostra nazione; e forse potrebb'esser di qualche aiuto, per esplicar questo nulla operare del moto comune ed esser come se non fusse per tutti i participanti di quello: e voglio, se cosà piace al signor Simplicio, discorrer seco quello che allora fantasticava da me solo.
SIMP. La novità delle cose che sento mi fa curioso, non che tollerante, di ascoltare: però dite pure.
SAGR. Se la punta di una penna da scrivere, che fusse stata in nave per tutta la mia navigazione da Venezia sino in Alessandretta, avesse avuto facultà di lasciar visibil segno di tutto il suo viaggio, che vestigio, che nota, che linea avrebb'ella lasciata?
SIMP. Avrebbe lasciato una linea distesa da Venezia sin là , non perfettamente diritta o, per dir meglio, distesa in perfetto arco di cerchio, ma dove piú e dove meno flessuosa, secondo che il vassello fusse andato or piú or meno fluttuando; ma questo inflettersi in alcuni luoghi un braccio o due, a destra o a sinistra, in alto o a basso, in una lunghezza di molte centinaia di miglia piccola alterazione arebbe arrecato all'intero tratto della linea, sà che a pena sarebbe stato sensibile, e senza error di momento si sarebbe potuta chiamare una parte d'arco perfetto.
SAGR. Sì che il vero, vero, verissimo moto di quella punta di penna sarebbe anco stato un arco di cerchio perfetto, quando il moto del vassello, tolta la fluttuazion dell'onde, fusse stato placido e tranquillo. E se io avessi tenuta continuamente quella medesima penna in mano, e solamente l'avessi talvolta mossa un dito o due in qua o in là , qual alterazione arei io arrecata a quel suo principale e lunghissimo tratto?
SIMP. Minore di quella che arrecherebbe a una linea retta lunga mille braccia il declinar in varii luoghi dall'assoluta rettitudine quanto è un occhio di pulce.
SAGR. Quando dunque un pittore nel partirsi dal porto avesse cominciato a disegnar sopra una carta con quella penna, e continuato il disegno sino in Alessandretta, avrebbe potuto cavar dal moto di quella un'intera storia di molte figure perfettamente dintornate e tratteggiate per mille e mille versi, con paesi, fabbriche, animali ed altre cose, se ben tutto il vero, reale ed essenzial movimento segnato dalla punta di quella penna non sarebbe stato altro che una ben lunga ma semplicissima linea; e quanto all'operazion propria del pittore, l'istesso a capello avrebbe delineato quando la nave fusse stata ferma. Che poi del moto lunghissimo della penna non resti altro vestigio che quei tratti segnati su la carta, la cagione ne è l'essere stato il gran moto da Venezia in Alessandretta comune della carta e della penna e di tutto quello che era in nave; ma i moti piccolini, innanzi e 'n dietro, a destra ed a sinistra, comunicati dalle dita del pittore alla penna e non al foglio, per esser proprii di quella, potettero lasciar di sé vestigio su la carta, che a tali movimenti restava immobile. Cosà parimente è vero, che movendosi la Terra, il moto della pietra, nel venire a basso, è stato realmente un lungo tratto di molte centinaia ed anco di molte migliaia di braccia, e se avesse potuto segnare in un'aria stabile o altra superficie il tratto del suo corso, averebbe lasciata una lunghissima linea trasversale; ma quella parte di tutto questo moto che è comune del sasso, della torre e di noi, ci resta insensibile e come se non fusse, e solo rimane osservabile quella parte della quale né la torre né noi siamo partecipi, che è in fine quello con che la pietra, cadendo, misura la torre.
SALV. Sottilissimo pensiero per esplicar questo punto, assai difficile per esser capito da molti. Or, se il signor Simplicio non vuol replicar altro, possiamo passare all'altre esperienze, lo scioglimento delle quali riceverà non poca agevolezza dalle cose dichiarate sin qui.
SIMP. Io non ho che dir altro, ed era mezo astratto su quel disegno, e sul pensare come quei tratti tirati per tanti versi, di qua, di là , in su, in giú, innanzi, in dietro, e 'ntrecciati con centomila ritortole, non sono, in essenza e realissimamente, altro che pezzuoli di una linea sola tirata tutta per un verso medesimo, senza verun'altra alterazione che il declinar dal tratto dirittissimo talvolta un pochettino a destra e a sinistra e il muoversi la punta della penna or piú veloce ed or piú tarda, ma con minima inegualità : e considero che nel medesimo modo si scriverebbe una lettera, e che questi scrittori piú leggiadri, che, per mostrar la scioltezza della mano, senza staccar la penna dal foglio, in un sol tratto segnano con mille e mille ravvolgimenti una vaga intrecciatura, quando fussero in una barca che velocemente scorresse, convertirebbero tutto il moto della penna, che in essenza è una sola linea tirata tutta verso la medesima parte e pochissimo inflessa o declinante dalla perfetta drittezza, in un ghirigoro: ed ho gran gusto che il signor Sagredo m'abbia destato questo pensiero. Però seguitiamo innanzi, ché la speranza di poterne sentir de gli altri mi terrà piú attento.
SAGR. Quando voi aveste curiosità di sentir di simili arguzie, che non sovvengono cosà a ognuno, non ce ne mancano, e massime in questa cosa della navigazione. E non vi parrà un bel pensiero quello che mi sovvenne pur nella medesima navigazione, quando mi accorsi che l'albero della nave, senza rompersi o piegarsi, aveva fatto piú viaggio con la gaggia, cioè con la cima, che col piede? perché la cima, essendo piú lontana dal centro della Terra che non è il piede, veniva ad aver descritto un arco di un cerchio maggiore del cerchio per il quale era passato il piede.
SIMP. E cosÃ, quand'un uomo cammina, fa piú viaggio col capo che co i piedi?
SAGR. L'avete da per voi stesso e di vostro ingegno penetrata benissimo. Ma non interrompiamo il signor Salviati.
SALV. Mi piace di veder che il signor Simplicio si va addestrando, se però il pensiero è suo, e non l'ha imparato da certo libretto di conclusioni, dove ne sono parecchi altri non men vaghi e arguti. Segue che noi parliamo dell'artiglieria eretta a perpendicolo sopra l'orizonte, cioè del tiro verso il nostro vertice, e finalmente del ritorno della palla per l'istessa linea sopra l'istesso pezzo, ancorché nella lunga dimora che ella sta separata dal pezzo, la Terra l'abbia per molte miglia portato verso levante, e par che per tanto spazio dovrebbe la palla cader lontana dal pezzo verso occidente; il che non accade; adunque l'artiglieria, senza essersi mossa, l'ha aspettata. La soluzione è l'istessa che quella della pietra cadente dalla torre, e tutta la fallacia e l'equivocazione consiste nel suppor sempre per vero quello che è in quistione; perché l'avversario ha sempre fermo nel concetto che la palla si parta dalla quiete, nel venir cacciata dal fuoco fuor del pezzo, e partirsi dallo stato di quiete non può esser se non supposta la quiete del globo terrestre, che è poi la conclusione di che si quistioneggia. Replico per tanto che quelli che fanno la Terra mobile, rispondono che l'artiglieria e la palla che vi è dentro participano il medesimo moto che ha la Terra, anzi che questo, insieme con lei, hann'eglino da natura, e che però la palla non si parte altrimenti dalla quiete, ma congiunta co 'l suo moto intorno al centro, il quale dalla proiezione in su non le vien né tolto né impedito, ed in tal guisa, seguitando il moto universale della Terra verso oriente, sopra l'istesso pezzo di continuo si mantiene, sà nell'alzarsi come nel ritorno: e l'istesso vedrete voi accadere facendo l'esperienza in nave di una palla tirata in su a perpendicolo con una balestra, la quale ritorna nell'istesso luogo, muovasi la nave o stia ferma.
SAGR. Questo sodisfà benissimo al tutto: ma perché ho veduto che il signor Simplicio prende gusto di certe arguzie da chiappar (come si dice) il compagno, gli voglio domandare se, supposto per ora che la Terra stia ferma, e sopra essa l'artiglieria eretta perpendicolarmente e drizzata al nostro zenit, egli ha difficultà nessuna in intender che quello è il vero tiro a perpendicolo, e che la palla nel partirsi e nel ritorno sia per andar per l'istessa linea retta, intendendo sempre rimossi tutti gli impedimenti esterni ed accidentarii.
SIMP. Io intendo che il fatto deva succeder cosà per appunto.
SAGR. Ma quando l'artiglieria si piantasse non a perpendicolo, ma inclinata verso qualche parte, qual dovrebbe essere il moto della palla? andrebbe ella forse, come nell'altro tiro, per la linea perpendicolare, e ritornando anco poi per l'istessa?
SIMP. Questo non farebb'ella, ma uscita del pezzo seguiterebbe il suo moto per la linea retta che continua la dirittura della canna, se non in quanto il proprio peso la farebbe declinar da tal dirittura verso terra.
SAGR. Talché la dirittura della canna è la regolatrice del moto della palla, né fuori di tal linea si muove, o muoverebbe, se 'l peso proprio non la facesse declinare in giú: e però, posta la canna a perpendicolo e cacciata la palla in su, ella ritorna per l'istessa linea retta in giú, perché il moto della palla dependente dalla sua gravità è in giú per la medesima perpendicolare. Il viaggio dunque della palla fuor del pezzo continua la dirittura di quella particella di viaggio che ella ha fatto dentro al pezzo: non sta cos�
SIMP. Cosà pare a me.
SAGR. Ora figuratevi la canna eretta a perpendicolo, e che la Terra si volga in se stessa co 'l moto diurno e seco porti l'artiglieria: ditemi qual sarà il moto della palla dentro alla canna, dato che si sia fuoco?
SIMP. Sarà un moto retto e perpendicolare, essendo la canna drizzata a perpendicolo.
SAGR. Considerate bene, perch'io credo ch'e' non sarà perpendicolare altrimenti. Sarebbe bene a perpendicolo se la Terra stesse ferma, perchè così la palla non avrebbe altro moto che quello che le venisse dal fuoco; ma quando la Terra giri, la palla che è nel pezzo ha essa ancora il moto diurno, talchè, sopravvenendole l'impulso del fuoco, ella cammina, dalla culatta del pezzo alla bocca, di due movimenti, dal composto de' quali ne risulta, il moto fatto dal centro della gravità della palla essere una linea inclinata. E per più chiara intelligenza, sia l'artiglieria AC eretta, ed in essa la palla B: è manifesto che stando il pezzo immobile, e datogli fuoco, la palla uscirà per la bocca A, ed avrà co 'l suo centro, camminando per il pezzo, descritta la linea perpendicolare BA, e quella dirittura andrà seguitando fuor del pezzo, movendosi verso il vertice. Ma [vedi figura 10.gif] quando la Terra andasse in volta, ed in conseguenza seco portasse l'artiglieria, nel tempo che la palla cacciata dal fuoco si muovesse per la canna, l'artiglieria portata dalla Terra passerebbe nel sito DE, e la palla B nello sboccare sarebbe alla gioia D, ed il moto del centro della palla sarebbe stato secondo la linea BD, non più perpendicolare, ma inclinata verso levante; e dovendo (come già s'è c...
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