BRUTO PRIMO, di Vittorio Alfieri - pagina 2
...
...
TITO
Appunto
v'eri tu a guardia.
TIBERIO
Oh me felice! io 'l brando
contro ai tiranni, io lo snudai primiero.
-
Munita e chiusa la ferrata porta
sta: per difesa, alla esterior sua parte,
io con venti Romani, in sella tutti,
ci aggiriamo vegliando.
Ecco il drappello,
doppio del nostro almen, ver noi si addrizza,
con grida, urli, e minacce.
Udir, vederli,
ravvisargli, e co' ferri a loro addosso
scagliarci, è un solo istante.
Altro è l'ardire,
altra è la rabbia in noi: tiranni a schiavi
credean venir; ma libertade e morte
ritrovan ei de' nostri brandi in punta.
Dieci e piú giá, morti ne abbiamo; il tergo
dan gli altri in fuga, ed è il tiranno il primo.
Gl'incalziamo gran tempo; invano; han l'ali.
Io riedo allora all'affidata porta;
e, caldo ancor della vittoria, ratto
a narrartela vengo.
BRUTO
Ancor che lieve,
esser de' pur di lieto augurio a Roma
tal principio di guerra.
Avervi io parte
voluto avrei; che nulla al pari io bramo,
che di star loro a fronte.
Oh! che non posso
e in foro, e in campo, e lingua, e senno, e brando,
tutto adoprare a un tempo? Ma, ben posso,
con tai figli, adempir piú parti in una.
TIBERIO
Altro a dirti mi resta.
Allor che in fuga
ebbi posti quei vili, io, nel tornarne
verso le mura, il suon da tergo udiva
di destrier che correa su l'orme nostre;
volgomi addietro, ed ecco a noi venirne
del tirannico stuolo un uom soletto:
nuda ei la destra innalza; inerme ha il fianco;
tien con la manca un ramoscel d'olivo,
e grida, e accenna: io mi soffermo, ei giunge;
e in umil suon, messo di pace, ei chiede
l'ingresso in Roma.
A propor patti e scuse
viene a Bruto, e al senato...
BRUTO
Al popol, dici:
che, o nulla è Bruto; o egli è del popol parte.
Ed era il messo?...
TIBERIO
Egli è Mamilio: io 'l fea
ben da' miei custodir fuor della porta;
quindi a saper che far sen debba io venni.
BRUTO
Giunge in punto costui.
Non piú opportuno,
né piú solenne il dí potea mai scerre
per presentarsi de' tiranni il messo.
Vanne; riedi alla porta, il cerca, e teco
tosto lo adduci.
Ei parlerá, se l'osa,
a Roma tutta in faccia: e udrá risposta
degna di Roma, io spero.
TIBERIO
A lui men volo.
SCENA TERZA
BRUTO, TITO
BRUTO
Tu, vanne intanto ai senatori incontro;
fa che nel foro il piú eminente loco
a lor dia seggio.
Ecco, giá cresce in folla
plebe; e assai de' senator pur veggo;
vanne; affrettati, o Tito.
SCENA QUARTA
BRUTO, POPOLO, SENATORI E PATRIZJ,
che si van collocando nel foro
BRUTO
- O tu, sovrano
scrutator dei piú ascosi umani affetti;
tu che il mio cor vedi ed infiammi; o Giove,
massimo, eterno protettor di Roma;
prestami, or deh! mente e linguaggio e spirti
alla gran causa eguali...
Ah! sí, il farai;
s'egli è pur ver, che me stromento hai scelto
a libertá, vero e primier tuo dono.
SCENA QUINTA
BRUTO, salito in ringhiera, VALERIO, TITO
POPOLO, SENATORI, PATRIZJ.
BRUTO
A tutti voi, concittadini, io vengo
a dar dell'opre mie conto severo.
Ad una voce mi assumeste or dianzi
con Collatino a dignitá novella
del tutto in Roma: ed i littori, e i fasci,
e le scuri (fra voi giá regie insegne)
all'annual nostro elettivo incarco
attribuir vi piacque.
In me non entra
per ciò di stolta ambizione il tarlo:
d'onori, no, (benché sien veri i vostri)
ebro non son: di libertade io 'l sono;
di amor per Roma; e d'implacabil fero
abborrimento pe' Tarquinj eterno.
Sol mio pregio fia questo; e ognun di voi
me pur soverchi in tale gara eccelsa;
ch'altro non bramo.
POPOLO
Il dignitoso e forte
tuo aspetto, o Bruto, e il favellar tuo franco,
tutto, sí, tutto in te ci annuncia il padre
dei Romani, e di Roma.
BRUTO
O figli, dunque;
veri miei figli, (poiché a voi pur piace
onorar me di un tanto nome) io spero
mostrarvi in breve, ed a non dubbie prove,
ch'oltre ogni cosa, oltre a me stesso, io v'amo.
-
Con molti prodi il mio collega in armi
uscito è giá della cittade a campo,
per incontrar, e in securtá raccorre
quei che a ragion diserte han le bandiere
degli oppressori inique.
Io tutti voi,
plebe, e patrizj, e cavalieri, e padri,
nel foro aduno; perché a tutti innanzi
trattar di tutti la gran causa io stimo.
Tanta è parte or di Roma ogni uom romano,
che nulla escluder dal consesso il puote,
se non l'oprar suo reo.
- Patrizj illustri;
voi, pochi omai dal fero brando illesi
del re tiranno; e voi, di loro il fiore,
senatori; adunarvi infra una plebe
libera e giusta sdegnereste or forse?
Ah! no: troppo alti siete.
Intorno intorno,
per quanto io giri intenti gli occhi, io veggo
Romani tutti; e nullo havvene indegno,
poiché fra noi re piú non havvi.
- Il labro
a noi tremanti e mal sicuri han chiuso
finora i re: né rimaneaci scampo:
o infami farci, assenso dando infame
alle inique lor leggi; o noi primieri
cader dell'ira lor vittime infauste,
se in voi l'ardir di opporci invan, sorgea.
VALERIO
Bruto, il vero tu narri.
- A Roma io parlo
dei senatori in nome.
- È ver, pur troppo!
Noi da gran tempo a invidíar ridotti
ogni piú oscuro cittadino; astretti
a dispregiar, piú ch'ogni reo, noi stessi;
che piú? sforzati, oltre il comune incarco
di servitú gravissimo, a tor parte
della infamia tirannica; ci femmo
minori assai noi della plebe; e il fummo:
né innocente parere al popol debbe
alcun di noi, tranne gli uccisi tanti
dalla regia empia scure.
Altro non resta
oggi a noi dunque, che alla nobil plebe
riunir fidi il voler nostro intero;
né omai tentar di soverchiarla in altro,
che nell'odio dei re.
Sublime, eterna
base di Roma, fia quest'odio sacro.
Noi dunque, noi, per gl'infernali Numi,
sul sangue nostro e quel dei figli nostri,
tutti il giuriam ferocemente, a un grido.
POPOLO
Oh grandi! Oh forti! Oh degni voi soltanto
di soverchiarci omai! La nobil gara
accettiam di virtú.
Non che gl'iniqui
espulsi re, (da lor viltá giá vinti)
qual popol, quale, imprenderia far fronte
a noi Romani e cittadini a prova?
BRUTO
Divina gara! sovrumani accenti!...
Contento io moro: io, qual Romano il debbe,
ho parlato una volta; ed ho con questi
orecchi miei pure una volta udito
Romani sensi.
- Or, poiché Roma in noi
per la difesa sua tutta si affida
fuor delle mura esco a momenti io pure;
e a voi giorno per giorno darem conto
d'ogni nostr'opra, o il mio collega, od io;
finché, deposte l'armi, in piena pace
darete voi stabil governo a Roma.
POPOLO
Romper, disfar, spegner del tutto in pria
tiranni fa d'uopo.
BRUTO
A ciò sarovvi,
ed a null'altro, io capo.
- Udir vi piaccia
un loro messo brevemente intanto:
in nome lor di favellarvi ei chiede.
Il credereste voi? Tarquinjo, e seco
l'infame Sesto, ed altri pochi, or dianzi
fin presso a Roma a spron battuto ardiro
spingersi; quasi a un gregge vil venirne
stimando; ahi stolti! Ma, delusi assai
ne furo; a me l'onor dell'armi prime
furò Tiberio, il figliuol mio.
Ne andaro
gl'iniqui a volo in fuga; all'arte quindi
dalla forza scendendo, osan mandarvi
ambasciator Mamilio.
I patti indegni
piacevi udir quai sieno?
POPOLO
Altro non havvi
patto fra noi, che il morir loro, o il nostro.
BRUTO
Ciò dunque egli oda, e il riferisca.
POPOLO
A noi
venga su dunque il servo nunzio; i sensi
oda ei di Roma, e a chi l'invia li narri.
SCENA SESTA
BRUTO, TITO, TIBERIO, MAMILIO.
VALERIO,
POPOLO, SENATORI E PATRIZJ.
BRUTO
Vieni, Mamilio, inoltrati; rimira
quanto intorno ti sta.
Cresciuto in corte
de' Tarquinj, tu Roma non hai visto:
mirala; è questa.
Eccola intera, e in atto
di ascoltarti.
Favella.
MAMILIO
...
Assai gran cose
dirti, o Bruto, dovrei: ma, in questo immenso
consesso,...
esporre...
all'improvviso...
BRUTO
Ad alta
voce favella; e non a me.
Sublime
annunziator di regj cenni, ai padri,
alla plebe gli esponi: in un con gli altri,
Bruto anch'egli ti ascolta.
POPOLO
A tutti parla;
e udrai di tutti la risposta, in brevi
detti, per bocca del gran consol Bruto.
Vero interprete nostro egli è, sol degno
di appalesar nostr'alme.
Or via, favella;
e sia breve il tuo dire: aperto e intero
sará il risponder nostro.
BRUTO
Udisti?
MAMILIO
Io tremo.
- Tarquinjo re...
POPOLO
Di Roma no.
MAMILIO
- Di Roma
Tarquinjo amico, e padre...
POPOLO
Egli è di Sesto
l'infame padre, e non di noi...
BRUTO
Vi piaccia,
quai che sian i suoi detti, udirlo in pieno
dignitoso silenzio.
MAMILIO
- A voi pur dianzi
venía Tarquinjo, al primo udir che Roma
tumultuava; e inerme, e solo ei quasi,
securo appien nella innocenza sua,
e nella vostra lealtá, veniva:
ma il respingeano l'armi.
Indi ei m'invia
messaggero di pace; e per me chiede,
qual è il delitto, onde appo voi sí reo,
a perder abbia oggi ei di Roma il trono
a lui da voi concesso...
POPOLO
Oh rabbia! Oh ardire!
Spenta è Lucrezia, e del delitto ei chiede?...
MAMILIO
Fu Sesto il reo, non egli...
TIBERIO
E Sesto, al fianco
del padre, anch'ei veniva or dianzi in Roma:
e se con lui volto non era in fuga,
voi qui vedreste.
POPOLO
Ah! perché in Roma il passo
lor si vietò? giá in mille brani e in mille
fatti entrambi gli avremmo.
MAMILIO
- È ver, col padre
Sesto anco v'era: ma Tarquinjo stesso,
piú re che padre, il suo figliuol traea,
per sottoporlo alla dovuta pena.
BRUTO
Menzogna è questa, e temeraria, e vile;
e me pur, mal mio grado, a furor tragge.
Se, per serbarsi il seggio, il padre iniquo
svenar lasciasse anco il suo proprio figlio,
forse il vorremmo noi? La uccisa donna
ha posto, è vero, al soffrir nostro il colmo:
ma, senz'essa, delitti altri a migliaja
mancano al padre, ed alla madre, e a tutta
la impura schiatta di quel Sesto infame?
Servio, l'ottimo re, suocero e padre,
dal scelerato genero è trafitto;
Tullia, orribile mostro, al soglio ascende
calpestando il cadavero recente
dell'ucciso suo padre: il regnar loro
intesto è poi di oppressioni e sangue;
senatori e i cittadin svenati;
spogliati appieno i non uccisi; tratto
dai servigi di Marte generosi,
(a cui sol nasce il roman popol prode)
tratto a cavar vilmente e ad erger sassi,
che rimarranno monumento eterno
del regio orgoglio e del di lui servaggio:
ed altre, ed altre iniquitá lor tante:...
quando mai fin, quando al mio dir porrei,
se ad uno ad uno annoverar volessi
de' Tarquinj i misfatti? Ultimo egli era,
Lucrezia uccisa; e oltr'esso omai non varca,
né la loro empietá, né il soffrir nostro.
POPOLO
L'ultimo è questo; ah! Roma tutta il giura...
VALERIO
Il giuriam tutti: morti cadrem tutti,
pria che in Roma Tarquinjo empio mai rieda.
BRUTO
- Mamilio, e che? muto, e confuso stai?
Ben la risposta antiveder potevi.
Vanne; recala or dunque al signor tuo,
poich'esser servo all'esser uom preponi.
MAMILIO
- Ragioni molte addur potrei;...
ma, niuna...
POPOLO
No; fra un popolo oppresso e un re tiranno,
ragion non havvi, altra che l'armi.
In trono,
pregno ei d'orgoglio e crudeltade, udiva,
udiva ei forse allor ragioni, o preghi?
Non rideva egli allor del pianger nostro?
MAMILIO
- Dunque, omai piú felici altri vi faccia
con miglior regno.
- Ogni mio dire in una
sola domanda io stringo.
- Assai tesori
Tarquinjo ha in Roma; e son ben suoi: fia giusto,
ch'oltre l'onore, oltre la patria e il seggio,
gli si tolgan gli averi?
POPOLO
- A ciò risponda
Bruto per noi.
BRUTO
Non vien la patria tolta
dai Romani a Tarquinjo: i re non hanno
patria mai; né la mertano: e costoro
di roman sangue non fur mai, né il sono.
L'onor loro a se stessi han da gran tempo
tolto essi giá.
Spento è per sempre in Roma
e il regno, e il re, dal voler nostro; il seggio
preda alle fiamme, e in cener vil ridotto;
né di lui traccia pure omai piú resta.
In parte è ver, che i loro avi stranieri
seco in Roma arrecar tesori infami,
che, sparsi ad arte, ammorbatori in pria
fur dei semplici nostri almi costumi;
tolti eran poscia, e si accrescean col nostro
sudore e sangue: onde i Romani a dritto
ben potrian ripigliarseli.
- Ma, Roma
degni ne stima oggi i Tarquinj soli;
e a lor li dona interi.
POPOLO
Oh cor sublime!
Un Nume, il genio tutelar di Roma
favella in Bruto.
Il suo voler si adempia...
Abbia Tarquinjo i rei tesori...
BRUTO
Ed esca
coll'oro il vizio, e ogni regal lordura.
-,
Vanne Mamilio; i loro averi aduna,
quanto piú a fretta il puoi: custodi e scorta
a ciò ti fian miei figli.
Ite voi seco.
SCENA SETTIMA
BRUTO, POPOLO, VALERIO, SENATORI PATRIZJ.
BRUTO
Abbandonare, o cittadini, il foro
dovriasi, parmi; e uscire in armi a campo.
Vediam, vediam, s'altra risposta forse
chiederci ardisce or di Tarquinjo il brando.
POPOLO
Ecco i tuoi scelti, a tutto presti, o Bruto.
BRUTO
Andiam, su dunque, alla vittoria, o a morte.
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
TIBERIO, MAMILIO.
TIBERIO
Vieni, Mamilio, obbedir deggio al padre:
espressamente or or mandommi un messo,
che ciò m'impone: al tramontar del sole
fuori esser dei di Roma.
MAMILIO
Oh! come ardisce
ei rivocar ciò che con Roma intera
mi concedea stamane ei stesso?...
TIBERIO
Il solo
qui rimanerti a te si toglie: in breve
ti seguiran fuor delle porte i chiesti
e accordati tesori.
Andiam...
MAMILIO
Che deggio
dunque recare all'infelice Aronte
in nome tuo?
TIBERIO
Dirai,...
ch'ei sol non merta
di nascer figlio di Tarquinjo; e ch'io,
memore ancor dell'amistade nostra,
sento del suo destin pietá non poca.
Nulla per lui poss'io...
MAMILIO
Per te, puoi molto.
TIBERIO
Che dir vuoi tu?
MAMILIO
Che, se pietade ancora
l'ingresso ottiene entro al tuo giovin petto,
dei di te stesso, e in un de' tuoi, sentirla.
TIBERIO
Che parli?
MAMILIO
A te può la pietá d'Aronte
giovare, (e in breve) piú che a lui la tua.
Bollente or tu di libertá, non vedi
né perigli, né ostacoli; ma puoi
creder tu forse, che a sussister abbia
questo novello, e neppur nato appieno,
mero ideale popolar governo?
TIBERIO
Che libertade a te impossibil paia,
poiché tu servi, io 'l credo.
Ma, di Roma
il concorde voler...
MAMILIO
Di un'altra Roma
ho il voler poscia udito: io te compiango;
te, che col padre al precipizio corri.
-
Ma, Tito vien su l'orme nostre.
Ah! forse,
meglio di me, potrá il fratel tuo stesso
il dubbio stato delle cose esporti.
SCENA SECONDA
TITO, MAMILIO, TIBERIO.
TITO
Te rintracciando andava; io favellarti...
TIBERIO
Per or nol posso.
MAMILIO
Immantinente trarmi
ei fuor di Roma debbe: uno assoluto
comando il vuol del vostro padre.
- Oh quanto
di voi mi duole, o giovinetti!...
TIBERIO
Andiamo,
andiam frattanto.
- Ad ascoltarti, o Tito,
or ora io riedo.
TITO
E che vuol dir costui?
MAMILIO
Andiam: narrarti io potrò forse in via
quanto il fratel dirti or volea.
TITO
T'arresta.
Saper da te...
MAMILIO
Piú che non sai, dirotti.
Tutto sta in me: da gran perigli io posso
scamparvi, io solo...
TIBERIO
Artificiosi detti
tu muovi...
TITO
E che sta in te?
MAMILIO
Tiberio, e Tito,
e Bruto vostro, e Collatino, e Roma.
TIBERIO
Folle, che parli?
TITO
Io so che la iniqua speme...
MAMILIO
Speme? certezza ell'è.
Giá ferma e piena
a favor dei Tarquinj arde congiura:
né son gli Aquilj a congiurare i soli,
come tu il pensi, o Tito: Ottavj, e Marzj,
e cento e cento altri patrizj; e molti,
e i piú valenti, infra la plebe istessa...
TIBERIO
Oh ciel! che ascolto?...
TITO
È ver, pur troppo, in parte:
fero un bollor v'ha in Roma.
A lungo, or dianzi,
presso gli Aquilj si adunò gran gente:
come amico e congiunto, alle lor case
mi appresentava io pure, e solo escluso
ne rimanea pur io.
Grave sospetto
quindi in me nacque...
MAMILIO
Appo gli Aquilj io stava,
mentre escluso tu n'eri: è certa, è tale
la congiura, e sí forte, ch'io non temo
di svelarvela.
TIBERIO
Perfido...
TITO
Le vili
arti tue v'adoprasti...
MAMILIO
Udite, udite,
figli di Bruto, ciò che dirvi io voglio.
-
S'arte mia fosse stata, ordir sí tosto
sí gran congiura, io non sarei per tanto
perfido mai.
Per l'alta causa e giusta
di un legittimo re, tentati, e volti
a pentimento e ad equitade avrei
questi sudditi suoi da error compresi,
traviati dal ver; né mai sarebbe
perfidia ciò.
Ma, né usurpar mi deggio,
né vo', l'onor di cosa che arte nulla,
né fatica, costavami.
Disciolto
dianzi era appena il popolar consesso,
ch'io di nascosto ricevea l'invito
al secreto consiglio.
Ivi stupore
prendea me stesso, in veder tanti, e tali,
e sí bollenti difensori unirsi
degli espulsi Tarquinj: e a gara tutti
mi promettean piú assai, ch'io chieder loro
non mi fora attentato.
Il solo Sesto
chiamavan tutti alla dovuta pena.
Ed è colpevol Sesto; e irato il padre
contr'esso è piú, che nol sia Roma; e intera
ne giurava ei vendetta.
Io lor fea noto
questo pensier del re: gridano allora
tutti a una voce: «A lui riporre in trono
darem la vita noi».
Fu questo il grido
della miglior, della piú nobil parte
di Roma.
- Or voi, ben dal mio dir scorgete,
ch'arte in me non si annida: il tutto io svelo,
per voi salvar; e per salvare a un tempo,
ov'ei pur voglia, il vostro padre istesso.
TIBERIO
- Poiché giá tanto sai, serbarti in Roma
stimo il miglior, fino al tornar del padre.
Veggo or perché Bruto inviò sí ratto
il comando di espellerti; ma tardo
pur mi giungea...
TITO
Ben pensi: e ognor tu intanto
sovr'esso veglia.
Il piú sicuro asilo
per custodir costui, la magion parmi
de' Vitellj cugini: io fuor di Roma
volo, il ritorno ad affrettar del padre.
MAMILIO
Franco parlai, perché di cor gentile
io vi tenni; tradirmi ora vi piace?
Fatelo: e s'anco a Bruto piace il sacro
diritto infranger delle genti, il faccia
nella persona mia: ma giá tant'oltre
la cosa è omai, che, per nessun mio danno,
util toccarne a voi non può, né a Bruto.
Giá piú inoltrata è la congiura assai,
che nol pensate or voi, Bruto, e il collega,
e dell'infima plebe la vil feccia,
sono il sol nerbo che al ribelle ardire
omai rimane.
Al genitor tu vanne,
Tito, se il vuoi; piú di tornar lo affretti,
piú il suo destin tu affretti.
- E tu, me tosto
appo i Vitellj traggi: ivi securo,
piú assai che tu, fra lor starommi.
TIBERIO
Or quale
empio sospetto?...
MAMILIO
Di evidenza io parlo;
non di sospetto.
Anco i Vitellj, i fidi
quattro germani della madre vostra;
essi, che a Bruto di amistade astretti
eran quanto di sangue, anch'essi or vonno
ripor Tarquinjo in seggio.
TITO
Oh ciel!...
TIBERIO
Menzogna
fia questa...
MAMILIO
Il foglio, ove i piú illustri nomi
di propria man dei congiurati stanno,
convincer puovvi? - Eccolo: ad uno ad uno
leggete or voi, sotto agli Aquilj appunto,
scritti i quattro lor nomi.
TIBERIO
Ahi vista!
TITO
Oh cielo!
che mai sará del padre?...
TIBERIO
Oh giorno! Oh Roma!...
MAMILIO
- Né, perch'io meco or questo foglio arrechi,
crediate voi che al mio partir sia annesso
della congiura l'esito.
Un mio fido
nascoso messo è giá di Roma uscito;
giá il tutto è omai noto a Tarquinjo appieno.
Dalla vicina Etruria a lui giá molti
corrono in armi ad ajutarlo; il forte
re di Chiusi è per lui; Tarquinja, Veia,
Etruria tutta in somma, e Roma tutta;
tranne i consoli, e voi.
Questo mio foglio
null'altro importa, che in favor dei nomi
la clemenza del re.
Col foglio a un tempo
me date in man del genitore: a rivi
scorrer farete dei congiunti vostri
forse il sangue per or; ma, o tosto, o tardi,
a certa morte il genitor trarrete:
e il re fia ognor Tarquinjo poscia in Roma.
TITO
Ah! ch'io pur troppo antivedea per tempo
quant'ora ascolto.
Al padre io 'l dissi...
TIBERIO
A scabro
passo siam noi.
Che far si dee? deh! parla...
TITO
Grave periglio al genitor sovrasta...
TIBERIO
E assai piú grave a Roma...
MAMILIO
Or via, che vale
il favellar segreto? O fuor di Roma
trar mi vogliate, o di catene avvinto
ritenermivi preso, a tutto io sono
presto omai: ma, se amor vero del padre,
e di Roma vi punge, e di voi stessi;
voi stessi, e il padre in un salvate, e Roma.
Ciò tutto è in voi.
TITO
Come?...
TIBERIO
Che speri?...
MAMILIO
Aggiunti
di propria mano i nomi vostri a questi,
fia salvo il tutto.
TIBERIO
Oh ciel! la patria, il padre
noi tradirem?...
MAMILIO
Tradiste e patria e padre,
e l'onor vostro, e i tutelari Numi,
allor che al re legittimo vi osaste
ribellar voi.
Ma, se l'impresa a fine
vi avvenía di condurre, un frutto almeno
dal tradimento era per voi raccolto:
or che svanita è affatto, (ancor vel dico)
col piú persister voi trarrete, e invano,
la patria e il padre a fere stragi, e voi.
TITO
Ma dimmi; aggiunto ai tanti nomi il nostro,
a che ci mena? a che s'impegnan gli altri?
MAMILIO
A giuste cose.
Ad ascoltar di bocca
propria del re le sue discolpe; a farvi
giudici voi, presente il re, del nuovo
misfatto orribil del suo figlio infame;
a vederlo punito; a ricomporre
sotto men duro freno in lustro e in pace
la patria vostra...
Ah! sovra gli altri tutti,
liberatori della patria veri
nomar vi udrete; ove stromenti siate
voi d'amistade infra Tarquinjo e Bruto;
nodo, che sol porre or può in salvo Roma.
TITO
Certo, a ciò far noi pur potremmo...
TIBERIO
Ah! pensa...
Chi sa?...
Forse altro...
TITO
E ch'altro a far ci resta?
Possente troppo è la congiura...
TIBERIO
Io d'anni
minor ti sono; in sí importante cosa
da te partirmi io non vorrei, né il posso:
troppo ognora ti amai: ma orribil sento
presagio al core...
TITO
Eppur, giá giá si appressa
la notte, e ancor coi loro prodi in Roma
né Collatin, né il padre, tornar veggio:
ito ai Tarquinj è di costui giá il messo:
stretti noi siam per ogni parte: almeno
per or ci è forza il re placare...
MAMILIO
È tarda
l'ora omai; risolvete: è vano il trarvi
da me in disparte.
Ove in mio pro vogliate,
o (per piú vero dire) in util vostro
ove adoprarvi ora vogliate, il meglio
fia il piú tosto.
Firmate; eccovi il foglio.
Me, di tai nomi ricco, uscir di Roma
tosto farete, affin che tosto in Roma
rieda la pace.
TITO
Il ciel ne attesto; ei legge
nel cor mio puro; ei sa, che a ciò mi sforza
solo il bene di tutti.
TIBERIO
Oh ciel! Che fai?...
TITO
Ecco il mio nome.
TIBERIO
- E sia, se il vuoi.
- Firmato,
ecco, o Mamilio, il mio.
MAMILIO
Contento io parto.
TITO
Scortalo dunque tu; mentr'io...
SCENA TERZA
LITTORI, COLLATINO con numerosi soldati,
TITO, MAMILIO, TIBERIO.
COLLATINO
Che veggo?
Ancor Mamilio in Roma?
TIBERIO
Oh cielo!...
TITO
Oh vista!
Oh fero inciampo!
COLLATINO
E voi, cosí servaste
l'assoluto incalzante ordin del padre? -
Ma, donde tanto il turbamento in voi?
Perché ammutite? - Al ciel sia lode; in tempo
io giungo forse ancora.
- Olá, littori,
Tito e Tiberio infra catene avvinti
sian tosto...
TITO
Deh! ci ascolta...
COLLATINO
In breve udravvi
Roma, e il console Bruto.
Alla paterna
magion traete i due fratelli; e quivi
su lor vegliate.
TIBERIO
Ah Tito!
SCENA QUARTA
COLLATINO, MAMILIO, SOLDATI.
COLLATINO
E voi, costui
fuor delle porte accompagnate...
MAMILIO
Io venni
sotto pubblica fede...
COLLATINO
E invíolato,
sotto pubblica fé, che pur non merti,
ne andrai.
- Quinto, mi ascolta.
SCENA QUINTA
COLLATINO.
COLLATINO
Oh ciel! qual fia
il fin di tante orribili sventure?...
-
Ma, pria che giunga Bruto, a tutto intanto
qui provveder, con ferreo cor, m'è forza.
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA
LITTORI, BRUTO, SOLDATI.
BRUTO
Prodi Romani, assai per oggi abbiamo
combattuto per Roma.
Ognun fra i suoi,
quanto riman della inoltrata notte,
può ricovrarsi placido.
Se ardire
avrá il nemico di rivolger fronte
ver Roma ancor, ci adunerem di nuovo
a respingerlo noi.
SCENA SECONDA
COLLATINO, LITTORI, BRUTO, SOLDATI.
COLLATINO
Ben giungi, o Bruto.
Giá, del tuo non tornare ansio, veniva
io fuor di Roma ad incontrarti.
BRUTO
Io tardi
riedo, ma pieno di speranza e gioja.
I miei forti a gran pena entro alle mura
potea ritrarre; in aspra zuffa ardenti
stringeansi addosso ad un regal drappello,
che, al primo aspetto, di valor fea mostra.
Su le regie orme eran d'Ardéa venuti,
né il re sapean respinto: al fuggir forse
altra strada ei teneva.
A noi fra mani
cadean costoro; e sbaragliati e rotti
eran giá tutti, uccisi in copia, e in fuga
cacciati gli altri, anzi che il sol cadesse.
Dal piú incalzarli poscia i miei rattenni,
per le giá sorte tenebre, a gran stento.
COLLATINO
Nella mia uscita avventurato anch'io
non poco fui.
Per altra porta al piano,
il sai, scendeva io primo: a torme a torme,
pressoché tutto lo sbandato nostro
prode esercito, in sorte a me fu dato
d'incontrare; deserte avean l'insegne
in Ardéa del tiranno.
Oh! quai di pura
gioja sublime alte feroci grida
mandano al ciel, nell'incontrarsi, i forti
cittadini e soldati!...
Entro sue mura,
da me scortati, or gli ha raccolti Roma;
e veglian tutti in sua difesa a gara.
BRUTO
Scacciato, al certo, come al figlio imposi,
fu il traditor Mamilio.
Andiam noi dunque
tutti a breve riposo; assai ben, parmi,
noi cel mercammo.
Al sol novello, il foro
ci rivedrá; che d'al
...
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