TORQUATO TASSO, di Carlo Goldoni - pagina 1
Carlo Goldoni
TORQUATO TASSO
Commedia di cinque atti in versi rappresentata per la prima volta
in Venezia nel Carnovale dell'anno 1755
A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
LEOPOLDO OTTAVIO
CONTE DEL S.
R.
I.
DELLA TORRE VALSASSINA E TASSIS,
CAMERIERE DELLA CHIAVE D'ORO E
CONSIGLIERE DI STATO DI S.
M.
C.
GENERAL
EREDITARIO DELLE POSTE IMPERIALI NEL
SERENISSIMO DOMINIO VENETO
Un Padre, Eccellentissimo Signore, il quale veggasi da parecchi Figli attorniato, non potendo dar loro quella riputazione in cui li desidera il paterno amore, cerca provvidamente di porli sotto la protezione di riguardevole Personaggio, che recar vaglia ad essi quel fregio che non sortirono dalla nascita loro, e quello scudo di che abbisognano nelle vicende del secolo.
Molto più questo Padre amoroso diligentemente si adopra, qualora trattisi di un Figliuolo suo prediletto, la qual distinzione d'amore sogliono i Padri tutti sentire inverso dei loro parti, siano eglino generati dal sangue, o dallo intelletto prodotti.
Io di questi m'intendo, allora quando de' Figli miei ragiono, che dell'altro genere sono ancor privo; e i parti miei legittimi sono le mie Commedie, avendomi l'inclinazione a Talia congiunto, e tutt'altro che sia dalla mia mente sortito, spurio deve essere reputato, e contro la data fede alla comica Musa prodotto.
Ma questa mia gelosa compagna, che finora di ottantadue Figliuole mi ha fatto Padre, permette ch'io possa amarne alcuna più delle altre, secondo più o meno mi costano di fatica, ed a misura dei maggiori o minori vezzi, che dalla Madre medesima furono ad esse contribuiti.
Una delle mie predilette è quella che con insolito ardire il celeberrimo Torquato Tasso espose al Pubblico dalle Scene; e dalle onorate sue gesta, e dalle sue sventure, trasse doppio argomento di laude e di commiserazione per esso, non meno che di utile e dilettamento agli ascoltatori.
Può ciascheduno, che di tali opere non sia ignaro, conoscere in questa, quanto siasi la Musa di se medesima compiaciuta, e quanta maggior fatica costato mi sia condurre a fine il disegno dalla poetica fantasia concepito, e dalla pratica teatrale ordinato.
Non fecemi il fortunato evento della mia diligenza pentire.
Ebbe il mio Tasso quella sorte che io poteva desiderargli, vale a dire il compiacimento delle dotte persone, e da per tutto ove i Comici hanno sinora quest'opera rappresentata, si mantenne la fortuna medesima, giunta a ridurre dal mio partito chi erasi impegnato a discreditarmi.
Ora questa mia prediletta passar deve dalla scena al torchio, ed eccola più da vicino agli occhi del Pubblico, severo giudice delle opere altrui, delle quali ha tempo e comodo di rilevare i difetti, non riparati dall'abilità degli Attori e dal sollecito volo della scenica rappresentazione.
Io dunque, che provveduto ho sinora cinquantanove Sorelle di protezione, deggio pensare alla sessagesima tanto a me cara, ed a misura dell'amor mio, un Protettore magnanimo procurarle.
Chi mai poteva io rinvenire, per meglio soddisfar le mie brame, fuori dell' E.
V., Cavaliere di un sangue cotanto illustre, di una mente così elevata, e di un cuore sì generoso? E vaglia il vero, a chi mai se non se all'E.
V.
dovevasi questa Commedia raccomandare, facendo essa onorata menzione di un riguardevole Personaggio, tratto dalla innumerabile schiera di quegli Eroi, che colle lettere o colle armi illustrarono la vostra eccelsa Famiglia? Non sono io quell'adulatore che comprar voglia la grazia de' Mecenati al prezzo di false lodi, né Voi soffrireste per questa via indegna le acclamazioni del popolo; ma piene sono le storie del vostro nome; volumi intieri stampati si veggono ad onore della vostra Casa, e sino da' primi secoli rispettata, mantiene tuttavia in tante partii d'Europa l'antico splendore, e la successione agli onori.
Gli Storici più accreditati, parlando della origine de' Torriani vostri progenitori, la cercano sì di lontano, che derivare li fanno dalla Casa Reale di Francia diramata in Borgogna e di là trasportata in Italia, ove signoreggiò la Città di Milano ed altri luoghi circonvicini.
La guerra, che fece in ogni tempo cambiare aspetto alle Famiglie Sovrane, privò i Torriani del principato, e li costrinse a dividersi in varie parti.
Altri formarono nel Friuli l'illustre Casa che dicesi Della Torre.
Altri nel Territorio di Bergomo ricovrati nell'anno 1313, aspettando più da vicino la fortunata occasione di ripigliare la sovranità di Milano, impadronitisi della Val di Cornello, colà si rimpiattarono alle falde del Monte Tasso, imitando quell'animale di cotal nome, che ritirato nel verno nella sua tana, aspetta la novella stagione per uscir fuori, dacché appunto pigliarono essi il novello cognome de Tassis, ed alla torre, nelle armi loro, aggiunger vollero il tasso.
Da questo nobilissimo ceppo l'E.
V.
deriva; da questo derivarono tanti Eroi, che segnalati si sono nelle armi e nei servigi prestati agl'Imperatori; e derivò dalla stessa fonte Bernardo Tasso, padre del mio Torquato, che colle lettere recò tanta gloria e tanto splendore alla sua Famiglia, quanto ne resero tanti altri col valore e col sangue, e quanto coll'ingegno suo ne ha recato Francesco de Torriani de Tassis, il quale trovandosi presso l'Imperatore Massimiliano, primo di questo nome, suggerì e condusse ad effetto l'invenzione ammirabile delle Poste, sì utile al commercio degli Uomini, da cui tanto comodo e tanto bene a tutti i Regni n'è derivato.
Egli, che non aveva di sé Figliuoli, chiamò da Bergamo tre suoi nepoti, Gio.
Battista, Maffeo e Simone, ai quali poscia da Carlo V, come a successori del benemerito loro Zio, fu distribuita la vastità delle Provincie da lui possedute, rispetto alla importantissima sopraintendenza alle Poste; e d'allora sino al presente giorno continua nei diversi rami della Famiglia de Tassis lo specioso carico di General delle Poste, sostenuto in Germania dalla linea del Primogenito, col titolo e cogli onori di Principe del Sacro Romano Impero; quella del secondogenito in Spagna, nei conti di Villamediana, passata poi nella famiglia d'Ognate; ed è la linea del terzogenito quella che dalla E.
V.
viene rappresentata in Venezia, oltre ai due rami che parimente fioriscono, uno in Roma, e l'altro in Ispruch.
Tutte queste Famiglie risplendono da per tutto fra gli onori e fra le ricchezze; ma io fissando gli occhi soltanto nell'E.
V., mi, consolo colla mia Patria, che ad essa abbia toccato in sorte un Cavaliere di tante virtù fornito, il quale ai fregi del sangue unisce quelli della persona.
Un uomo di talento non è sempre un uomo di spirito, e sovente chi ha dello spirito, non è di egual talento fornito.
In Voi l'uno e l'altro perfettamente ritrovasi, cioè una mente felice ed un brio vivace, onde fra le applicazioni più serie, alle migliori scienze ed alle belle arti donate, sapete vivere cogli amici, e procurare a Voi stesso la società più aggradevole di questo Mondo.
La storia, la filosofia, la morale sono i pascoli del vostro intelletto.
La musica, la poesia, la conversazione sono i trattenimenti del vostro spirito; e l'animo generoso ed il cuore benfatto vi fa essere amante non solo della virtù, ma protettore benefico de' virtuosi.
La strada che vi conduce nelle operazioni voi sire, è situata fra la generosità e la moderazione.
Chi esce da un tal sentiero, suol cader negli estremi: Voi, guidato dalla prudenza, siete magnifico nelle occasioni, senza vanità e senza fasto.
Iddio, che da tanti secoli colmò di benedizioni la vostra Casa, vi ha donato un Figliuolo degno di Voi e della nobilissima vostra Sposa, il quale seguendo l'orme de' suoi maggiori, col vivo esempio di un Padre adorno di tanti pregi, accrescerà ognora più il lustro della Famiglia.
Ricordomi, tremante ancora, in quanta pena ci teneste l'anno passato, allora quando minacciava la morte di abbreviare i giorni della vostra vita; e certamente, se i caldi voti del Popolo sono in Cielo ascoltali, non si potea dubitare della vostra salute, cara a tutti egualmente, e da tutti desiderata.
I voti miei non furono in tale occasione meno fervidi di qualunque altri, interessandomi per il bene della mia Patria, che vi ama e vi stima, e Figliuolo suo vi considera, sendo oltrepassati più secoli, che avete in Venezia il domicilio piantato.
M'interessai per le Lettere che coltivate, per le belle Arti che proteggete, per le Virtù dell'animo che praticate.
M'interessai per la cara Famiglia vostra, per i teneri vostri Amici, per i servidori vostri beneficati; ma siccome io tengo per fermo, che in tutti i desideri nostri più nobili e più virtuosi abbiavi la parte sua l'amor proprio, non esito punto a manifestarvi, che il mio particolare interesse inducevami a pregar Dio per la vostra vita e per la vostra salute.
Troppo mi sarebbe costato il perdere un Protettore delle opere mie qual Voi siete, che basta col compiacimento di esse ad accreditarle, e impone silenzio a chiunque per opprimerle si affatica.
Il mio Torquato, sino dai primi giorni che fu da me riprodotto, si lusingò di poter essere dal nome vostro onorato; ed io che l'amo tanto, avrei amaramente compianta la sua sventura.
Viva l'eterna Provvidenza che vi vuol nostro, e nostro vi serbi felicemente per lungo tempo avvenire, e alle magnanime idee del cuor vostro corrispondano sempre i fortunati auspici del Cielo.
Ecco Torquato vostro per parentela, Torquato mio per amore, consolato del nuovo fregio che or gli recate.
Spero che l'onorato spirito del valoroso Poeta non siasi meco sdegnato, veggendo le gesta sue da me sulle Scene rappresentate; poiché studiato mi sono di farlo in guisa che disonore al suo nome ed al mio medesimo non recasse, ed ora sarà egli di me piucchemai contento, dandogli per protettore un Nipote che ama le Lettere di lui non meno, e che tanta gloria ha accresciuto alla sua Famiglia.
Con così bella speranza, e coll'altra ancora che V.
E.
l'umile ossequio mio non isdegni, alla di Lei protezione mi raccomando, nell'atto di profondamente inchinarmi.
Di V.E.
Umiliss.
Dev.
e Obblig.
Servidore
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
Torquato Tasso, discendente dall'illustre famiglia de' Torreggiani, signori di Milano e di altre città della Lombardia, nacque in Bergomo li 11 marzo del 1544.
Nell'età di sei mesi egli esprimevasi in modo che facevasi intendere.
Nella sua infanzia ridere non fu mai veduto, e piangere poche volte; né mai vi fu bisogno di batterlo o di correggerlo, obbediente sempre ed esatto ne' suoi studi e ne' suoi doveri.
Di tre anni fu mandato alle prime scuole, e di quattro principiò i suoi studi sotto la disciplina dei Gesuiti.
Levavasi egli ordinariamente col sole, e prima ancora talvolta, per l'impazienza di applicarsi allo studio.
Appena toccò i sett'anni, principiò a comporre dei versi, e fece delle orazioni che recitò in pubblico con una franchezza ammirabile.
Di dodici anni terminò gli studi di belle lettere.
Sapeva perfettamente il latino ed il greco; e possedeva tutte le regole della poetica, della rettorica e della logica; ma lo studio suo prediletto fu quello dell'etica, che è la scienza dei buoni costumi.
Portossi a Padova ai pubblici studi, e vi fece tali progressi, che nell'anno diciassettesimo sostenne pubbliche tesi di filosofia, di teologia, e di jus civile e canonico; ma con tutto questo, malgrado ancora le proibizioni del Padre, si attaccò estremamente al diletto della poesia.
Nell'anno 1565 passò in Ferrara, chiamato colà dal Duca Alfonso e dal Cardinal d'Este, ov'ebbe un appartamento assai comodo nel Palazzo Ducale, ed ivi lavorò la sua celebre Gerusalemme liberata, e molte altre opere sue al mondo letterato palesi.
Nel 1572, in compagnia del Cardinale suddetto, passò in Francia; e questo viaggio non gl'impedì il proseguimento del suo Poema; poiché viaggiando, ed a cavallo ancora, formava di quando in quando delle bellissime ottave.
Arrivato a Parigi, ebbe dagli uomini dotti di quella Nazione segni parecchi di molta stima, e il Re medesimo Carlo IX mostrò di avere per lui moltissima benevolenza.
Ritornato a Ferrara, pieno di meriti e di virtù e di applausi, principiarono le sue disgrazie.
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