TRATTATO DELLA PITTURA, di Leonardo da Vinci - pagina 23
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328.
Come i grassi non hanno grossi muscoli.
Ancoraché i grassi sieno in sé corti e grossi, come gli anzidetti muscolosi, essi hanno sottili muscoli, ma la loro pelle veste molta grassezza spugnosa e vana, cioè piena d'aria; e però essi grassi si sostengono piú sopra l'acqua che non fanno i muscolosi, che hanno la pelle ripiena ed entro ad essa minor quantità d'aria.
329.
Quali sono i muscoli che spariscono ne' movimenti diversi dell'uomo.
Nell'alzare ed abbassare delle braccia le poppe spariscono, od esse si fanno di piú rilievo: il simile fanno i rilievi de' fianchi nel piegarsi in fuori o in dentro nei loro fianchi; e le spalle fanno piú varietà, e i fianchi, ed il collo, che nessun'altra giuntura, perché hanno i moti piú variabili; e di questo si farà un libro particolare.
330.
De' muscoli.
I membri non debbono aver nella gioventú pronunziazione di muscoli, perché ciò è segno di fortezza attempata, e ne' giovanetti non è né tempo, né matura fortezza.
Sieno i sentimenti delle membra pronunziati piú o meno evidenti, secondo che piú o meno saranno affaticati.
Sempre saranno piú evidenti i muscoli di quelle membra che saranno in maggior fatica esercitati.
Quei muscoli saranno manco scolpiti nelle membra, che saranno da minor fatica esercitati.
Mai le linee centrali intrinseche de' membri che si piegano stanno nella loro naturale lunghezza.
I muscoli grossi e lati sieno fatti ai potenti con le membra concorrenti a tale disposizione.
331.
Di non far tutti i muscoli alle figure, se non sono di gran fatica.
Non voler fare evidenti tutt'i muscoli alle tue figure, perché ancora ch'essi sieno ai loro siti, e' non si fanno di grande evidenza, se le membra dov'essi son situati non sono in grande forza o fatica, e le membra che restano senza esercizio siano senza dimostrazione di muscoli.
E se altrimenti farai, piuttosto un sacco di noci che figura umana avrai imitato.
332.
De' muscoli degli animali.
[vedi figura 030.gif]
Le concavità interposte infra i muscoli non debbono essere di qualità, che la pelle paia che vesta due bastoni posti in comune loro contatto, né ancora che paiano due bastoni alquanto rimossi da tal contatto, e che la pelle penda in vano con curvità lunga com'è f, ma che sia, com'è i, posata sopra il grasso spugnoso interposto negli angoli, com'è l'angolo mno, il quale angolo nasce dal fine del contatto de' muscoli; e perché la pelle non può discendere in tale angolo, la natura ha riempiuto tale angolo di piccola quantità di grasso spugnoso, o vuo' dire vescicoso, con vesciche minute piene d'aria, la quale in sé si condensa o si rarefà, secondo l'accrescimento o rarefazione della sostanza de' muscoli.(35)
333.
Che il nudo figurato con grand'evidenza di muscoli sarà senza moto.
Il nudo figurato con grand'evidenza di tutti i suoi muscoli sarà senza moto, perché non si può muovere se una parte de' muscoli non si allenta, quando gli oppositi muscoli tirano; e quelli che allentano mancano della loro dimostrazione, e quelli che tirano si scoprono forte e fannosi evidenti.
334.
Che le figure ignude non debbono aver i loro muscoli ricercati affatto.
Le figure ignude non debbono essere ricercate integralmente con tutti i loro muscoli, perché riescono difficili e sgraziate.
Tu hai ad intendere tutti i muscoli dell'uomo, e quelli pronunziare con poca evidenza dove l'uomo non si affatica nelle sue parti.
Quel membro che sarà piú affaticato sarà quello che piú dimostrerà i suoi muscoli.
Per quell'aspetto che il membro si volta alla sua operazione, per quel medesimo saranno i suoi muscoli piú spesso pronunziati.
Il muscolo in sé pronunzia spesso le sue particole mediante l'operazione, in modo che senza tale operazione in esso prima non si dimostravano.
335.
Che quelli che compongono grassezza aumentano assai di forza dopo la prima gioventú.
Quelli che compongono grassezza aumentano assai di forza dopo la prima gioventú, perché la pelle sempre sta tirata sopra i muscoli.
Ma questi non son troppo destri ed agili ne' loro movimenti, e perché tal pelle sta tirata, essi sono di gran potenza universale infusa per tutte le membra; e di qui nasce che chi manca della disposizione della predetta pelle si aiuta col portare strette le vestimenta sopra le sue membra e serrasi con diverse legature, acciocché nella condensazione de' muscoli essi abbiano dove potere spingersi ed appoggiarsi.
Ma quando i grassi vengono ad ismagrirsi, molto s'indeboliscono, perché la sgonfiata pelle resta vizza e grinzosa; e non trovando i muscoli dove appoggiarsi, non si possono condensare né farsi duri, onde restano di piccola potenza.
La mediocre grassezza non mai sgonfiata per alcuna malattia fa che la pelle sta tirata sopra i muscoli, e questi mostrano pochi sentimenti nella superficie de' loro corpi.
336.
Come la natura attende occultare le ossa negli animali quanto può la necessità de' membri loro.
La natura intende occultare le ossa negli animali quanto può la necessità dei membri loro, e questo fa piú in un corpo che in un altro.
Farà piú ne' corpi dov'essa non è impedita, che dov'è impedita.
Adunque nel fiore della gioventú la pelle è tirata e stesa quanto essa può, essendo posta l'altezza de' corpi che non hanno ad esser grossi o corpulenti; dipoi per l'operazione delle membra la pelle cresce sopra la piegatura delle giunture, e cosí stando poi le membra distese, la pelle cresciuta sopra le giunture s'aggrinza; dipoi nel crescere in età i muscoli s'assottigliano, e la pelle che li veste viene a crescere ed empirsi di grinze, ed a cascare e separarsi dai muscoli per gli umori interposti infra i muscoli e la pelle; e le ramificazioni de' nervi, che collegano la pelle co' muscoli, e le danno il sentimento, si vengono a spogliare delle parti de' muscoli che li vestivano, ed in luogo di essi muscoli sono circondati da tristi umori; e per questo sono mal nutriti inabbondantemente; onde tal membrificazione, tra pel continuo peso della pelle e pel grande umore, si viene ad allungare e discostare la pelle dai muscoli e dalle ossa, e comporre diversi sacchi pieni di rappe e di grinze.
337.
Com'è necessario al pittore sapere la notomia.
Necessaria cosa è al pittore, per essere buon membrificatore nelle attitudini e gesti che fare si possono per i nudi, di sapere la notomia di nervi, ossa, muscoli e lacerti, per sapere ne' diversi movimenti e forze qual nervo o muscolo è di tal movimento cagione; e solo far quelli evidenti e questi ingrossati, e non gli altri per tutto, come molti fanno, che per parere gran disegnatori fanno i loro nudi legnosi e senza grazia, che paiono a vederli un sacco di noci piú che superficie umana, ovvero un fascio di ravani, piuttosto che muscolosi nudi.
338.
Dell'allargamento e raccorciamento de' muscoli.
Il muscolo della coscia di dietro fa maggior varietà nella sua estensione ed attrazione che nessun altro muscolo che sia nell'uomo; il secondo è quello che compone la natica; il terzo è quello della schiena; il quarto è quello della gola; il quinto è quello delle spalle; il sesto è quello dello stomaco, che nasce sotto il pomo granato e termina nel pettignone, come si dirà di tutti.
339.
Dove si trova corda negli uomini senza muscoli.
Dove il braccio termina con la palma della mano presso a quattro dita, si trova una corda, la maggiore che sia nell'uomo, la quale è senza muscolo, e nasce nel mezzo dell'uno de' fucili del braccio, e termina nel mezzo dell'altro fucile, ed ha figura quadrata, ed è larga circa tre dita e grossa mezzo dito; e questa serve solo a tenere insieme stretti i due detti fucili del braccio, acciò non si dilatino.
340.
Degli otto pezzi che nascono nel mezzo delle corde in varie giunture dell'uomo.
Nascono nelle giunture dell'uomo alcuni pezzi d'osso, i quali sono stabili nel mezzo delle corde che legano alcune giunture, come le rotelle delle ginocchia e quelle delle spalle, de' petti de' piedi, i quali sono in tutto otto, ché ve n'è una per spalla ed una per ginocchio, e due per ciascun piede sotto la prima giuntura de' diti grossi verso il calcagno; e questi si fanno durissimi verso la vecchiezza dell'uomo.
341.
Del muscolo che è infra il pomo granato ed il pettignone.
Nasce un muscolo presso il pomo granato e termina nel pettignone, il qual muscolo è di tre potenze, perché è diviso nella sua lunghezza da tre corde, cioè, prima il muscolo superiore, poi una corda larga come esso muscolo, poi seguita il secondo muscolo piú basso di questo, al quale si congiunge la seconda corda; alfine seguita il terzo muscolo con la terza corda, la qual corda è congiunta all'osso del pettine; e queste tre riprese di tre muscoli con tre corde sono fatte dalla natura per il gran moto che ha l'uomo nel suo piegarsi e distendersi con simile muscolo, il quale, se fosse d'un pezzo, farebbe troppa varietà nel suo dilatarsi e restringersi, nel piegarsi e distendersi dell'uomo e fa maggior bellezza nell'uomo aver poca varietà di tal muscolo nelle sue azioni, imperocché se il muscolo si ha da distendere nove dita, ed altrettante poi ritirarsi, ne tocca tre dita per ciascun muscolo, le quali fanno poca varietà nella loro figura e poco deformano la bellezza del corpo.
[vedi figura 031.gif]
342.
Dell'ultimo svoltamento che può far l'uomo nel vedersi a dietro.
L'ultimo svoltamento dell'uomo sarà nel dimostrarsi le calcagne in faccia,(36) ed il viso in faccia; ma questo non si farà senza difficoltà, se non si piega la gamba ed abbassisi(37) la spalla che guarda la nuca; e la causa di tale svoltamento sarà dimostrata nella notomia, e quali muscoli primi ed ultimi si muovano.
[vedi figura 032.gif]
343.
Quanto si può avvicinare l'un braccio con l'altro di dietro.
[vedi figura 033.gif]
Delle braccia che si mandano di dietro, le gomita non si faranno mai piú vicine, che le piú lunghe dita passino le gomita dell'opposita mano, cioè che l'ultima vicinità che aver possano le gomita dietro alle reni sarà quanto è lo spazio che è dal suo gomito all'estremo del maggior dito della mano.
Queste braccia fanno un quadrato perfetto.
344.
Quanto si possano traversare le braccia sopra il petto, e che le gomita vengano nel mezzo del petto.
Queste gomita con le spalle e le braccia fanno un triangolo equilatero.
345.
Dell'apparecchio della forza nell'uomo che vuol generare gran percussione.
[vedi figura 034.gif]
Quando l'uomo si dispone alla creazione del moto con la forza, esso si piega e torce quanto può nel moto contrario a quello dove vuol generare la percussione, e quivi s'apparecchia nella forza che a lui è possibile, la quale poi congiunge e lascia sopra della cosa da lui percossa con moto decomposto.
346.
Della forza composta dall'uomo, e prima si dirà delle braccia.
I muscoli che muovono il maggior fucile del braccio nell'estensione e retrazione del braccio, nascono circa il mezzo dell'osso detto adiutorio, l'uno dietro all'altro; di dietro è nato quello che estende il braccio, e dinanzi quello che lo piega.
[vedi figura 035.gif]
Se l'uomo è piú potente nel tirare che nello spingere, provasi per la nona de ponderibus, dove dice: infra i pesi di egual potenza, quello si dimostrerà piú potente, che sarà piú remoto dal polo della loro bilancia.
Ne segue perciò che essendo nb muscolo e nc muscolo di potenza infra loro eguali, il muscolo dinanzi, nc, è piú potente che il muscolo di dietro, nb, perché esso è fermo nel braccio in c, sito piú remoto dal polo del gomito a, che non è b, il quale è di là da esso polo, e cosí è concluso l'intento.
Ma questa è forza semplice e non composta, come ci si propone di trattare, e dovemmo metter questa innanzi.
Ma la forza composta sarà quella che, facendosi un'operazione con le braccia, vi s'aggiunge una seconda potenza del peso della persona e delle gambe, come nel tirare e nello spingere, che oltre alla potenza delle braccia vi s'aggiunge il peso della persona, e la forza della schiena e delle gambe, la quale è nel voler distendersi; come sarebbe di due ad una colonna, che uno la spingesse e l'altro la tirasse.
[vedi figura 036.gif]
347.
Quale è maggior potenza nell'uomo, quella del tirare o quella dello spingere.
Molto maggior potenza ha l'uomo nel tirare che nello spingere, perché nel tirare vi si aggiunge la potenza de' muscoli delle braccia che sono creati solo al tirare, e non allo spingere, perché quando il braccio è dritto, i muscoli che muovono il gomito non possono avere alcuna azione nello spingere piú che si avesse l'uomo appoggiando la spalla alla cosa che egli vuole rimuovere dal suo sito, nella quale solo s'adoprano i nervi che drizzano la schiena incurvata, e quelli che drizzano la gamba piegata, e stanno sotto la coscia e nella polpa dietro alla gamba.
E cosí è concluso al tirare aggiungersi la potenza delle braccia, e la potente estensione della schiena e delle gambe, insieme col peso dell'uomo nella qualità che richiede la sua obliquità; ed allo spingere concorre il medesimo, mancandogli la potenza delle braccia, perché tanto è a spingere con un braccio dritto senza moto, come è avere interposto un pezzo di legno fra la spalla e la cosa che si sospinge.
348.
Delle membra che piegano, e che officio fa la carne che le veste in essi piegamenti.
La carne che veste le giunture delle ossa, e le altre parti ad esse vicine, crescono e diminuiscono nelle loro grossezze secondo il piegamento o estensione delle predette membra, cioè crescono dalla parte di dentro dell'angolo che si genera ne' piegamenti de' membri e s'assottigliano e si estendono dalla parte di fuori dell'angolo esteriore; ed il mezzo che s'interpone fra l'angolo convesso ed il concavo partecipa di tale accrescimento o diminuzione, ma tanto piú o meno quanto le parti sono piú vicine o remote dagli angoli delle dette giunture piegate.
349.
Del voltare la gamba senza la coscia.
Impossibile è il voltar la gamba dal ginocchio in giú senza voltare la coscia con altrettanto moto, e questo nasce perché la giuntura dell'osso del ginocchio ha il contatto dell'osso della coscia internato e commesso con l'osso della gamba, e solo si può muovere tal giuntura innanzi o indietro, nel modo che richiede il camminare e l'inginocchiarsi; ma non si può mai muovere da quella lateralmente, perché i contatti che compongono la giuntura del ginocchio non lo comportano; imperocché se tal giuntura fosse piegabile e voltabile, come l'ossa dell'adiutorio che si commette nella spalla, e come quello della coscia che si commette nelle anche, l'uomo avrebbe sempre piegabili cosí le gambe per i loro lati come dalla parte dinanzi alla parte di dietro, e sempre tali gambe sarebbero torte; ed ancora tal giuntura non può preterire la rettitudine della gamba, ed è solo piegabile innanzi e non indietro, perché se si piegasse indietro, l'uomo non si potrebbe levare in piedi quando fosse inginocchiato, perché nel levarsi di ginocchioni, delle due ginocchia prima si dà il carico del busto sopra l'uno de' ginocchi e scaricasi il peso dell'altro, ed in quel tempo l'altra gamba non sente altro peso che di se medesima, onde con facilità leva il ginocchio da terra, e mette la pianta del piede tutta posata alla terra; dipoi rende tutto il peso sopra esso piede posato, appoggiando la mano sopra il suo ginocchio, ed in un tempo distende il braccio, il quale porta il petto e la testa in alto, e cosí distende e drizza la coscia col petto e si fa dritto sopra esso piede posato insino che ha levato l'altra gamba.
350.
Delle pieghe della carne.
Sempre la carne piegata è grinzita dall'opposita parte da che essa è tirata.
351.
Del moto semplice dell'uomo.
Moto semplice nell'uomo è detto quello ch'e' fa nel piegarsi semplicemente innanzi, o indietro, od in traverso.
352.
Del moto composto fatto dall'uomo.
Il moto composto nell'uomo è detto quello che per alcuna operazione si richiede piegarsi in giú ed in traverso in un medesimo tempo.
Adunque tu, pittore, fa i movimenti composti, i quali siano integralmente alle loro composizioni, cioè se uno fa un atto composto mediante la necessità di tale azione, che tu non l'imiti in contrario col fargli fare un atto semplice, il quale sarà poi remoto da essa azione.
353.
De' moti appropriati agli effetti degli uomini.
I moti delle tue figure debbono essere dimostrativi della qualità della forza, quale conviene da quelle usare a diverse azioni; cioè che tu non faccia dimostrare la medesima forza a quel che leva una bacchetta, la quale sia conveniente all'alzare d'un trave.
Adunque fa loro diverse(38) le dimostrazioni delle forze secondo la qualità de' pesi da loro maneggiati.
354.
De' moti delle figure.
Non farai mai le teste dritte sopra le spalle, ma voltate in traverso, a destra o a sinistra, ancoraché esse guardino in su o in giú, o dritto, perché gli è necessario fare i lor moti che mostrino vivacità desta e non addormentata.
E non fare i mezzi di tutta la persona dinanzi o di dietro, che mostrino le loro rettitudini sopra o sotto agli altri mezzi superiori o inferiori; e se pure li vuoi usare, fàllo ne' vecchi: e non replicare i movimenti delle braccia o delle gambe, non che in una medesima figura, ma né anche nelle circostanti e vicine, se già la necessità del caso che si finge non ti costringesse.
In questi tali precetti di pittura si richiede il modo di persuadere la natura de' moti, come agli oratori quella delle parole, le quali si comanda non essere replicate se non nelle esclamazioni; ma nella pittura non accade simil cosa; perché le esclamazioni sono fatte in varî tempi, e le replicazioni degli atti son vedute in un medesimo tempo.
355.
De' movimenti.
Fa i moti delle tue figure appropriati agli accidenti mentali di esse figure; cioè, che se tu la fingi essere irata, che il viso non dimostri in contrario, ma sia quello che in lui altra cosa che ira giudicarvi non si possa, ed il simile dell'allegrezza, malinconia, riso, pianto e simili.
356.
De' maggiori o minori gradi degli accidenti mentali.
Oltre di questo, che tu non faccia grandi movimenti ne' piccoli o minimi accidenti mentali, né piccoli movimenti negli accidenti grandi.
357.
De' medesimi accidenti che accadono all'uomo di diverse età.
Un medesimo grado di alterazione non sta bene essere pronunziato mediante il moto delle membra in un atto feroce da un vecchio come da un giovane, ed un atto feroce non si deve figurare in un giovane come in un vecchio.
358.
Degli atti dimostrativi.
Negli atti affezionati dimostrativi di cose propinque per tempo o per sito s'hanno a dimostrare con la mano non troppo remota da essi dimostratori; e se le predette cose saranno remote, remota dev'essere ancora la mano del dimostratore, e la faccia del viso volta a ciò che si dimostra.
359.
Delle diciotto(39) operazioni dell'uomo.
Fermezza, movimento, corso, ritto, appoggiato, a sedere, chinato, ginocchioni, giacente, sospeso, portare, esser portato, spingere, tirare, battere, esser battuto, aggravare ed alleggerire.
360.
Della disposizione delle membra secondo le figure.
Alle membra che sono in operazione fa che s'ingrossino i muscoli, in modo conveniente alle fatiche loro, e quelle che non sono in operazione restino semplici.
361.
Della qualità delle membra secondo l'età.
Ne' giovani non ricercherai muscoli o lacerti, ma dolce carnosità con semplici piegature, e rotondità di membra.
362.
Della varietà de' visi.
Sia variata l'aria de' visi secondo gli accidenti dell'uomo in fatica, in riposo, in pianto, in riso, in gridare, in timore, e cose simili; ed ancora le membra della persona insieme con tutta l'attitudine debbono rispondere all'effigie alterata.
363.
Della membrificazione degli animali.
Tutte le parti di qualunque animale debbono essere corrispondenti all'età del suo tutto, cioè che le membra de' giovani non sieno ricercate con pronunziati muscoli, corde o vene, come fanno alcuni, i quali, per mostrare artificioso e gran disegno, guastano il tutto, mediante le scambiate membra.
Il medesimo fanno altri, che per mancamento di disegno fanno ai vecchi membra di giovani.
364.
Come la figura non sarà laudabile s'essa non mostra la passione dell'animo.
Quella figura non sarà laudabile s'essa, il piú che sarà possibile, non esprimerà coll'atto la passione dell'animo suo.
365.
Come le mani e le braccia in tutte le loro operazioni hanno da dimostrare l'intenzione del loro motore il piú che si può.
Le mani e le braccia in tutte le operazioni hanno da dimostrare l'intenzione del loro motore quanto sarà possibile, perché con quelle, chi ha affezionato giudizio, si accompagna gl'intenti mentali in tutti i suoi movimenti.
E sempre i bravi oratori, quando vogliono persuadere agli uditori qualche cosa, accompagnano le mani e le braccia con le loro parole, benché alcuni insensati non si curino di tale ornamento, e paiano nel loro tribunale statue di legno, per la bocca delle quali passi per condotto la voce di alcun uomo che sia nascosto in tal tribunale.
E questa tale usanza è gran difetto ne' vivi, e molto piú nelle figure finte, le quali, se non sono aiutate dal loro creatore con atti pronti ed accomodati all'intenzione che tu fingi essere in tal figura, allora essa figura sarà giudicata due volte morta, cioè morta perché essa non è viva, e morta nella sua azione.
Ma per tornare al nostro intento, qui di sotto si figurerà e dirà di piú accidenti, cioè del moto dell'irato, del dolore, della paura, dello spavento subito, del pianto, della fuga, del desiderio, del comandare, della pigrizia e della sollecitudine, e simili.(40)
366.
De' moti appropriati alla mente del mobile.
Sono alcuni moti mentali senza il moto del corpo, ed alcuni col moto del corpo.
I moti mentali senza il moto del corpo lasciano cadere le braccia, le mani ed ogni altra parte che mostri vita; ma i moti mentali con il moto del corpo tengono il corpo con le sue membra con moto appropriato al moto della mente; e di questo tal discorso si dirà molte cose.
Evvi un terzo moto che è partecipante dell'uno e dell'altro, ed un quarto che non è né l'uno né l'altro; e questi ultimi sono insensati, ovvero disensati; e si metteranno nel capitolo della pazzia, o de' buffoni nelle loro moresche.
367.
Come gli atti mentali muovano la persona in primo grado di facilità e comodità.
Il moto mentale muove il corpo con atti semplici e facili, non in qua né in là, perché il suo obietto è nella mente, la quale non muove i sensi, quando in se medesima è occupata.
368.
Del moto nato dalla mente mediante l'obietto.
Se il moto dell'uomo è causato mediante l'obietto, o tale obietto nasce immediate, o no: se nasce immediate, quel che si muove torce prima all'obietto il senso piú necessario, ch'è l'occhio, lasciando stare i piedi al primo luogo, e solo muove le coscie insieme con i fianchi ed i ginocchi verso quella parte dove si volta l'occhio, e cosí in tali accidenti si farà gran discorso.
369.
De' moti comuni.
Tanto sono varî i movimenti degli uomini, quante sono le varietà degli accidenti che discorrono per le loro menti; e ciascun accidente in sé muoverà piú o meno essi uomini, secondo che saranno di maggiore o di minor potenza, e secondo l'età; perché altro moto farà sopra un medesimo caso un giovane che un vecchio.
370.
Del moto degli animali.
Ogni animale di due piedi abbassa nel suo moto piú quella parte ch'è sopra il piede che alza, che quella ch'è sopra il piede che posa in terra; e la sua parte suprema fa il contrario; e questo si vede ne' fianchi e nelle spalle dell'uomo quando cammina, e negli uccelli il medesimo con la testa e con la groppa.
371.
Che ogni membro per sé sia proporzionato a tutto il suo corpo.
Fa che ogni parte d'un tutto sia proporzionata al suo tutto: come se un uomo è di figura grossa e corta, fa che il medesimo sia in sé ogni suo membro, cioè braccia corte e grosse, mani larghe, grosse e corte, e dita con le giunture nel sopradetto modo, e cosí il rimanente.
Ed il medesimo intendo aver detto degli universi animali e piante, cosí nel diminuire le proporzionalità delle grossezze, come dell'ingrossarle.
372.
Che se le figure non esprimono la mente sono due volte morte.
Se le figure non fanno atti pronti i quali colle membra esprimano il concetto della mente loro, esse figure sono due volte morte, perché morte sono principalmente ché la pittura in sé non è viva, ma esprimitrice di cose vive senza vita, e se non le si aggiunge la vivacità dell'atto, essa rimane morta la seconda volta.
Sicché dilettatevi studiosamente di vedere in quei che parlano, insieme co' moti delle mani, se potrete accostarli e udirli, che causa fa loro fare tali movimenti.
Molto bene saranno vedute le minuzie degli atti particolari appresso de' mutoli, i quali non sanno disegnare, benché pochi sieno che non si aiutino e che non figurino col disegno.
Imparate adunque da' muti a fare i moti delle membra che esprimano il concetto della mente de' parlatori.
Considerate quelli che ridono e quelli che piangono, guardate quelli che con ira gridano, e cosí tutti gli accidenti delle menti nostre.
Osservate il decoro, e considerate che non si conviene né per sito né per atto operare il signore come il servo, né l'infante come l'adolescente, ma eguale al vecchio che poco si sostiene.
Non fate al villano l'atto che si deve ad un nobile ed accostumato, né il forte come il debole, né gli atti delle meretrici come quelli delle oneste donne, né de' maschi come delle femmine.
373.
Dell'osservanza del decoro.
Osserva il decoro, cioè la convenienza dell'atto, vesti, sito, e circonspetti della dignità o viltà delle cose che tu vuoi figurare; cioè che il re sia di barba, aria ed abito grave, ed il sito ornato, ed i circostanti stiano con riverenza, ammirazione ed abiti degni e convenienti alla gravità d'una corte reale, ed i vili disornati, infinti ed abietti, ed i loro circostanti abbiano similitudine con atti vili e presuntuosi, e tutte le membra corrispondano a tal componimento; e che gli atti d'un vecchio non sieno simili a quelli d'un giovane, e quelli d'una femmina a quelli d'un maschio, né quelli d'un uomo a quelli d'un fanciullo.
374.
Dell'età delle figure.
Non mischiare una quantità di fanciulli con altrettanti vecchi, né giovani con infanti, né donne con uomini, se già il caso che vuoi figurare non li legasse insieme misti.
375.
Qualità d'uomini ne' componimenti delle istorie.
Per l'ordinario ne' componimenti comuni delle istorie usa di fare rari vecchi, e separati dai giovani, perché i vecchi sono rari, ed i lor costumi non si convengono con i costumi de' giovani, e dove non è conformità di costumi non si fa amicizia, e dove non è amicizia si genera separazione.
E dove tu farai componimenti d'istorie apparenti di gravità e consiglio, fagli pochi giovani, perché i giovani volentieri fuggono i consigli ed altre cose nobili.
376.
Del figurare uno che parli infra piú persone.
Userai di far quello che tu vuoi che parli fra molte persone in atto di considerare la materia ch'egli ha da trattare, e di accomodare in lui gli atti appartenenti ad essa materia; cioè, se la materia è persuasiva, che gli atti sieno al proposito, e se è materia di dichiarazione di diverse ragioni, fa che quello che parla pigli con i due diti della mano destra un dito della sinistra, avendone serrato i due minori, e col viso pronto volto verso il popolo; con la bocca alquanto aperta, che paia che parli; e se egli siede, che paia che si sollevi alquanto ritto, e con la testa innanzi; e se lo fai in piedi, fàllo alquanto chinarsi col petto e la testa verso il popolo, il quale figurerai tacito ed attento a riguardare l'oratore in viso con atti ammirativi; e fa la bocca d'alcun vecchio per maraviglia delle udite sentenze chiusa, e negli estremi bassi tirarsi indietro molte pieghe delle guancie; e con le ciglia alte nelle giunture le quali creino molte pieghe per la fronte.
Alcuni a sedere con le dita delle mani insieme tessute, tenendovi dentro il ginocchio stanco; altri con un ginocchio sopra l'altro, sul quale tenga la mano, che dentro a sé riceva il gomito, la mano del quale vada a sostenere il mento barbuto di qualche vecchio chinato.
377.
Come si deve fare una figura irata.
Alla figura irata farai tenere uno per i capelli col capo storto a terra, e con uno de' ginocchi sul costato, e col braccio destro levare il pugno in alto; questo abbia i capelli elevati, le ciglia basse e strette, ed i denti stretti e i due estremi daccanto della bocca arcati, il collo grosso, e dinanzi, per il chinarsi al nemico, sia pieno di grinze.
378.
Come si figura un disperato.
Al disperato farai darsi d'un coltello, e con le mani aversi stracciato i vestimenti, e sia una d'esse mani in opera a stracciar la ferita, e lo farai con i piè distanti, e le gambe alquanto piegate, e la persona similmente verso terra con capelli stracciati e sparsi.
379.
Delle convenienze delle membra.
E ti ricordo ancora che tu abbia grande avvertenza nel dare le membra alle figure, che paiano, dopo l'essere concordanti alla grandezza del corpo, ancor similmente all'età; cioè i giovani con pochi muscoli nelle membra, e vene di delicata superficie, e membra rotonde di grato colore.
Agli uomini sieno nervose e piene di muscoli.
Ai vecchi sieno con superficie a grinze ruvide e venose, ed i nervi molto evidenti.
380.
Del ridere e del piangere e differenza loro.
Da quel che ride a quel che piange non si varia né occhi, né bocca, né guancie, ma solo la rigidità delle ciglia che s'aggiunge a chi piange, e levasi a chi ride.
A colui che piange s'aggiunge ancora l'atto di stracciarsi con le mani i vestimenti ed i capelli, e con le unghie stracciarsi la pelle del volto, il che non accade a chi ride.
Non farai il viso di chi piange con eguali movimenti di quel che ride, perché spesso si somigliano, e perché il vero modo si è di variare siccome è variato l'accidente del pianto dall'accidente del riso, imperocché, per piangere, le ciglia e la bocca si variano nelle varie cause del pianto, perché alcuno piange con ira, alcuno con paura, alcuno per tenerezza ed allegrezza, alcuno per sospetto, alcuno per doglia e tormento ed alcuno per pietà e dolore de' parenti o amici persi: de' quali piangenti alcuno si mostra disperato, alcuno mediocre, alcuno grida, alcuno sta con il viso al cielo e con le mani in basso, avendo le dita di quelle insieme tessute; altri timorosi con le spalle innalzate alle orecchie; e cosí seguono secondo le predette cause.
Quel che versa il pianto alza le ciglia nelle loro giunture, e le stringe insieme, e compone grinze di sopra, e in mezzo ai canti della bocca in basso; e colui che ride li ha alti e le ciglia aperte e spaziose.
381.
De' posati d'infanti.
Negl'infanti e ne' vecchi non debbono essere atti pronti fatti mediante le loro gambe.
382.
De' posati di femmine e di giovanetti.
Nelle femmine e ne' giovanetti non debbono essere atti di gambe sbarrate o troppo aperte, perché dimostrano audacia, o al tutto privazione di vergogna; e le strette dimostrano timore di vergogna.
383.
Del rizzarsi l'uomo da sedere di sito piano.
Stando l'uomo a sedere sul pavimento, la prima cosa che fa nel suo levarsi è che trae a sé il piede, e posa la mano in terra da quel lato che si vuol levare, e gitta la persona sopra il braccio che posa, e mette il ginocchio in terra da quel lato che si vuol levare.(41)
384.
Del saltare, e che cosa aumenta il salto.
Natura insegna ed opera senza alcun discorso del saltatore, che quando vuol saltare, egli alza con impeto le braccia e le spalle, le quali, seguitando l'impeto, si muovono insieme con gran parte del corpo, e levansi in alto, sino a tanto che il loro impeto in sé si consumi; il qual impeto è accompagnato dalla estensione subita del corpo incurvato nella schiena e nelle giunture delle coscie, delle ginocchia e de' piedi; la qual estensione è fatta per obliquo, cioè innanzi ed all'insú; e cosí il moto dedicato all'andare innanzi porta innanzi il corpo che salta, ed il moto d'andare all'insú alza il corpo, e gli fa fare grand'arco ed aumenta il salto.
385.
Del moto delle figure nello spingere o tirare.
Lo spingere e tirare sono di una medesima azione, conciossiaché lo spingere è solo un'estensione di membra, ed il tirare è un'attrazione di esse membra; ed all'una e all'altra potenza si aggiunge il peso del motore contro alla cosa sospinta o tirata, e non vi è altra differenza senonché l'uno spinge e l'altro tira: quello che spinge stando in piedi ha il mobile sospinto dinanzi a sé, e quello che tira lo ha di dietro a sé.
Lo spingere e il tirare può esser fatto per diverse linee intorno al centro della potenza del motore, il qual centro in quanto alle braccia sarà nel luogo dove il nervo dell'omero della spalla, e quel della poppa, e quello della patella dell'opposita alla poppa si giungono coll'osso della spalla superiore.
386.
Dell'uomo che vuol trarre una cosa fuor di sé con grand'impeto.
[vedi figura 037.gif]
L'uomo il quale vorrà trarre un dardo, o pietra, od altra cosa con impetuoso moto, può essere figurato in due modi principali, cioè o potrà esser figurato quando si prepara alla creazione del moto, o veramente quando il moto d'esso è finito.
Ma se tu lo figurerai per la creazione del moto, allora il lato di dentro del piede sarà con la medesima linea del petto, ma avrà la spalla contraria sopra il piede, cioè se il piede destro sarà sotto il peso dell'uomo, la spalla sinistra sarà sopra la punta d'esso piede destro.
387.
Perché quello che vuol ficcare tirando il ferro in terra, alza la gamba opposita incurvata.
Colui che col trarre vuol ficcare o trarre il calmone(42) in terra, alza la gamba opposita al braccio che trae, e quella piega nel ginocchio; e questo fa per bilicarsi sopra il piede che posa in terra, senza il qual piegamento o storcimento di gamba far non si potrebbe, né potrebbe trarre, se tal gamba non si distendesse.
388.
Ponderazione de' corpi che non si muovono.
[vedi figura 038.gif]
Le ponderazioni ovvero bilichi degli uomini si dividono in due parti, cioè semplice e composto.
Bilicazione semplice è quella che è fatta dall'uomo sopra i suoi piedi immobili, sui quali esso uomo, aprendo le braccia con diverse distanze dal suo mezzo, o chinandosi stando sopra uno o i due piedi, sempre il centro della sua gravità sta per linea perpendicolare sopra il centro d'esso piede che posa; e se posa sopra i due piedi egualmente, allora il peso dell'uomo avrà il suo centro perpendicolare nel mezzo della linea che misura lo spazio interposto infra i centri d'essi piedi.
Il bilico composto s'intende esser quello che fa un uomo che sostiene sopra di sé un peso per diversi moti; com'è nel figurare Ercole che scoppia Anteo, il quale, sospendendolo da terra infra il petto e le braccia, che tu gli faccia tanto la sua figura di dietro alla linea centrale de' suoi piedi, quanto Anteo ha il centro della sua gravità dinanzi ai medesimi piedi.
389.
Dell'uomo che posa sopra i suoi due piedi, che dà di sé piú peso all'uno che all'altro.
Quando per lungo stare in piedi l'uomo ha stancata la gamba dove posa, esso manda parte del peso sopra l'altra gamba; ma questo tal posare ha da essere usato dall'età decrepita, o dall'infanzia, o veramente in uno stanco, perché mostra stanchezza o poca valetudine di membra; e però sempre si vede un giovane, che sia sano e gagliardo, posarsi sopra l'una delle gambe, e se dà alquanto di peso all'altra gamba, esso l'usa quando vuol dar principio necessario al suo movimento, senza il quale si nega ogni moto, perché il moto si genera dall'inegualità.
390.
De' posati delle figure.
Sempre le figure che posano debbono variare le membra, cioè che se un braccio va innanzi, che l'altro stia fermo o vada indietro; e se la figura posa sopra una gamba, che la spalla che è sopra essa gamba sia piú bassa che l'altra; e questo si usa dagli uomini di buoni sensi, i quali sempre attendono per natura a bilicare l'uomo sopra i suoi piedi, acciocché non rovini; perché, posando sopra un piede, l'opposita gamba non sostiene esso uomo, stando piegata, la quale in sé è come se fosse morta; onde necessità fa che il peso che è dalle gambe insú mandi il centro della sua gravità sopra la giuntura della gamba che lo sostiene.
391.
Della ponderazione dell'uomo nel fermarsi sopra i suoi piedi.
L'uomo che si ferma sopra i suoi piedi, o si caricherà con egual peso sopra ciascun piede, o si caricherà con pesi ineguali.
Se si caricherà egualmente sopra essi piedi, egli si caricherà con peso naturale misto con peso accidentale, o si caricherà con semplice peso naturale.
Se si caricherà con peso naturale misto con peso accidentale, allora gli estremi oppositi de' membri non saranno egualmente distanti dai poli delle giunture de' piedi; ma se si caricherà con peso naturale semplice, allora tali estremi di membri oppositi saranno egualmente distanti dalla giuntura del piede.
E cosí di questa ponderazione si farà un libro particolare.
392.
Del moto locale piú o meno veloce.
Il moto locale fatto dall'uomo o da altro animale sarà di tanto maggiore o minor velocità, quanto il centro della loro gravità sarà piú remoto o propinquo al centro del piede dove si sostengono.
393.
Degli animali da quattro piedi, e come si muovono.
[vedi figura 039.gif]
La somma altezza degli animali da quattro piedi si varia piú negli animali che camminano, che in quelli che stanno saldi; e tanto piú o meno quanto essi animali son di maggiore o minor grandezza: e questo è causato dall'obliquità delle gambe che toccano terra, che innalzano il corpo di esso animale quando tali gambe disfanno la loro obliquità, quando si pongono perpendicolari sopra la terra.
394.
Delle corrispondenze che ha la metà dell'uomo con l'altra metà.
Mai l'una metà della grossezza e larghezza dell'uomo sarà eguale all'altra, se le membra a quella congiunte non faranno eguali e simili moti.
395.
Come nel saltare dell'uomo in alto vi si trovano tre moti.
Quando l'uomo salta in alto, la testa è tre volte piú veloce del calcagno del piede, innanzi che la punta del piede si spicchi da terra, e due volte piú veloce che i fianchi; e questo accade perché si disfanno in un medesimo tempo tre angoli, de' quali il superiore è quello dove il busto si congiunge con le coscie dinanzi; il secondo è quello dove le coscie di dietro si congiungono con le gambe di dietro; il terzo è dove la gamba dinanzi si congiunge con l'osso del piede.
396.
Che è impossibile che una memoria riserbi tutti gli aspetti e le mutazioni delle membra.
[vedi figura 040.gif]
Impossibile è che alcuna memoria possa riserbare tutti gli aspetti o mutamenti d'alcun membro di qualunque animale si sia.
Questo caso lo esemplificheremo con la dimostrazione d'una mano.
E perché ogni quantità continua è divisibile in infinito, il moto dell'occhio che riguarda la mano, e si muove dall'a al b, si muove per uno spazio ab, il quale ancor esso è quantità continua, e per conseguenza divisibile in infinito, ed in ogni parte di moto varia l'aspetto e la figura della mano nel suo vedere, e cosí farà movendosi in tutto il cerchio; ed il simile farà la mano che s'innalza nel suo moto, cioè passerà per ispazio che è quantità.
[vedi figura 041.gif]
397.
Delle prime quattro parti che si richiedono alla figura.
L'attitudine è la prima parte piú nobile della figura; non che la buona figura dipinta in trista attitudine abbia disgrazia, ma la viva in somma bontà di bellezza perde di riputazione, quando gli atti suoi non sono accomodati all'ufficio ch'essi hanno a fare.
Senza alcun dubbio essa attitudine è di maggiore speculazione che non è la bontà in sé della figura dipinta; conciossiaché tale bontà di figura si possa fare per imitazione della viva, ma il movimento di tal figura bisogna che nasca da grande discrezione d'ingegno; la seconda parte nobile è l'avere rilievo; la terza è il buon disegno; la quarta il bel colorito.
398.
Discorso sopra il pratico.
E tu, pittore, studia di fare le tue opere che abbiano a tirare a sé i loro veditori, e quelli fermare con grande ammirazione e diletto, e non attirarli e poi scacciarli, come fa l'aria a quel che ne' tempi notturni salta ignudo del letto a contemplare la qualità di essa aria nubilosa o serena, che immediate, scacciato dal freddo di quella, ritorna nel letto, donde prima si tolse; ma fa le opere tue simili a quell'aria, che ne' tempi caldi tira gli uomini dai lor letti, e li ritiene con diletto a prendere l'estivo fresco; e non voler essere prima pratico che dotto, e che l'avarizia vinca la gloria che di tale arte meritamente si acquista.
Non vedi tu che infra le umane bellezze il viso bellissimo ferma i viandanti e non i loro ricchi ornamenti? E questo dico a te che con oro od altri ricchi fregi adorni le tue figure.
Non vedi tu isplendenti bellezze della gioventú diminuire di loro eccellenza per gli eccessivi e troppo culti ornamenti? Non hai tu visto le montanare involte negl'inculti e poveri panni acquistare maggior bellezza, che quelle che sono ornate? Non usare le affettate acconciature o capellature di teste, dove appresso de' goffi cervelli un sol capello posto piú da un lato che dall'altro, colui che lo tiene se ne promette grande infamia credendo che i circostanti abbandonino ogni lor primo pensiero, e solo di quel parlino e solo quello riprendano; e questi tali hanno sempre per lor consigliero lo specchio ed il pettine, ed il vento è loro capital nemico sconciatore degli azzimati capelli.
Fa tu adunque alle tue teste i capelli scherzare insieme col finto vento intorno ai giovanili volti, e con diverso rivoltare graziosamente ornarli.
E non far come quelli che li impiastrano con colle, e fanno parere i visi come se fossero invetriati; umane pazzie in aumentazione, delle quali non bastano i naviganti a condurre dalle orientali parti le gomme arabiche, per riparare che il vento non varii l'egualità delle loro chiome, che di piú vanno ancora investigando.
399.
Della pratica cercata con gran sollecitudine dal pittore.
E tu, pittore, che desideri grandissima pratica, hai da intendere, che se tu non la fai sopra buon fondamento delle cose naturali, farai opere assai con poco onore e men guadagno; e se la farai buona, le opere tue saranno molte e buone, con tuo grande onore e molta utilità.
400.
Del giudicare il pittore le sue opere e quelle d'altrui.
Quando l'opera sta pari col giudizio, quello è tristo segno in tal giudizio; e quando l'opera supera il giudizio, questo è pessimo, come accade a chi si maraviglia d'aver sí bene operato; e quando il giudizio supera l'opera, questo è perfetto segno; e se vi è giovane in tal disposizione, senza dubbio questo sarà eccellente operatore, ma sarà componitore di poche opere, le quali saranno di qualità che fermeranno gli uomini con ammirazione a contemplar le loro perfezioni.
401.
Del giudicare il pittore la sua pittura.
Noi sappiamo che gli errori si conoscono piú nelle altrui opere che nelle proprie, e spesso riprendendo gli altrui piccoli errori, non vedrai i tuoi grandi.
Per fuggire simile ignoranza, fa che tu sia prima buon prospettivo, di poi che tu abbia intera notizia delle misure dell'uomo e d'altri animali, e che tu sia ancora buon architettore, cioè in quanto s'appartiene alla forma degli edifici e delle altre cose, che sono sopra la terra, che sono d'infinite forme; e di quante piú avrai notizia, piú sarà laudata la tua operazione, ed in quelle che tu non hai pratica, non ricusare di ritrarle di naturale.
Ma per tornare alla promessa di sopra, dico che nel tuo dipingere tu devi tenere uno specchio piano, e spesso riguardarvi dentro l'opera tua, la quale lí sarà veduta per lo contrario, e ti parrà di mano d'altro maestro, e giudicherai meglio gli errori tuoi che altrimenti.
Ed ancora sarà buono levarsi spesso e pigliarsi qualche sollazzo, perché nel ritornare tu migliorerai il giudizio; ché lo star saldo nell'opera ti farà forte ingannare.
È buono ancora lo allontanarsi, perché l'opera pare minore, e piú si comprende in un'occhiata, e meglio si conoscono le discordanti e sproporzionate membra ed i colori delle cose, che d'appresso.
402.
Come lo specchio è il maestro de' pittori.
Quando tu vuoi vedere se la tua pittura tutta insieme ha conformità con la cosa ritratta di naturale, abbi uno specchio, e favvi dentro specchiare la cosa viva, e paragona la cosa specchiata con la tua pittura, e considera bene se il subietto dell'una e dell'altra similitudine abbiano conformità insieme.
Sopratutto lo specchio si deve pigliare per maestro, intendo lo specchio piano imperocché sulla sua superficie le cose hanno similitudine con la pittura in molte parti; cioè, tu vedi la pittura fatta sopra un piano dimostrare cose che paiono rilevate, e lo specchio sopra un piano fa il medesimo; la pittura è una sola superficie, e lo specchio è quel medesimo; la pittura è impalpabile in quanto che quello che pare tondo e spiccato non si può circondare con le mani, e lo specchio fa il simile.
Lo specchio e la pittura mostrano la similitudine delle cose circondata da ombre e lume, e l'una e l'altra pare assai di là dalla sua superficie.
E se tu conosci che lo specchio per mezzo de' lineamenti ed ombre e lumi ti fa parere le cose spiccate, ed avendo tu fra i tuoi colori le ombre ed i lumi piú potenti che quelli dello specchio, certo, se tu li saprai ben comporre insieme, la tua pittura parrà ancor essa una cosa naturale vista in un grande specchio.
403.
Come si deve conoscere una buona pittura e che qualità deve avere per essere buona.
Quello che prima si deve giudicare per voler conoscere una buona pittura è che il moto sia appropriato alla mente del motore; secondo, che il maggiore o minor rilievo delle cose ombrose sia accomodato secondo le distanze; terzo, che le proporzioni delle membra corrispondano alla proporzionalità del loro tutto; quarto, che il decoro del sito sia corrispondente al decoro de' suoi atti; quinto, che le membrificazioni sieno accomodate alla condizione de' membrificati, cioè ai gentili membra gentili, ai grossi grosse membra ed ai grassi grasse similmente.
404.
Come la vera pittura stia nella superficie dello specchio piano.
Lo specchio di piana superficie contiene in sé la vera pittura in essa superficie; e la perfetta pittura, fatta nella superficie di qualunque materia piana, è simile alla superficie dello specchio; e voi, pittori, trovate nella superficie degli specchi piani il vostro maestro, il quale v'insegna il chiaro e l'oscuro e lo scorto di qualunque obietto; ed i vostri colori ne hanno uno che è piú chiaro che le parti illuminate del simulacro di tale obietto, e similmente in essi colori se ne trova alcuno che è piú scuro che alcuna oscurità di esso obietto; donde nasce che tu, pittore, farai le tue pitture simili a quelle di tale specchio, quando è veduto da un solo occhio, perché i due occhi circondano l'obietto minore dell'occhio.
405.
Qual pittura è piú laudabile.
Quella pittura è piú laudabile, la quale ha piú conformità con la cosa imitata.
Questo propongo a confusione di quei pittori i quali vogliono racconciare le cose di natura, come sono quelli che imitano un figliuolino d'un anno, la testa del quale entra cinque volte nella sua altezza, ed essi ve la fanno entrare otto; e la larghezza delle spalle è simile alla testa, e questi la fanno dupla, e cosí vanno riducendo un piccolo fanciullo d'un anno alla proporzione di un uomo di trent'anni: e tante volte hanno usato e visto usare tal errore, che l'hanno converso in usanza, la quale usanza è tanto penetrata e stabilita nel lor corrotto giudizio, che fan credere a loro medesimi che la natura, o chi imita la natura, faccia grandissimo errore a non fare come essi fanno.
406.
Qual è il primo obietto intenzionale del pittore.
La prima intenzione del pittore è fare che una superficie piana si dimostri un corpo rilevato e spiccato da esso piano; e quello che in tale arte eccede piú gli altri, quello merita maggior laude, e questa tale investigazione, anzi corona di tale scienza, nasce dalle ombre e dai lumi, o vuoi dire chiaro e scuro.
Adunque chi fugge le ombre fugge la gloria dell'arte appresso i nobili ingegni, e l'acquista appresso l'ignorante volgo, il quale nulla piú desidera che bellezza di colori, dimenticando al tutto la bellezza e maraviglia del dimostrare di rilievo la cosa piana.
407.
Quale è piú importante, nella pittura, o le ombre o i loro lineamenti.
Di molto maggiore investigazione e speculazione sono le ombre nella pittura che i loro lineamenti; e la prova di questo s'insegna che i lineamenti si possono lucidare con veli, o vetri piani interposti fra l'occhio e la cosa che si deve lucidare; ma le ombre non sono comprese da tale regola, per l'insensibilità de' loro termini, i quali il piú delle volte sono confusi, come si dimostra nel libro delle ombre e de' lumi.
408.
Come si deve dare il lume alle figure.
Il lume deve essere usato secondo che darebbe il naturale sito dove fingi essere la tua figura; cioè, se la fingi al sole, fa le ombre oscure, e gran piazze di lumi, e stampavi le ombre di tutti i circostanti corpi in terra.
E se la figura è in tristo tempo, fa poca differenza dai lumi alle ombre, e senza farle alcun'ombra ai piedi; e se la figura sarà in casa, fa gran differenza dai lumi alle ombre, ed ombra per terra; e se tu vi figuri finestra impannata ed abitazione bianca, fa poca differenza dai lumi alle ombre; e se essa è illuminata dal fuoco, fa i lumi rosseggianti e potenti, e scure le ombre, e lo sbattimento delle ombre per i muri o per terra sia terminato; e quanto piú l'ombra si allontana dal corpo, tanto piú si faccia ampia e magna; e se detta figura fosse illuminata parte dal fuoco e parte dall'aria, fa che il lume causato dall'aria sia piú potente, e quello del fuoco sia quasi rosso, a similitudine del fuoco.
E sopratutto fa che le tue figure dipinte abbiano il lume grande e da alto, cioè quel vivo che tu ritrarrai, imperocché le persone che tu vedi per le strade tutte hanno il lume di sopra; e sappi che non vi è tuo gran conoscente che, dandogli il lume di sotto, tu non duri fatica a riconoscerlo.
409.
Dove deve star quello che risguarda la pittura.
[vedi figura 042.gif]
Poniamo che ab sia la pittura veduta, e che d sia il lume.
Dico che se tu ti porrai infra c ed e, comprenderai male la pittura, e massime se sarà fatta ad olio, o veramente verniciata, perché avrà lustro, e sarà quasi di natura di specchio, e per questa cagione quanto piú ti accosterai al punto c, meno vedrai, perché quivi risaltano i raggi del lume mandato dalla finestra alla pittura; e se ti porrai infra e e d, quivi sarà bene operata la tua vista e massime quanto piú t'appresserai al punto d, perché quel luogo è meno partecipante di detta percussione de' raggi riflessi.
410.
Come si deve porre alto il punto.
Il punto dev'essere all'altezza dell'occhio di un uomo comune, e l'ultimo orizzonte della pianura che confina col cielo dev'esser fatto all'altezza d'esso termine della terra piana col cielo, salvo le montagne, che sono libere.
411.
Che le figure piccole non debbono per ragione esser finite.
Dico che se le cose appariranno di minuta forma, ciò nascerà dall'essere dette cose lontane dall'occhio; essendo cosí, conviene che infra l'occhio e la cosa sia molt'aria, e la molt'aria impedisce l'evidenza della forma d'essi obietti, onde le minute particole d'essi corpi saranno indiscernibili e non conosciute.
Adunque tu, pittore, farai le piccole figure solamente accennate e non finite, e se altrimenti farai, sarà contro gli effetti della natura tua maestra.
La cosa rimane piccola per la distanza grande che è fra l'occhio e la cosa; la distanza grande rinchiude dentro di sé molt'aria, la molt'aria fa in sé grosso corpo, il quale impedisce e toglie all'occhio le minute particole degli obietti.
412.
Che campo deve usare il pittore alle sue opere.
Poiché per esperienza si vede che tutti i corpi sono circondati da ombra e lume, voglio che tu, pittore, accomodi quella parte che è illuminata, sicché termini in cosa oscura, e cosí la parte del corpo ombrata termini in cosa chiara.
E questa regola darà grande aiuto a rilevare le tue figure.
413.
Precetto di pittura.
Dove l'ombra confina col lume, abbi rispetto dov'è piú chiara o scura e dov'essa è piú o meno sfumosa inverso il lume.
E sopratutto ti ricordo che ne' giovani tu non faccia le ombre terminate come fa la pietra, perché la carne tiene un poco del trasparente, come si vede a guardare in una mano che sia posta infra l'occhio ed il sole, che la si vede rosseggiare e trasparire luminosa; e se tu vuoi vedere qual ombra si richiede alla tua carne, vi farai su un'ombra col tuo dito, e secondo che tu la vuoi piú chiara o scura, tieni il dito piú presso o piú lontano dalla tua pittura e quella contraffà.
414.
Del fingere un sito selvaggio.
Gli alberi e le erbe che sono piú ramificati di sottili rami debbono aver minore oscurità d'ombre, e quegli alberi e quelle erbe che avranno maggiori foglie saranno cagione di maggior ombra.
415.
Come devi far parere naturale un animale finto.
Tu sai non potersi fare alcun animale, il quale non abbia le sue membra, e che ciascuno per sé non sia a similitudine con qualcuno degli altri animali.
Adunque, se vuoi far parere naturale un animal finto, dato, diciamo, che sia un serpente, per la testa pigliane una di un mastino o bracco, e ponile gli occhi di gatto, e le orecchie d'istrice, ed il naso di veltro, e le ciglia di leone, e le tempie di gallo vecchio, ed il collo di testuggine d'acqua.
416.
De' siti che si debbono eleggere per fare le cose che abbiano rilievo con grazia.
[vedi figura 043.gif]
Nelle strade volte a ponente, stante il sole a mezzodí, le pareti sieno in modo alte, che quella che è volta al sole non abbia a riverberare ne' corpi ombrosi, e buona sarebbe l'aria senza splendore; allora saranno veduti i lati de' volti partecipare dell'oscurità delle pareti a quella opposite; e cosí i lati del naso; e tutta la faccia volta alla bocca della strada sarà illuminata.
Per la qual cosa l'occhio che sarà nel mezzo della bocca di tale strada vedrà tal viso con tutte le faccie a lui volte essere illuminate, e quei lati che sono volti alle pareti de' muri essere ombrosi.
A questo s'aggiungerà la grazia d'ombre con grato perdimento, private integralmente d'ogni termine spedito; e questo nascerà per causa della lunghezza del lume che passa infra i tetti delle case e penetra infra le pareti, e termina sopra il pavimento della strada, e risalta per moto riflesso ne' luoghi ombrosi de' volti, e quelli alquanto rischiara.
E la lunghezza del già detto lume del cielo stampato dai termini de' tetti con la sua fronte, che sta sopra la bocca della strada, illumina quasi insino vicino al nascimento delle ombre che stanno sotto gli oggetti del volto; e cosí di mano in mano si va mutando in chiarezza, insino che termina sopra del mento con oscurità insensibile per qualunque verso.
Come se tal lume fosse ae, vedi la linea fe del lume che illumina fino sotto il naso, e la linea cf solo illumina infin sotto il labbro; e la linea ah si estende fino sotto il mento; e qui il naso rimane forte luminoso, perché è veduto da tutto il lume abcde.
417.
Del dividere e spiccare le figure dai loro campi.
Tu hai a mettere la tua figura scura in campo chiaro; e se sarà chiara, mettila in campo scuro; e se è chiara e scura, metti la parte scura nel campo chiaro e la parte chiara nel campo scuro.
418.
Della differenza delle figure in ombre e lumi, poste in diversi siti.
I lumi piccoli fanno grandi e terminate ombre sopra i corpi ombrosi.
I lumi grandi fanno sopra i corpi ombrosi piccole ombre e di confusi termini.
Quando sarà incluso il piccolo e potente lume nel grande e meno potente, come è il sole nell'aria, allora il meno potente resterà in luogo d'ombra sopra de' corpi da esso illuminati.
419.
Del fuggire l'improporzionalità delle circostanze.
Grandissimo vizio si dimostra presso di molti pittori, cioè di fare l'abitazione degli uomini ed altre circostanze in tal modo, che le porte delle città non danno alle ginocchia de' loro abitatori, ancoraché esse sieno piú vicine all'occhio del riguardatore che non è l'uomo che in quella mostri voler entrare.
Abbiamo veduto i portici carichi d'uomini, e le colonne di quelli sostenitrici essere nel pugno ad un uomo che ad una di esse si appoggiava ad uso di sottil bastone; e cosí altre simili cose sono molto da essere schivate.
420.
Corrispondano i corpi, sí per grandezza come per ufficio, alla cosa di cui si tratta.
Questa proposizione è prima definita che proposta; adunque leggerai di sopra.
421.
De' termini de' corpi detti lineamenti, ovvero contorni.
Sono i termini de' corpi di tanto minima evidenza, che in ogni piccolo intervallo che s'interpone infra la cosa e l'occhio, esso occhio non comprende l'effigie dell'amico o parente, e non lo conosce, se non per l'abito, e per il tutto riceve notizia del tutto insieme con la parte.
422.
Degli accidenti superficiali che prima si perdono per le distanze.
Le prime cose che si perdono nel discostarsi dai corpi ombrosi sono i termini loro; secondariamente in piú distanza si perdono le ombre che dividono le parti de' corpi che si toccano; terzo, la grossezza delle gambe da piè, e cosí successivamente si perdono le parti piú minute, di modo che a lunga distanza solo rimane una massa ovale di confusa figura.
423.
Degli accidenti superficiali che prima si perdono nel discostarsi de' corpi ombrosi.
La prima cosa che de' colori si perde nelle distanze è il lustro, loro parte minima, e lume de' lumi; la seconda è il lume, perché è minore dell'ombra; la terza sono le ombre principali; e rimane nell'ultimo una mediocre oscurità confusa.
424.
Della natura de' termini de' corpi sopra gli altri corpi.
[vedi figura 044.gif]
Quando i corpi di convessa superficie termineranno sopra altri corpi di egual colore, il termine del convesso parrà piú oscuro che il corpo che col convesso termine terminerà.
Il termine delle aste equigiacenti parrà in campo bianco di grande oscurità, ed in campo oscuro parrà piú che altra sua parte chiaro, ancoraché il lume che sopra le aste discende sia sopra esse aste di egual chiarezza.
425.
Della figura che va contro il vento.
[vedi figura 045.gif]
Sempre la figura che si muove infra il vento per qualunque linea non osserva il centro della sua gravità con debita disposizione sopra il centro del suo sostentacolo.
426.
Delle finestre dove si ritraggono le figure.
Sia la finestra delle stanze de' pittori fatta d'impannate senza tramezzi, ed occupata di grado in grado inverso i suoi termini di gradi di scurito di nero, in modo che il termine del lume non sia congiunto col termine della finestra.
427.
Perché misurando un viso e poi dipingendolo in tale grandezza esso si dimostrerà maggiore del naturale.
[vedi figura 046.gif]
ab è la larghezza del sito, ed è posta nella distanza della carta cf, dove sono le guancie; essa avrebbe a stare indietro tutto ac, ed allora le tempie sarebbero portate nella distanza or delle linee af e bf, sicché vi è la differenza co ed rd; si conclude che la linea cf e la linea df, per essere piú corte, hanno da andare a trovare la carta dov'è disegnata l'altezza tutta, cioè le linee af e bf dov'è la verità, e si fa la differenza, com'è detto, di co e di rd.
428.
Se la superficie d'ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto.
[vedi figura 047.gif]
Tu hai da intendere, se sarà messo un obietto bianco infra due pareti, delle quali una sia bianca e l'altra nera, che tu troverai tal proporzione infra la parte ombrosa e la parte luminosa del detto obietto, qual sarà quella delle predette pareti; e se l'obietto sarà di colore azzurro, farà il simile; onde, avendo da dipingere, farai come seguita: togli il nero per ombrare l'obietto azzurro che sia simile al nero, ovvero ombra della parete che tu fingi che abbia a riverberare nel tuo obietto, e volendolo fare con certa e vera scienza, userai fare in questo modo: quando tu fai le tue pareti di qual colore si voglia, piglia un piccolo cucchiaro, poco maggiore che quello da orecchie, e maggiore o minore secondo le grandi o piccole opere in che tale operazione s'ha da esercitare; e questo cucchiaro abbia i suoi estremi labbri di eguale altezza, e con questo misurerai i gradi delle quantità de' colori che tu adopri nelle tue mistioni: come sarebbe, quando nelle dette pareti che tu avessi fatto la prima ombra di tre gradi d'oscurità e d'un grado di chiarezza, cioè tre cucchiari rasi, come si fanno le misure del grano, e questi tre cucchiari fossero di semplice nero, ed un cucchiaro di biacca, tu avresti fatto una composizione di qualità certa senza alcun dubbio.
Ora tu hai fatto una parete bianca ed una oscura, ed hai a mettere un obietto azzurro infra loro, il qual obietto vuoi che abbia la vera ombra e lume che a tal azzurro si conviene; adunque poni da una parte quell'azzurro che tu vuoi che resti senz'ombra, e poni da canto il nero; poi togli tre cucchiari di nero, e componilo con un cucchiaro d'azzurro luminoso, e metti con esso la piú oscura ombra.
Fatto questo, vedi se l'obietto è sferico, colonnale, o quadrato, o come si sia; e se egli è sferico, tira le linee dagli estremi della parete oscura al centro di esso obietto sferico, e dove esse linee si tagliano nella superficie di tale obietto, quivi infra tanto terminano le maggiori ombre infra eguali angoli; poi comincia a rischiarare, come sarebbe in no, che lascia tanto dell'oscuro quanto esso partecipa della parete superiore ad; il qual colore mischierai con la prima ombra di ab con le medesime distinzioni.
429.
Del moto e corso degli animali.
Quella figura si dimostrerà di maggior corso la quale stia piú per rovinare innanzi.
430.
De' corpi che per sé si muovono o veloci o tardi.
[vedi figura 048.gif]
Il corpo che per sé si muove sarà tanto piú veloce quanto il centro della sua gravità è piú distante dal centro del suo sostentacolo.
Questo è detto per il moto degli uccelli, i quali senza battimento d'ale o favor di vento per se medesimi si muovono: e questo accade quando il centro della loro gravità è fuori del centro del loro sostentacolo, cioè fuori del mezzo della resistenza delle loro ale, perché se il mezzo delle ale sarà piú indietro che il mezzo, ovvero centro della detta gravità di tutto l'uccello, allora esso uccello si muoverà innanzi ed in basso; ma tanto piú o meno innanzi che in basso, quanto il centro della detta gravità sarà piú remoto o propinquo al mezzo delle sue ale, cioè che il centro della gravità remoto dal mezzo delle ale fa il discenso dell'uccello molto obliquo, e se esso centro sarà vicino al mezzo delle ale, il discenso di tale uccello sarà di poca obliquità.
431.
Per fare una figura che si dimostri esser alta braccia quaranta in spazio di braccia venti ed abbia membra corrispondenti, e stia dritta in piedi.(43)
In questo ed in ogni altro caso non deve dar noia al pittore come si stia il muro, ovvero parete dove esso dipinge, e massime avendo l'occhio che riguarda tal pittura a vederla da una finestra, o da altro spiracolo; perché l'occhio non ha da attendere alla planizie ovvero curvità di esse pareti, ma solo alle cose che di là da tal parete si hanno a dimostrare per diversi luoghi della finta campagna.
Ma meglio si farebbe tal figura nella curvità frg, perché in essa non sono angoli.
432.
Per fare una figura nel muro di dodici braccia, che apparisca d'altezza di ventiquattro braccia.
[vedi figura 049.gif]
Se vuoi fare una figura od altra cosa che apparisca d'altezza di ventiquattro braccia, farai in questa forma: figura prima la parete mn con la metà dell'uomo che vuoi fare; di poi l'altra metà farai nella volta mr.
Ma prima di fare la figura nella volta, fa sul piano d'una sala la parete della forma che sta il muro con la volta dove tu hai a fare la tua figura, dipoi farai dietro ad essa parete la figura disegnata in profilo di che grandezza ti piace, e tira tutte le sue linee al punto t; e nel modo ch'esse si taglino sulla parete rn, cosí la figurerai sul muro, che ha similitudine con la parete, ed avrai tutte le altezze e sporti della figura; e le larghezze, ovvero grossezze che si trovano nel muro dritto mn, le farai in propria forma, perché nel fuggir del muro la figura diminuisce per se medesima.
La figura che va nella volta ti bisogna diminuirla, come se essa fosse dritta, la quale diminuzione ti bisogna fare in su una sala ben piana; e lí sarà la figura che leverai dalla parete nr con le sue vere grossezze, e ridiminuirle in una parete di rilievo sarà buon modo.
433.
Pittura e sua membrificazione e componitori.
Luce, tenebre, colore, corpo, figura, sito, remozione, propinquità, moto e quiete.
Di queste dieci parti dell'ufficio dell'occhio la pittura ne ha sette, delle quali la prima è luce, tenebre, colore, figura, sito, remozione, propinquità.
Io ne levo il corpo, il moto e la quiete; e restano cioè luce e tenebre, che vuol dire ombra e lume, o vuoi dire chiaro e scuro, e colore; il corpo non ci metto, perché la pittura è in sé cosa superficiale, e la superficie non ha corpo, com'è definito in geometria.
A dir meglio, ciò ch'è visibile, è connumerato nella scienza della pittura.
Adunque i dieci predicamenti dell'occhio detti di sopra, ragionevolmente sono i dieci libri in che io parto la mia pittura; ma luce e tenebre sono un sol libro, che tratta di lume ed ombra, e fassene un medesimo libro perché l'ombra è circondata, ovvero in contatto del lume.
E il simile accade al lume coll'ombra, e sempre ne' confini si mischiano insieme lume ed ombra.
E tanto piú l'ombra derivativa si mischia col lume, quanto essa è piú distante dal corpo ombroso.
Ma il colore non si vedrà mai semplice.
Provasi per la nona, che dice: la superficie d'ogni corpo partecipa del colore del suo obietto, ancoraché essa sia superficie di corpo trasparente, come aria, acqua e simili; perché l'aria piglia la luce dal sole, e le tenebre nascono dalla privazione d'esso sole.
Adunque l'aria si tinge in tanti varî colori quanti son quelli onde essa s'interpone infra l'occhio e loro, perché l'aria in sé non ha colore piú che n'abbia l'acqua, ma l'umido che si mischia con essa dalla mezza regione in giú è quello che la ingrossa, e, ingrossando, i raggi solari che vi percuotono l'illuminano, e l'aria che è da detta mezza regione in su resta tenebrosa; e perché luce e tenebre compongono colore azzurro, questo è l'azzurro in che si tinge l'aria, con tanta maggiore o minore oscurità quanto l'aria è mista con minore o maggiore umidità.
434.
Pittura e sua definizione.
La pittura è composizione di luce e di tenebre, insieme mista colle diverse qualità di tutti i colori semplici e composti.
435.
Pittura a lume universale.
[vedi figura 050.gif]
Usa sempre nelle moltitudini d'uomini e d'animali di fare le parti delle loro figure, ovvero corpi, tanto piú oscure quanto esse sono piú basse e quanto esse sono piú vicine al mezzo della loro moltitudine, ancoraché essi sieno in sé d'uniforme colore; e questo è necessario, perché minor quantità del cielo, illuminatore dei corpi, si vede ne' bassi spazi interposti fra i detti animali, che nelle parti supreme de' medesimi spazi.
Provasi per la figura qui posta, dove abcd è posto per l'arco del cielo, universale illuminatore de' corpi ad esso interiori; n m sono i corpi che terminano lo spazio sfrh infra loro interposto, nel quale spazio si vede manifestamente che il sito t (essendo solo illuminato dalla parte del cielo cd) è illuminato da minor parte del cielo che il sito e, il quale è veduto dalla parte del cielo ab che è tre tanti maggiore che il cielo cd; adunque sarà piú illuminata tre tanti in e che in t.
436.
De' campi proporzionati ai corpi che in essi campeggiano, e prima delle superficie piane d'uniforme colore.
I campi di qualunque superficie piana e di colore e lume uniformi non parranno separati da essa superficie, essendo del medesimo colore e lume.
Adunque, per il converso parranno separati, se seguita conclusione conversa.
437.
Pittura: di figura e corpo.
I corpi regolari sono di due sorta, l'uno de' quali è vestito di superficie curva, ovale o sferica, l'altro è circondato di superficie laterata, regolare o irregolare.
I corpi sferici, ovvero ovali, paiono sempre separati dai loro campi, ancoraché esso corpo sia del colore del suo campo, ed il simile accadrà de' corpi laterati; e questo accade per essere disposti alla generazione delle ombre da qualcuno de' loro lati, il che non può accadere nelle superficie piane.
438.
Pittura: mancherà prima di notizia la parte di quel corpo che sarà di minor quantità.
Delle parti di quei corpi che si rimuovono dall'occhio, quella mancherà prima di notizia la quale sarà di minor figura; ne segue che la parte di maggior quantità sarà l'ultima a mancare di sua notizia.
Adunque, tu, pittore, non finire i piccoli membri di quelle cose che sono molto remote dall'occhio, ma seguita la regola data nel sesto.
Quanti sono quelli che nel figurar le città ed altre cose remote dall'occhio fanno i termini notissimi degli edifici non altrimenti che se fossero in vicinissime propinquità; e questo è impossibile in natura, perché nessuna potentissima vista è quella che in sí vicina propinquità possa vedere i predetti termini con vera notizia, perché i termini d'essi corpi sono termini delle loro superficie, ed i termini delle superficie sono linee, le quali linee non sono parte alcuna della quantità di essa superficie, né anche dell'aria che di sé veste tal superficie.
Adunque quello che non è parte d'alcuna cosa è invisibile, come è provato in geometria.
E se tu, pittore, farai essi termini spediti e noti, come è in usanza, e' non sarà da te figurata sí remota distanza, che per tale difetto(44) non si dimostri vicinissima.
Ancora gli angoli degli edifici son quelli che nelle distanti città non si debbono figurare, perché d'appresso è impossibile vederli, conciossiaché essi angoli sono il concorso di due linee in un punto, ed il punto non ha parte, adunque è invisibile.
439.
Perché una medesima campagna si dimostra alcuna volta maggiore o minore ch'essa non è.
Mostransi le campagne alcuna volta maggiori o minori che esse non sono, per l'interposizione dell'aria piú grossa o sottile del suo ordinario, la quale s'interpone infra l'orizzonte e l'occhio che lo vede.
Infra gli orizzonti di egual distanza dall'occhio, quello si dimostrerà esser piú remoto, il quale sarà veduto infra l'aria piú grossa, e quello si dimostrerà piú propinquo, che si vedrà in aria piú sottile.
Una medesima cosa, veduta in distanze eguali, parrà tanto maggiore o minore, quanto l'aria interposta fra l'occhio e la cosa sarà piú grossa o sottile.
E s'è la cosa veduta nel termine di cento miglia di distanza, le quali miglia sieno aria conforme e sottile, e che la medesima cosa sia veduta nel termine di esse cento miglia, le quali sieno di aria uniforme e grossa con grossezza quadrupla all'aria antidetta, senza dubbio le medesime cose vedute nella prima aria sottile, e poi vedute nella grossa, parranno quattro tanti maggiori che nella sottile.
Le cose ineguali, vedute in distanze eguali parranno eguali; se la grossezza dell'aria interposta infra l'occhio ed esse cose sarà ineguale, cioè l'aria grossa interposta infra la cosa minore; e questo si prova mediante la prospettiva de' colori, che fa che una gran montagna, parendo piccola alla misura, pare maggiore che una piccola vicino all'occhio, come spesso si vede che un dito vicino all'occhio copre una gran montagna discosta dall'occhio.
440.
Pittura.
Fra le cose di eguale oscurità, magnitudine, figura e distanza dall'occhio, quella si dimostrerà minore, che sarà veduta in campo di maggior splendore o bianchezza.
Questo c'insegna il sole veduto dietro alle piante senza foglie, che tutte le loro ramificazioni che si trovano a riscontro del corpo solare sono tanto diminuite, che esse restano invisibili.
Il simile farà un'asta interposta fra l'occhio e il corpo solare.
I corpi paralleli posti per lo dritto, essendo veduti infra la nebbia, s'hanno a dimostrar piú grossi da capo che da piedi.
Provasi per la nona, che dice: la nebbia o l'aria grossa penetrata dai raggi solari si mostrerà tanto piú bianca, quanto essa è piú bassa.
Le cose vedute da lontano sono sproporzionate, e questo nasce perché la parte piú chiara manda all'occhio il suo simulacro con piú vigoroso raggio che non fa la parte sua oscura.
Ed io vidi una donna vestita di nero con panno bianco in testa, che si mostrava due tanti maggiore che la grossezza delle sue spalle, le quali erano vestite di nero.
441.
Delle città ed altre cose vedute all'aria grossa.
[vedi figura 051.gif]
Gli edifici delle città veduti sotto l'occhio ne' tempi delle nebbie e delle arie ingrossate dai fumi de' loro fuochi, od altri vapori, sempre saranno tanto meno noti quanto e' sono in minor altezza, e per il converso saranno tanto piú spediti e noti quanto si vedranno in maggior altezza.
Provasi per la quarta di questo, che dice: l'aria esser tanto piú grossa quanto è piú bassa, e tanto piú sottile quanto è piú alta.
E questo si dimostra per essa quarta posta in margine; e diremo la torre af esser veduta dall'occhio n nell'aria grossa, la quale si divide in quattro gradi, tanto piú grossi, quanto sono piú bassi.
Quanto minor quantità d'aria s'interpone fra l'occhio e la cosa veduta, tanto meno il colore d'essa cosa parteciperà del colore di tale aria.
Seguita che quanto maggior quantità sarà d'aria interposta infra l'occhio e la cosa veduta, tanto piú la cosa parteciperà del colore dell'aria interposta.
Dimostrasi: essendo l'occhio n al quale concorrono le cinque specie delle cinque parti della torre af, cioè abcdef, dico che se l'aria fosse d'uniforme grossezza, tal proporzione avrebbe la partecipazione del colore dell'aria che acquista il piè della torre, f, con la partecipazione del colore dell'aria che acquista la parte della torre b, quale è la proporzione che ha la lunghezza della linea fm con la linea bs.
Ma per la passata, che prova l'aria non essere uniforme nella sua grossezza, ma tanto piú grossa quanto essa è piú bassa, egli è necessario che la proporzione de' colori in che l'aria tinge di sé le parti della torre b ed f sieno di maggior proporzione che la proporzione sopradetta, conciossiaché la linea mf, oltre all'essere piú lunga che la linea sb, passa per l'aria, che ha grossezza uniformemente disforme.
442.
De' raggi solari che penetrano gli spiracoli de' nuvoli.
[vedi figura 052.gif]
I raggi solari penetratori degli spiracoli interposti infra le varie densità e globosità de' nuvoli, illuminano tutti i siti dove si tagliano, ed illuminano anche le tenebre, e tingono di sé tutti i luoghi oscuri che sono dopo loro, le quali oscurità si dimostrano infra gli intervalli di essi raggi solari.
443.
Delle cose che l'occhio vede sotto sé miste infra nebbia ed aria grossa.
Quanto l'aria sarà piú vicina all'acqua o alla terra, tanto si farà piú grossa.
Provasi per la diciannovesima del secondo, che dice: quella cosa meno si leverà che avrà in sé maggior gravezza; ne seguita che la piú lieve piú s'innalza che la grave; adunque è concluso il nostro proposito.
444.
Degli edifici veduti nell'aria grossa.
[vedi figura 053.gif]
Quella parte dell'edificio sarà manco evidente, che si vedrà in aria di maggior grossezza; e cosí di converso sarà piú nota quella che si vedrà in aria piú sottile.
Adunque l'occhio n, vedendo la torre ad, ne vedrà in ogni grado di bassezza parte manco nota e piú chiara, ed in ogni grado d'altezza parte piú nota e meno chiara.
445.
Della cosa che si mostra da lontano.
Quella cosa oscura si dimostrerà piú chiara, la quale sarà piú remota dall'occhio.
Seguita per il converso che la cosa oscura si dimostrerà di maggiore oscurità la quale si troverà piú vicina all'occhio.
Adunque le parti inferiori di qualunque cosa posta nell'aria grossa parranno piú remote da piedi che nelle loro sommità, e per questo la vicina base del monte parrà piú lontana che la cima del medesimo monte, la quale in sé è piú remota.
446.
Della veduta di una città in aria grossa.
L'occhio che sotto di sé vede la città in aria grossa, vede le sommità degli edifici piú oscure e piú note che il loro nascimento, e vede le dette sommità in campo chiaro, perché le vede nell'aria bassa e grossa; e questo avviene per la passata.
447.
De' termini inferiori delle cose remote.
I termini inferiori delle cose remote saranno meno sensibili che i loro termini superiori; e questo accade assai alle montagne e ai colli, le cime de' quali si facciano campi de' lati delle altre montagne che sono dopo loro; ed a queste si vedono i termini di sopra piú spediti che le loro basi, perché il termine di sopra è piú oscuro, per esser meno occupato dall'aria grossa, la quale sta ne' luoghi bassi; e questa è quella che confonde i detti termini delle basi de' colli: ed il medesimo accade negli alberi e negli edifici ed altre cose che s'innalzano infra l'aria; e di qui nasce che spesso le alte torri vedute in lunga distanza paiono grosse da capo e sottili da piedi, perché la parte di sopra mostra gli angoli de' lati che terminano con la fronte, perché l'aria sottile non te li cela, come la grossa a quelli da piedi; e questo accade per la settima del primo, che dice: dove l'aria grossa s'interpone infra l'occhio e il sole, è piú lucente in basso che in alto; e dove l'aria è piú bianca, essa occupa all'occhio piú le cose oscure che se tale aria fosse azzurra, come si vede in lunga distanza i merli delle fortezze avere gli spazi loro eguali alla larghezza de' merli, e pare assai maggiore lo spazio che il merlo; ed in distanza piú remota lo spazio occupa e cuopre tutto il merlo, e tal fortezza sol mostra il muro dritto e senza merli.
448.
Delle cose vedute da lontano.
I termini di quell'obietto saranno manco noti, che saranno veduti in maggior distanza.
449.
Dell'azzurro di che si mostrano essere i paesi lontani.
Delle cose remote dall'occhio, le quali sieno di che color si voglia, quella si dimostrerà di colore piú azzurro, la quale sarà di maggiore oscurità naturale o accidentale.
Naturale è quella che è oscura da sé; accidentale è quella che è oscurata mediante l'ombra che le è fatta da altri obietti.
450.
Quali sono quelle parti de' corpi delle quali per distanza manca la notizia.
Quelle parti de' corpi che saranno di minor quantità saranno le prime delle quali per lunga distanza si perde la notizia.
Questo accade perché le specie delle cose minori in pari distanza vengono all'occhio con minor angolo che le maggiori, e la cognizione delle cose remote è di tanto minor notizia quanto esse sono di minor quantità.
Seguita dunque, che quando la quantità maggiore in lunga distanza viene all'occhio per angolo minimo, e quasi si perde di notizia, la quantità minore del tutto manca della sua cognizione.
FINE DEL PRIMO VOLUME
SECONDO VOLUME
PARTE TERZA
(Continuazione)
451.
Perché le cose quanto piú si rimuovono dall'occhio manco si conoscono.
Quella cosa sarà manco nota, la quale sarà piú remota dall'occhio.
Questo accade perché prima si perdono le parti che sono piú minute, e le seconde, meno minute, sono perse nella maggior distanza; e cosí successivamente seguitando a poco a poco, consumandosi le parti, si consuma la notizia della cosa remota, in modo che alla fine si perdono tutte le parti insieme col tutto; e manca ancora il colore per causa della grossezza dell'aria che s'interpone infra l'occhio e la cosa veduta.
452.
Perché le torri parallele paiono nelle nebbie piú strette da piedi che da capo.
Le torri parallele nella nebbia si dimostrano in lunga distanza piú sottili da piedi che da capo, perché la nebbia che loro fa campo è piú spessa e piú bianca da basso che da alto; onde per la terza di questo che dice: la cosa scura posta in campo bianco diminuisce all'occhio la sua grandezza, e il converso che dice: la cosa bianca posta in campo scuro si dimostra piú grossa che in campo chiaro, seguita che la bassezza della torre oscura avendo per campo la bianchezza della bassa e folta nebbia, essa nebbia cresce in dimostrazione sopra i termini inferiori di tale torre e li diminuisce; il che far non può tal nebbia ne' termini superiori della torre dove la nebbia è piú sottile.
453.
Perché i volti da lontano paiono oscuri.
Noi vediamo chiaro che tutte le similitudini delle cose evidenti che ci sono per obietto, cosí grandi come piccole, entrano al senso per la piccola luce dell'occhio.
Se per sí piccola entrata passa la similitudine della grandezza del cielo e della terra, essendo il volto dell'uomo infra sí grandi similitudini di cose quasi niente, per la lontananza che lo diminuisce, occupa sí poco d'essa luce, che rimane incomprensibile; ed avendo da passare dalla superficie all'impressiva per un mezzo oscuro, cioè il nervo vuoto, che pare oscuro, quella specie, non essendo di color potente, si tinge in quella oscurità della via, e giunta alla impressiva pare oscura.
Altra cagione non si può in nessun modo integrare.
Se quel punto è nero, che sta nella luce, è perché egli è pieno d'un umore trasparente a guisa d'aria, e fa l'ufficio che farebbe un buco fatto in un'asse, che a riguardarlo par nero, e le cose vedute per l'aria chiara e scura si confondono nell'oscurità.
454.
Perché l'uomo visto a certa distanza non è conosciuto.
La prospettiva diminuita ci dimostra, che quanto la cosa è piú lontana, piú si fa piccola.
E se tu riguarderai un uomo che sia distante da te una balestrata, e ti parrà la finestra di una piccola agucchia appresso all'occhio, potrai vedere per quella molti uomini mandare le loro similitudini all'occhio, e in un medesimo tempo tutte capiranno in detta finestra.
Adunque, se l'uomo lontano una balestrata manda la sua similitudine all'occhio, che occupa una piccola parte di una finestra d'agucchia, come potrai tu in sí piccola figura scorgere o vedere il naso, o bocca, od alcuna particola di esso corpo? E non vedendosi, non potrai conoscere l'uomo che non mostra le membra, le quali fanno gli uomini di diverse forme.
455.
Quali sono le parti che prima si perdono di notizia ne' corpi che si rimuovono dall'occhio, e quali piú si conservano.
Quella parte del corpo che si rimuove dall'occhio è quella che meno conserva la sua evidenza, la quale è di minor figura.
Questo accade ne' lustri de' corpi sferici o colonnali, e nelle membra piú sottili de' corpi, come il cervo, che prima si rimane di mandar all'occhio le specie, ovvero similitudini delle sue gambe e corna che il suo busto, il quale, per esser piú grosso, piú si conserva nelle sue specie.
Ma la prima cosa che si perde in distanza sono i lineamenti, che terminano le superficie e figure de' corpi.
456.
Della prospettiva lineale.
La prospettiva lineale si estende nell'ufficio delle linee visuali a provare per misura quanto la cosa seconda è minore che la prima, e la terza che la seconda, e cosí di grado in grado insino al fine delle cose vedute.
Trovo per esperienza che la cosa seconda, se sarà tanto distante dalla prima quanto la prima è distante dall'occhio tuo, che, benché infra loro sieno di pari grandezza, la seconda sarà minore che la prima; e se la terza cosa sarà di pari grandezza della seconda e prima innanzi ad essa, sarà lontana dalla seconda quanto la seconda dalla prima, sarà di un terzo della grandezza della prima; e cosí, di grado in grado, per pari distanza faranno sempre diminuzione proporzionata la seconda dalla prima, purché l'intervallo non passi dentro al numero di venti braccia; e infra dette venti braccia la figura simile a te perderà due quarti di sua grandezza, ed infra quaranta perderà tre quarti e poi cinque sesti in sessanta braccia, e cosí di mano in mano farà sua diminuzione, facendo la parete lontana da te due volte la tua grandezza, ché il farla una sola fa gran differenza dalle prime braccia alle seconde.
457.
De' corpi veduti nella nebbia.
Quelle cose le quali saranno vedute nella nebbia si dimostreranno maggiori assai che la loro vera grandezza; e questo nasce perché la prospettiva del mezzo interposto infra l'occhio e tale obietto non accorda il color suo con la magnitudine di esso obietto, perché tal nebbia è simile alla confusa aria interposta infra l'occhio e l'orizzonte in tempo sereno, ed il corpo vicino all'occhio veduto dopo la vicina nebbia si mostra essere alla distanza dell'orizzonte, nel quale una grandissima torre si dimostrerebbe minore che il predetto uomo, stando vicino.
458.
Delle altezze degli edifici visti nelle nebbie.
Quella parte del vicino edificio si mostra piú confusa, la quale è piú remota da terra; e questo nasce perché piú nebbia è infra l'occhio e la cima dell'edificio, che non è dall'occhio alla sua base.
La torre parallela veduta in lunga distanza infra la nebbia si dimostrerà tanto piú sottile, quanto essa sarà piú vicina alla sua base.
Questo nasce per la passata, che dice: la nebbia si dimostra tanto piú bianca e piú spessa, quanto essa è piú vicina alla terra, e per la seconda di questo, che dice: la cosa oscura parrà di tanto minor figura quanto essa sarà veduta in campo di piú potente bianchezza.
Adunque, essendo piú bianca la nebbia da piedi che da capo, è necessario che l'oscurità di tal torre si dimostri piú stretta da piedi che da capo.
459.
Delle città ed altri edifici veduti la sera o la mattina nella nebbia.
Negli edifici veduti in lunga distanza da sera o da mattina nella nebbia od aria grossa, solo si dimostra la chiarezza delle loro parti illuminate dal sole, che si trova inverso l'orizzonte, e le parti de' detti edifici che non sono vedute dal sole restano quasi del colore di mediocre oscurità di nebbia.
460.
Perché le cose piú alte poste nella distanza sono piú oscure che le basse, ancoraché la nebbia sia uniforme in grossezza.
[vedi figura 054.gif]
Delle cose poste nella nebbia, od altra aria grossa, o per vapore, o per fumo, o per distanza, quella sarà tanto piú nota, che sarà piú alta; e delle cose di eguale altezza quella parrà piú oscura, che campeggia in piú profonda nebbia, come accade all'occhio h, che vedendo a b c torri di eguale altezza infra loro, vede c, sommità della prima torre, in r, bassezza di due gradi di profondità nella nebbia, e vede la sommità della torre di mezzo b in un sol grado di nebbia; adunque c sommità si dimostra piú oscura che la sommità della torre b.
461.
Delle macchie delle ombre che appariscono ne' corpi da lontano.
[vedi figura 050.gif]
Sempre la gola od altra perpendicolare dirittura che sopra di sé abbia alcuno sporto sarà piú oscura che la faccia perpendicolare di esso sporto; ne seguita che quel corpo si dimostrerà piú illuminato, che da maggior somma di un medesimo lume sarà veduto.
Vedi in a che non v'illumina parte alcuna del cielo fk, ed in b vi illumina il cielo ik, ed in c il cielo hk, ed in d il cielo gk, ed in e il cielo fk integralmente; adunque il petto sarà di pari chiarezza della fronte, naso e mento.
Ma quello che io ti ho a ricordare de' volti, è che tu consideri in quelli come in diverse distanze si perdono diverse qualità d'ombre, e solo restano quelle prime macchie, cioè della incassatura dell'occhio ed altre simili, e nel fine il viso rimane oscuro, perché in quello si consumano i lumi, i quali sono piccola cosa a comparazione delle ombre mezzane, per la qual cosa a lungo andare si consuma qualità e quantità de' lumi ed ombre principali, e si confonde ogni qualità in un'ombra mezzana.
E questa è la causa che gli alberi ed ogni corpo a certa distanza si dimostrano farsi in sé piú oscuri che essendo quelli medesimi vicini all'occhio; la quale oscurità nell'aria che s'interpone infra l'occhio e la cosa fa che essa cosa si rischiara e pende in azzurro; ma piuttosto azzurreggia nelle ombre che nelle parti luminose, dove si mostra piú la verità de' colori.
462.
Perché sul far della sera le ombre de' corpi generate in bianca parete sono azzurre.
[vedi figura 050.gif]
Le ombre de' corpi generate dal rossore del sole vicino all'orizzonte sempre saranno azzurre; e questo nasce per l'undecima, dove si dice: la superficie di ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto.
Adunque, essendo la bianchezza della parete privata al tutto d'ogni colore, si tinge del colore de' suoi obietti, i quali sono in questo caso il sole ed il cielo, perché il sole rosseggia verso la sera, ed il cielo dimostra azzurro; e dove è l'ombra non vede il sole, per l'ottava delle ombre, che dice: il luminoso non vede mai le ombre da esso figurate;(45) e dove in tal parete non vede il sole, quivi è veduto dal cielo; adunque per la detta undecima, l'ombra derivativa avrà la percussione nella bianca parete di colore azzurro, ed il campo d'essa ombra veduto dal rossore del sole parteciperà del color rosso.
463.
Dove è piú chiaro il fumo.
Il fumo veduto infra il sole e l'occhio sarà chiaro e lucido piú che alcun'altra parte del paese dove nasce; il medesimo fanno la polvere e la nebbia, le quali, se tu sarai ancora infra il sole e loro, ti parranno oscure.
464.
Della polvere.
La polvere che si leva per il corso d'alcun animale, quanto piú si leva, piú è chiara, e cosí piú è oscura, quanto meno s'innalza, stante essa infra il sole e l'occhio.
465.
Del fumo.
Il fumo è piú trasparente ed oscuro inverso gli estremi delle sue globulenze che inverso i loro mezzi.
Il fumo si muove con tanto maggiore obliquità, quanto il vento suo motore è piú potente.
Sono i fumi di tanti varî colori, quante sono le varietà delle cose che li generano.
I fumi non fanno ombre terminate, ed i loro confini sono tanto meno noti, quanto essi sono piú distanti dalle loro cause; e le cose poste dopo loro sono tanto meno evidenti, quanto i gruppi del fumo sono piú densi; e tanto piú son bianchi, quanto sono piú vicini al principio, e piú azzurri inverso il fine.
Il fuoco parrà tanto piú scuro, quanto maggior somma di fumo s'interporrà infra l'occhio ed esso fuoco.
Dove il fumo è piú remoto, le cose sono da esso meno occupate.
Fa il paese con fumo ad uso di spessa nebbia, nella quale si vedano fumi in diversi luoghi con le loro fiamme ne' principî illuminatrici delle piú dense globulenze d'essi fumi; ed i monti piú alti, piú sieno evidenti che le loro radici, come fare si vede nelle nebbie.(46)
466.
Pittura.
La superficie di ogni opaco partecipa del colore del suo obietto, e tanto piú, quanto tal superficie si avvicina a maggior bianchezza.
La superficie d'ogni opaco partecipa del colore del mezzo trasparente interposto infra l'occhio ed essa superficie: e tanto piú, quanto esso mezzo è piú denso, o con maggiore spazio s'interpone infra l'occhio e la detta superficie.
I termini de' corpi opachi saranno meno noti quanto saranno piú distanti dall'occhio che li vede.
467.
Della parte del corpo opaco.
Quella parte del corpo opaco sarà piú ombrata o illuminata, che sarà piú vicina all'ombroso che l'oscura, o al luminoso che l'illumina.
La superficie d'ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto, ma con tanto maggiore o minore impressione quanto esso obietto è piú vicino o remoto, o di maggiore o minor potenza.
Le cose vedute infra il lume e le ombre si dimostreranno di maggior rilievo che quelle che sono nel lume o nelle ombre.
468.
Precetto di pittura.
Quando tu farai nelle lunghe distanze le cose cognite e spedite, esse cose non distanti ma propinque si dimostreranno.
Adunque, nella tua imitazione fa che le cose abbiano quella parte della cognizione che mostrano le distanze; e se la cosa che ti sta per obietto sarà di termini confusi e dubbiosi, ancora tu farai il simile nel tuo simulacro.
Le cose distanti per due diverse cause si dimostrano di confusi e dubbiosi termini; l'una delle quali è che viene per tanto piccolo angolo all'occhio, ch'essa diminuisce tanto, che fa l'ufficio delle cose minime, che, ancoraché esse sieno vicine all'occhio, l'occhio non può comprendere di che figura si sia tal corpo, come sono le unghie delle dita delle formiche e simili cose.
La seconda è, che infra l'occhio e le cose distanti s'interpone tanto d'aria che essa si fa spessa e grossa; per la sua bianchezza essa tinge le ombre e le vela della sua bianchezza, e le fa oscure d'un colore il quale è tra nero e bianco, quale è l'azzurro.
Benché per le lunghe distanze si perda la cognizione dell'essere di molte cose, nondimeno quelle che saranno illuminate dal sole si renderanno di piú certa dimostrazione, e le altre nelle confuse nebbie parranno involte.
Perché in ogni grado di bassezza l'aria acquista parte di grossezza, le cose che saranno piú basse si dimostreranno piú confuse, e cosí di converso.
Quando il sole fa rosseggiare i nuvoli dell'orizzonte, le cose che per la distanza si vestivano d'azzurro saranno partecipanti di tal rossore, onde si farà una mistione infra azzurro e rosso, la quale renderà la campagna molto allegra e gioconda; e tutte le cose che saranno illuminate da tal rossore, che sono dense, saranno molto evidenti, e rosseggieranno; e l'aria per esser trasparente avrà in sé per tutto infuso tal rosseggiamento, onde si dimostrerà del color del fiore de' gigli.
Sempre quell'aria che sta infra il sole e la terra, quando si leva o pone, sarà piú occupatrice delle cose che sono dopo essa che nessun'altra parte d'aria; e questo nasce dall'essere essa piú biancheggiante.
469.
De' termini della cosa bianca.
Non sian fatti profili ne' termini di un corpo che campeggi sopra un altro, ma solo esso corpo per sé si spiccherà.
Se il termine della cosa bianca si scontrerà sopra altra cosa bianca, se esso sarà curvo, creerà termine oscuro per sua natura, e sarà la piú oscura parte che abbia la parte luminosa, e se campeggierà in luogo oscuro, esso termine parrà la piú chiara parte che abbia la parte luminosa.
Quella cosa parrà piú remota e spiccata dall'altra che campeggierà in campo piú vario da sé.
Nelle distanze si perdono prima i termini de' corpi che hanno colori simili, e che il termine dell'uno sia sopra dell'altro, come il termine d'una quercia sopra un'altra quercia simile.
Secondo, in maggior distanza si perderanno i termini dei corpi di colori mezzani terminati l'uno sopra dell'altro, com'è verde, cioè alberi, terreno lavorato, muraglie, od altre rovine di monti o di sassi.
Per ultimo si perderanno i termini de' corpi, terminati il chiaro nell'oscuro e l'oscuro nel chiaro.
470.
Precetto.
Infra le cose di eguale altezza che sopra l'occhio sieno situate, quella che sarà piú remota dall'occhio parrà piú bassa.
E se sarà situata sotto l'occhio, la piú vicina ad esso occhio parrà piú bassa; e le laterali parallele concorreranno in un punto.
Manco sono evidenti ne' siti lontani le cose che sono d'intorno ai fiumi, che quelle che da tali fiumi o paduli sono remote.
Infra le cose di eguale spessitudine, quelle che saranno piú vicine all'occhio parranno piú rare, e le piú remote si mostreranno piú spesse.
L'occhio che sarà di maggior pupilla vedrà l'obietto di maggior figura.
Questo si dimostra nel guardare un corpo celeste per un piccolo spiracolo fatto con l'ago nella carta, che per non poter operare di essa luce se non una piccola parte, esso corpo pare diminuire tanto della sua grandezza, quanto la parte della luce che lo vede è mancante del suo tutto.
[vedi figura 056.gif]
L'aria che è ingrossata, e s'interpone infra l'occhio e la cosa, ti rende essa cosa d'incerti e confusi termini, e fa esso obietto parere di maggior figura che non è.
Questo nasce perché la prospettiva lineale non diminuisce l'angolo che porta le sue specie all'occhio, e la prospettiva de' colori la spinge e rimuove in maggior distanza che essa non è; sicché l'una la rimuove dall'occhio, e l'altra le conserva la sua magnitudine.
Quando il sole è in occidente, le nebbie che ricadono ingrossano l'aria e le cose che non sono vedute dal sole restano oscure e confuse, e quelle che dal sole sono illuminate rosseggiano e gialleggiano, secondo che il sole si dimostra all'orizzonte.
Ancora le cose che da questo sono illuminate sono forte evidenti, e massime gli edifici e le case delle città e ville, perché le loro ombre sono oscure, e pare che tale loro certa dimostrazione nasca di confusi ed incerti fondamenti; perché ogni cosa è d'un colore, se non è veduta da esso sole.
Quando il sole è in occidente, i nuvoli che infra esso e te si trovano sono illuminati di sotto, ché vedono il sole, e gli altri di qua sono oscuri, ma di scuro rosseggiante, ed i trasparenti hanno poche ombre.
[vedi figura 057.gif]
La cosa illuminata dal sole è ancora illuminata dall'aria, in modo che si creano due ombre, delle quali quella sarà piú oscura, che avrà la sua linea centrale dritta al centro del sole.
Sempre la linea centrale del lume primitivo e derivativo sarà con la linea centrale delle ombre primitive o derivative.
Bello spettacolo fa il sole quando è in ponente, il quale illumina tutti gli alti edifici delle città e castella, e gli alti alberi delle campagne, e li tinge del suo colore; e tutto il resto da lí in giú rimane di poco rilievo, perché, essendo solamente illuminato dall'aria, hanno poca differenza le ombre dai lumi, e per questo non spiccano troppo; e le cose che infra queste piú s'innalzano sono tocche dai raggi solari, e, come si è detto, si tingono nel loro colore; onde tu hai a torre del colore di che tu fai il sole, e ne hai a mettere in qualunque color chiaro con il quale tu illumini essi corpi.
[vedi figura 058.gif]
Ancora spesse volte accade che un nuvolo parrà oscuro senza avere ombra da altro nuvolo da esso separato; e questo accade secondo il sito dell'occhio, perché dell'uno vicino vede solo la parte ombrosa, e degli altri vede l'ombrosa e la luminosa.
[vedi figura 059.gif]
Infra le cose di eguale altezza, quella che sarà piú distante dall'occhio parrà piú bassa.
Vedi che il nuvolo primo, ancoraché sia piú basso che il secondo, pare piú alto di questo, come ti dimostra nella parete il tagliamento della piramide del primo nuvolo basso in no, e nel secondo piú alto in nm, sotto on.
Questo nasce quando ti par vedere un nuvolo oscuro piú alto che un nuvolo chiaro per i raggi del sole o in oriente o in occidente.
471.
Perché la cosa dipinta, ancoraché essa venga all'occhio per quella medesima grossezza d'angolo che quella che è piú remota di essa, non pare tanto remota quanto quella della remozione naturale.
[vedi figura 060.gif]
Diciamo: io dipingo sulla parete ab una cosa che abbia a parere distante un miglio, e dipoi io gliene metto allato una che ha la vera distanza di un miglio, le quali due cose sono in modo ordinate, che la parete ac taglia le piramidi con egual grandezza; nientedimeno mai con due occhi parranno di egual distanza.
472.
Pittura.
Principalissima parte della pittura sono i campi delle cose dipinte, ne' quali campi i termini de' corpi naturali che hanno in essi curvità convessa sempre si conoscono le figure di tai corpi in essi campi, ancoraché i colori de' corpi sieno del medesimo colore del predetto campo.
E questo nasce perché i termini convessi de' corpi non sono illuminati nel medesimo modo che dal medesimo lume è illuminato il campo, perché tal termine molte volte è piú chiaro o piú oscuro che esso campo.
Ma se tal termine è del colore di tal campo, senza dubbio tal parte di pittura proibirà la notizia della figura di tal termine, e questa tale elezione di pittura è da essere schivata dagl'ingegni de' buoni pittori, conciossiaché l'intenzione del pittore è di far parere i suoi corpi di qua dai campi; e nel sopradetto caso accade il contrario, non che in pittura, ma nelle cose di rilievo.
473.
Del giudizio ch'hai da fare sopra un'opera d'un pittore.
Prima è che tu consideri le figure, se hanno il rilievo qual richiede il sito ed il lume che le illumina, e che le ombre non sieno quelle medesime negli estremi dell'istoria che nel mezzo, perché altra cosa è l'essere circondato dall'ombra, ed altra è l'aver l'ombra da un sol lato.
Quelle sono circondate dalle ombre, che sono inverso il mezzo dell'istoria, perché sono adombrate dalle figure interposte infra esse ed il lume: e quelle sono adombrate da un solo lato, le quali sono interposte infra il lume e l'istoria, perché dove non vede il lume, vede l'istoria, e vi rappresenta l'oscurità d'essa istoria, e dove non vede l'istoria, vede lo splendore del lume, e vi si rappresenta la sua chiarezza.
Secondaria è che il seminamento, ovvero compartizione delle figure, sia secondo il caso del quale tu vuoi che sia essa istoria.
Terza, che le figure sieno con prontitudine intente al loro particolare.
474.
Del rilievo delle figure remote dall'occhio.
Quel corpo opaco si dimostrerà essere di minor rilievo, il quale sarà piú distante dall'occhio; e questo accade perché l'aria interposta fra l'occhio ed esso corpo opaco, per esser essa cosa chiara piú che l'ombra di tal corpo, corrompe essa ombra, e la rischiara, e le toglie la potenza della sua oscurità, la qual cosa è causa di farle perdere il suo rilievo.
475.
De' termini de' membri illuminati.
Il termine di quel membro illuminato parrà piú oscuro, che sarà veduto in campo piú chiaro, e cosí parrà piú chiaro quello che sarà veduto in campo piú oscuro; e se tal termine sarà piano e veduto in campo chiaro simile alla chiarezza sua, il termine sarà insensibile.
476.
De' termini.
I termini delle cose seconde non saranno mai cogniti come i primi.
Adunque tu, pittore, non terminare immediate le cose quarte con le quinte, come le prime con le seconde, perché il termine d'una cosa in un'altra è di natura di linea matematica, ma non linea; perché il termine d'un colore è principio d'un altro colore, e non ha da essere però detto linea, perché nessuna cosa s'interpone infra il termine di un colore che sia anteposto ad un altro colore, se non è il termine, il quale è cosa insensibile d'appresso; adunque tu, pittore, non lo pronunziare nelle cose distanti.
477.
Delle incarnazioni e figure remote dall'occhio.
Devesi per lo pittore porre nelle figure e cose remote dall'occhio solamente le macchie, non terminate, ma di confusi termini; e sia fatta l'elezione di tali figure quando è nuvolo, o in sulla sera, e sopratutto guardisi, come ho detto, dai lumi ed ombre terminate, perché paiono poi tinte quando si vedono da lontano, e riescono poi opere difficili e senza grazia.
E ti hai a ricordare che mai le ombre sieno di qualità, che per la loro oscurità tu abbia a perdere il colore ove si causano, se già il luogo dove i corpi sono situati non fosse tenebroso; e non far profili, non disfilar capelli, non dar lumi bianchi, se non nelle cose bianche, e che essi lumi abbiano a dimostrare la prima bellezza del colore dove si posano.
478.
Pittura.
I termini e la figura di qualunque parte de' corpi ombrosi male si conoscono nelle ombre e ne' lumi loro; ma nelle parti interposte infra i lumi e le ombre le parti di essi corpi sono in primo grado di notizia.
479.
Discorso di pittura.
La prospettiva, la quale si estende nella pittura, si divide in tre parti principali, delle quali la prima è della diminuzione che fanno le quantità de' corpi in diverse distanze; la seconda parte è quella che tratta della diminuzione de' colori di tali corpi; la terza è quella che diminuisce la notizia delle figure e de' termini che hanno essi corpi in varie distanze.
480.
Pittura.
L'azzurro dell'aria è di color composto di luce e di tenebre; la luce dico per causa dell'aria illuminata nelle particole dell'umidità infra essa aria infusa; per le tenebre dico l'aria pura, la quale non è divisa in atomi, cioè particole d'umidità, nella quale s'abbiano a percuotere i raggi solari.
E di questo si vede l'esempio nell'aria che s'interpone infra l'occhio e le montagne ombrose per le ombre della gran copia degli alberi che sopra esse si trovano, ovvero ombrose in quella parte che non è percossa dai raggi solari, la quale aria si fa azzurra, e non si fa azzurra nella parte sua luminosa, e peggio nella parte coperta di neve.
Fra le cose egualmente oscure e di egual distanza, quella si dimostrerà esser piú oscura, che terminerà in piú bianco campo, e cosí di converso.
Quella cosa che sarà dipinta di bianco e nero apparirà di miglior rilievo che alcun'altra.
Però ricordati, pittore, di vestire le tue figure di colori piú chiari che tu puoi: ché se le farai di colore oscuro, saranno di poco rilievo e di poca evidenza da lontano, e questo perché le ombre di tutte le cose sono oscure; e se farai una veste oscura, poco divario sarà dal lume alle ombre; e ne' colori chiari vi sarà gran differenza.
481.
Perché di due cose di pari grandezza parrà maggiore la dipinta che quella di rilievo.
Questa ragione non è di facile dimostrazione, come molte altre, ma pure mi ingegnerò di satisfare, se non in tutto, almeno in quel tanto che piú potrò.
La prospettiva diminuita ci dimostra per ragione che le cose, quanto piú son lontane dall'occhio, piú diminuiscono, e queste ragioni ben son confermate dall'esperienza; adunque le linee visuali che si trovano infra l'obietto e l'occhio, quando s'estendono alla superficie della pittura, tutte si tagliano a un medesimo termine, e le linee che si trovano infra l'occhio e la scultura sono di varî termini e lunghezze.
Quella linea è piú lunga che s'estende sopra un membro piú lontano che gli altri, e però quel membro pare minore, essendovi molte linee piú lunghe che le altre; e per cagione che vi sono molte particole piú lontane l'una che l'altra, ed essendo piú lontane, conviene ch'appariscano minori; apparendo minori, vengono a fare, pel loro diminuire, minore tutta la somma dell'obietto.
E questo non accade nella pittura.
Per le linee terminate ad una medesima distanza, conviene che sieno senza diminuzione; adunque le particole non diminuite non diminuiscono la somma dell'obietto; e per questo non diminuisce la pittura come la scultura.
482.
Perché le cose perfettamente ritratte di naturale non paiono del medesimo rilievo qual pare esso naturale.
[vedi figura 061.gif]
Impossibile è che la pittura, imitata con somma perfezione di lineamenti, ombra, lume, colore, possa parere del medesimo rilievo qual pare il naturale, se già tal naturale in lunga distanza non è veduto da un sol occhio.
Provasi, e sieno gli occhi a b i quali veggano l'obietto c col concorso delle linee centrali degli occhi ac e bc, le quali linee concorrono a tale obietto nel punto c; e le altre linee laterali di essa centrale vedono dietro a tal obietto lo spazio gd, e l'occhio a vede tutto lo spazio fd e l'occhio b vede tutto lo spazio ge.
Adunque i due occhi vedono di dietro all'obietto c tutto lo spazio fe; per la qual cosa tal obietto c resta trasparente, secondo la definizione della trasparenza, dietro la quale niente si nasconde; il che intervenir non può a quello che vede con un sol occhio un obietto maggiore di esso occhio; né intervenire potrebbe a quell'occhio che vede obietti assai minori della sua pupilla, come in margine si dimostra.
E per quello che si è detto possiamo conchiudere il nostro quesito: perché una cosa dipinta occupa tutto lo spazio che ha dietro a sé, e per nessuna via è possibile veder parte alcuna del campo ch'è dentro alla linea sua circonferenziale di dietro a sé.
483.
Qual pare piú rilevato, o il rilievo vicino all'occhio, o il rilievo remoto da esso occhio.
[vedi figura 062.gif]
Quel corpo opaco si dimostrerà di maggior rilievo, il quale sarà piú vicino all'occhio; e per conseguenza la cosa piú remota si dimostrerà di minor rilievo, cioè meno spiccata dal suo campo.
Provasi, e sia p la fronte dell'obietto ph, ch'è piú vicino all'occhio a che non è n, fronte dell'obietto nm, ed il campo dp è quello che si deve vedere dopo i primi due detti obietti dall'occhio a.
Ora noi vediamo l'occhio a, che vede di là dall'obietto ph tutto il campo df, e non vede dopo il secondo obietto nm, se non la parte del campo dg.
Adunque diremo, che tal proporzione sarà da dimostrazione a dimostrazione del rilievo de' due obietti, qual è da campo a campo, cioè dal campo dg al campo df.
484.
Precetto.
[vedi figura 063.gif]
Le cose di rilievo d'appresso viste con un sol occhio parranno simili ad una perfetta pittura.
Se vedrai con gli occhi a b il punto c, ti parrà esso c in d f; e se lo guardi coll'occhio solo g, ti parrà h in m; e la pittura non avrà mai in sé queste due varietà.
485.
Di far che le cose paiano spiccate da' lor campi, cioè dalla parete dove sono dipinte.
Molto piú rilievo mostreranno le cose nel campo chiaro e illuminato che nell'oscuro.
La ragione di quel che si propone è, che se tu vuoi dar rilievo alla tua figura, tu la fai che quella parte del corpo che è piú remota dal lume manco partecipi di esso lume; onde viene a rimanere piú oscura, e terminando poi in campo scuro, viene a cadere in confusi termini; per la qual cosa, se non vi accade riflesso, l'opera resta senza grazia, e da lontano non appariscono se non le parti luminose, onde conviene che le oscure paiano esser del campo medesimo; onde le cose paiono tagliate e rilevate tanto meno del dovere, quanto è l'oscuro.
486.
Precetto.
Le figure hanno piú grazia poste ne' lumi universali che ne' particolari e piccoli, perché i gran lumi, non potenti, abbracciano i rilievi de' corpi, e le opere fatte in tali lumi appariscono da lontano con grazia; e quelle che sono ritratte a lumi piccoli pigliano gran somma d'ombra, e simili opere fatte con tali ombre mai appariscono dai luoghi lontani altro che tinte.
487.
Come le figure spesso somigliano ai loro maestri.
Questo accade, che il giudizio nostro è quello che muove la mano alle creazioni de' lineamenti di esse figure per diversi aspetti insino a tanto ch'esso si satisfaccia; e perché esso giudizio è una delle potenze dell'anima nostra, con il quale essa compose la forma del corpo, dov'essa abita, secondo il suo volere, onde, avendo colle mani a rifare un corpo umano, volentieri rifà quel corpo, di ch'essa fu prima inventrice.
E di qui nasce che chi s'innamora, volentieri s'innamora di cose a sé somiglianti.
488.
Del figurare le parti del mondo.
Sarai avvertito ancora, che ne' luoghi marittimi, o vicini a quelli volti alle parti meridionali, non farai il verno figurato negli alberi o prati come nelle parti remote da essi mari e settentrionali faresti, eccetto che negli alberi i quali ogni anno gittano le foglie.
489.
Del figurare le quattro cose de' tempi dell'anno, o partecipanti di quelle.
Nell'autunno farai le cose secondo l'età di tal tempo, cioè nel principio cominciano ad impallidir le foglie degli alberi ne' piú vecchi rami, piú o meno secondo che la pianta è in luogo sterile o fertile, ed ancora piú pallide e rosseggianti a quelle specie d'alberi, i quali furono i primi a fare i loro frutti; e non fare come molti fanno, tutte le sorta degli alberi, ancoraché da te sieno egualmente distanti, di una medesima qualità di verde.
Cosí dicendo de' prati, come delle piante ed altre qualità di terreni e sassi, e pedali delle predette piante, varia sempre, perché la natura è variabile in infinito, non che nelle specie, ma nelle medesime piante troverà varî colori, cioè nelle vimene son piú belle e maggiori le foglie che negli altri rami.
Ed è tanto dilettevole natura e copiosa nel variare, che infra gli alberi della medesima natura non si troverebbe una pianta che appresso somigliasse all'altra, e non che le piante, ma i rami, o foglie, o frutti di quelle, non si troverà uno che precisamente somigli a un altro; sicché abbi tu avvertenza, e varia quanto piú puoi.
490.
Del vento dipinto.
Nella figurazione del vento, oltre al piegar de' rami ed al rovesciar foglie inverso l'avvenimento del vento, si deve raffigurare i rannugolamenti della sottil polvere mista con l'intorbidata aria.
491.
Del principio di una pioggia.
La pioggia cade infra l'aria, quella oscurando con livida tintura, pigliando dall'uno de' lati il lume del sole, e l'ombra dalla parte opposita, come si vede fare alle nebbie; ed oscurasi la terra, a cui da tal pioggia è tolto lo splendor del sole; e le cose vedute di là da essa sono di confusi ed inintelligibili termini, e le cose che saranno piú vicine all'occhio saranno piú note; e piú note saranno le cose vedute nella pioggia ombrosa, che quelle della pioggia illuminata.
E questo accade perché le cose vedute nelle ombrose pioggie solo perdono i lumi principali; ma le cose che si vedono nelle luminose perdono il lume e le ombre, perché le parti luminose si mischiano con la luminosità dell'illuminata aria, e le parti ombrose sono rischiarate dalla medesima chiarezza della detta aria illuminata.(47)
492.
Della disposizione di una fortuna di venti e di pioggia.
Vedesi l'aria tinta di oscura nuvolosità negli apparecchi delle procelle, ovvero fortune del mare, le quali sono mischie di pioggie e di venti con serpeggiamenti de' tortuosi corsi delle minaccianti folgori celesti; e le piante piegate a terra colle rovesciate foglie sopra i declinanti rami, le quali paiono voler fuggire dai lor siti, come spaventate dalle percussioni degli orribili e spaventosi voli de' venti, fra i quali s'infondono i revertiginosi corsi della turbolenta polvere ed arena de' liti marini; l'oscuro orizzonte del cielo si fa campo di fumolenti nuvoli, i quali, percossi dai solari raggi penetrati per le opposite rotture de' nuvoli, percuotono la terra, quella illuminando sotto le loro percussioni; i venti persecutori della polvere, quella con gruppolenti globosità levano a balzo infra l'aria con colore cineruleo mista con i rosseggianti raggi solari di quella penetratori.
Gli animali, senza guida spaventati, discorrono a rote per diversi siti; i tuoni creati nelle globulose nuvole scacciano da sé le infuriate saette, la luce delle quali illumina le ombrose campagne in diversi luoghi.
493.
Delle ombre fatte da' ponti sopra la loro acqua.
[vedi figura 064.gif]
Le ombre de' ponti non saranno mai vedute sopra le loro acque, se prima l'acqua non perde l'ufficio dello specchiare per causa di torbidezza.
E questo si prova, perché l'acqua chiara è di superficie lustra e pulita, e specchia il ponte in tutti i luoghi interposti infra eguali angoli infra l'occhio ed il ponte, e specchia l'aria sotto il ponte, dove deve essere l'ombra di tal ponte, il che non può far l'acqua torbida, perché non specchia, ma ben riceve l'ombra, come farebbe una strada polverente.
494.
De' simulacri chiari o scuri che s'imprimono sopra i luoghi ombrosi e luminati posti infra la superficie ed il fondo delle acque chiare.
[vedi figura 065.gif]
Quando i simulacri degli obietti oscuri o luminosi s'imprimono sopra le parti oscure o illuminate de' corpi interposti infra il fondo delle acque e la superficie, allora le parti ombrose di essi corpi si faranno piú scure, che saranno coperte dai simulacri ombrosi; ed il simile faranno le loro parti luminose; ma se sopra le parti ombrose e luminose s'imprimeranno i simulacri luminosi, allora le parti illuminate de' predetti corpi si faranno di maggior chiarezza, e le loro ombre perderanno la loro grande oscurità; e questi tali corpi si dimostreranno di minor rilievo, che i corpi percossi dai simulacri oscuri.
E questo accade, perché, com'è detto, i simulacri ombrosi aumentano le ombre de' corpi ombrosi, i quali, ancoraché sieno veduti dal sole, che penetra la superficie dell'acqua, e facciansi colle loro ombre forte differenti dai lumi di essi corpi, s'aggiunge ad essi l'ombra coll'oscurità del simulacro oscuro, che si specchia nella pelle delle acque; e cosí si aumenta l'ombra di questi corpi facendosi piú oscura.
Ed ancoraché tale simulacro oscuro tinga di sé le parti illuminate di tali corpi sommersi, non gli manca la chiarezza che gli dà la percussione de' raggi solari, la quale, ancora ch'essa sia alquanto alterata da esso simulacro oscuro, poco nuoce, perché gli è tanto il giovamento ch'esso dà alle parti ombrose, che i corpi sommersi hanno piú rilievo assai che quelli che sono alterati dal simulacro luminoso; il quale, ancoraché rischiari le loro parti illuminate siccome le ombrose, le alterazioni di esse parti ombrose sono di tanta chiarezza, che tali corpi sommersi in tal sito si dimostrano di poco rilievo.
Sia che il pelago nmtv abbia ghiaia, o erbe, o altri corpi ombrosi nel fondo della chiarezza della sua acqua, la quale pigli i suoi lumi dai raggi solari ch'escono dal sole d, e che una parte di ghiaia abbia sopra di sé il simulacro, il quale si specchia nella superficie di tale acqua, e che un'altra parte di ghiaia abbia sopra di sé il simulacro dell'aria bcsm, dico che la ghiaia coperta dal simulacro oscuro sarà piú visibile che la ghiaia ch'è coperta dalla chiarezza del simulacro chiaro; e la cagione si è che la parte percossa dal simulacro oscuro è piú visibile che quella ch'è percossa dal simulacro illuminato, perché la virtú visiva è superata ed offesa dalla parte illuminata dell'acqua, per l'aria che in essa si specchia, e cosí è aumentata tal virtú visiva dalla parte oscurata di essa acqua, ed in questo caso la pupilla dell'occhio non è d'uniforme virtú, perché da un lato è offesa dal troppo lume e dall'altro aumentata dall'oscuro.
Adunque quel ch'è detto di sopra non nasce se non da cause remote da tali acque e da tali simulacri, perché solo tal cosa nasce dall'occhio, il quale è offeso dallo splendore del simulacro dell'aria, ed è aumentato dall'altra parte dal simulacro oscuro.
495.
Dell'acqua chiara è trasparente il fondo fuori della superficie.
[vedi figura 066.gif]
Dell'acqua che per la sua trasparenza si vede il fondo, si dimostrerà tanto piú spedito esso fondo, quanto l'acqua sarà di piú tardo moto; e questo accade perché le acque che son di tardo moto hanno la superficie senz'onde; per la sua planizie superficiale si vedono le vere figure delle ghiaie ed arena poste in fondo di esse acque; e questo intervenire non può all'acqua di veloce moto, per causa delle onde che si generano nella superficie; per le quali onde avendo a passare i simulacri delle varie figure delle ghiaie, non le possono portare all'occhio, perché le varie obliquità de' lati e fronti delle onde, e curvità, e lor sommità, ed intervalli, trasportano i simulacri fuori del retto nostro vedere, e tortesi le rette linee de' loro simulacri a diversi aspetti, ci mostrano confusamente le lor figure.
E questo è dimostrato negli specchi flessuosi, cioè specchi misti di rettitudine, convessità e concavità.
496.
Della schiuma dell'acqua.
La schiuma dell'acqua si dimostrerà di minor bianchezza, la quale sarà piú remota dalla superficie dell'acqua.
E questo si prova per la quarta di questo, che dice: il natural colore della cosa sommersa si trasmuterà piú nel colore verde dell'acqua, la quale ha maggior somma di acqua sopra di sé.
497.
Precetto di pittura.
[vedi figura 067gif]
La prospettiva è briglia e timone della pittura.
La grandezza della figura dipinta dovrebbe mostrare a che distanza essa è veduta.
Se tu vedi una figura grande al naturale, sappi che essa si dimostra essere appresso all'occhio.
498.
Precetto.
[vedi figura 068gif]
Sempre l'umbilico è nella linea centrale del peso che è da esso umbilico in su, e cosí tien conto del peso accidentale dell'uomo, come del suo peso naturale.
Questo si dimostra nel distendere il braccio, che il pugno posto nel suo estremo fa l'ufficio che far si vede al contrappeso posto nell'estremo della stadera; onde per necessità si gitta tanto peso di là dall'umbilico, quanto è il peso accidentale del pugno; ed il calcagno da quel lato convien che s'innalzi.
499.
De' dieci uffici dell'occhio, tutti appartenenti alla pittura.
La pittura si estende in tutti i dieci uffici dell'occhio, cioè: tenebre, luce, corpo, colore, figura, sito, remozione, propinquità, moto e quiete, de' quali uffici sarà intessuta questa mia piccola opera, ricordando al pittore con che regola e modo deve imitare colla sua arte tutte queste cose, opera di natura ed ornamento del mondo.
500.
Della statua.
Se vuoi fare una figura di marmo, fanne prima una di terra, la quale, finita che l'hai e secca, mettila in una cassa che sia ancora capace, dopo la figura tratta d'esso luogo, a ricevere il marmo che vuoi scolpirvi dentro la figura a similitudine di quella di terra.
Poi messa la figura di terra dentro ad essa cassa, abbi bacchette, che entrino appunto per i suoi buchi, e spingile dentro tanto per ciascun buco, che ciascuna bacchetta bianca tocchi la figura in diversi luoghi, e la parte d'esse bacchette che resta fuori della cassa tingi di nero, e fa il contrassegno alla bacchetta ed al suo buco, in modo che a tua posta si scontri.
E trarrai dalla cassa la figura di terra, e metterai il tuo pezzo di marmo, e tanto leverai dal marmo, che tutte le tue bacchette si nascondano sino al loro segno in detti buchi; e per poter far meglio questo, fa che tutta la cassa si possa levare in alto, ed il fondo d'essa cassa resti sempre sotto al marmo, ed a questo modo ne potrai levare con i ferri con gran facilità.
501.
Per fare una pittura d'eterna vernice.
Dipingi la tua pittura sopra della carta tirata in telaio, ben delineata(48) e piana, e poi da' una buona e grossa imprimitura di pece e mattone ben pesti; di poi da' l'imprimitura di biacca e giallorino, poi colorisci, e vernicia d'olio vecchio chiaro e sodo, ed appiccalo al vetro ben piano.
Ma sarà meglio fare un quadro di terra ben vetriato e ben piano, e poi dar sopra esso vetriato l'imprimitura di biacca e giallorino; poi colorisci e vernicia, poi appicca il vetro cristallino con la vernice ben chiara ad esso vetro; ma fa prima ben seccare in istufa oscura esso colorito, e poi vernicialo con olio di noce ed ambra, ovvero olio di noce rassodato al sole.
Se vuoi fare vetri sottili e piani, gonfia le bocce infra due tavole di bronzo o di marmo lustrate, e tanto le gonfia che tu le scoppi col fiato; e saranno piani e sí sottili, che tu piegherai il vetro, il quale poi sarà appiccato colla vernice alla pittura.
E questo vetro per essere sottile non si romperà per alcuna percussione.
Puossi ancora tirare in lungo ed in largo una piastra infocata sopra infocato fornello.
502.
Modo di colorire in tela.
Metti la tua tela in telaro, e dàlle colla debole, e lascia seccare, e disegna, e da' le incarnazioni con pennelli di setole, e cosí fresca farai l'ombra sfumata a tuo modo.
L' incarnazione sarà biacca, lacca e giallorino: e l'ombra sarà nero e maiorica e un poco di lacca, o vuoi lapis duro.
Sfumato che tu hai, lascia seccare, poi ritocca a secco con lacca e gomma, stata assai tempo con l'acqua gommata insieme liquida, che è migliore, perché fa l'ufficio suo senza lustrare.
Ancora per fare le ombre piú oscure, togli la lacca gommata sopradetta ed inchiostro, e con questa ombra puoi ombrare molti colori, perché è trasparente; e puoi ombrare azzurro, lacca; di verso le ombre, dico, perché di verso i lumi ombrerai di lacca semplice gommata sopra la lacca senza tempera, perché senza tempera si vela sopra il cinabro temperato e secco.(49)
503.
De' fumi delle città.
I fumi sono veduti meglio e piú spediti nelle parti orientali che nelle occidentali, stando il sole all'oriente; e questo nasce per due cause:
La prima è che il sole traspare co' suoi raggi nelle particole di tal fumo, e le rischiara e le fa evidenti;
La seconda è che i tetti delle case veduti all'oriente in tal tempo sono ombrosi, perché la loro obliquità non può essere illuminata dal sole.
Ed il simile accade nella polvere, e l'una e l'altra è tanto piú luminosa, quanto essa è piú densa, ed è piú densa inverso il mezzo.
504.
Del fumo e della polvere.
Stando il sole all'oriente, il fumo delle città non sarà veduto all'occidente, perché esso non è veduto penetrato dai raggi solari, né veduto in campo oscuro, perché i tetti delle case mostrano all'occhio quella medesima parte che si mostra al sole, e per questo campo chiaro tal fumo poco si vede.
Ma la polvere in simile aspetto si dimostra oscura piú che il fumo, per esser essa di materia piú densa che il fumo, ch'è materia umida.
505.
Precetto di prospettiva in pittura.
Quando tu non conoscerai varietà di chiarezza o di oscurità infra l'aria, allora la prospettiva delle ombre sarà scacciata dalla tua imitazione, e solo ti hai a valere della prospettiva della diminuzione de' corpi e della prospettiva del diminuire dei colori e del diminuire delle cognizioni delle cose all'occhio contrapposte; e questa tal operazione fa parere una medesima cosa piú remota, cioè la perdita della cognizione della figura di qualunque obietto.
L'occhio non avrà mai per la prospettiva lineare, senza suo moto, cognizione della distanza che è fra l'obietto che s'interponga infra esso occhio ed un'altra cosa, se non mediante la prospettiva de' colori.
506.
L'occhio posto in alto che vede degli obietti bassi.
[vedi figura 069gif]
Quando l'occhio posto in alto sito vedrà le alte cime de' monti insieme colle loro basi, allora i colori delle cime de' monti parranno piú distanti che i colori delle loro basi.
Provasi per la quarta di questo, che dice: infra i colori di eguale natura il piú remoto si tinge piú del colore del mezzo interposto infra esso e l'occhio che lo vede.
Seguita, che, essendo le basi de' monti vedute per piú grossa aria che le loro cime, esse basi parranno piú remote dall'occhio che esse cime, le quali sono vedute dal medesimo occhio per l'aria piú sottile.
Sia dunque l'occhio posto nell'altezza a, il quale vede la sommità del monte b dopo la interposizione dell'aria ab, e vede la base d del medesimo monte dopo l'aria ad, spazio piú breve che l'ab ; per essere essa aria ad piú grossa che l'aria ab, la base del monte, com'è detto, parrà piú distante che la sua cima.
507.
L'occhio posto in basso che vede degli obietti bassi ed alti.
Ma quando l'occhio posto in basso sito vedrà le basi de' monti e le loro cime, allora i colori di esso monte saranno assai men noti che quelli degli antecedenti; e questo accade perché tale cima e base di monte è veduta di tanta maggiore grossezza che le anzidette, quanto l'occhio che la vede è situato in piú basso luogo.
Il quale occhio sia n, e la cima e la base del monte siano o c.
Adunque, essendo la linea visuale cn nella seconda figura piú bassa che la visuale della prima figura da, egli è necessario che il colore della base della seconda dimostrazione sia piú variato dal suo naturale colore che quello della base della prima dimostrazione ed il medesimo s'intende aver detto delle cime de' monti.
[vedi figura 069bf]
508.
Perché si dà il concorso di tutte le specie che vengono all'occhio ad un sol punto.
[vedi figura 070.gif]
Delle cose di egual grandezza in varie distanze situate, la piú remota sarà veduta sotto minore angolo; bd è eguale al ce, ma ce viene all'occhio per tanto minore angolo che bd, quanto esso è piú remoto dal punto a, come mostra l'angolo cae al rispetto dell'angolo bad.
509.
Delle cose specchiate nell'acqua.
Delle cose specchiate nell'acqua quella sarà piú simile in colore alla cosa specchiata, la quale si specchia in acqua piú chiara.
510.
Delle cose specchiate in acqua torbida.
Sempre le cose specchiate in acqua torbida partecipano del colore di quella cosa che intorbida tale acqua.
511.
Delle cose specchiate in acqua corrente.
Delle cose specchiate in acqua corrente, il simulacro di quella cosa si dimostrerà tanto piú lungo e di confusi termini, il quale s'imprimerà in acqua di piú veloce corso.
512.
Della natura del mezzo interposto infra l'occhio e l'obietto.
Il mezzo interposto infra l'occhio e l'obietto è di due quantità: cioè o esso ha superficie come l'acqua e il cristallo, od altra cosa trasparente, od esso è senza superficie comune, com'è l'aria che si appoggia alla superficie de' corpi che dentro ad essa s'inchiudono, la quale aria non ha in sé superficie continua se non nel termine inferiore e superiore.
513.
Effetti del mezzo circondato da superficie comune.
[vedi figura 071.gif]
Il mezzo circondato da superficie comune non rende mai all'occhio l'obietto, che sta dopo sé, nel suo vero sito.
Provasi, e sia il cristallo di superficie parallele o r, per il quale l'occhio a vede la metà dell'obietto ng che sta dopo di esso, cioè nm, per la parte del cristallo bo, e vede il rimanente dell'obietto, mg, per l'aria che sta sotto il cristallo; e per la settima del quarto la linea della parte superiore dell'obietto n si piega nell'introito del cristallo e fa la linea nba; e la linea della parte inferiore mg è veduta nel suo vero sito per la settima del quarto, come si mostra nelle linee che passano per l'aria sotto il cristallo in mga.
Adunque l'una metà dell'obietto nm cresce nel cristallo bo e l'altra metà diminuisce nell'aria che sta sotto il cristallo in op.
514.
Degli obietti.
Quella parte dell'obietto sarà piú illuminata, che sarà piú propinqua al luminoso che l'illumina.
La similitudine e la sostanza delle cose in ogni grado di distanza perdono i gradi di potenza, cioè, quanto la cosa sarà piú remota dall'occhio, sarà tanto meno penetrabile infra l'aria con la sua similitudine.
515.
Delle diminuzioni de' colori e corpi.
Sia osservata la diminuzione delle qualità de' colori insieme con la diminuzione de' corpi ove si applicano.
516.
Delle interposizioni de' corpi trasparenti infra l'occhio e l'obietto.
Quanto maggiore sarà la interposizione trasparente infra l'occhio e l'obietto, tanto piú si trasmuterà il colore dell'obietto nel colore del trasparente interposto.
Quando l'obietto s'interpone infra l'occhio ed il lume, per la linea centrale che si estende fra il centro del lume e l'occhio, allora tal obietto sarà totalmente privato di lume.
PARTE QUARTA
DE' PANNI E MODO DI VESTIR LE FIGURE CON GRAZIA
E DEGLI ABITI E NATURE DE' PANNI.
517.
De' panni che vestono le figure.
I panni che vestono le figure debbono mostrare di essere abitati da esse figure.
Con breve circuizione mostrare l'attitudine e moto di tali figure e fuggire le confusioni di molte pieghe, e massime sopra i rilievi, acciocché sieno cogniti.
518.
Delle maniere rotte o salde de' panni che vestono le figure.
I panni che vestono le figure debbono avere le pieghe salde o rotte secondo la qualità del panno sottile o grosso che tu vuoi figurare; e puoi usare ne' componimenti delle istorie dell'una e dell'altra sorta per satisfare a diversi giudizi.
519.
Del vestire le figure con grazia.
Usa ne' tuoi panni che quella parte che circonda la figura mostri il modo dell'attitudine di essa figura, e quelle parti che restano fuori di quella adornale a modo volante e sparso, come si dirà.
520.
De' panni che vestono le figure, e pieghe loro.
I panni che vestono le figure debbono avere le loro pieghe accomodate a cingere le membra da loro vestite in modo che nelle parti illuminate non si pongano pieghe d'ombre oscure, e nelle parti ombrose non si facciano pieghe di troppa chiarezza, e che i lineamenti di esse pieghe vadano in qualche parte circondando le membra da loro coperte, e non con lineamenti che taglino le membra, né con ombre che sfondino piú dentro che non è la superficie del corpo vestito.
Ed in effetto il panno sia in modo adattato, che non paia disabitato, cioè che non paia un aggruppamento di panno spogliato dall'uomo, come si vede fare a molti, i quali s'innamorano tanto de' varî aggruppamenti di varie pieghe, che n'empiono tutta una figura, dimenticandosi l'effetto per che tal panno è fatto, cioè per vestire e circondare con grazia le membra, dov'essi si posano, e non empire in tutto di ventri o vesciche sgonfiate sopra i rilievi illuminati de' membri.
Non nego già che non si debba fare alcuna bella falda, ma sia fatta in parte della figura dove le membra infra essa e il corpo raccolgono e ragunano tal panno.
E sopratutto varia i panni nelle istorie, com'è nel fare in alcuni le pieghe con rotture affacciate, e questo è ne' panni densi; ed alcun panno abbia i piegamenti molli, e le loro volte non laterate, ma curve; e questo accade nelle saie e rasce ed altri panni rari, come tele, veli e simili.
E farai ancora de' panni di poche e gran pieghe, come ne' panni grossi, come si vede ne' feltri e schiavine ed altri copertoi da letto.
E questi ricordi non do ai maestri, ma a quelli i quali non vogliono insegnare, ché certo questi non sono maestri, perché chi non insegna ha paura che gli sia tolto il guadagno, e chi stima il guadagno abbandona lo studio, il quale si contiene nelle opere di natura, maestra de' pittori, delle quali le imparate si mettono in oblivione, e quelle che non sono state imparate piú non s'imparano.
521.
Del modo di vestire le figure.
Osserva il decoro con che tu vesti le figure secondo i loro gradi e le loro età; e sopratutto che i panni non occupino il movimento, cioè le membra, e che le dette membra non sieno tagliate dalle pieghe, né dalle ombre de' panni.
Ed imita quanto puoi i Greci e i Latini col modo dello scoprire le membra, quando il vento appoggia sopra di loro i panni.
E fa poche pieghe; fanne solo assai negli uomini vecchi togati e di autorità.
522.
De' vestimenti.
I vestimenti debbono essere diversificati di varie nature di falde, mediante la loro qualità; cioè, s'egli è panno grosso e raro, farà pieghe maccaronesche e rare, e s'egli è di mediocre grossezza e denso, farà le pieghe affacciate e di piccoli angoli; e sopratutto ti ricorda in ogni qualità di panno di fare le pieghe infra l'una rompitura e l'altra grosse in mezzo e sottili dai lati, e la minore grossezza di essa piega sia nel mezzo dell'angolo rotondo della piega.
523.
De' panni volanti o stabili.
I panni di che son vestite le figure sono di tre sorta, cioè sottili, grossi e mezzani; i sottili sono piú agili ed atti a movimenti; adunque, quando la figura corre, considera i moti di essa figura, perché essa si spiega ora a destra, ora a sinistra, e sul posare la gamba destra il panno da quella parte s'alza da piè, riflettendo la percussione della sua onda; ed in quel tempo la gamba che resta indietro fa il simile col panno che di sopra le si appoggia, e la parte dinanzi tutta con diverse pieghe si appoggia sopra il petto, corpo, coscie e gambe, e di dietro tutto si scosta, salvo la gamba che resta indietro; ed i panni mezzani fanno minori movimenti, ed i grossi quasi niente, se già il vento non li aiuterà a muovere.
Gli estremi de' panni, o in alto o in basso, secondo i piegamenti, e che s'accostino da piedi secondo il posare, o piegare, o storcere, o percuotervi dentro delle gambe, e che s'accostino o discostino dalle giunture secondo il passo, o corso, o salto, ovver che il vento da sé li percuota, senz'altro moto della figura; e che le pieghe sieno accomodate alle qualità de' panni trasparenti od opachi.
524.
Operazioni de' panni e loro pieghe, che sono di tre nature.
[vedi figura 072.gif]
Molti sono quelli che amano le piegature delle falde de' panni con angoli acuti, crudi e spediti; altri con angoli quasi insensibili, altri senz'alcun angolo, ma in luogo di quelli fanno curvate.
Di queste tre sorta, alcuno vuol panni grossi e di poche pieghe, altri sottili e di gran numero di pieghe, altri piglia la parte di mezzo.
E di questi tre tu seguiterai le opinioni, mettendone di ciascuna sorta nella tua istoria, aggiungendovi di quelli che paiono vecchi pezzati, e nuovi abbondanti di panno, ed alcuni miseri, secondo le qualità di chi tu vesti, e cosi fa de' loro colori.
525.
Delle nature delle pieghe de' panni.
[vedi figura 073.gif]
Quella parte della piega che si trova piú lontana da' suoi costretti estremi, si ridurrà piú in sua prima natura.
Naturalmente ogni cosa desidera mantenersi in suo essere; il panno perché è di eguale densità e spessitudine, sí nel suo rovescio come nel suo diritto desidera di stare piano; onde, quando esso è da qualche piega o falda costretto a lasciare essa planizie, osserva la natura della forza in quella parte di sé dov'esso è piú costretto, e quella parte ch'è piú lontana ad essi costringimenti troverai ridursi piú alla prima sua natura, cioè dello stare disteso ed ampio.
Esempio: sia abc la piega del panno detto di sopra; ac sia il luogo dov'esso panno è piegato e costretto; io ti proposi che quella parte del panno ch'era piú lontana ai costretti estremi si ridurrebbe piú nella sua prima natura; adunque c trovandosi piú lontano da ab, la piega sarà piú larga in b che in alcun altro suo luogo.
526.
Come si devono dare le pieghe ai panni.
Ad un panno non si deve dare confusione di molte pieghe, anzi farne solamente dove colle mani o braccia sono ritenute, ed il resto sia lasciato cadere semplicemente dove lo tira la sua natura, e non sia intraversata la figura da troppi lineamenti o rompimenti di pieghe.
I panni si debbono ritrarre di naturale, cioè se vorrai fare panno lano, usa le pieghe secondo quello, e se sarà seta, o panno fino, o da villani, o di lino, o di velo, a ciascuno le sue pieghe va diversificando, e non fare abito come molti fanno sopra i modelli coperti di carte, o corami sottili, ché t'inganneresti forte.
527.
Delle poche pieghe de' panni.
Le figure essendo vestite di mantello non debbono tanto mostrare il nudo, che il mantello paia in sulle carni, se già tu non volessi che il mantello fosse sulle carni; imperocché tu devi pensare che tra il mantello e le carni sono altre vesti che impediscono lo scoprire la forma delle membra sopra il mantello; e quella forma di membra che fai discoprire, falla in modo grossa, che appariscano sotto al mantello altri vestimenti; solo farai scoprire la quasi vera grossezza delle membra ad una ninfa o ad un angelo, i quali si figurino vestiti di sottili vestimenti, sospinti o impressi dal soffiare de' venti; a questi tali e simili si potrà benissimo fare scoprire la forma delle membra.
528.
Delle pieghe de' panni in iscorto.
[vedi figura 074.gif]
Fa vedere, dove la figura scorta, maggior numero di pieghe che dov'essa non scorta; e le sue membra sieno circondate da pieghe spesse e giranti intorno ad esse.
Esempio: a sia dove sta l'occhio; mn manda il mezzo di alcuni circoli piú lontani dall'occhio che i loro fini; no li mostra diritti, perché si trova a riscontro; pq li manda per contrario.
Sicché usa questa discrezione nelle pieghe che circondano le braccia, le gambe od altro.
529.
De' modi del vestire le figure, ed abiti diversi.
Gli abiti delle figure sieno accomodati all'età ed al decoro, cioè, che il vecchio sia togato, il giovane ornato di abito che manco occupi il collo dagli omeri delle spalle in su, eccetto quelli che fan professione in religione.
E si fugga il piú che si può gli abiti della sua età, eccetto che quando si riscontrassero essere de' sopradetti; e non si debbono usare se non nelle figure che hanno a somigliare a quelli che son sepolti per le chiese, acciocché si riservi riso ne' nostri successori delle pazze invenzioni degli uomini, ovvero che lascino loro ammirazione della loro degnità e bellezza.
Ed io a' miei giorni non mi ricordo aver visto nella mia puerizia gli uomini piccoli e grandi avere tutti gli estremi de' vestimenti frappati in tutte le parti sí da capo come da piè e da lato; ed ancora parve tanto bella invenzione a quella età, che frappavano ancora le dette frappe, e portavano i cappucci in simile modo, e le scarpe e le creste frappate che uscivano dalle principali cuciture de' vestimenti di varî colori.
Dipoi vidi le scarpe, berrette, scarselle, armi, che si portano per offendere, i collari de' vestimenti, gli estremi de' giupponi da piedi, le code de' vestimenti, ed in effetto infino alle bocche di chi volea parer bello erano appuntate di lunghe ed acute punte.
Nell'altra età cominciarono a crescere le maniche, ed eran talmente grandi, che ciascuna per sé era maggiore della vesta; poi cominciarono ad alzare i vestimenti intorno al collo, tanto, che alla fine coprirono tutto il capo; poi cominciarono a spogliarlo in modo, che i panni non potevano essere sostenuti dalle spalle, perché non vi si posavano sopra; poi cominciarono a slungare sí i vestimenti, che al continuo gli uomini avevano le braccia cariche di panni per non li pestare co' piedi; poi vennero in tanta stremità, che vestivano solamente fino ai fianchi ed alle gomita, ed erano sí stretti, che da quelli pativano gran supplizio, e molti ne crepavano di sotto; ed i piedi sí stretti, che le dita di essi si sovrapponevano l'uno all'altro, e caricavansi di calli.
530.
Dell'occhio che vede pieghe de' panni che circondano l'uomo.
Le ombre interposte infra le pieghe de' panni circondatrici de' corpi umani saranno tanto piú oscure, quanto esse sono piú a riscontro all'occhio colle concavità dove tali ombre son generate.
E questo intendo aver detto, quando l'occhio è situato infra la parte ombrosa e luminosa della predetta figura.
531.
Delle pieghe de' panni.
Sempre le pieghe de' panni situate in qualunque atto delle figure debbono con i loro lineamenti mostrare l'atto di tale figura in modo che non dieno ambiguità o confusione della vera attitudine a chi le considera, e che nessuna piega coll'ombra della sua profondità tagli alcun membro, cioè che paia piú dentro la profondità della piega che la superficie del membro vestito; e che se tu figuri figure vestite di piú vestimenti, che non paia che l'ultima veste rinchiuda dentro a sé le semplici ossa di tal figura, ma le carni insieme con quelle, ed i panni vestimento della carne con tanta grossezza qual si richiede alla moltiplicazione de' suoi gradi.
Le pieghe de' panni che circondano le membra debbono diminuire della loro grossezza inverso gli estremi della cosa circondata.
532.
Delle pieghe.
La lunghezza delle pieghe che sono piú strette alle membra debbono aggrinzarsi da quel lato dove il membro per le sue piegature diminuisce e tirarsi dall'opposita parte di essa piegatura.
PARTE QUINTA
DELL'OMBRA E LUME, E DELLA PROSPETTIVA
533.
Che cosa è ombra.
L'ombra, nominata per il proprio suo vocabolo, è da esser chiamata alleviazione di lume applicato alla superficie de' corpi, della quale il principio è nel fine della luce, ed il fine è nelle tenebre.
534.
Che differenza è da ombra a tenebre.
La differenza che è da ombre a tenebre è questa, che l'ombra è alleviamento di luce, e tenebre è integralmente privamento di essa luce.
535.
Da che deriva l'ombra.
L'ombra deriva da due cose dissimili l'una dall'altra, imperocché l'una è corporea, e l'altra spirituale: corporea è il corpo ombroso, spirituale è il lume; adunque lume e corpo son cagione dell'ombra.
536.
Dell'essere dell'ombra per sé.
L'ombra è della natura delle cose universali, che tutte sono piú potenti nel principio, e inverso il fine indeboliscono: dico nel principio di ogni forma e qualità evidente ed inevidente, e non delle cose condotte di piccol principio in molto accrescimento dal tempo, come sarebbe una gran quercia che ha debole principio per una piccola ghianda; anzi dirò la quercia essere piú potente al nascimento, ch'essa fa della terra, cioè nella maggiore sua grossezza; adunque le tenebre sono il primo grado dell'ombra, e la luce è l'ultimo.
Adunque tu, pittore, farai l'ombra piú scura appresso alla sua cagione, ed il fine che si converta in luce, cioè che paia senza fine.
537.
Che cosa è ombra e lume, e qual è di maggior potenza.
Ombra è privazione di luce, e sola opposizione de' corpi densi opposti ai raggi luminosi; ombra è di natura delle tenebre, lume è di natura della luce; l'uno asconde e l'altro dimostra; sono sempre in compagnia congiunti ai corpi; e l'ombra è di maggior potenza che il lume, imperocché quella proibisce e priva interamente i corpi della luce, e la luce non può mai cacciare in tutto l'ombra dai corpi, cioè corpi densi.
538.
Che sia ombra e tenebre.
L'ombra è diminuzione di luce; tenebre è privazione di luce.
539.
In quante parti si divide l'ombra.
L'ombra si divide in due parti, delle quali la prima è detta ombra primitiva, la seconda ombra derivativa.
540.
Dell'ombra e sua divisione.
Le ombre ne' corpi si generano dagli obietti oscuri ad essi corpi anteposti, e si dividono in due parti, delle quali l'una è detta primitiva, l'altra derivativa.
541.
Di due specie di ombre ed in quante parti si dividono.
Le specie delle ombre si dividono in due parti, l'una delle quali è detta semplice e l'altra composta: semplice è quella che da un sol lume e da un sol corpo è causata; composta è quella che da piú lumi sopra un medesimo corpo si genera, o da piú lumi sopra piú corpi.
La semplice ombra si divide in due parti, cioè primitiva e derivativa: primitiva è quella che è congiunta nelle superficie del corpo ombroso; derivativa è quell'ombra che si parte dal predetto corpo, e discorre per l'aria, e se trova resistenza si ferma nel luogo dove percuote colla figura della sua propria base; e il simile si dice delle ombre composte.
Sempre l'ombra primitiva si fa base dell'ombra derivativa.
I termini delle ombre derivative sono rettilinei.
Tanto piú diminuisce l'oscurità dell'ombra derivativa, quanto essa è piú remota dall'ombra primitiva.
Quell'ombra si dimostrerà piú oscura, che sarà circondata da piú splendida bianchezza; e, pel contrario, sarà meno evidente dov'essa sarà generata in piú oscuro campo.
542.
Qual è piú oscura, o l'ombra primitiva o l'ombra derivativa.
[vedi figura 075.gif]
Sempre è piú oscura l'ombra primitiva che l'ombra derivativa, non essendo corrotta dalla percussione di un lume riflesso che si fa campo della percussione di essa ombra derivativa.
bcde sia il corpo ombroso; a sia il lume che causa l'ombra primitiva bec e fa la derivativa bechi; dico che se non è l'illuminato riflesso fheig che rifletta e corrompa l'ombra primitiva in be e con fh, ed in ce con ig, che tale ombra primitiva resterà piú oscura che la percussione della derivativa, essendo l'un'ombra e l'altra fatta in superficie di eguale oscurità di colore, o di egual chiarezza.
L'ombra parrà tanto piú scura, quanto essa sarà piú presso al lume.
Tutte le ombre sono di un medesimo colore, e quella che si trova in campo piú luminoso apparisce di maggiore oscurità.
Infra le ombre di pari qualità, quella che sarà piú vicina all'occhio apparirà di minore oscurità.
543.
Che differenza è da ombra a tenebre.
Ombra è detta quella dove alcuna parte di luminoso o illuminato può vedere; tenebre è quella dove alcuna parte di luminoso o illuminato per incidenza o riflessione può vedere.
544.
Che differenza è da ombra semplice a ombra composta.
Ombra semplice è quella dove alcuna parte del luminoso non può vedere, ed ombra composta è quella dove infra l'ombra semplice si mischia alcuna parte del lume derivativo.
545.
Che differenza è da lume composto a ombra composta.
Ombra composta è quella la quale partecipa piú dell'ombroso che del luminoso; lume composto è quello che partecipa piú del luminoso che dell'ombroso; adunque diremo quell'ombra e quel lume composto pigliare il nome da quella cosa di che esso è piú partecipante; cioè che se un luminato vede piú ombra che lume, sarà detto vestito di ombra composta; e se sarà vestito piú dal luminoso che dall'ombroso, allora, com'è detto, sarà nominato lume composto.
546.
Come sempre il lume composto e l'ombra composta confinano insieme.
Sempre i lumi composti e le ombre composte confinano insieme; ma il termine esteriore dell'ombra composta è l'ombra semplice, ed il termine del lume composto è il semplice illuminato.
547.
Che il termine dell'ombra semplice sarà di minor notizia.
Il termine dell'ombra semplice sarà di minor notizia che il termine dell'ombra composta, del quale il corpo ombroso sarà piú vicino al corpo luminoso; e questo nasce perché l'angolo dell'ombra e lume composto è piú ottuso.
Sempre l'ombra derivativa semplice nata da corpo minore del suo luminoso avrà la base di verso il corpo ombroso; ma l'ombra col lume composto avrà l'angolo di verso il luminoso.
548.
Dell'ombra derivativa composta.
[vedi figura 076.gif]
L'ombra derivativa composta perde tanto piú della sua oscurità, quanto essa si fa piú remota dall'ombra semplice derivativa.
Provasi per la nona che dice: quell'ombra si farà di minore oscurità, che da maggiore quantità di luminoso sarà veduta.
Sia adunque on luminoso e ba ombroso, e sia onf la piramide luminosa e bak la piramide della semplice derivativa.
Dico che in g sarà meno illuminato il quarto che in f, perché in f vede tutto il lume on e in g manca il quarto del lume on, conciossiaché solo cn, ch'è i tre quarti del luminoso, è quel che illumina in g, e in h vede la metà dn del luminoso on; adunque h ha la metà del lume f, ed in i vede il quarto di esso lume on, cioè en; adunque i è men luminoso i tre quarti dell'f, ed in k non vede alcuna parte di esso lume; adunque lí è privazione di lume, e principio della semplice ombra derivativa.
E cosí abbiam definito della composta ombra derivativa.
549.
Come l'ombra primitiva e derivativa sono congiunte.
[vedi figura 076bis.gif]
Sempre l'ombra primitiva con l'ombra derivativa sarà congiunta; questa conclusione per sé si prova, perché l'ombra primitiva si fa base della derivativa, ma sol si variano, per quanto che l'ombra primitiva di sé tinge il corpo al quale è congiunta, e la derivativa s'infonde per tutta l'aria da essa penetrata.
Provasi, e sia il corpo luminoso f, e il corpo ombroso sia aobc, e l'ombra primitiva, ch'è congiunta a tal corpo ombroso, è la parte abc, e la derivativa abcd nasce insieme con la primitiva; e questa tale ombra è detta semplice, nella quale alcuna parte del luminoso non può vedere.
550.
Come l'ombra semplice con l'ombra composta si congiunge.
Sempre la semplice ombra con l'ombra composta sarà congiunta; questo si prova per la passata, dove dice l'ombra primitiva farsi base dell'ombra derivativa; e perché l'ombra semplice e la composta nascono in un medesimo corpo l'una all'altra congiunta, egli è necessario che l'effetto partecipi della causa; e perché l'ombra composta non è in sé altro che diminuzione di lume, e comincia al principio del corpo luminoso e finisce insieme col fine di esso luminoso, seguita che tale ombra si genera in mezzo infra la semplice ombra ed il semplice lume.
Provasi, e sia il luminoso abc e l'ombroso de, e la semplice ombra derivativa sia def, e la composta ombra derivativa fek; ma la semplice derivativa non vede parte alcuna del corpo luminoso: ma l'ombra derivativa composta vede sempre parte del luminoso, maggiore o minore, secondo la maggiore o minor remozione che le sue parti hanno dall'ombra semplice derivativa.
Provasi, e sia tale ombra efk, la quale con la metà della sua grossezza fk, cioè ik, vede la metà del luminoso ab ch'è ac; e questa è la parte piú chiara di essa ombra composta, e l'altra metà piú oscura della medesima composta, ch'è fi, vede cb, seconda metà di esso luminoso; e cosí abbiamo determinato le due parti della composta ombra derivativa, piú chiara o men oscura l'una che l'altra.
551.
Della semplice e composta ombra primitiva.
La semplice e la composta ombra son cosí proporzionate infra loro nelle ombre primitive congiunte ai corpi ombrosi, come nelle ombre derivative separate dai medesimi corpi ombrosi.
E questo si prova perché le derivative semplici e composte sono cosí infra loro congiunte senza alcuna intermissione, come se fossero esse primitive di esse derivative origine.
552.
De' termini dell'ombra composta.
La derivativa ombra composta è d'infinita lunghezza, per esser essa piramidale di piramide originata alla sua punta; e questo si prova perché, in qualunque parte si sia tagliata essa lunghezza piramidale, mai sarà distrutto il suo angolo, come accade nella derivativa ombra semplice.
553.
Del termine dell'ombra semplice.
L'ombra derivativa semplice è di breve discorso rispetto alla derivativa composta, perché essa composta, com'è detto, ha origine dal suo angolo, e questa ha l'origine dalla sua base; e questo si manifesta perché in qualunque parte essa piramide sia tagliata da corpo ombroso, essa divisione non distrugge mai la base sua.
554.
Che ombra fa il lume eguale all'ombroso nella figura delle sue ombre.
Se l'ombroso sarà eguale al luminoso, allora l'ombra semplice sarà parallela e infinita per lunghezza; ma l'ombra ed il lume composto sarà piramidale d'angolo riguardatore del luminoso.
555.
Che ombra fa l'ombroso maggiore del luminoso.
Se l'ombroso sarà maggiore del suo luminoso, allora la semplice ombra derivativa avrà i suoi lati concorrenti all'angolo potenziale di là dal corpo luminoso; e gli angoli dell'ombra e lume composto riguarderanno tutto il corpo luminoso.
556.
Quante sono le sorta delle ombre.
Tre sono le sorta delle ombre, delle quali l'una nasce dal lume particolare, com'è sole, luna o fiamma; la seconda è quella che deriva da porta, finestra od altra apertura, donde si vede gran parte del cielo; la terza è quella che nasce dal lume universale, com'è il lume del nostro emisfero, essendo senza sole.
557.
Quante sono le specie delle ombre.
[vedi figura 077.gif]
Le specie delle ombre sono di due sorta, delle quali l'una è detta primitiva, l'altra derivativa: primitiva è quella ch'è congiunta al corpo ombroso; derivativa è quella che deriva dalla primitiva.
558.
Di quante sorta è l'ombra primitiva.
L'ombra primitiva è unica e sola e mai non si varia, ed i suoi termini vedono il termine del corpo luminoso ed i termini della parte del corpo illuminata, dov'essa è congiunta.
559.
In quanti modi si varia l'ombra primitiva.
[vedi figura 078.gif]
L'ombra primitiva si varia in due modi, de' quali il primo è semplice, e il secondo è composto.
Semplice è quello che riguarda luogo oscuro, e per questo tale ombra è tenebrosa; composta è quella che vede luogo illuminato con varî colori, che allora tale ombra si mischierà colle specie de' colori degli obietti contrapposti.
560.
Che varietà ha l'ombra derivativa.
Le varietà dell'ombra derivativa sono di due sorta, delle quali l'una è mista coll'aria che sta per iscontro all'ombra primitiva; l'altra è quella che percuote nell'obietto che taglia essa derivativa.
561.
Di quante figure è l'ombra derivativa.
[vedi figura 079.gif]
Tre sono le figure dell'ombra derivativa: la prima è piramidale, nata dall'ombroso minore del luminoso; la seconda è parallela, nata dall'ombroso eguale al luminoso; la terza è disgregabile in infinito, ed infinita è la colonnale, ed infinita la piramidale, perché dopo la prima piramide fa intersecazione, e genera contro la piramide finita una infinita piramide, trovando infinito spazio.
E di queste tre sorta di ombre derivative si tratterà appieno.
562.
Dell'ombra che si muove con maggior velocità che il corpo suo ombroso.
[vedi figura 080.gif]
Possibile è che l'ombra derivativa sia moltissime volte piú veloce che la sua ombra primitiva.
Provasi, e sia a il luminoso, b sia il corpo ombroso, il quale si muove di b in c per la linea bd; e nel medesimo tempo l'ombra derivativa del corpo b si muove tutto lo spazio be, il quale spazio può ricever in sé migliaia di volte lo spazio bc.
563.
Dell'ombra derivativa, la quale è molto piú tarda che l'ombra primitiva.
[vedi figura 081.gif]
È possibile ancora che l'ombra derivativa sia molto piú tarda che l'ombra primitiva.
Provasi, e sia che il corpo ombroso bc si muova sopra il piano ne tutto lo spazio ce, e che la sua ombra derivativa sia nella contrapposta parete de; dico che l'ombra primitiva bc si muoverà tutto lo spazio bd, che l'ombra derivativa non si partirà del de.
564.
Dell'ombra derivativa che sarà eguale all'ombra primitiva.
Il moto dell'ombra derivativa sarà eguale al moto dell'ombra primitiva quando il luminoso, causatore dell'ombra, sarà di moto eguale al moto del corpo ombroso, o vuoi dire dell'ombra primitiva, altrimenti è impossibile; perché chi cammina per ponente dalla mattina alla sera avrà la prima parte del dí l'ombra piú tarda, andando innanzi al camminante, che non è esso camminatore; e nell'ultima metà del dí l'ombra sarà molto piú veloce al fuggire indietro, che il corpo ombroso ad andare innanzi.
565.
Dell'ombra derivativa remota dall'ombra primitiva.
[vedi figura 082.gif]
I termini dell'ombra derivativa saranno piú confusi, i quali saranno piú distanti all'ombra primitiva.
Provasi, e sia ab luminoso; è cd l'ombroso primitivo, ed ed è la semplice ombra derivativa, e cge è il termine confuso di essa ombra derivativa.
566.
Natura ovvero condizione dell'ombra.
Nessuna ombra è senza riflesso, il quale riflesso l'aumenta o la indebolisce; e quella riflessione l'aumenta, la quale nasce da cosa oscura piú di essa ombra; e quell'altra riflessione la indebolisce, ch'è nata da cosa piú chiara di essa ombra.
[vedi figura 083.gif]
567.
Qual è l'ombra aumentata.
L'ombra aumentata è quella nella quale solo riflette la sua ombra derivativa, a sia il luminoso, bc sia l'ombra primitiva ovvero originale, edg sarà l'ombra originata.
568.
Se l'ombra primitiva è piú potente che l'ombra derivativa.
[vedi figura 084.gif]
L'ombra primitiva, essendo semplice, sarà di eguale oscurità dell'ombra semplice derivativa.
Provasi, e sia l'ombra semplice primitiva de, e la semplice derivativa sia fg; dico per la quarta di questo, dove dice: tenebre è privazion di luce, adunque la semplice ombra è quella che non riceve alcuna riflessione illuminata, e per questo resta tenebrosa, come de che non vede il lume a, né ancora l'ombra semplice derivativa fg non lo vede, e per tanto vengono ad essere infra loro esse ombre di eguale oscurità, perché l'una e l'altra è privata di luce e di riflesso luminoso.
569.
De' moti delle ombre.
I moti delle ombre sono di cinque nature, de' quali il primo diremo essere quello che muove l'ombra derivativa insieme col suo corpo ombroso, ed il lume causatore di essa ombra resta immobile; il secondo diremo quello del quale si muove l'ombra ed il lume, ma il corpo ombroso è immobile; il terzo sarà quello dal quale si muove il corpo ombroso ed il luminoso, ma con piú tardità il luminoso, che l'ombroso; nel quarto moto di essa ombra si muove piú veloce il corpo ombroso che il luminoso,(50) e nel quinto i moti dell'ombroso e del luminoso sono infra loro eguali.
E di questo si tratterà distintamente al suo luogo.
570.
Percussione dell'ombra derivativa e sue condizioni.
La percussione dell'ombra derivativa non sarà mai simile all'ombra primitiva, s'essa non ha condizioni: prima, che il corpo ombroso non abbia angoli, né sia traforato, né frappato; seconda, che la figura del corpo luminoso sia di figura simile alla figura del corpo ombroso; terza, che la grandezza del corpo luminoso sia eguale alla grandezza del corpo ombroso; quarta, che la superficie del raggio ombroso sia in ogni lato di eguale lunghezza; quinta, che la percussione dell'ombra derivativa sia creata infra angoli eguali; sesta, che tal percussione sia fatta in parete piana ed unita.
571.
Dell'ombra derivativa, e dove è maggiore.
Quell'ombra derivativa è di maggior quantità, la quale nasce da maggior quantità di lume, e cosí pel contrario.
Provasi: ab, lume piccolo, fa le ombre derivative cge e dfh, che son piccole.
Piglia la figura succedente: nm, lume del cielo, che è universale, fa l'ombra derivativa grande in rtx, e cosí lo spazio osu, perché la parte del cielo pn fa essa ombra rtx, e cosí lo spazio lm, parte del cielo, fa l'opposita ombra osu.
[vedi figura 085.gif]
572.
Della morte dell'ombra derivativa.
L'ombra derivativa sarà al tutto distrutta ne' corpi illuminati da lume universale.
573.
Della somma potenza dell'ombra derivativa.
Ne' lumi particolari l'ombra derivativa si farà di tanto maggior potenza, quanto esso lume sarà di minor quantità sensibile e di piú potente chiarezza.
574.
Dell'ombra semplice di prima oscurità.
[vedi figura 086.gif]
L'ombra semplice è quella che da nessun lume riflesso può esser veduta, ma solo da un'ombra opposita sarà aumentata.
Sia lo sferico g messo nella concavità bcef, ed il lume particolare sia a, il quale percuote in b e riflette in d, e risalta con la seconda riflessione nello sferico g, il quale aduna parte dell'ombra semplice nell'angolo e, che non vede né il lume incidente né il lume riflesso di nessun grado di riflessione.
Adunque l'ombra dello sferico riceve la riflessione dall'ombra semplice e, e per questo è detta ombra semplice.
575.
Delle tre varie figure delle ombre derivative.
[vedi figura 087.gif]
Tre sono le varietà delle ombre derivative, delle quali l'una è larga nel suo nascimento, e quanto piú si rimuove da tal principio, piú si ristringe; la seconda osserva infinita lunghezza colla medesima lunghezza del suo nascimento; la terza è quella che in ogni grado di distanza dopo la larghezza del suo nascimento acquista gradi di larghezza.
576.
Varietà di ciascuna delle dette tre ombre derivative.
Dell'ombra derivativa nata da corpo ombroso minore del corpo che l'illumina, quella sarà piramidale, e tanto piú corta, quanto essa sarà piú vicina al corpo luminoso; ma la parallela in tal caso non si varia; ma la dilatabile tanto piú si allarga quanto piú si avvicina al suo luminoso.
577.
Che le ombre derivative sono di tre nature.
[vedi figura 088.gif]
Le ombre derivative sono di tre nature, delle quali l'una è dilatabile, l'altra colonnale, la terza concorrente al sito dell'intersecazione de' suoi lati; i quali dopo tale intersecazione sono d'infinita larghezza, ovvero rettitudine; e se tu dicessi tale ombra esser terminata nell'angolo della congiunzione de' suoi lati, e non passare piú oltre, questo si nega, perché nella prima delle ombre si prova quella cosa essere interamente terminata, della quale parte alcuna non eccede i suoi termini; il che qui in tale ombra si vede il contrario, conciossiaché mediante che nasce tale ombra derivativa, nasce manifestamente la figura di due piramidi ombrose, le quali nei loro angoli sono congiunte.
Adunque, se per l'avversario la prima piramide ombrosa è terminatrice dell'ombra derivativa col suo angolo, donde nasce la seconda piramide ombrosa? Dice l'avversario esser causata dall'angolo e non dal corpo ombroso; e questo si nega coll'aiuto della seconda di questo, che dice l'ombra essere un accidente creato da corpi ombrosi interposti infra il sito di essa ombra ed il corpo luminoso.
E per questo è chiaro l'ombra non dall'angolo dell'ombra derivativa essere generata, ma solo dal corpo ombroso.
578.
Che le ombre derivative sono di tre specie.
Le ombre derivative sono di tre specie, cioè, o sarà maggiore il tagliamento dell'ombra nella parete ove percuote, che non è la base sua, o l'ombra sarà minore di essa base, o sarà eguale.
E se sarà maggiore, è segno che il lume che illumina il corpo ombroso è minore di esso corpo; e se sarà minore, il lume sarà maggiore del corpo; e se sarà eguale, il lume sarà eguale ad esso corpo.
579.
Qualità di ombre.
Infra le eguali alleviazioni di luce tal proporzione sarà da oscurità a oscurità delle generate ombre, qual sarà da oscurità a oscurità de' colori ove tali ombre son congiunte.
580.
Del moto dell'ombra.
[vedi figura 089.gif]
Sempre il moto dell'ombra è piú veloce che il moto del corpo che la genera, essendo il luminoso immobile.
Provasi, e sia il luminoso a, e l'ombroso b, e l'ombra d; dico che in pari tempo si muove l'ombroso b in c che il d ombra si muove in e; e quella proporzione è da velocità a velocità fatta in un medesimo tempo, qual è da lunghezza di moto a lunghezza di moto; adunque quella proporzione che ha la lunghezza del moto fatto dall'ombra b insino in c, colla lunghezza del moto fatto dall'ombra d in e, tale hanno infra loro le predette velocità de' moti.
Ma se il luminoso sarà eguale in velocità al moto dell'ombroso, allora l'ombra e l'ombroso saranno eguali infra loro di moti eguali.
E se il luminoso sarà piú veloce dell'ombroso, allora il moto dell'ombra sarà piú tardo che il moto dell'ombroso.
Ma se il luminoso sarà piú tardo che l'ombroso, allora l'ombra sarà piú veloce che l'ombroso.
581.
Dell'ombra piramidale.
[vedi figura 090.gif]
L'ombra piramidale generata dal corpo parallelo sarà tanto piú stretta che il corpo ombroso, quanto la semplice ombra derivativa sarà tagliata piú distante dal suo corpo ombroso.
582.
Della semplice ombra derivativa.
La semplice ombra derivativa è di tre sorta, cioè una finita in lunghezza e due infinite: la finita è piramidale, e delle infinite una ve n'è colonnale e l'altra dilatabile, e tutte e tre sono di lati rettilinei; ma l'ombra concorrente, cioè piramidale, nasce da ombroso minore del luminoso, e la colonnale nasce da ombroso eguale al luminoso, e la dilatabile da ombroso maggiore del luminoso.
583.
Dell'ombra derivativa composta.
L'ombra derivativa composta è di due sorta, cioè colonnale e dilatabile.
584.
Se l'ombra può esser veduta per l'aria.
L'ombra sarà veduta per l'aria caliginosa o polverosa, e questo ci si mostra quando il sole penetra per gli spiracoli in luoghi oscuri, che allora si vede l'ombra interposta infra i due o piú raggi solari che passano infra detti spiracoli.
585.
Se l'ombra derivativa è piú oscura in un luogo che in un altro.
L'ombra derivativa sarà tanto piú oscura, quanto essa sarà piú vicina al suo corpo ombroso, ovvero piú vicina alla sua ombra primitiva; e questo nasce perché i suoi termini sono piú noti nel nascimento che nelle parti remote da tal nascimento.
586.
Quale ombra derivativa mostrerà i suoi termini piú noti.
Quell'ombra derivativa mostrerà i termini della sua percussione piú noti, della quale il corpo ombroso sarà piú distante dal corpo luminoso.
587.
In quanti modi principali si trasforma la percussione dell'ombra derivativa.
[vedi figura 091.gif]
La percussione dell'ombra derivativa ha due varietà, cioè diretta ed obliqua: la diretta è sempre minore in quantità dell'obliqua, la quale si può estendere inverso l'infinito.
588.
In quanti modi si varia la quantità della percussione dell'ombra coll'ombra primitiva.
[vedi figura 092.gif]
L'ombra, ovvero la percussione dell'ombra, si varia in tre modi, per le tre dette sorta di sopra, cioè congregabile, disgregabile ed osservata: la disgregabile ha maggiore la percussione che l'ombra primitiva; l'osservata ha sempre eguale la percussione all'ombra primitiva; la congregabile fa di due sorta percussioni, cioè una nella congregabile e l'altra nella disgregabile; ma la congregabile ha sempre minore la percussione dell'ombra che l'ombra primitiva, e la sua parte disgregabile fa il contrario.
589.
Come l'ombra derivativa, essendo circondata in tutto o in parte da campo illuminato, è piú oscura che la primitiva.
[vedi figura 093.gif]
L'ombra derivativa, la quale sarà in tutto o in parte circondata da campo luminoso, sarà sempre piú oscura che l'ombra primitiva, la quale è in piana superficie.
Sia il lume a, e l'obietto che ritiene l'ombra primitiva sia bc, e la parete de sia quella che riceve l'ombra derivativa nella parte nm, ed il suo rimanente dn ed me resta illuminato dall'a, ed il lume dn riflette nell'ombra primitiva bc, ed il simile fa il lume me; adunque la derivativa nm, non vedendo il lume a, resta oscura, e la primitiva si illumina dal campo illuminato che circonda la derivativa, e però è piú oscura la derivativa che la primitiva.
590.
Come l'ombra primitiva, che non è congiunta con piana superficie, non sarà di eguale oscurità.
[vedi figura 094.gif]
Provasi, e sia l'ombra primitiva congiunta all'obietto bcd, nel quale vede l'ombra derivativa fg, ed ancora vi vede il campo suo illuminato efgh; dico che tal corpo sarà piú illuminato in b estremo che nel mezzo d, perché in b vede il lume a primitivo, ed il lume ef derivativo vi vede per raggi riflessi e l'ombra derivativa fg non vi aggiunge, perché fbd è l'angolo della contingenza fatto dalla fb e dalla curva bd; e tutto il rimanente di tal corpo è veduto dall'ombra derivativa fg, piú o meno, secondo che la linea fg può farsi base di triangolo con maggiore o minore angolo.
591.
Condizione degli obietti oscuri di ciascun'ombra.
Infra gli obietti di eguale oscurità, figura e grandezza, quello aumenterà piú l'oscurità della contrapposta ombra, il quale le sarà piú vicino.
592.
Qual campo renderà le ombre piú oscure.
[vedi figura 095.gif]
Infra le ombre di eguale oscurità quella si dimostrerà piú oscura, la quale si genera in campo di maggiore bianchezza; seguita che quella parrà meno oscura, che sarà in campo piú oscuro.
Provasi in una medesima ombra, perché la sua parte estrema, che da una parte confina col campo bianco, pare oscurissima, e dall'altra parte dov'essa confina con sé medesima, pare di poca oscurità.
E sia l'ombra dell'obietto bd fatta sopra dc, la quale par piú nera in nc, perché confina col campo bianco ce, che in nd, che confina col campo oscuro nc.
593.
Dove sarà piú oscura l'ombra derivativa.
Quell'ombra derivativa sarà di maggiore oscurità la quale sarà piú vicina alla sua causa, e quelle che sono remote si faranno piú chiare.
Quell'ombra sarà piú spedita e terminata, che sarà piú vicina al suo nascimento, e manco spedita è la piú remota.
L'ombra si dimostra piú oscura inverso gli estremi che inverso il mezzo suo.
594.
Delle ombre.
Mai l'ombra avrà la vera similitudine del dintorno del corpo donde nasce, ancora che fosse sferica, se il lume non sarà della figura del corpo ombroso.
Se il lume è di lunga figura, la qual lunghezza si estenda in alto, le ombre de' corpi da quello illuminate si estenderanno in latitudine.
Se la lunghezza del lume sarà trasversale, l'ombra del corpo sferico si farà lunga nella sua altezza; e cosí per qualunque modo si troverà la lunghezza del lume, sempre l'ombra avrà la sua lunghezza in contrario intersecata ad uso di croce colla lunghezza del lume.
Se il lume sarà piú grosso e piú corto del corpo ombroso, la percussione dell'ombra derivativa sarà piú lunga e piú sottile che l'ombra primitiva.
Se il lume sarà piú sottile e piú lungo che il corpo ombroso, la percussione dell'ombra derivativa sarà piú grossa e piú corta che la primitiva.
Se la lunghezza e larghezza del luminoso saranno eguali alla lunghezza e larghezza del corpo ombroso, allora la percussione della derivativa ombra sarà della medesima figura ne' suoi termini che l'ombra primitiva.
595.
De' termini che circondano le ombre derivative nelle loro percussioni.
Sempre i termini delle semplici ombre derivative sono nelle loro percussioni circondati del colore delle cose illuminate, che mandano i loro raggi dal medesimo lato del luminoso che illumina il corpo ombroso generatore della detta ombra.
596.
Come ogni corpo ombroso genera tante ombre quante sono le parti luminose che lo circondano.
I corpi ombrosi generano tante sorta di ombre intorno alla loro base, e di tanti colori, quanti sono gli oppositi colori illuminati che li circondano; ma tanto piú potente l'una che l'altra, quanto il luminoso opposito sarà di maggior splendore, e questo c'insegnano diversi lumi posti intorno ad un medesimo corpo ombroso.
597.
Delle varie oscurità delle ombre circondatrici di un medesimo corpo ombroso.
Delle ombre circondatrici di un medesimo corpo ombroso, quella sarà piú oscura, la quale sarà generata da piú potente luminoso.
598.
Dell'ombra fatta da un corpo infra due lumi eguali.
Quel corpo che si troverà collocato infra due lumi eguali muoverà da sé due ombre, le quali si drizzeranno per linea ai due lumi, e se rimuoverai detto corpo e lo farai piú presso all'uno de' lumi che all'altro, l'ombra sua che si drizzerà a piú propinquo lume sarà di minore oscurità che se si drizzerà al piú lontano lume.
599.
Che quel corpo ch'è piú propinquo al lume fa maggior ombra, e perché.
Se un obietto anteposto ad un particolar lume sarà di propinqua vicinità, vedrai a quello far ombra grandissima nella contrapposta parete; e quanto piú allontanerai detto obietto dal lume, tanto si diminuirà la forma di essa ombra.
600.
Perché l'ombra maggiore che la sua cagione si fa di discordante proporzione.
La discordanza della proporzione dell'ombra grande piú che la sua cagione nasce perché il lume, essendo minore che l'obietto, non può essere di eguale distanza alle estremità di esso obietto, e quella parte ch'è piú propinqua piú cresce che le distanti; e però piú cresce.
601.
Perché l'ombra maggiore che la sua cagione ha termini confusi.
Quell'aria che circoscrive il lume è quasi di natura di esso lume per chiarezza e per colore, e quanto piú si allontana, piú perde di sua similitudine; e la cosa che fa grand'ombra è vicina al lume, e trovasi illuminata dal lume e dall'aria luminosa, onde quest'aria lascia i termini confusi dell'ombra.
602.
Come l'ombra separata non sarà mai simile per grandezza alla sua cagione.
[vedi figura 096.gif]
Se i raggi luminosi sono, come l'esperienza conferma, causati da un solo punto, ed in corso circolare al suo punto si van disgregando e spargendo per l'aria, quanto piú si allontanano, piú si allargano, e sempre la cosa posta fra il lume e la parete è portata per ombra maggiore, perché i raggi che la toccano, giunto il loro concorso alla parete, son fatti piú larghi.
603.
Che differenza è da ombra congiunta co' corpi ad ombra separata.
Ombra congiunta è quella che mai si parte dai corpi illuminati, come sarebbe una palla, la quale stante al lume sempre ha una parte di sé occupata dall'ombra, la quale mai si divide per mutazione di sito fatta da essa palla.
Ombra separata può essere e non essere creata dal corpo; poniamo ch'essa palla sia distante da un muro un braccio, e dall'opposita parte sia il lume; il detto lume manderà in detto muro appunto tanta dilatazione di ombra, quant'è quella che si trova sulla parte della palla che è volta a detto muro.
Quella parte dell'ombra separata che non appare, sarà quando il lume sarà di sotto alla palla, che la sua ombra ne va inverso il cielo, e non trovando resistenza pel cammino, si perde.
604.
Natura dell'ombra derivativa.
L'ombra derivativa cresce e diminuisce secondo l'accrescimento o diminuzione della sua ombra primitiva.
605.
Delle figure delle ombre.
Mai l'ombra derivativa sarà integralmente simile al corpo ombroso che la genera se il lume che cinge co' suoi raggi i termini di tal corpo non è della medesima figura di esso corpo.
606.
Dell'ombra derivativa generata in altra ombra derivativa.
[vedi figura 097.gif]
L'ombra derivativa nata dal sole può esser fatta sopra l'ombra derivativa generata dall'aria.
Provasi, e sia l'ombra dell'obietto m, la quale è generata dall'aria ef nello spazio dcb; e sia che l'obietto n mediante il sole g faccia l'ombra abc; e del rimanente dell'ombra dm e che in tal sito non vede l'aria ef;(51) né ancora vi vede il sole, adunque è ombra doppia perché è generata dai due obietti, cioè nm.
607.
De' termini dell'ombra derivativa.
I termini dell'ombra derivativa sono meno sensibili ne' lumi universali che nei particolari.
608.
Dell'estensione dell'ombra derivativa.
I termini delle ombre derivative si dilatano tanto piú dintorno al corpo ombroso, quanto il lume che le genera è di maggior grandezza.
609.
Dove l'ombra derivativa è piú oscura.
Quella parte dell'ombra derivativa sarà piú oscura, la quale sarà piú vicina alla sua causa.
Seguita il contrario, che dice: quella parte dell'ombra derivativa sarà di minore oscurità, la quale sarà piú remota dalla sua causa.
610.
Delle varietà delle ombre nel variare le grandezze de' lumi che le generano.
Tanto cresce l'ombra ad un medesimo corpo, quanta è la diminuzione del lume che la genera senza mutazioni di sito.
611.
Del variare dell'ombra senza diminuzione del lume che la causa.
Tanto cresce o diminuisce l'ombra di un medesimo corpo, quanto cresce o diminuisce lo spazio interposto infra il lume e l'obietto ombroso, il quale è in sé minore del corpo luminoso.
612.
Dell'ombra che si converte in lume.
Il sito ombrato mediante il sole resterà illuminato dall'aria dopo la partita di esso sole, perché sempre il minor lume è ombra del lume maggiore.
613.
Del lume che si converte in ombra.
Il sito illuminato dall'aria si farà ombroso se sarà circondato dalla percussione de' raggi solari; e questo nasce perché il maggior lume fa parere oscuro il lume di minor luce.
614.
Dell'ombra derivativa creata da lume di lunga figura, che percuote l'obietto simile a sé.
[vedi figura 098.gif]
Quando il lume che passa per spiracolo di lunga e stretta figura percuoterà l'obietto ombroso di figura e situazione simile a sé, allora l'ombra avrà la figura dell'obietto ombroso.
Provasi, e sia lo spiracolo donde penetra il lume nel luogo oscuro ab, e l'obietto colonnale di figura eguale e simile alla figura dello spiracolo sia cd, ed ef sia la percussione del raggio ombroso del detto obietto cd; dico tale ombra non poter essere maggiore, né ancora minore di esso spiracolo in alcuna distanza, essendo il lume condizionato nel predetto modo.
E questo resta provato per la quarta di questo, che dice che tutti i raggi ombrosi e luminosi sono rettilinei.
615.
Che le ombre debbono sempre partecipare del colore del corpo ombroso.
Nessuna cosa pare della sua naturale bianchezza, perché i siti ne' quali essa è veduta la rendono all'occhio tanto piú o men bianca, quanto tal sito sarà piú o meno oscuro; e questo c'insegna la luna, che di giorno ci si mostra nel cielo di poca chiarezza e la notte con tanto splendore, ch'essa ci rende di sé il simulacro del sole e del giorno col suo scacciar delle tenebre.
E questo nasce da due cose: e prima è il paragone che in sé ha natura di mostrare le cose tanto piú perfette nelle specie de' loro colori, quanto esse sono piú disformi; la seconda è che la pupilla è maggiore la notte che il giorno, com'è provato; e maggiore pupilla vede un corpo luminoso di maggior quantità e di piú eccellente splendore che la pupilla minore, come prova chi guarda le stelle per un piccolo foro fatto nella carta.
616.
Delle cose bianche remote dall'occhio.
La cosa bianca rimossa dall'occhio, quanto piú si rimuove, piú perde la sua bianchezza, e tanto piú quanto il sole l'illumina, perché partecipa del colore del sole misto col colore dell'aria che s'interpone infra l'occhio ed il bianco.
La quale aria, se il sole è all'oriente, si mostra torba e rosseggiante mediante i vapori che in essa si levano; ma se l'occhio si volterà all'oriente, vedrà solamente le ombre del bianco partecipare del colore azzurro.
617.
Delle ombre delle cose remote e lor colore.
Le ombre delle cose remote parteciperanno tanto piú di colore azzurro, quanto esse saranno in sé piú oscure e piú remote; e questo accade per la interposizione della chiarezza dell'aria che s'intramette infra l'oscurità de' corpi ombrosi interposti infra il sole e l'occhio che la vede; ma se l'occhio si volta in opposito al sole, non vedrà simile azzurro.
618.
Delle ombre, e quali sono quelle primitive che saranno piú oscure sopra il suo corpo.
[vedi figura 099.gif]
Le ombre primitive si faranno piú oscure, che saran generate in superficie di corpo piú denso, e pel contrario piú chiare nelle superficie de' corpi piú rari; questo è manifesto, perché le specie di quegli obietti che tingono de' lor colori i contrapposti corpi s'imprimono con maggior vigore, le quali trovan piú densa e pulita superficie sopra essi corpi.
Provasi, e sia il corpo denso rs interposto infra l'obietto luminoso nm e l'obietto ombroso op; per la settima del nono, che dice: la superficie di ogni corpo partecipa del colore del suo obietto, diremo adunque che la parte dcr di esso corpo è illuminata, perché il suo obietto nm è luminoso: e per simil modo diremo la parte opposita abs essere ombrosa, perché il suo obietto è oscuro; e cosí è concluso il nostro proposito.
619.
Qual parte della superficie di un corpo s'imprime meglio del colore del suo obietto.
Quella parte della superficie di un corpo denso partecipa piú intensamente del colore del suo obietto, la quale è men veduta da altri obietti di altri colori.
Adunque colla medesima figura ci serviremo al nostro proposito; e sia che la superficie del sopradetto corpo crd non sia veduta dall'oscurità op, essa sarà tutta privata di ombra, e similmente se la superficie asb non sarà veduta dal luminoso nm, essa sarà al tutto privata di luce.
620.
Qual parte della superficie di un corpo ombroso sarà dove i colori degli obietti si mischiano.
Per tutta quella parte della superficie di un corpo ombroso, la quale è veduta dai colori di piú obietti, saran miste le specie de' predetti colori; adunque la parte del corpo ombroso cdab sarà mista di luce e di ombra, perché in tal luogo è veduta dal lume nm e dall'oscuro op.
621.
Qual parte è di mediocre ombra nella superficie di un corpo ombroso.
La parte della superficie di un corpo ombroso sarà di mediocre chiarezza e di mediocre ombrosità, nella quale egualmente è veduto dal chiaro e dall'oscuro; adunque nella linea hk sarà un'ombra tanto meno oscura che la sua semplice ombra primitiva asb, quanto essa è men chiara che il semplice lume primitivo crd.
622.
Qual parte della superficie illuminata sarà di maggior chiarezza.
[vedi figura 100.gif]
Quella parte del corpo illuminato sarà piú luminosa, la quale sarà piú vicina all'obietto che l'illumina.
Provasi, e sia la parte del corpo illuminato opc, e l'obietto che lo illumina sia ab; dico che il punto c è piú illuminato che alcuna altra parte di tal corpo, perché l'angolo acb, luminoso che la percuote, è piú grosso che alcun altro angolo che in tale superficie generar si possa.
623.
Qual ombra principale nelle superficie de' corpi avrà minore o maggior differenza delle parti luminose.
L'ombra de' corpi neri, essendo principale, avrà minor differenza da' suoi lumi principali che nella superficie di alcun altro colore.
624.
Delle ombre fatte nelle parti ombrose de' corpi opachi.
Le ombre fatte nelle ombre de' corpi opachi non hanno ad essere di quella evidenza che hanno quelle che son fatte nelle parti luminose de' medesimi corpi, né ancora hanno da essere generate dal lume primitivo, ma da derivativo.
625.
Qual corpo piglia piú quantità di ombra.
[vedi figura 101.gif]
Quel corpo sarà vestito di maggior quantità di ombra, il quale sarà illuminato da minor corpo luminoso.
abcd sia il corpo ombroso, g è il piccolo luminoso, il quale solo illumina di esso ombroso la parte abc, onde la parte ombrosa adc resta molto maggiore che la parte luminosa abc.
626.
Qual corpo piglia piú quantità di luce.
[vedi figura 102.gif]
Maggior quantità di luce piglia quel corpo che da maggior lume sarà illuminato.
abcd sia il corpo illuminato, ef è quel corpo che lo illumina; dico, che per essere tanto maggiore il luminoso che l'illuminato, la parte illuminata bcd sarà molto maggiore che la sua parte ombrosa bad, e questo è provato per la rettitudine de' raggi luminosi eg, fg.
627.
Qual corpo piglia piú oscura ombra.
Quel corpo piglierà ombra di maggiore oscurità il quale sarà piú denso, ancoraché tali corpi sieno di un medesimo colore; dico che piú oscura sarà l'ombra di un panno verde, che quella di un albero fronzuto, ancoraché il verde del panno e delle foglie dell'albero sia di una medesima qualità; e questo causasi perché il panno non è trasparente com'è la foglia e non ha aria illuminata interposta infra le sue parti come ha la verdura delle piante, la quale abbia a confondere la parte ombrosa.
628.
Della qualità dell'oscurità delle ombre.
[vedi figura 103.gif]
Le oscurità delle ombre derivative sono variabili in infinito con tanta maggiore o minor potenza, quante sono le maggiori o minori distanze nelle quali le percussioni delle ombre derivative son causate.
Provasi, e sia il sole a che genera l'ombra nphi, nella quale entra il lume dell'aria che circonda i raggi solari, cioè ebrs di sopra, e di sotto fcrs, e rischiara essa ombra, la quale è oscurissima nello spazio npo, dove non vede né sole, né aria, se non gli estremi suoi b c.
629.
Dell'ombra delle verdure de' prati.
Le verdure de' prati hanno minima, anzi quasi insensibil ombra, e massime dove le erbe sono minute e sottili di foglie, e per questo le ombre non si posson generare, perché il grand'emisfero cinge in cerchio le minute festuche, e se non è cespo di larghe foglie, le ombre delle erbe sono di poca evidenza.
630.
Precetto di pittura.
[vedi figura 104.gif]
Ne' lumi universali le ombre occupano poco luogo nelle superficie de' loro corpi; e questo nasce perché la gran somma del lume del nostro emisfero cinge infino alle infime parti de' corpi ombrosi, se esso non è impedito col suo orizzonte, e massime se esso è sospeso dalla terra.
f sia l'ombroso, e la terra; abcd è il nostro emisfero, ad è l'orizzonte di tale emisfero, di che, ancoraché l'oscurità della terra ux oscuri tanto del corpo ombroso quanto essa ne vede, l'orizzonte che vede le medesime parti illumina i medesimi luoghi e confonde le specie ombrose della predetta terra, la quale era in disposizione di fare tali ombre oscure nel disotto dell'obietto, s'essa non n'era impedita.
631.
Delle ombre che non sono compagne della parte illuminata.
Rarissime sono quelle ombre de' corpi opachi che sieno vere ombre delle loro parti illuminate.
Questa è provata per la settima del quarto, la quale dice che la superficie di ogni corpo ombroso partecipa del colore del suo obietto.
Adunque il colore illuminato de' volti, avendo per obietto un color nero, parteciperà di ombre nere, e cosí farà del giallo, verde ed azzurro, e di ogni altro colore ad esso contrapposto: e questo accade per causa che ogni corpo manda la similitudine sua per tutta la sua circostante aria, com'è provato in prospettiva, e come si vede per esperienza del sole, del quale tutti gli obietti ad esso anteposti partecipano della sua luce e quella riflettono agli altri obietti, come si vede della luna e delle altre stelle, le quali a noi riflettono il lume a lor dato dal sole: ed il medesimo fanno le tenebre, conciossiaché esse vestono della loro oscurità ciò che dentro ad esse si rinchiude.
632.
Del lume de' corpi ombrosi che non sono quasi mai del vero colore del corpo illuminato.
Quasi mai potremo dire essere che la superficie de' corpi illuminati sia del vero colore di essi corpi.
La settima del quarto dice la causa di quello che ci è proposto, ed ancora ci dimostra che quando un volto posto in luogo oscuro sarà da una parte illuminato da un raggio dell'aria e da un altro dal raggio della candela accesa, senza dubbio parrà di due colori; ed avanti che l'aria vedesse tal volto, il lume della candela pareva suo debito colore; e cosí dell'aria interveniva.
Se terrai una lista bianca, e la metterai in luogo tenebroso, e le farai pigliare il lume per tre spiracoli, cioè dal sole, dal fuoco e dall'aria, tal lista sarà di tre colori.
633.
Come son le ombre per lunga distanza.
Le ombre si perdono in lunga distanza, perché la grande quantità dell'aria luminosa, che si trova infra l'occhio e la cosa veduta, tinge l'ombra di essa cosa nel suo colore.
634.
Della larghezza delle ombre, e de' lumi primitivi.
La dilatazione e retrazione delle ombre, ovvero la maggiore o minor larghezza delle ombre e de' lumi sopra i corpi opachi, saranno trovate nelle maggiori o minori curvità delle parti de' corpi dove si generano.
635.
Delle maggiori o minori oscurità delle ombre.
Le maggiori o minori oscurità delle ombre si generano nelle piú curve parti de' membri, e le meno oscure saranno trovate nelle parti piú larghe.
636.
Dove le ombre ingannano il giudizio che dà sentenza della lor maggiore o minore oscurità.
Infra le ombre di eguale oscurità quella si dimostrerà meno oscura, la quale sarà circondata da lumi di minore potenza, come sono le ombre che si generano infra lumi riflessi; adunque tu, pittore, pensa di non t'ingannare col variare tal ombra.
637.
Dove i lumi ingannano il giudizio del pittore.
Infra i lumi di eguale chiarezza quello parrà piú potente, il quale sarà minore e sarà circondato da campo piú oscuro.
638.
Dell'ombra ne' corpi.
Quando figuri le ombre oscure ne' corpi ombrosi, figura sempre la causa di tale oscurità, ed il simile farai de' riflessi, perché le ombre oscure nascono da oscuri obietti ed i riflessi da obietti di piccola chiarezza, cioè da lumi diminuiti; e tal proporzione è dalla parte illuminata de' corpi alla parte rischiarata dal riflesso, quale è dalla causa del lume di essi corpi alla causa di tale riflesso.
639.
Delle qualità di ombre e di lumi.
Molto maggiore sarà la differenza de' lumi dalle loro ombre ne' corpi posti ai potenti lumi, che in quelli che sono posti ne' luoghi oscuri.
640.
Delle ombre e lumi, e colori.
Quella parte del corpo ombroso si mostrerà piú luminosa, che da piú potente lume sarà illuminata.
Tanto sarà maggiore in sé la quantità delle ombre ne' corpi ombrosi che la sua quantità illuminata, quanto è maggiore la quantità della oscurità da lui veduta che quella dello splendore che lo illumina.
641.
De' lumi ed ombre, e colori di quelli.
Nessun corpo si dimostrerà mai integralmente del suo natural colore.
Quello che si propone può accadere per due diverse cause, delle quali la prima accade per interposizione del mezzo che s'include infra l'obietto e l'occhio; la seconda è quando le cose che illuminano il predetto corpo non ritengano in sé qualità di alcun colore.
Quella parte del corpo si dimostrerebbe del suo natural colore, la quale fosse illuminata da luminoso senza colore, e che in tale illuminamento non vegga altro obietto che il predetto lume: questo non accade mai potersi vedere se non nel colore turchino posto per piano inverso il cielo sopra un altissimo monte, acciocché in tal luogo non possa vedere altro obietto, e che il sole sia occupato, nel morire, da bassi nuvoli, e che il panno sia del colore dell'aria.
Ma in questo caso io mi ridico, perché il rosato anch'esso cresce di bellezza, quando il sole che l'illumina nell'occidente rosseggia insieme co' nuvoli che gli s'interpongono; benché in questo caso si potrebbe ancora accettare per vero, perché se il rosato illuminato dal lume rosseggiante mostra piú che altrove bellezza, gli è segno che i lumi di altri colori anche rossi gli toglieranno la sua bellezza naturale.
642.
Dell'ombra e lumi negli obietti.
La superficie di ogni corpo ombroso partecipa del colore del suo obietto.
Gran rispetto bisogna al pittore nel situare le cose sue infra obietti di varie potenze di lumi, e varî colori illuminati, conciossiaché ogni corpo da quelli circondato non si mostra mai integralmente del suo vero colore.
643.
De' termini insensibili delle ombre.
Quella parte dell'ombra sarà piú oscura, che con men somma di lume s'infonde.
644.
Delle qualità de' lumi ed ombre ne' corpi ombrosi.
Dico che le ombre sono di poca potenza nelle parti de' corpi che sono volte inverso la causa del lume, e cosí sono le ombre infra le ombre volte alla causa di esse ombre.
Dimostransi di gran potenza le ombre ed i lumi che sono infra la causa delle ombre e la causa del lume.
645.
Delle dimostrazioni de' lumi e delle ombre.
Quell'ombra si dimostrerà piú oscura che sarà piú vicina alla piú luminosa parte del corpo, e cosí di converso si dimostrerà meno oscura quella che sarà piú vicina alle piú oscure parti de' corpi.
646.
De' lumi.
Quel lume si dimostrerà piú chiaro che si accosterà piú all'oscuro, e parrà men chiaro che sarà piú vicino alle parti piú luminose del corpo.
647.
De' lumi ed ombre.
Ombra è diminuzione o privazione di luce.
L'ombra sarà di maggior quantità sopra il suo corpo ombroso, che da minor quantità di luce, sarà illuminato.
Da quanta maggior somma di luce il corpo sarà illuminato, tanto minore sarà la quantità dell'ombra che sopra esso corpo rimane.
a è il corpo luminoso; bc è il corpo ombroso; b è la parte del corpo che si illumina; c è quella parte rimanente privata di luce, ed in questo è maggiore l'ombroso che il luminoso: f è il corpo luminoso maggiore che l'ombroso a sé opposito; fe è il corpo ombroso; f è la parte illuminata; g è la parte ombrata.(52)
648.
De' lumi ed ombre che di sé tingono le superficie delle campagne.
Le ombre e lumi delle campagne partecipano del colore delle lor cause, perché l'oscurità composta dalle grossezze de' nuvoli, oltre alla privazione de' raggi solari, tinge di sé ciò che per essa si tocca.
Ma la circostante aria fuori de' nuvoli ed ombre vede ed illumina il medesimo sito, e lo fa partecipante di colore azzurro; e l'aria penetrata dai raggi solari che si trova infra l'oscurità della predetta ombra della terra e l'occhio di chi la vede, tinge ancora essa tale sito di color azzurro, come si prova l'azzurro dell'aria esser nato di luce e di tenebre.
Ma la parte delle campagne illuminate dal sole partecipa del colore dell'aria e del sole, ma assai partecipa dell'aria, perché fa ufficio di maggiore per essere l'aria piú propinqua, e si fa campo d'innumerabili soli inquanto all'occhio.
E queste campagne partecipano tanto piú di azzurro, quanto esse sono piú remote dall'occhio; e tanto piú esso azzurro si fa chiaro, quando s'innalza all'orizzonte, e questo esce dai vapori umidi.
Le cose son men note nelle ombre che ne' lumi, ed il lume universale cinge di sé i corpi ombrosi e li lascia con poco rilievo, quando l'occhio s'interpone infra l'ombroso, ed il lume.
L'ombra a tale occhio è invisibile, ma i corpi laterali in tal tempo mostreranno de' loro lumi con tanta maggiore o minor quantità, quanto tali corpi saranno piú vicini o remoti alla linea retta che si estende dall'uno all'altro orizzonte, passando per i due occhi veditori di tali campagne.
649.
Del lume derivativo.
Il lume derivativo risulta da due cose, cioè lume originale e corpo ombroso.
650.
De' lumi.
I lumi che illuminano i corpi opachi sono di quattro sorta, cioè universale, com'è quello dell'aria che è dentro al nostro orizzonte; e particolare, com'è quello del sole, o di una finestra, o porta, o altro spazio; il terzo è il lume riflesso; quarto è quello il quale passa per cose trasparenti, come tela o carta e simili, ma non trasparenti come vetri, o cristalli, od altri corpi, i quali fanno il medesimo effetto, come se nulla fosse interposto infra il corpo ombroso ed il lume che lo illumina, e di questi parleremo distintamente nel nostro discorso.
651.
Di illuminazione e lustro.
L'illuminazione è partecipazione di luce, e lustro è specchiamento di essa luce.
652.
Di ombra e lume.
Tenebre è privazione di luce, e luce è privazione di tenebre; ombra è mistione di tenebre con luce, e sarà di tanto maggiore o minore oscurità, quanto la luce che con essa si mischia sarà di minore o di maggior potenza.
653.
Di ombra e lume.
[vedi figura 105.gif]
Quell'obietto avrà le sue ombre e lumi di termini piú insensibili, il quale sarà interposto infra maggiori obietti oscuri e chiari di quantità continui.
Provasi, e sia l'obietto o, il quale è interposto infra l'ombroso nm e il luminoso rs; dico che l'obietto ombroso cinge quasi tutto l'obietto colla sua piramide nam, e il simile fa all'opposito la piramide del luminoso rcs; e per l'ottava del quinto è concluso quello che si propone, la quale dice, che quella parte dello sferico sarà piú oscura che piú vede della anteposta oscurità; seguita che c è piú oscuro che in alcuna altra parte di esso sferico; e lo prova la seconda figura; bac vede tutta la oscurità egf; tale oscurità non s'imprime sopra esso bac con egual potenza, perché non s'imprime con uniforme quantità, conciossiaché a, che vede tutta l'oscurità ef, è molto piú oscuro che b, il quale ne vede solamente la metà eg; e il simile accade in c, ch'è veduto dall'ombra gf.
654.
De' lumi ed ombre.
Ogni parte del corpo ed ogni minima particola che si trova avere alquanto di rilievo, io ti ricordo che guardi a dar loro i principati delle ombre e de' lumi.
655.
Di ombra e lume.
Ogni parte della superficie che circonda i corpi si trasmuta in parte del colore di quella cosa che le è posta per obietto.
656.
Esempio.
Se tu porrai un corpo sferico in mezzo a varî obietti, cioè che da una parte sia lume del sole e dall'opposita parte sia un muro illuminato dal sole, il quale sia verde o di altro colore; il piano dove si posa sia rosso; dai due lati traversi sia oscuro; vedrai il naturale colore di detto corpo partecipare de' colori che gli sono per obietto: il piú potente sarà il luminoso; il secondo sarà quello della parete illuminata; il terzo quello dell'ombra; rimane poi una quantità che partecipa del colore degli estremi.
657.
Di ombre e lumi.
Vedi tu, che ritrai delle opere di natura, le quantità e qualità e le figure di lumi ed ombre di ciascun muscolo, e nota nelle lunghezze della loro figura a qual muscolo si drizzano colle rettitudini delle loro linee centrali.
658.
De' lumi infra le ombre.
Quando ritrai alcun corpo, ricordati, quando fai paragone della potenza de' lumi delle sue parti illuminate, che spesso l'occhio s'inganna, parendogli piú chiara quella che è men chiara; e la causa nasce mediante i paragoni delle parti che confinano con loro, perché se avran due parti di chiarezza ineguali, e che la men chiara confini con parti oscure, e la piú chiara confini con parti chiare, com'è il cielo o simili chiarezze, allora quella ch'è men chiara, o vuoi dire lucida, parrà piú lucida, e la piú chiara parrà piú oscura.
659.
Del chiaro e scuro.
Il chiaro e lo scuro insieme cogli scorti è la eccellenza della scienza della pittura.
660.
Del chiaro e scuro.
Il chiaro e lo scuro, cioè il lume e le ombre, hanno un mezzo, il quale non si può nominare né chiaro né scuro, ma egualmente partecipante di esso chiaro e scuro; ed è alcuna volta egualmente distante dal chiaro e dallo scuro, ed alcuna volta piú vicino all'uno che all'altro.
661.
Delle quattro cose che si hanno da considerare principalmente nelle ombre e ne' lumi.
Quattro sono le parti principali le quali si hanno da considerare nella pittura, cioè qualità, quantità, sito e figura: per la qualità s'intende che ombra, e quale parte dell'ombra è piú o men oscura; quantità, cioè quanto sia la grandezza di tale ombra rispetto alle altre vicine; sito, cioè in che modo si debbano situare, e sopra che parte del membro dove si appoggia; figura, cioè che figura sia quella di essa ombra, come a dire se essa è triangolare, o partecipi di tondo, o di quadrato, ecc.
L'aspetto ancora è da connumerare, nelle parti delle ombre, cioè che se l'ombra ha del lungo, vedere a che aspetto si drizza la somma di tale lunghezza; se si drizza all'orecchio l'ombra di un ciglio, se si drizza alle nari l'ombra inferiore della cassa dell'occhio, e cosí con simili riscontri di varî aspetti situare esse ombre; adunque l'aspetto è da essere preposto al sito.
662.
Della natura del lume illuminatore de' corpi ombrosi.
Il lume universale cinge la parte del corpo ombroso da esso veduta, e l'illumina, e varia l'illuminazione di quella con tanto maggiore o minor chiarezza, quanto le parti di tal corpo illuminate son vedute da maggiore o minore quantità di esso lume universale.
663.
De' lumi universali sopra i corpi puliti.
I lumi universali circostanti ai corpi puliti daranno chiarezza universale nelle superficie di tali corpi.
664.
De' corpi ombrosi i quali son puliti e lustri.
Ne' corpi ombrosi i quali hanno superficie pulita e lustra, quelli ch'hanno lume particolare variano in loro le ombre ed i lustri in tanti varî siti quante sono le mutazioni del lume dell'occhio che li vede.
In questo caso il lume particolare può essere immobile e l'occhio mobile, e cosí di converso, ch'è quel medesimo in quanto alle mutazioni de' lustri e delle ombre nelle superficie di essi corpi.
665.
Come i corpi circondati da lume universale generano in molte parti di sé i lumi particolari.
Generansi i lumi particolari nelle superficie de' corpi ombrosi, ancoraché il loro tutto sia circondato di sopra da lume universale del cielo senza sole, com'è quando alcun oscuro nuvolo ce lo toglie e ce l'occupa; e questo nasce per la inegualità ch'hanno le superficie di essi corpi, mediante le membra a quelli congiunte, le quali, interponendosi infra esso lume ed il corpo ombroso, privano esso corpo di gran quantità di luce universale; onde la luce, che penetra infra i membri ed il corpo, sarà lume particolare, cioè parte di tutto il lume, che di sé abbraccia le parti esteriori di ciascun membro del corpo.
666.
Delle ombre e lumi co' quali si fingono le cose naturali.
Sono alcuni che vogliono vedere le ombre oscure in tutte le loro opere, e cosí biasimano chi non fa come loro.
A questi tali si satisferà in parte coll'operare ombre oscure ed ombre chiare; le oscure ne' luoghi oscuri, e le chiare nelle campagne a lumi universali.
667.
Delle ombre, ed in quali corpi non possono essere di gran potenza di oscurità, e cosí i lumi.
Dove non si generano ombre di grande oscurità, non si possono neppur generare lumi di gran chiarezza.
E questo accade negli alberi di rare e strette foglie, come salici, scope, ginepri e simili, ed ancora ne' panni trasparenti, come sono zendadi, veli e simili, e cosí i capelli crespi e sparsi; e questo accade perché tutta la somma di ciascuna di predette specie non compone lustri nelle sue particole, e se vi sono, sono insensibili, e le loro specie poco si rimuovono dal luogo dove si generano; ed il simile fanno le parti ombrose di tali particole, e tutta la somma non genera ombra oscura, perché l'aria le penetra ed illumina, cosí le parti vicine al mezzo, come quelle di fuori; e se vi è varietà, essa è quasi insensibile, e cosí le parti illuminate di essa somma non possono essere di troppa differenza dalle parti ombrose, perché penetrando, com'è detto, l'aria luminosa per tutte le particole, le parti illuminate sono tanto vicine alle particole adombrate, che le loro specie mandate all'occhio fanno un misto confuso, composto di minimi chiari e scuri, in modo che non si discerne in tal misto altro che confusione a uso di nebbia.
Il simile accade ne' veli, tele ragnate, e simili.
668.
Del lume particolare del sole o di altro corpo luminoso.
Quella parte del corpo illuminato sarà di piú intensa chiarezza, la quale sarà percossa dal raggio luminoso infra angoli piú simili; e la meno illuminata sarà quella che si troverà infra angoli piú disformi di essi raggi luminosi.
[vedi figura 106.gif]
L'angolo n nel lato che riguarda il sole, per essere percosso da esso sole infra angoli eguali, sarà illuminato con maggiore potenza di raggi che nessun'altra parte di esso corpo illuminato; e il punto c sarà men che nessun'altra parte illuminato, per essere esso punto ferito dal corpo solare con angoli piú disformi che nessun'altra parte della planizie, donde si estendono tali raggi solari; e sia de' due angoli il maggiore dce ed il minore ecf, e gli angoli eguali, che io doveva figurare prima, siano ano e bnr, i quali sono di punto eguali, e per questo n sarà piú che altra parte illuminato.
669.
Del lume universale dell'aria dove non percuote il sole.
[vedi figura 107.gif]
Quella cosa si dimostrerà piú illuminata, che sarà veduta da maggiore quantità di luminoso; per quel ch'è detto, e sarà piú illuminato che a, perché e vede maggior somma di cielo, vedendo rs che non vede a, vedendo solamente il cielo bcd.
670.
Dell'universale illuminazione mista colla particolare del sole o di altri lumi.
[vedi figura 108.gif]
Senza dubbio quella parte del corpo ombroso che sarà veduta da men quantità del corpo universale e particolare, quella sarà meno illuminata.
Provasi, e sia a il corpo del sole posto nel cielo nam; dico che il punto o del corpo ombroso sarà piú illuminato dal lume universale che il punto r, perché o vede ed è veduto da tutta la parte del lume universale nam, ed il punto r non è veduto se non dalla parte del cielo me.
Dipoi o è veduto da tutta la quantità del sole ch'è volta ad esso, ed r non vede alcuna parte di esso sole.
671.
Dell'ombra media, la quale s'interpone infra la parte illuminata e l'ombrosa de' corpi.
Infra la parte illuminata e l'ombrosa de' corpi s'inframmette l'ombra media, la quale varia assai i suoi termini, imperocché dov'essa termina con l'ombra si converte in ombra, e dov'essa termina coll'una parte illuminata si fa della chiarezza di essa illuminata; e se il lume primitivo sarà particolare, allora vi saranno i lustri, i quali sono cosí espediti termini dell'ombra media, quanto si sia la parte ombrosa.
672.
Se il gran lume di poca potenza val quanto un piccolo lume di gran potenza.
L'ombra generata da un piccolo lume e potente è piú oscura che l'ombra nata da un maggior lume e di minore potenza.
673.
Del mezzo incluso infra i lumi e le ombre principali.
[vedi figura 109.gif]
L'ombra mezzana si dimostrerà di tanto maggiore quantità, quanto l'occhio che la vede sarà piú a riscontro del centro della sua magnitudine.
Ombra mezzana è detta quella che tinge le superficie de' corpi ombrosi dopo l'ombra principale, e vi si contiene dentro il riflesso, e si fa tanto piú oscura o chiara, quanto essa è piú vicina o remota dall'ombra principale.
mn sia l'ombra piú oscura, il resto sempre si rischiarerà insino al punto o.
Il resto della figura non è in altro al proposito della proposta, ma servirà alla succedente.
674.
Del sito dell'occhio che vede piú o men ombra secondo il moto ch'esso fa intorno al corpo ombroso.
Tanto si variano le proporzioni delle quantità ch'hanno infra loro le parti ombrose ed illuminate de' corpi ombrosi, quante sono le varietà de' siti dell'occhio che le vede.
Provasi, e sia amno il corpo ombroso, p sia il luminoso che lo abbraccia; co' suoi raggi pr e ps illumina la parte mdn, e il rimanente nom resta oscuro, e l'occhio che vede tal corpo sia q, il quale co' suoi raggi visuali abbraccia esso corpo ombroso, e vede tutto dmo, nella qual veduta vede dm, parte illuminata assai minore che mo, parte ombrosa, come si prova nella piramide dqo, tagliata in kh, egualmente distante alla sua base divisa nel punto c.
E cosí similmente si varierà in tanti modi la quantità del chiaro e scuro all'occhio che lo vede, quante saranno le varietà de' siti del predetto occhio.
675.
Qual sito è quello donde mai si vede ombra negli sferici ombrosi.
[vedi figura 110.gif]
L'occhio che sarà situato dentro alla piramide riflessa delle specie illuminate de' corpi ombrosi non vedrà mai nessuna parte ombrosa di esso corpo.
La piramide riflessa delle specie illuminate sia abc, e la parte illuminata del corpo ombroso sia la parte bcd; e l'occhio che sta dentro a tale piramide sia e, al quale non potran mai concorrere tutte le specie illuminate b c d se esso non si trova nel punto luminoso a, dal quale nessuna ombra è mai veduta, ch'esso subito non la distrugga; seguita adunque che e, non vedendo se non la parte illuminata odp, è piú privato di vedere i termini dell'ombra bc che non è a, ch'è tanto piú remoto.
676.
Qual sito ovvero qual distanza è quella intorno al corpo sferico, donde mai non è privato d'ombra.
[vedi figura 111.gif]
Ma quando l'occhio sarà piú distante dallo sferico ombroso che il corpo che lo illumina, allora è impossibile trovar sito donde l'occhio sia integralmente privato delle specie ombrose di tale corpo.
Provasi: bnc sia il corpo ombroso, a sia il corpo luminoso, bnc è la sua parte ombrosa e bsc sarà illuminata; o sia l'occhio piú remoto dal corpo ombroso che il lume a, il quale occhio vede tutta l'ombra bdce; e se esso occhio si muoverà circolarmente intorno ad esso corpo con la medesima distanza, impossibile è che mai integralmente perda tutta la predetta ombra; imperocché, se col suo moto perde una parte di essa ombra da un lato, esso pel moto n'acquista dall'altro.
677.
Qual lume fa le ombre de' corpi piú differenti ai lumi loro.
[vedi figura 112.gif]
Quel corpo farà le ombre di maggiore oscurità, il quale sarà illuminato da lume di maggior splendore.
Il punto a è illuminato dal sole, ed il punto b è illuminato dall'aria illuminata dal sole; e tal proporzione sarà dall'illuminato a all'illuminato b, quale è la proporzione che ha il lume del sole con quello dell'aria.
678.
Di varî obietti vicini veduti in lunga distanza.
Quando gli obietti vicini infra loro e minuti saran veduti in lunga distanza, in modo che si perda la notizia delle loro figure, allora si causa un misto delle loro specie, il quale parteciperà piú di quel colore del quale sarà vestita la maggior somma de' detti obietti.
679.
Del sito dove l'obietto si mostra di maggiore oscurità.
Quell'obietto si mostra piú oscuro in pari distanza dall'occhio, il quale sarà veduto in piú alto sito; e questo accade perché l'aria è piú sottile, quanto piú s'innalza, e manco occupa l'obietto che la sua grossezza; e di qui nasce che sempre le cime de' colli che campeggiano nelle spiaggie de' monti si dimostrano essere piú oscure che le basi de' colli stessi.
680.
Dove ed in qual colore le ombre perdano piú il colore naturale della cosa ombrata.
Il bianco, che non vede né lume incidente, né alcuna sorta di lume riflesso, è quello che prima perde nella sua ombra integralmente il suo proprio natural colore, se colore si potesse dire il bianco.
Ma il nero aumenta il suo colore nelle ombre, e lo perde nelle sue parti illuminate, e tanto piú lo perde, quanto la parte illuminata è veduta da lume di maggior potenza.
E il verde e l'azzurro aumentano il lor colore nelle ombre mezzane; ed il rosso e il giallo acquistano di colore nelle loro parti illuminate; il simile fa il bianco, ed i colori misti partecipano della natura de' colori che compongono tal mistione; cioè il nero misto col bianco fa berettino, il quale non è bello nelle ultime ombre, com'è il nero semplice, e non è bello in su' lumi, come il semplice bianco, ma la suprema sua bellezza si è infra lume ed ombra.
681.
Qual colore di corpo farà ombra piú differente dal lume, cioè qual sarà piú oscura.
Quel corpo avrà le sue parti ombrose piú remote di chiarezza rispetto alle parti illuminate, il quale sarà di colore piú propinquo al bianco.
682.
Qual parte di un corpo sarà piú illuminata da un medesimo lume in qualità.
[vedi figura 113.gif]
[vedi figura 114.gif]
Quella parte di un corpo che sarà illuminata da una qualità luminosa, sarà di piú intensa chiarezza di quella la quale è percossa da piú grosso angolo luminoso.
Provasi, e sia l'emisfero rmc, il quale illumina la casa klof; dico che quella parte della casa sarà piú illuminata ch'è percossa da piú grosso angolo nato da una medesima qualità luminosa.
Adunque in f, dove percuote nfc, sarà piú intensa chiarezza di lume, che dove percuote l'angolo edc, e la proporzione de' lumi sarà la medesima che quella degli angoli, e la proporzione degli angoli sarà la medesima di quella della loro base nc ed ec, de' quali il maggiore eccede il minore in tutta la parte ne; e cosí in a, sotto la gronda del tetto di tal casa, sarà tanto minor luce che in d, quanto la base bc di tale angolo bac è minore della base ec; e cosí seguita sempre proporzionatamente, essendo il lume di una medesima qualità.
Ed il medesimo ch'è detto di sopra si conferma in qualunque corpo illuminato del nostro emisfero; e qui si manifesta nella parte dell'obietto sferico sotto l'emisfero k ed f, il quale nel punto b è illuminato da tutta la parte ace, e nella parte d dall'emisfero ef, ed in o dal gf, ed in n da mf, ed in h da sf, e cosí hai conosciuto dov'è il primo lume e la prima ombra in qualunque corpo.
[vedi figura 115.gif]
Quella parte di un corpo ombroso sarà piú luminosa, che da maggior somma di lume sarà illuminata.
Adunque, ponendo pel corpo ombroso il corpo abc ed idfn pel corpo luminoso, cioè l'emisfero illuminato, nella parte c ha il doppio piú lume che nella parte b, e tre quarti piú che in a, perché, c è illuminato dal cielo dgfe, e b dal df, ch'è la metà meno di de, e la parte a sarà solo illuminata dalla quarta parte di de, cioè da gd.
[vedi figura 116.gif]
La superficie di ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto.
Sia d il corpo opaco, an sia il corpo luminoso, ac sia di un colore oscuro, cd sia il piano illuminato dall'emisfero afmn; per l'antidetta r sarà piú illuminata che o; o che s; s che t; e il simile faranno le parti che son volte ad ac, corpo oscuro, ed il simile quelle che son volte al luogo illuminato cd; e di qui nasce lume e ombra, e lume riflesso.
L'ombra che resta sotto gli sporti delle copriture degli edifici, la quale fa il sole, in ogni grado di altezza acquista oscurità.
La cosa veduta dentro alle abitazioni illuminate da lume particolare ed alto di qualche finestra dimostrerà gran differenza infra i lumi e le sue ombre, e massime se l'abitazione sarà grande o scura.
Quando il lume particolare illuminerà il suo obietto, il quale obietto abbia in opposita parte alcuna cosa illuminata dal medesimo lume, che sia di color chiaro, allora nascerà il controlume, cioè riflesso, ovvero riverberazione.
[vedi figura 117.gif]
Quella parte del lume riflesso che veste in parte la superficie de' corpi, sarà tanto men chiara che la parte illuminata dall'aria, quanto essa è meno chiara dell'aria.
E tu, pittore, che usi le istorie, fa che le tue figure abbiano tante varietà di lumi e di ombre, quanto son varî gli obietti che le hanno create, e non far maniera generale.
La parte della superficie di ogni corpo partecipa di tanti varî colori, quanti son quelli che gli stanno per obietto.
La campagna illuminata dal sole avrà le ombre di qualunque cosa di grande oscurità, e quel che la vedrà per l'opposita parte che la vede il sole, gli parrà oscurissima e le cose remote gli parranno propinque.
Ma quando tu vedrai le cose per la linea che le vede il sole, esse ti si mostreranno senza ombre, e le cose propinque ti si mostreranno remote ed incognite di figura.
La cosa che sarà illuminata dall'aria senza sole avrà quella parte piú oscura, che vedrà manco aria, e tanto piú oscura quanto essa sarà veduta da maggior somma di sito oscuro.
Le cose vedute alla campagna hanno poca differenza dalle loro ombre ai loro lumi, e le ombre saranno quasi insensibili e senza alcuna terminazione; anzi, a similitudine di fumi, s'andranno perdendo inverso le parti luminose, e sol quivi saranno piú oscure, dov'esse saranno private dell'obietto dell'aria.
La cosa veduta in luoghi poco luminosi, od in sul principiare della notte, ancora essa avrà poca differenza dai lumi alle ombre, e se sarà intera notte, la differenza infra i lumi e le ombre all'occhio umano è tanto insensibile, che perde la figura del tutto e solo si dimostra alle sottili viste degli animali notturni.
Le cose per distanza ti si mostrano ambigue e dubbiose; falle con tal confusione, se no esse non parranno della medesima distanza; non terminare i loro confini con certa terminazione, perché i termini sono linee o angoli, e per essere le ultime delle cose minime, non che di lontano, ma d'appresso, saranno invisibili.
Se la linea e cosí il punto matematico son cose invisibili, i termini delle cose, per essere ancora essi in linea, sono invisibili, essendo propinqui; adunque, tu, pittore, non terminerai le cose remote dall'occhio, nelle quali distanze, non ch'essi termini, ma le parti de' corpi sono insensibili.
Tutte le cose illuminate partecipano del colore del loro illuminante.
Le cose ombrate ritengono del colore della cosa che le oscura.
Quanto maggiore è il lume della cosa illuminata, tanto piú oscuro pare il corpo ombroso che in esso campeggia.
683.
Egualità di ombre in pari corpi ombrosi e luminosi in diverse distanze.
[vedi figura 118.gif]
Possibile è che un medesimo corpo ombroso pigli eguale ombra da luminosi di varie grandezze.
fogr è un corpo ombroso, del quale l'ombra è fgo, generata dalla privazione dell'aspetto del luminoso de nella vera distanza, e dal luminoso bc nella distanza remota; e questo nasce che l'uno e l'altro luminoso è egualmente privato dell'aspetto ombroso fog mediante la rettitudine delle linee ab, pc.
Il medesimo diremo di due luminosi in varie distanze da un ombroso, cioè il luminoso rs grande ed il luminoso ac piccolo, variamente remoti da esso ombroso nmoq.
684.
Qual luminoso è quello che mai vedrà se non la metà dello sferico ombroso.
[vedi figura 119.gif]
Quando lo sferico ombroso sarà illuminato dallo sferico luminoso di grandezza eguale allo sferico ombroso, allora la parte ombrosa e quella luminosa di esso corpo ombroso saranno infra loro eguali.
Sia abcd lo sferico ombroso eguale allo sferico luminoso ef; dico la parte ombrosa abc dello sferico ombroso essere eguale alla parte luminosa abd.
E provasi cosí: le parallele e f s t son contingenti alle fronti dal diametro ab, cioè diametro dello sferico ombroso, il quale diametro passa pel centro di esso sferico, che, essendo diviso nel diametro detto, sarà diviso per eguali, e l'una parte sarà tutta ombrosa e l'altra sarà tutta luminosa.
685.
S'egli è possibile che per alcuna distanza un corpo luminoso possa illuminare solamente la metà di un corpo ombroso minore di esso.
Impossibile è che per alcuna distanza un luminoso maggiore di un ombroso possa illuminare appunto la metà di esso ombroso.
[vedi figura 120.gif]
Quel ch'è detto si prova per le linee parallele, le quali si causano per essere equidistanti infra loro; ed infra linee equidistanti non s'include punto se non corpi sferici di quel diametro; adunque gli estremi di due sferici ineguali non saranno contingenti a due linee parallele.
686.
Delle varie oscurità delle ombre de' corpi in pittura contraffatte.
La superficie di ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto, e tanto piú o meno quanto l'obietto gli sarà piú vicino o remoto.
[vedi figura 121.gif]
Provasi la prima parte, e sia gbc la superficie del corpo opaco, il quale porremo che sia di superficie bianca, e che l'obietto rs sia nero, e l'obietto nm sia ancor esso bianco; e per la nona di questo, che prova che ogni corpo empie l'aria circostante delle specie del suo colore e della similitudine del corpo colorito, rs, obietto nero, empirà l'aria, che gli sta dinanzi, di colore oscuro, il quale terminerà in vgb, parte del corpo opaco gbc, la qual parte si tingerà nello stesso colore del suo obietto rs, ed il corpo bianco dell'altro obietto nm imbiancherà tutta la parte del corpo opaco in gbc; adunque nell'opaco si troverà tutto gv in semplice partecipazione di nero rs, ed in bc in semplice bianco, ed in gb ch'è veduto dall'obietto bianco e dall'obietto nero, sarà color composto di bianco e di nero, cioè superficie di color misto.
[vedi figura 122.gif]
Per la seconda parte della detta proposizione molto sarà piú oscuro in g che in b, perché g è piú vicino al corpo nero rs, che non è b, e questo è manifesto per la definizione del cerchio in geometria, com'è figurato; ed oltre di questo nell'angolo b per essere il minore angolo che sia, com'è provato in geometria nell'angolo della contingenza, b non può vedere altro che l'estremo del corpo rs nel punto r, ed oltre questo si aggiunge in b la chiarezza dell'obietto bianco nm, il quale, ancoraché fosse nero, per essere piú remoto dal b che g dall'rs, com'è provato, b non sarebbe mai di tanta oscurità quanto è quella del g.
Quel colore sarà veduto da piú distante luogo, che sarà piú remoto dal nero.
E quello si dimostrerà in pari distanze di piú espediti termini, il quale sarà veduto in campo piú disforme in chiarezza od in oscurità di esso colore.
687.
Quali colori fan piú varietà di lumi alle ombre.
Infra i colori sarà maggior differenza dalle loro ombre ai loro lumi, i quali saran piú simili alla bianchezza, perché il bianco ha piú chiara illuminazione e piú oscura ombrosità che altro colore, benché né il bianco né il nero sien nel numero de' colori.
688.
Tutti i colori nelle lontane ombre sono ignoti ed indiscernibili.
Tutti i colori di lontano saranno nelle ombre ignorati, perché la cosa che non è tocca dal principale lume non è potente a mandare di sé all'occhio per l'aria piú luminosa la sua similitudine, perché il minore lume è vinto dal maggiore.
Esempio: noi vediamo, essendo in una casa, che tutti i colori i quali sono nelle pareti delle mura si veggono chiaramente ed espeditamente quando le finestre di detta abitazione sono aperte; e se noi usciremo fuori di essa casa e riguarderemo un poco di lontano per dette finestre le pitture fatte su dette mura, in iscambio di esse pitture vedremo una continuata oscurità.
689.
De' colori delle specie degli obietti che tingono di sé le superficie de' corpi opachi.
[vedi figura 123.gif]
Molte sono le volte che le superficie de' corpi opachi nel tingersi de' colori de' loro obietti pigliano colori che non sono in essi obietti.
Provasi: cd sia il corpo opaco, ed ab sia il suo obietto, il quale porremo che sia di color giallo, ed il corpo opaco azzurro; dico che tutta la parte della superficie dnc di tal corpo opaco, che in sé è azzurro, si dimostrerà esser verde, ed il simile farebbe se l'opaco fosse giallo e l'obietto azzurro; e questo nasce perché i colori varî, quando sono misti, si trasmutano in un terzo colore, partecipante dell'uno e dell'altro; e per questo il giallo misto coll'azzurro fa verde, il qual verde è un composto de' suoi componenti, che manifestamente si comprende dal pittore speculativo.
690.
Del color falso delle ombre de' corpi opachi.
[vedi figura 124.gif]
Quando un opaco fa la sua ombra nella superficie di un altro opaco, il quale sia illuminato da due varî luminosi allora tale ombra non dimostrerà essere del medesimo corpo opaco, ma di altra cosa.
Provasi: nde sia il corpo opaco, e sia bianco in sé, e sia illuminato dall'aria ab e dal fuoco cg, dipoi sia anteposto infra il fuoco e l'opaco l'obietto op, del quale l'ombra si taglierà nella superficie in dn; ora in esso dn non illumina piú il rossore del fuoco, ma l'azzurro dell'aria, onde in dn sarà partecipante di azzurro ed in nf vede il fuoco; adunque l'ombra azzurra termina di sotto col rossore del fuoco sopra tale opaco, e di sopra termina con colore di viola, cioè che in de è illuminato da un misto composto dell'azzurro dell'aria ab e del rossore del fuoco de, ch'è quasi colore di viola; e cosí abbiamo provato tale ombra esser falsa, cioè ch'essa non è ombra del bianco, né ancora del rossore che la circonda.
691.
Qual è in sé vera ombra de' colori de' corpi.
L'ombra de' corpi non deve partecipare di altro colore, che quel del corpo dove si applica; adunque, non essendo il nero connumerato nel numero de' colori da esso si tolgono le ombre di tutti i colori de' corpi con piú o meno oscurità, che piú o men si richiede nel suo luogo, non perdendo mai integralmente il colore di detto corpo, se non nelle tenebre incluse dentro ai termini del corpo opaco.
Adunque tu, pittore, che vuoi ritrarre, tingi alquanto le pareti del tuo studio di bianco misto con nero, perché bianco e nero non è colore.
692.
Qual obietto tinge piú della sua similitudine le superficie bianche de' corpi opachi.
Quell'obietto tingerà piú della sua similitudine le superficie de' corpi bianchi opachi, il quale sarà di natura piú remoto dal bianco.
Quel che qui si dimostra essere piú remoto dal bianco è il nero, e questo è quello in che la superficie del bianco opaco piú si tingerà che di nessun colore di altri obietti.
693.
Degli accidenti delle superficie de' corpi.
La superficie di ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto, il qual colore sarà sopra essa superficie tanto piú sensibile, quanto la superficie di tal corpo sarà piú bianca e quanto tal colore le sarà piú vicino.
694.
Del colore delle ombre, e quanto si oscurano.
Siccome tutti i colori si tingono nell'oscurità delle tenebre della notte, cosí l'ombra di qualunque colore finisce in esse tenebre; adunque tu, pittore, non osservare che nelle ultime tue oscurità si abbia a conoscere i colori che confinano insieme, perché se natura nol concede, e che tu fai professione di essere imitatore di natura quanto nell'arte si concede, non ti dare ad intendere di racconciare i suoi errori, perché errore non è in essa, ma sappi ch'esso è in te; conciossia, dato un principio, egli è necessario che seguiti un mezzo ed un fine compagno di esso principio.
695.
De' colori de' lumi illuminatori de' corpi ombrosi.
[vedi figura 125.gif]
Il corpo ombroso posto infra propinque pareti in luogo tenebroso, il quale da un lato sia illuminato da un minimo lume di candela, e dall'opposita sua parte sia illuminato da un minimo spiracolo di aria, se sarà bianco, allora tal corpo si dimostrerà da un lato giallo e dall'altro azzurro, stando l'occhio in luogo illuminato dall'aria.
696.
Quel che fan le ombre co' lumi ne' paragoni.
I vestimenti neri fan parere gli uomini piú rilevati che i vestimenti bianchi; e questo nasce per la terza del nono che dice: la superficie di ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto.
Adunque seguita che le parti del volto che vedono e son vedute dagli obietti neri, si dimostrano partecipare di esso nero; e per questo le ombre saranno oscure e di gran differenza dalle parti di esso volto illuminate.
Ma i vestimenti bianchi faranno le ombre de' visi partecipanti di tal bianchezza, e per questo le parti del volto si dimostreranno di poco rilievo per avere il chiaro e lo scuro infra loro poca differenza di chiaro e di scuro; seguita che in questo caso l'ombra del viso non sarà vera ombra di tali carni.
697.
Quali sono gli obietti delle carni che le fanno dimostrare le ombre compagne de' lumi.
Il lume di vetro incarnato e l'abitazione dell'uomo tinta nel medesimo incarnato, e cosí i vestimenti, faranno parere il volto co' veri lumi ed ombre delle sue carni, e questo modo è utilissimo per far parere la carni bellissime; ma tal precetto è contro ai precetti delle figure poste in campagna circuita da diversi colori, che essendo poi la figura posta in tal campagna, essa sarebbe contro alla terza del nono di questa.
698.
Delle ombre de' visi che passando per le strade molli non paiono compagne delle loro incarnazioni.
Quello che si dimanda accade che spesse volte un viso sarà colorito o bianco e le ombre gialleggieranno, e questo accade che le strade bagnate piú gialleggiano che le asciutte, e che le parti del viso che sono volte a tali strade sono tinte della giallezza ed oscurità delle strade che gli stanno per obietto.
699.
Della qualità dell'aria alle ombre e ai lumi.
Quel corpo farà maggiore differenza dalle ombre ai lumi, che si troverà esser visto da maggior lume, come lume di sole, o la notte il lume del fuoco; e questo è poco da usare in pittura, perché le opere rimangono crude e senza grazia.
In quel corpo che si troverà in mediocre lume sarà poca differenza dai lumi alle ombre; e questo accade sul far della sera, o quando è nuvolo; e queste opere sono dolci, ed havvi grazia ogni qualità di volto, sicché in ogni cosa gli estremi sono viziosi; il troppo lume fa crudo, il troppo scuro non lascia vedere; il mezzano è buono.
700.
De' lumi piccoli.
Ancora i lumi fatti da piccole finestre fanno gran differenza dai lumi alle ombre, e massime se la stanza da quelle illuminata sarà grande; e questo non è buono da usare.
701.
Qual superficie fa minor differenza di chiaro e di scuro.
La superficie nera, e quelle ancora che piú partecipano di essa nigredine, ha minor differenza infra le sue parti ombrose e luminose che alcun'altra, perché la parte illuminata si dimostra esser nera, e l'ombrata non può esser altro che nera, ma con poca varietà acquista alquanto di piú oscurità che la parte nera illuminata.
702.
Dov'è maggior varietà dalle ombre ai lumi, o nelle cose vicine o nelle remote.
Quel corpo ombroso avrà men differenza infra i suoi lumi ed ombre, il quale sarà piú remoto dall'occhio, e cosí di converso essendo vicino ad esso occhio per causa della chiarezza dell'aria luminosa la quale s'interpone con maggior grossezza infra l'occhio ed esso corpo ombroso quando è remoto ch'essendo vicino.
703.
Quale sarà quel corpo che di pari colore e distanza dall'occhio men varia i suoi lumi dalle ombre.
Quel corpo mostrerà men differenza dalle sue ombre a' suoi lumi, il quale sarà in aria di maggiore oscurità; e cosí di converso essendo in aria di maggior splendore; come ci mostran le cose poste nelle tenebre, le quali non si possono conoscere, e le cose anteposte allo splendore del sole, che le ombre paiono tenebrose rispetto alle parti percosse dai raggi solari.
704.
Perché si conoscono le vere figure di qualunque corpo vestito e terminato nelle superficie.
Le ombre e i lumi sono certissima causa a far conoscere le figure di qualunque corpo, perché un colore di eguale chiarezza od oscurità non può dimostrare il suo rilievo, ma fa ufficio di superficie piana, la quale con egual distanza in tutte le sue parti sia egualmente distante dallo splendore che lo illumina.
705.
Della discrezione delle ombre de' siti e delle cose poste in quelli.
Se il sole sarà nell'oriente e guarderai inverso occidente, vedrai tutte le cose illuminate essere interamente private di ombra, perché tu vedi ciò che vede il sole; e se riguarderai a mezzodí o tramontana, vedrai tutti i corpi essere circondati da ombra e lume, perché tu vedi quello che vede e non vede il sole; e se riguarderai verso il cammino del sole, tutti i corpi ti mostreranno la loro parte ombrata, perché quella parte che tu vedi non può esser veduta dal sole.
706.
In quali superficie si trova la vera ed eguale luce.
[vedi figura 126.gif]
Quella superficie sarà egualmente illuminata, la quale sarà egualmente remota dal corpo che l'illumina; come se dal lume a, il quale illumina la superficie bcd, fossero tirate le linee eguali a essa superficie; allora per la definizione del cerchio essa superficie sarà egualmente illuminata in ogni sua parte; e se tal superficie fosse piana, come si dimostra nella seconda dimostrazione efgh, allora se gli estremi della superficie saranno egualmente distanti da tali linee, il mezzo h sarà la parte piú vicina a tale lume; e sarà tanto piú illuminata che tali estremi, quanto essa sarà piú vicina al detto suo lume e; ma se gli estremi di tale superficie piana saranno con distanza ineguale rimossi da tale lume, come si dimostra nella terza figura iklm, allora la parte piú vicina e la piú remota avranno tal proporzione ne' loro lumi, quale è quella delle loro distanze dal corpo che le illumina.
707.
Della chiarezza del lume derivativo.
[vedi figura 127.gif]
La piú eccellente chiarezza del lume derivativo è dove vede tutto il corpo luminoso con la metà del suo destro o sinistro campo ombroso.
Provasi, e sia il luminoso bc, e il campo suo ombroso destro e sinistro sia dc ed ab, ed il corpo ombroso minore del luminoso sia nm, e la parete ps è dove s'imprimono le specie ombrose e luminose.
Dico adunque, sopra essa parete ps nel punto r sarà la piú eccellente chiarezza di lume che in alcun'altra parte di esso pavimento.
Questo si manifesta perché in r vede tutto il corpo luminoso bc con la metà del campo scuro ad, cioè cd, come ci mostrano i concorsi rettilinei della piramide ombrosa cdr e la piramide luminosa bcr; adunque in r vede tanta quantità del campo scuro cd quanto si sia il luminoso bc; ma nel punto s vede ab ombroso e vi vede ancora cd ombroso, i quali due spazi oscuri valgono il doppio del luminoso bc; ma quanto piú ti muoverai dall's inverso l'r piú perderai dell'oscurità ab.
Adunque, dall's inverso l'r sempre si rischiara il pavimento sr; ancora, quanto piú ti muoverai dall'r all'o, tanto men vedrai del luminoso; e per questo piú si oscura il pavimento ro quanto si avvicina all'o.
E per tal discorso abbiamo provato essere r la piú chiara parte del pavimento os.
708.
Della remozione e propinquità che fa l'uomo nel discostarsi ed avvicinarsi ad un medesimo lume, e della varietà delle ombre sue.
[vedi figura 128.gif]
Tanto si variano le ombre e i lumi in un medesimo corpo di figura e quantità, quante sono le varietà degli appropinquamenti o remozioni che fa l'uomo dinanzi a esso lume.
Provasi, e sia l'uomo bc, il quale, avendo il lume dall'a, fa la sua ombra bcf; dipoi l'uomo si muove da c in e, e il lume, che resta fermo, varia l'ombra di figura e di grandezza, la quale è la seconda ombra deg.
709.
Delle varietà che fa il lume immobile delle ombre che si generano ne' corpi, che in sé medesimi si piegano, o abbassano, o alzano senza mutazione de' loro piedi.
[vedi figura 129.gif]
Provasi, e sia il lume immobile f e l'uomo immobile di piante sia ab, il quale s'inchina in cb; dico l'ombra variarsi in infinito da a a c per essere il moto fatto in ispazio, e lo spazio è quantità continua, e per conseguente divisibile in infinito; adunque le ombre son variate in infinito, cioè dalla prima ombra aob all'ombra seconda bcr; e cosí si è concluso il proposito nostro.
710.
Qual corpo è quello che accostandosi al lume cresce la sua parte ombrosa.
[vedi figura 130.gif]
Quando il corpo luminoso sarà minore del corpo da esso illuminato, tanto crescerà l'ombra al corpo illuminato, quanto e' si farà piú vicino al corpo luminoso.
a sia il corpo luminoso minore dell'ombroso rsgl, il quale illumina tutta la parte rsg inclusa dentro a' suoi raggi luminosi an ed am; onde la parte ombrosa, per necessità di tali raggi, resta tutto rlg ombroso.
Dipoi io avvicino al medesimo luminoso esso corpo ombroso, e sarà dpeo, il quale sarà rinchiuso dentro alla rettitudine de' raggi luminosi ab ed ac, e sarà tocco da essi raggi nel punto d e nel punto e, e la linea de divide la parte ombrosa dalla sua luminosa dpe dal doe, la qual parte ombrosa per necessità è maggiore che l'ombrosa del corpo piú remoto rlg; e tutto nasce dai raggi luminosi che, per esser retti, si separano tanto piú remoti dal mezzo di tal corpo ombroso, quanto esso corpo sarà piú vicino al luminoso.
711.
Qual è quel corpo che quanto piú si accosta al lume piú diminuisce la sua parte ombrosa.
[vedi figura 131.gif]
Quando il corpo luminoso sarà maggiore del corpo da esso illuminato, tanto piú diminuirà l'ombra al corpo illuminato, quanto questo si farà piú vicino ad esso luminoso.
ab sia il corpo luminoso maggiore del corpo ombroso xyrh, il quale, accostandosi al luminoso in fecd, diminuisce la sua ombra, perché è abbracciato piú di là dal suo mezzo dai raggi luminosi stando vicino al corpo che lo illumina, che quando esso era piú remoto.
712.
Qual è quel corpo ombroso che non cresce né diminuisce le sue parti ombrose o luminose per nessuna distanza o vicinità dal corpo che lo illumina.
[vedi figura 132.gif]
Quando il corpo ombroso e il luminoso saranno infra loro di egual grandezza, allora nessuna distanza, o vicinità, che infra loro s'interponga, avrà potenza di diminuire o crescere le loro parti ombrose o illuminate.
nm sia il corpo ombroso, il quale, tirato nel sito cd piú vicino al luminoso ab, non ha cresciuto o diminuito la quantità della sua ombra; e questo accade perché i raggi luminosi che lo abbracciano sono in sé paralleli.
713.
Infra i corpi di eguale grandezza, quello che da maggior lume sarà illuminato avrà la sua ombra di minore lunghezza.
[vedi figura 133.gif]
Quei corpi che saranno piú propinqui o remoti dal loro lume originale, faranno piú o meno breve la loro ombra derivativa.
Nello sperimentare s'afferma la sopradetta proposizione, per cagione che il corpo mn è abbracciato da piú parte di lume che il corpo pq, come di sopra si dimostra.
Diciamo che vcabdx sia il cielo che fa il lume originale; che st sia una finestra dond'entrino le specie luminose, e cosí m n p q sieno i corpi ombrosi contrapposti a detto lume; mn sarà di minore ombra derivativa, perché la sua ombra originale sarà poca, ed il lume derivativo sarà grande, perché ancora sarà grande il lume originale cd; pq avrà piú ombra derivativa, perché la sua ombra originale sarà maggiore; il lume suo derivativo sarà minore che quello del corpo mn, perché quella parte dell'emisfero ab, che lo illumina, è minore che l'emisfero cd, illuminatore del corpo mn.
714.
Quei corpi sparsi situati in abitazione illuminata da una sola finestra faranno l'ombra derivativa piú o meno breve, secondo che sarà piú o meno a riscontro di essa finestra.
[vedi figura 134.gif]
La ragione che i corpi ombrosi che si trovano situati piú dritti al mezzo della finestra, fanno l'ombra piú breve che quelli situati in traverso sito, si è che vedono la finestra in propria forma, ed i corpi traversi la vedono in iscorto; a quello di mezzo la finestra pare grande, ai traversi pare piccola; quel di mezzo vede l'emisfero grande, cioè ef, e quelli dai lati lo vedono piccolo, cioè qr vede ab e cosí mn vede cd; il corpo di mezzo, perché ha maggior quantità di lume che quelli dai lati, è illuminato assai piú basso che il suo centro, e però l'ombra è piú breve, e tanto quanto ab entra in ef, tanto la piramide g4 entra in ey appunto.
715.
Ogni mezzo d'ombra derivativa si drizza col mezzo dell'ombra originale, e col centro del corpo ombroso, e del lume derivativo, e col mezzo della finestra, ed in ultimo col mezzo di quella parte del meridionale fatto dall'emisfero celeste.
yh è il mezzo dell'ombra derivativa, lh dell'ombra originale; l sia il mezzo del corpo ombroso, lk del lume derivativo; v sia il mezzo delle finestre; e sia l'ultimo mezzo del lume originale fatto da quella parte dell'emisfero del cielo che illumina il corpo ombroso.
716.
Ogni ombra fatta dal corpo ombroso minore del lume originale manderà le ombre derivative tinte del colore della loro origine.
[vedi figura 135.gif]
L'origine dell'ombra ef sia n, e sarà tinta in suo colore; l'origine di he sia o, e sarà similmente tinta in suo colore, e cosí il colore di vh sarà tinto nel colore del p perché nasce da esso, e l'ombra del triangolo zky sarà tinta nel colore di q perché deriva da esso q; f è il primo grado di lume, perché quivi illumina tutta la finestra ad, e cosí nel corpo ombroso m è di simil chiarezza; zky è un triangolo che contiene in sé il primo grado di ombra, perché in esso triangolo non capita il lume ad; xh è il secondo grado d'ombra perché lí non illumina se non un terzo della finestra, cioè cdh, e sarà il terzo grado di ombra perché lí vede i due terzi della finestra bd; e f sarà l'ultimo grado di ombra perché l'ultimo grado di lume della finestra illumina nel luogo di f.
717.
Quella parte del corpo ombroso sarà meno luminosa, che sarà veduta da minore quantità di lume.
La parte del corpo m è primo grado di lume perché lí vede tutta la finestra ad per la linea af; il secondo grado è n perché lí vede il lume bd per la linea be; o è il terzo grado perché lí vede il lume cd per la linea cb; p è il penultimo perché lí vede cd per la linea dv; q è l'ultimo grado perché lí non vede nessuna parte della finestra; tanto quanto cd entra in ad, tanto è piú scuro nrs che m, e tutto l'altro campo senz'ombra.
718.
Ogni lume che cade sopra i corpi ombrosi infra eguali angoli, tiene il primo grado di chiarezza, e quello sarà piú scuro che riceve gli angoli meno eguali, ed il lume o le ombre fanno loro ufficio per piramide.
[vedi figura 136.gif]
L'angolo c tiene il primo grado di chiarezza perché lí vede tutta la finestra ab e tutto l'orizzonte del cielo mx; l'angolo d fa poca differenza da c, perché gli angoli che lo mettono in mezzo non sono tanto disformi di proporzione quanto gli altri di sotto, e mancagli solamente quella parte dell'orizzonte ch'è tra y x; benché l'acquisti altrettanto dall'opposito lato, nondimeno la sua linea è di poca potenza, perché il suo angolo è minore che il suo compagno; l'angolo ed sarà di minor lume perché lí non vede; manca il lume ms ed il lume vx, ed i loro angoli sono assai disformi; l'angolo k e l'angolo f sono messi in mezzo ciascun per sé da angoli molto disformi l'uno dall'altro, e però saranno di poco lume, perché in k vede solamente il lume pt, ed in f non vede se non tq; og sarà l'ultimo grado di lume perché lí non vede nessuna parte del lume dell'orizzonte, e sono quelle le linee che un'altra volta ricompongono una piramide simile alla piramide c, la quale piramide l si troverà nel primo grado di ombra, perché ancora essa cade infra eguali angoli; ed essi angoli si drizzano e si sguardano per una linea retta che passa dal centro del corpo ombroso, e s'accoppia al mezzo del lume; le specie luminose moltiplicate nei termini della finestra ne' punti a b fanno un chiarore che circonda l'ombra derivativa creata dal corpo ombroso nel luogo 4 e 6; le specie oscure si moltiplicano in og e finiscono in 7 e 8.
719.
Ogni ombra fatta dai corpi si dirizza colla linea del mezzo ad un solo punto fatto per intersecazione di linee luminose nel mezzo dello spazio e grossezza della finestra.
La ragione premessa di sopra chiaramente appare per esperienza; imperocché figurerai uno sito colla finestra a tramontana, la quale sia sf, vedrai all'orizzonte di levante produrre una linea, che toccando i due angoli della finestra o f capiterà in d, e l'orizzonte di ponente produrrà la sua linea toccando gli altri due angoli della finestra r s e finirà in c, e questa intersecazione viene appunto nel mezzo dello spazio e della grossezza della finestra: ancora ti confermerai meglio questa ragione col porre due bastoni come nel luogo di g h; vi vedrai la linea fatta dal mezzo dell'ombra reale drizzarsi al centro m e coll'orizzonte nf.
720.
Ogni ombra con tutte sue varietà che per distanza cresce per larghezza piú che la sua cagione, le sue linee esteriori si congiungono insieme infra il lume e il corpo ombroso.
[vedi figura 138.gif]
Questa proposizione chiaramente appare e si conferma dalla esperienza, imperocché se ab sarà una finestra senza alcuna tramezzatura, l'aria luminosa che sta da destra in a è vista da sinistra in d, e l'aria che sta da sinistra in b, illumina da destra nel punto c, e dette linee s'intersecano nel punto m.
721.
Ogni corpo ombroso si trova infra due piramidi, una scura e l'altra luminosa; l'una si vede e l'altra no, e questo solo accade quando il lume entra per una finestra.
[vedi figura 139.gif]
Fa conto che ab sia la finestra e che r sia il corpo ombroso; il lume destro 3 passa il corpo dal lato sinistro del corpo ombroso in g e va in p; il lume sinistro k passa a detto corpo nel lato destro in i e va in m, e quelle due linee s'intersecano in c e lí fanno piramide; dipoi ab tocca il corpo ombroso in ig e fa la sua piramide in fig; f sarà oscuro, perché mai lí può vedere il lume abig; c sempre sarà luminoso, perché lí vede il lume.
722.
Qual è quel lume che, ancoraché l'occhio sia piú discosto dallo sferico ombroso che esso lume, non potrà mai vedere ombra, stando dietro al lume.
[vedi figura 140.gif]
Quando il luminoso sarà eguale o maggiore che lo sferico ombroso, allora l'occhio che sarà dopo tal lume non potrà mai vedere alcuna parte di ombra nel corpo ombroso per la differenza del detto luminoso.
cedf sia lo sferico ombroso, ab è il corpo luminoso eguale all'ombroso, e l'ombra di tal corpo sferico sia cfd; dico che l'occhio l, che sta dopo il lume ab in qualunque distanza si voglia, mai potrà vedere parte alcuna d'ombra, per la settima del nono che dice: mai le parallele concorrono in punto, perché ac bd son poste parallele, e se abbracciano di punto la metà dello sferico e le linee n m, che concorrono in punto l, esso punto non potrà mai vedere la metà dello sferico nel diametro suo cd.
723.
Dell'occhio che per lunga distanza mai gli sarà occupata la veduta dell'ombra nell'ombroso, quando il luminoso sarà minore dell'ombroso.
[vedi figura 141.gif]
Ma quando il luminoso sarà minore dell'ombroso, gli sarà sempre trovata qualche distanza, donde l'occhio potrà vedere l'ombra di esso ombroso.
Sia opef il corpo ombroso, ed il lume sia ab, in che proporzione si voglia minore di esso ombroso; dico che mai si proibirà che l'occhio n, che sta di dietro al lume, non veda qualche parte ombrosa dell'ombra del corpo sferico ombroso, come mostra la rettitudine delle linee.
724.
Dell'ombra dell'opaco sferico posto infra l'aria.
[vedi figura 142.gif]
La parte dello sferico opaco sarà piú ombrosa, che da maggior somma di oscurità sarà veduta.
Sia l'obietto oscuro il piano dc, e l'emisfero luminoso sia dnc, ed il corpo sferico interposto infra il lume dell'emisfero e l'oscurità della terra sia bcpo; dico che la parte oqp sarà piú oscura che alcuna parte di tale sferico, perché il sole vede il tutto de' lati dell'opposita oscurità della terra dc, ed ogni altro suo lato ne vede meno.
Provasi per uno degli elementi, che dice: la linea prodotta dal centro del circolo all'angolo della contingenza sarà perpendicolare e cadrà infra due angoli retti; seguita che la linea che vien dal centro x della sfera termina in sc infra angoli retti nel punto o, vede tutta l'oscurità della terra dc, e cosí tale o è veduto da essa terra; il simile fa p opposito per le medesime cagioni; e cosí q ed ogni parte che s'interpone infra op, spazio.
Ma il q è di piú eccellente oscurità per essere in mezzo sopra la terra, che non è l'o od il p, che son piú vicini agli estremi di tale oscurità della terra e cominciano a vedere l'orizzonte di esso emisfero e si mischiano col suo lume.
725.
Dell'ombra dell'opaco sferico posato sopra la terra.
[vedi figura 143.gif]
Ma l'ombra dell'opaco sferico, il quale si posa in contatto colla terra, sarà di maggiore oscurità che l'antecedente, che solamente la vede come suo obietto.
Provasi, e sia lo sferico opaco nms posato sopra la terra ac nel punto s, e l'arco abc sia il nostro emisfero; dico che l'ombra che fa esso sferico sopra la terra dove si posa sarà piú oscura che l'antidetta, per l'ottava che dice: ogni causa è fatta partecipe della sua causa, onde seguita che la terra, causa di tale ombra, darà l'ombra piú oscura, che sarà in sé piú oscura; adunque, essendo piú oscura l'ombrata che l'illuminata, lí è concluso.
726.
Delle ombre de' corpi alquanto trasparenti.
Nessun corpo partecipante di trasparenza fa ombra oscura se non è ombrato dall'oscurità delle ombre di molti altri simili corpi, come sono le foglie degli alberi, che fanno le ombre l'una sopra l'altra.
727.
Dell'ombra maestra che sta infra il lume incidente ed il riflesso.
Nota la vera figura che ha l'ombra maestra, la quale s'interpone infra il lume riflesso ed il lume incidente.
Questa tale ombra non si taglia, né ha fine se non insieme col membro sopra il quale si appoggia, ed i suoi lati sono di varie distanze dal suo mezzo e di varie conterminazioni con esso lume incidente e riflesso.
Imperocché alcuna volta si mostra di termini noti ed alcuna volta di termini insensibili; alcuna volta si piega della sua rettitudine, alcuna volta osserva rettitudine; alcuna volta i termini sono distanti ineguali dal mezzo dell'ombra principale; e di questo discorso si comporrà un libro.
728.
De' termini de' corpi che prima si perdono di notizia.
I termini de' corpi opachi sono quelli de' quali in brevissima distanza si perde la notizia; questa di che si predice il perdimento della notizia è la superficie dei corpi, per altro modo detta termine de' corpi densi, la quale, non avendo corpo, non dà di sé spedita notizia e tanto meno ne dà quanto essa è piú remota dal suo investigatore.
729.
De' termini de' corpi opachi.
[vedi figura 144.gif]
I veri termini de' corpi opachi mai saranno veduti con spedita cognizione; e questo nasce perché la virtú visiva non si causa in punto com'è provato nella terza del quinto di prospettiva, dove dice: la virtú visiva essere infusa per tutta la pupilla dell'occhio; adunque, essendo la pupilla abc che vede il termine del corpo n nello estremo m occupare nella parete gh tutto lo spazio def, perché la parte superiore a della pupilla vede il termine del corpo m nel punto d, e il mezzo della pupilla, b, vede un altro termine piú basso nel punto e che è piú alto del d, e la parte inferiore della pupilla, c, vede un altro termine del corpo piú basso, il quale è portato piú alto nella detta parete; e cosí è provata la causa della confusione de' termini che hanno i corpi ombrosi.
730.
Come i termini de' corpi ombrosi veduti da una medesima pupilla non sono in un medesimo sito in esso corpo.
[vedi figura 145.gif]
I termini de' corpi opachi veduti da una medesima pupilla non saranno mai in un medesimo sito in esso corpo.
Provasi, e sia che la pupilla ab vegga la parte superiore del corpo opaco n; dico che la parte inferiore b di tal pupilla vedrà il termine di esso corpo nel punto d, terminato nella parete or nel punto e, e la parte superiore a della pupilla vedrà esso termine del corpo opaco nel punto c terminare in detta parete.
Adunque, non essendo cd in un medesimo sito di tal corpo opaco, noi abbiamo provato il nostro intento.
731.
Come quel corpo ha i suoi termini piú confusi, che sarà piú vicino all'occhio che li vede.
[vedi figura 146.gif]
Tanto saranno piú confusi i termini de' corpi opachi, quanto e' saranno piú vicini all'occhio che li vede.
Quel che si propone si prova con mostrare ab, pupilla, vedere i termini nel corpo e in cd forte distanti l'un dall'altro, e per questo restan confusi; e vede i termini del corpo f, ch'è piú remoto, essere ancora piú vicini, cioè no, e per conseguente li viene a vedere piú spediti che quelli del corpo e.
732.
Come si deve conoscere qual parte del corpo deve essere piú o men luminosa che le altre.
[vedi figura 147.gif]
Se a sarà il lume e la testa sarà il corpo da quello illuminato; e quella parte di essa testa che riceve sopra di sé il raggio fra angoli piú eguali sarà piú illuminata; e quella parte che riceverà i raggi infra angoli meno eguali sarà meno luminosa; e fa questo lume nel suo ufficio a similitudine del colpo, imperocché il colpo che cadrà infra eguali angoli sarà in primo grado di potenza, e quando cadrà infra disuguali sarà tanto meno potente che il primo, quanto gli angoli saranno piú disformi.
Esempligrazia, se gitterai una palla in un muro, che le estremità sieno equidistanti da te, il colpo cadrà infra eguali angoli, e se la gitterai in detto muro stando da una delle sue estremità, la palla cadrà infra disuguali angoli e il colpo non si appiccherà.
733.
Quando gli angoli fatti dalle linee incidenti saranno piú eguali, in quel luogo sarà piú lume, e dove saran piú disuguali, sarà piú oscurità.
Poiché provato si è che ogni lume terminato fa, ovvero pare che nasca da un sol punto, quella parte illuminata da quello avrà la sua particola piú luminosa, sopra la quale cadrà la linea radiosa fra due angoli eguali, come di sopra si dimostra nella linea ag, e cosí in ah e simile in al; e quella particola della parte illuminata sarà men luminosa, sopra la quale la linea incidente ferirà tra due angoli, come appare in bcd; e per questa via ancora potrai conoscere le parti private di lume; come appare in mk.
734.
Come i corpi accompagnati da ombra e lume sempre variano i loro termini dal colore e lume di quella cosa che confina colla loro superficie.
[vedi figura 148.gif]
Se vedrai un corpo che la parte illuminata campeggi e termini in campo oscuro, la parte di esso lume che parrà di maggior chiarezza sarà quella che terminerà coll'oscuro in d; e se detta parte illuminata confina col campo chiaro, il termine di esso corpo illuminato parrà men chiaro che prima, e la sua somma chiarezza apparirà infra il termine del campo mf e l'ombra; e questo medesimo accade all'ombra, imperocché il termine di quella parte del corpo adombrato che campeggia in luogo chiaro in l parrà di molto maggiore oscurità che il resto; e se detta ombra termina in campo oscuro, il termine dell'ombra parrà piú chiaro che prima, e la sua somma oscurità sarà infra detto termine ed il lume, nel punto o.
735.
De' colmi de' lumi che si voltano e trasmutano, secondo che si trasmuta l'occhio veditore di esso corpo.
[vedi figura 149.gif]
Poniamo che il detto corpo sia questo tondo qui in margine figurato, e che il lume sia il punto a, e che la parte del corpo illuminata sia bc, e che l'occhio sia nel punto d; dico che il lustro, perché è tutto per tutto, e tutto nella parte, stando nel punto d, parrà nel punto c, e tanto quanto l'occhio si trasmuterà da d ad a, tanto il lustro si trasmuterà da c ad n.
736.
Modo come devono terminare le ombre fatte dagli obietti.
[vedi figura 150.gif]
Se l'obietto sarà questa montagna qui figurata, ed il lume fosse il punto a, dico che da b a d e similmente da c ad f non sarà lume se non per raggi riflessi; e questo nasce che i raggi luminosi non si adoprano se non per linea retta, e quel medesimo fanno i secondi raggi che sono riflessi.
737.
Qual parte dello sferico meno si illumina.
[vedi figura 151.gif]
Quella parte del corpo ombroso sarà manco illuminata, che da minor parte del corpo luminoso sarà veduta.
Provasi, e sia il corpo ombroso asqr, e il luminoso sia il suo emisfero ncef; dico che la parte a e la parte o, per essere esse vedute da eguali archi aced e cedf, sono vedute da eguali quantità di lume, e sono per questo egualmente da essi illuminate.
Ma r, veduto dal minore arco odf, riceve men lume; ed il p, che sol vede df, minore che edf, per questo resta meno luminoso, ed ancor meno luminoso rimane q, che sol vede l'estremo dell'orizzonte f.
738.
Qual parte dello sferico piú si illumina.
[vedi figura 152.gif]
E quella parte che degli sferici si illumina sarà di piú intensa chiarezza, che con minor somma di specie ombrose si accompagna.
Provasi, e sia fno il corpo sferico ombroso, ed abc l'emisfero luminoso, e il piano ac l'oscurità della terra; dico adunque, che la parte della sfera fn sarà di piú intensa chiarezza, perché non vede nessuna parte della terra ac, ed è in sé di egual chiarezza, per essere illuminata dagli eguali archi dell'emisfero abc, cioè l'arco are è pari all'arco rbs ed all'arco bsc, e per una concezione che dice, che quando due cose sono eguali ad una terza, esse sono ancora infra loro eguali, adunque p f n sono eguali in chiarezza.
739.
Qual parte dell'opaco sferico meno si illumina.
[vedi figura 153.gif]
[vedi figura 154.gif]
Quella parte dell'opaco sferico sarà di piú oscura ombrosità, che da men somma di raggi luminosi sarà vista.
Benché questa abbia gran similitudine con la prima di sopra, non resterò che io non la provi, perché essa prova alquanto si varia; e sia il corpo ombroso fno, e l'emisfero sia abc, e l'oscurità della terra sia la linea ac; dico in prima che la parte superiore dello sferico fpn sarà egualmente illuminata da tutto l'emisfero abc, e cosí lo dimostro per le tre porzioni date eguali, cioè are che illumina il punto f, e rbs che illumina p, e gsc che illumina n; adunque, per la settima del nono è concluso fpn, parte superiore dello sferico, essere di eguale chiarezza; la quale settima del nono dice che tutte quelle parti dei corpi che con eguale distanza saranno illuminate da eguali e simili lumi, sempre per necessità saranno di eguale chiarezza, e tale condizione accade ad fpn.
Seguita la seconda dimostrazione: sia abc il corpo ombroso sferico; dfe sia l'emisfero illuminatore; de è la terra che qui causa l'ombra; dico che tutta la parte della sfera anb per la passata è privata di ombra, perché non è veduta dall'oscurità della terra, e tutto il rimanente della superficie di tale sfera è ombroso con piú o meno oscurità, secondo che piú o men somma dell'oscurità della terra con minore o maggior quantità della luce dell'emisfero si accompagna.
Adunque il punto c, che vede minor somma di tale emisfero e maggior somma della terra, sarà piú oscurato che alcun'altra parte dell'ombra, cioè non vede se non rd e se dell'emisfero, e vede tutta la terra de; e la piú chiara sarà ab, perché non vede se non gli estremi della terra de.
Tanto sarà minore quella parte che di qualunque sferico si illumina, quanto sarà minore la parte del luminoso che la vede.
Provasi: ah sia il corpo ombroso, cie sia il nostro emisfero; seguita che a, parte del corpo ombroso, sarà meno illuminata per esser veduta da minor parte del corpo luminoso, cioè da men parte del giorno di esso nostro emisfero, come ci mostrano le due parti bc e de.
[vedi figura 155.gif]
Adunque quella parte dello sferico che si illumina sarà di maggior figura che da maggior somma del luminoso sarà illuminata.
Provasi per il converso dell'antecedente: se il minimo lume bc, de del nostro emisfero illumina una minima parte dello sferico ah, il massimo lume di esso emisfero illuminerà la parte massima di tal corpo sferico, cioè se bc, df della figura seguente illumina solo la parte nmr, il rimanente dell'emisfero, giunto con esso la sua parte bc, df, illuminerà il rimanente del predetto sferico.
Perché, ancoraché bc, df illumini nmr, esso illumina ancora la parte kn dal lato sferico, e l'altra lr dalla parte opposita.
Dice qui l'avversario che non vuole tanta scienza, che gli basta la pratica del ritrarre le cose naturali; al quale si risponde che nessuna cosa è che piú c'inganni che fidarsi del nostro giudizio senz'altra ragione, come prova sempre l'esperienza, nemica degli alchimisti, negromanti ed altri semplici ingegni.
740.
Della proporzione che hanno le parti luminose de' corpi co' loro riflessi.
[vedi figura 156.gif]
Tal proporzione avrà la parte illuminata dal lume incidente da quella che si illumina dal lume riflesso, quale ha il lume incidente con esso lume riflesso.
Provasi: sia ab il lume incidente che illumina lo sferico cd in cnd, e passa co' suoi raggi all'obietto ef, e di lí si riflette in cmd; dico che se il lume ab ha due gradi di potenza e l'ef ne ha uno, ch'è subduplo a due, che il lume riflesso cmd sarà subduplo al lume cnd.
741.
Della parte piú oscura dell'ombra ne' corpi sferici o colonnali.
La parte dell'ombra de' corpi sferici o colonnali sarà interposta infra il suo lume incidente ed il lume riflesso.
742.
Come le ombre fatte da lumi particolari si debbono fuggire, perché sono i loro fini simili ai principî.
Le ombre fatte dal sole od altri lumi particolari sono senza grazia del corpo, che da quelle è accompagnato, imperocché confusamente lascia le parti di sé con evidente termine di ombra dal lume, e le ombre sono di pari potenza nell'ultimo che nel principio.
743.
Del dare i lumi debiti alle cose illuminate secondo i siti.
Ai lumi accomodati alle cose da essi illuminate bisogna avere gran rispetti, conciossiaché in una medesima istoria vi accade parti che sono alla campagna al lume universale dell'aria, ed altre che sono in portici, che son lumi misti di particolari ed universali, ed altre ai lumi particolari, cioè in abitazioni che pigliano il lume da una sola finestra.
Di queste tre sorta di lumi, alla prima è necessario i lumi pigliare gran campi, per la quarta del primo che dice: tal proporzione è da grandezza a grandezza delle parti de' corpi illuminati, quale è da grandezza a grandezza degli obietti di quelli illuminatori; ed ancora di questi, cioè chi richiede riflessi dell'un corpo nell'altro, dove il lume entra per istretti luoghi infra i corpi illuminati da lume universale, perché ai lumi che penetrano infra i corpi vicini l'uno all'altro accade il medesimo che ai lumi che penetrano per le finestre o porte delle case, le quali noi dimandiamo lumi particolari; e cosí di questo faremo al suo luogo i debiti ricordi.
744.
Regola del porre le debite ombre e i debiti lumi ad una figura, ovvero corpo laterato.
[vedi figura 157.gif]
Tal sarà la maggiore o minore oscurità dell'ombra ovvero la maggiore o minor chiarezza di lume che ferirà sopra le faccie di un corpo laterato, qual sarà la maggiore o minore grossezza dell'angolo che si rinchiude, infra la linea centrale del luminoso che percuote sopra il mezzo del lato illuminato e la superficie di esso lato illuminato; come se il corpo illuminato fosse colonnato ottangolare, la fronte del quale è posta qui in margine; e sia che la linea centrale ra, la quale si estende dal centro del luminoso r al centro del lato sc; e sia ancora che la linea centrale rd si estenda dal centro di esso luminoso r al centro del lato cf; dico che tal proporzione sarà dalla qualità del lume che riceve da esso luminoso il lato sc a quella che dal medesimo luminoso riceve il secondo lato cf, qual sarà dalla grossezza dell'angolo bac alla grossezza dell'angolo edf.
745.
Regola del porre le vere chiarezze de' lumi sopra i lati del predetto corpo.
[vedi figura 158.gif]
Sia tolto un colore simile al colore del corpo che tu vuoi imitare, e sia tolto il colore del principale lume col quale vuoi illuminare esso corpo; dipoi, se tu trovi che il sopradetto maggiore angolo sia duplo all'angolo minore, allora tu torrai una parte del colore naturale del corpo che vuoi imitare, e dàgli due parti del lume che tu vuoi ch'esso riceva, ed avrai posto il lume duplo al lume minore; dipoi, per fare il lume subduplo, togli una sola parte di esso colore naturale del già detto corpo, ed aggiungigli solo una parte del detto lume, e cosí avrai fatto sopra un medesimo colore un lume il quale sarà doppio l'uno all'altro, perché sopra una quantità di esso colore è data una simile quantità di lume, ed all'altra quantità son date due quantità di tale lume.
E se tu vuoi misurare di punto esse quantità di colori, abbi un piccolo cucchiaro col quale tu possa pigliare le tue quantità eguali, com'è posto qui in margine.
E quando tu hai con esso tolto il tuo colore, tu lo radi colla piccola riga, come far si suole alle misure delle biade quando si vendono esse biade.
746.
Perché pare piú chiaro il campo illuminato intorno all'ombra derivativa stando in casa che in campagna.
Il campo chiaro che circonda l'ombra derivativa è piú chiaro vicino ad essa ombra che nelle parti piú remote; e questo accade quando tal campo riceve il lume da una finestra, e non accade in campagna.
E come questo nasce sarà definito a suo luogo nel libro dell'ombra e lume.
747.
Del dare i lumi.
Da' prima un'ombra universale per tutta la parte contenente che non vede il lume, poi dàgli ombre mezzane, e le principali a paragone l'una dell'altra, e cosí da' il lume contenente di mezzano lume, dandogli poi i mezzi e i principali similmente a paragone.
748.
Del dare con artificiosi lumi ed ombre aiuto al finto rilievo della pittura.
Nell'aumentare la pittura nel suo rilievo userai fare, infra la finta figura e quella cosa visiva che riceve la sua ombra, una linea di chiaro lume che divida la figura dall'oscurato obietto; e nel medesimo obietto farai due parti chiare che mettano in mezzo l'ombra fatta nel muro dalla contrapposta figura.
Usa spesso fare quelle membra che tu vuoi che si partano alquanto dal loro corpo, e massime quando le braccia intraversano il petto, di fare che infra il battimento dell'ombra del braccio sul petto e la propria ombra del braccio resti alquanto di lume, che paia che passi nello spazio ch'è infra il petto ed il braccio.
E quando tu vuoi che il braccio paia piú distante dal petto, tanto piú fa detto lume maggiore, e sempre fa che tu t'ingegni di accomodare i corpi in campi che la parte di essi corpi ch'è oscura termini in campo chiaro, e la parte del corpo illuminata termini in campo oscuro.
749.
Del circondare i corpi con varî lineamenti di ombra.
Fa che sempre le ombre fatte sopra la superficie de' corpi da varî obietti usino ondeggiare con varî torcimenti, mediante la varietà de' membri che fanno le ombre e della cosa che riceve essa ombra.
750.
Modo di fare alle figure l'ombra compagna del lume e del corpo.
Quando fai una figura e che tu vuoi vedere se l'ombra è compagna del lume, ch'essa non sia o piú rossa o gialla che si sia la natura dell'essere del colore che tu vuoi adombrare, farai cosí: fa l'ombra col tuo dito sopra la parte illuminata, e se l'ombra accidentale da te fatta sarà simile all'ombra naturale fatta dal dito sopra la tua opera, starà bene, e puoi col dito piú presso o piú lontano fare ombre piú scure o piú chiare, le quali sempre paragona colla tua.
751.
De' siti de' lumi e delle ombre delle cose vedute in campagna.
Quando l'occhio vede tutte le parti de' corpi veduti dal sole, esso vedrà tutti i corpi senz'ombra.
Provasi per la nona che dice: la superficie di ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto.
Adunque, essendo il sole obietto di tutte quelle parti delle superficie de' corpi che lo vedono, esse parti di superficie partecipano della chiarezza del sole che li illumina.
Risguarderà essi corpi, ed è impossibile che possa vedere altra parte di tali corpi che si sia quella ch'è veduta dal sole.
Adunque non vedrà primitiva né derivativa di nessuno de' predetti corpi.
752.
Se il sole è in oriente e l'occhio a settentrione, ovvero a meridie.
Quando il sole è all'oriente e l'occhio a settentrione o a meridie, allora l'occhio vedrà le ombre primitive de' corpi orientali ed i lumi de' corpi occidentali, ed esso essere appunto in mezzo ai lumi ed alle ombre de' corpi.
753.
Del sole e dell'occhio posti all'oriente.
Quando il sole e l'occhio saranno all'oriente, allora tutte le parti delle superficie che vedono il sole si dimostreranno all'occhio illuminate, per la nona di questo.
754.
Del sole all'oriente e l'occhio all'occidente.
Quando l'occhio di occidente vede il sole all'oriente, allora i corpi opachi interposti infra l'oriente e l'occidente mostreranno all'occhio le sue ombre.
Seguita che un paese è mezzo chiaro e mezzo scuro.
755.
Ricordo al pittore.
[vedi figura 159.gif]
Adunque tu, o pittore, quando figuri i tuoi paesi o campagne col lume a destra o a sinistra, ricordati, per la sopradetta conclusione, come le ombre de' corpi hanno ad occupare con maggiore o minor quantità, quanto essi corpi sono piú vicini o piú remoti dalla causa che li illumina.
756.
Della convenienza delle ombre compagne de' loro lumi.
In questa parte tu devi avere gran rispetto alle cose circostanti a que' corpi che tu vuoi figurare, per la prima del quarto, che prova che la superficie di ogni corpo ombroso partecipa del colore del suo obietto; ma si deve accomodare coll'arte a fare a riscontro delle ombre de' corpi verdi cose verdi, come prati e simili convenienze acciocché l'ombra, partecipando del colore di tale obietto, non venga a degenerare ed a parere ombra di altro corpo, che verde; perché se tu metterai il rosso illuminato a riscontro dell'ombra, la quale è in sé verde, questa tale ombra rosseggierà e farà colore di ombra, la quale sarà bruttissima e molto varia dalla vera ombra del verde; e quel che di tal colore si dice, s'intende di tutti gli altri.
757.
In che parte de' corpi ombrosi si dimostreranno i loro colori di piú eccellente bellezza.
L'eccellente bellezza di qualunque colore che non abbia in sé lustro sarà sempre nell'eccellente chiarezza della parte piú illuminata di essi corpi ombrosi.
758.
Perché i termini de' corpi ombrosi si mostrano alcuna volta piú chiari o piú scuri che non sono.
I termini de' corpi ombrosi si dimostrano tanto piú chiari o piú scuri che non sono, quanto il campo che con loro confina sarà piú scuro o piú chiaro del colore di quel corpo che lo termina.
759.
Che differenza è dalla parte illuminata nella superficie de' corpi ombrosi alla parte lustra.
La parte del corpo ombroso che si illumina parrà tanto men luminosa quanto essa piú si avvicinerà al suo lustro; e questo è causato dalla gran varietà ch'è infra loro ne' loro confini, la quale è cagione che la parte men lucida pare oscura in tali confini, e la parte lucida del lustro pare chiarissima.
Ma queste tali superficie che ricevono le dette impressioni sono di natura di specchi confusi, i quali pigliano confusamente il simulacro del sole e del cielo che gli fa campo, e similmente del lume di una finestra e della oscurità della parete nella quale è fatta essa finestra.
DEL LUSTRO
760.
Del lustro de' corpi ombrosi.
De' lustri de' corpi di egual tersità, quello avrà piú differenza col suo campo, che si genererà in piú nera superficie; e questo nasce che i lustri si generano in superficie pulite, che son quasi di natura di specchi; e perché tutti gli specchi rendono all'occhio quel che ricevono dagli obietti, adunque ogni specchio che ha per obietto il sole, rende esso sole di un medesimo colore, e il sole parrà piú potente in campo oscuro che in campo chiaro.
761.
Come il lustro è piú potente in campo nero che in alcun altro campo.
Infra i lustri di eguale potenza quello si dimostrerà di piú eccellente chiarezza, che sarà in campo piú oscuro; questa è la medesima di sopra, ma si varia, ché quella parla della differenza ch'esso ha dal suo campo, e questa della differenza che ha un lustro nel campo nero dal lustro generato in altri campi.
762.
Come il lustro generato nel campo bianco è di piccola potenza.
De' lustri di egual potenza quello si mostrerà di minor splendore che si genera in piú bianca superficie.
763.
Delle grandezze de' lustri sopra i corpi tersi.
De' lustri generati sopra gli sferici egualmente distanti dall'occhio, quello sarà di minor figura, che si genererà sopra sferico di minor grandezza.
Vedasi ne' graniculi dell'argento vivo, i quali sono quasi di quantità insensibili, i loro lustri essere eguali alla grandezza di essi grani; e questo nasce ché la virtú visiva della pupilla è maggiore di esso graniculo, e per questo lo circonda com'è detto.
764.
Che differenza è da lustro a lume.
La differenza ch'è dal lustro al lume, è che sempre il lustro è piú potente che il lume, ed il lume è di maggiore quantità che il lustro; ed il lustro si muove insieme coll'occhio o colla sua causa, o coll'uno e coll'altra; ma il lume è stabilito al luogo terminato, non rimuovendosi la causa che lo genera.
765.
Del lume e lustro.
I lumi che si generano nelle superficie terse de' corpi opachi saranno immobili ne' corpi immobili ancoraché l'occhio de' veditori si muova; ma i lustri saranno sopra i medesimi corpi in tanti luoghi della loro superficie, quanti sono i siti dove l'occhio si muove.
766.
Quali corpi sono quelli che hanno il lume senza lustro.
I corpi opachi che hanno superficie densa ed aspra non generano mai lustro in alcun luogo della loro parte illuminata.
767.
Quali corpi sono quelli che hanno lustro e non parte luminosa.
I corpi opachi densi con tersa(53) superficie sono quelli che hanno tutto il lustro in tanti luoghi della parte illuminata quanti sono i siti che possono ricevere l'angolo della incidenza del lume e dell'occhio; ma perché tale superficie specchia tutte le cose circostanti al lume, l'illuminato non si conosce in tal parte del corpo illuminato.
768.
Del lustro.
Il lustro partecipa assai piú del colore del lume che illumina il corpo che lustra, che del colore di esso corpo; e questo nasce in superficie dense.(54)
Il lustro di molti corpi ombrosi è integralmente del colore del corpo illuminato, com'è quello dell'oro brunito, dell'argento ed altri metalli e simili corpi.
Il lustro di foglie, vetri e gioie poco partecipa del colore del corpo ove nasce ed assai del colore del corpo che lo illumina.
Il lustro fatto nella profondità di densi trasparenti è in primo grado della bellezza di tale colore, come si vede dentro al rubino, balascio, vetri e simili cose; questo accade ché infra l'occhio ed esso lustro s'interpone tutto il color naturale del corpo trasparente.
I lumi riflessi de' corpi densi e lustri sono di molto maggior bellezza che non è il natural colore di essi corpi, come si vede nelle pieghe, che si aprono, dell'oro che si fila ed in altri simili corpi, che l'una superficie riverbera nell'altra a sé contrapposta, e l'altra riverbera in essa, e cosí fanno successivamente in infinito.
Nessun corpo lustro e trasparente può dimostrare sopra di sé ombra ricevuta d'alcun obietto, come si vede nelle ombre de' ponti de' fiumi, che mai si vedono, se non sopra le acque torbide, e nelle chiare non appariscono.
Il lustro sarà sopra gli obietti trovato in tanti varî siti, quanto son varî i luoghi dond'esso è veduto.
Stando l'occhio e l'obietto senza moto, si muoverà il lustro sopra l'obietto insieme col lume che lo cagiona; stando il lume e l'obietto senza moto si muoverà il lustro sopra l'obietto insieme col moto dell'occhio che lo vede.
Nasce il lustro nelle superficie pulite di qualunque corpo, delle quali piglieranno piú lume quelle che saranno piú dense e pulite.
DE' RIFLESSI(55)
769.
Dell'ombra interposta infra lume incidente e lume riflesso.
L'ombra che s'interpone infra il lume incidente ed il lume riflesso sarà di grande oscurità e si dimostrerà piú oscura ch'essa non è, per causa del paragone del lume incidente che con essa confina.
770.
Dove il riflesso dev'essere piú oscuro.
[vedi figura 160.gif]
Se il lume s illumina il corpo rp, e' farà l'ombra primitiva piú chiara di sopra, inverso il lume, che di sotto dov'esso corpo si posa sopra il piano, per la quarta di questo che dice: la superficie di ogni corpo partecipa del colore del suo obietto; adunque l'ombra derivativa, la quale si stampa sopra il pavimento nel sito mp, risalta nella parte del corpo ombroso op, ed il lume derivativo, che cinge tale ombra, cioè mn, risalta in or, e questa è la causa che sempre tali corpi ombrosi non hanno mai il riflesso luminoso ne' confini che ha il corpo ombroso col suo pavimento.
771.
Perché i riflessi poco o niente si vedono ne' lumi universali.
[vedi figura 161.gif]
I riflessi de' corpi ombrosi poco o niente si vedono ne' lumi universali; e questo nasce perché tal lume universale circonda ed abbraccia assai ciascuno di essi corpi, la superficie de' quali, com'è provato, partecipa del colore de' suoi obietti; come se il corpo a fosse illuminato dal suo emisfero gcd ed ombrato dalla terra gfd; qui la superficie di tal corpo è illuminata ed ombrata dall'aria della terra che gli sta per obietto, e tanto piú o meno illuminata ed ombrata, secondo che piú o meno è veduta da maggior somma di luminoso o di scuro; come si vede, nel punto k essere veduto da tutta la parte dell'emisfero hci, e non è veduto da nessuna parte dell'oscurità della terra.
Adunque seguita, k essere piú illuminato che a dove solo vede la parte dell'emisfero cd, e tale illuminazione è corretta dall'oscurità della terra rd, la quale tutta vede ed è veduta dal punto a, com'è provato in prospettiva; e se noi vorremo dire dal punto b, noi troveremo quello essere meno illuminato che il punto a, conciossiaché esso b vede la metà dell'em
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