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son giunto, lasso, ed al bianchir de' colli,
quando si perde lo color ne l'erba:
e 'l mio disio però non cangia il verde,
sì è barbato ne la dura petra
che parla e sente come fosse donna.
Similemente questa nova donna
si sta gelata come neve a l'ombra:
ché non la move, se non come petra,
il dolce tempo che riscalda i colli,
e che li fa tornar di bianco in verde
perché li copre di fioretti e d'erba.
Quand'ella ha in testa una ghirlanda d'erba,
trae de la mente nostra ogn'altra donna:
perché si mischia il crespo giallo e 'l verde
sì bel, ch'Amor lì viene a stare a l'ombra,
che m'ha serrato intra piccioli colli
più forte assai che la calcina petra.
XLV
Amor, tu vedi ben che questa donna
la tua vertù non cura in alcun tempo
che suol de l'altre belle farsi donna;
e poi s'accorse ch'ell'era mia donna
per lo tuo raggio ch'al volto mi luce,
d'ogne crudelità si fece donna;
sì che non par ch'ell'abbia cor di donna,
ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo:
ché per lo tempo caldo e per lo freddo
mi fa sembiante pur come una donna
che fosse fatta d'una bella petra
per man di quei che mè intagliasse in petra.
E io, che son costante più che petra
in ubidirti per bieltà di donna,
porto nascoso il colpo de la petra
con la qual tu mi desti come a petra
che t'avesse innoiato lungo tempo,
tal che m'andò al core ov'io son petra.
XLVI
Così nel mio parlar voglio esser aspro
com'è ne li atti questa bella petra,
la quale ognora impetra
maggior durezza e più natura cruda,
e veste sua persona d'un diaspro
tal che per lui, o perch'ella s'arretra,
non esce di faretra
saetta che già mai la colga ignuda;
ed ella ancide, e non val ch'om si chiuda
né si dilunghi dà colpi mortali,
che, com'avesser ali,
giungono altrui e spezzan ciascun'arme:
sì ch'io non so da lei né posso atarme.
Non trovo scudo ch'ella non mi spezzi
né loco che dal suo viso m'asconda:
ché, come fior di fronda,
così de la mia mente tien la cima.
Cotanto del mio mal par che si prezzi
XLVII
Tre donne intorno al cor mi son venute,
e seggonsi di fore:
ché dentro siede Amore
lo quale è in segnoria de la mia vita.
Tanto son belle e di tanta vertute
che 'l possente segnore,
dico quel ch'è nel core,
a pena del parlar di lor s'aita.
Ciascuna par dolente e sbigottita,
come persona discacciata e stanca,
cui tutta gente manca
e cui vertute né beltà non vale.
Tempo fu già nel quale,
secondo il lor parlar, furon dilette;
or sono a tutti in ira ed in non cale.
Queste così solette
venute son come a casa d'amico:
ché sanno ben che dentro è quel ch'io dico.
XLVIII
Se vedi li occhi miei di pianger vaghi
per novella pietà che 'l cor mi strugge,
per lei ti priego che da te non fugge,
Signor, che tu di tal piacere i svaghi:
con la tua dritta man, cioè, che paghi
chi la giustizia uccide e poi rifugge
al gran tiranno, del cui tosco sugge
ch'elli ha già sparto e vuol che 'l mondo allaghi;
e messo ha di paura tanto gelo
nel cor de' tuò fedei che ciascun tace.
Ma tu, foco d'amor, lume del cielo,
questa vertù che nuda e fredda giace,
levala su vestita del tuo velo,
ché sanza lei non è in terra pace.
XLIX
Doglia mi reca ne lo core ardire
a voler ch'è di veritate amico:
però, donne, s'io dico
parole quasi contra tutta gente,
non vi maravigliate,
ma conoscete il vil vostro disire;
ché la beltà ch'Amore in voi consente,
a vertù solamente
formata fu dal suo decreto antico,
contra 'l qual voi fallate.
Io dico a voi che siete innamorate
che, se vertute a noi
fu data, e beltà a voi,
e a costui di due potere un fare,
voi non dovreste amare
ma coprir quanto di biltà v'è dato,
poi che non c'è vertù, ch'era suo segno.
Lasso, a che dicer vegno?
L
[DANTE A CINO]
Io sono stato con Amore insieme
da la circulazion del sol mia nona
e so com'egli affrena e come sprona,
e come sotto lui si ride e geme.
Chi ragione o virtù contra gli sprieme,
fa come què che 'n la tempesta sona,
credendo far colà dove si tona
esser le guerre de' vapori sceme.
Però nel cerchio de la sua palestra
liber arbitrio già mai non fu franco,
sì che consiglio invan vi si balestra.
Ben può con nuovi spron' punger lo fianco,
e qual che sia 'l piacer ch'ora n'addestra,
seguitar si convien, se l'altro è stanco.
LI
[DANTE A CINO]
Degno fa voi trovare ogni tesoro
la voce vostra sì dolce e latina,
ma volgibile cor ven disvicina,
ove stecco d'Amor mai non fè foro.
Io, che trafitto sono in ogni poro
del prun che con sospir' si medicina,
pur trovo la minera in cui s'affina
quella virtù per cui mi discoloro.
Non è colpa del sol se l'orba fronte
nol vede quando scende e quando poia,
ma de la condizion malvagia e croia.
S'ì vi vedesse uscir de gli occhi ploia
per prova fare a le parole conte,
non mi porreste di sospetto in ponte.
LII
[DANTE A CINO]
Io mi credea del tutto esser partito
da queste nostre rime, messer Cino,
ché si conviene omai altro cammino
a la mia nave più lungi dal lito;
ma perch'ì ho di voi più volte udito
che pigliar vi lasciate a ogni uncino,
piacemi di prestare un pocolino
a questa penna lo stancato dito.
Chi s'innamora sì come voi fate,
or qua or là , e sé lega e dissolve,
mostra ch'Amor leggermente il saetti.
Però, se leggier cor così vi volve,
priego che con vertù il correggiate,
sì che s'accordi i fatti à dolci detti.
LIII
Amor, da che convien pur ch'io mi doglia
perché la gente m'oda,
e mostri me d'ogni vertute spento,
dammi savere a pianger come voglia,
sì che 'l duol che si snoda
portin le mie parole com'io 'l sento.
Tu vò ch'io muoia, e io ne son contento:
ma chi mi scuserà , s'io non so dire
ciò che mi fai sentire?
chi crederà ch'io sia omai sì colto?
E se mi dà i parlar quanto tormento,
fa', signor mio, che innanzi al mio morire
questa rea per me nol possa udire:
ché, se intendesse ciò che dentro ascolto,
pietà faria men bello il suo bel volto.
Io non posso fuggir ch'ella non vegna
ne l'imagine mia,
se non come il pensier che la vi mena.
LIV
Per quella via che la bellezza corre
quando a svegliare Amor va ne la mente,
passa Lisetta baldanzosamente,
come colei che mi si crede tòrre.
E quando è giunta a pie' di quella torre
che s'apre quando l'anima acconsente,
odesi voce dir subitamente:
"Volgiti, bella donna, e non ti porre:
però che dentro un'altra donna siede,
la qual di signoria chiese la verga
tosto che giunse, e Amor glile diede".
Quando Lisetta accommiatar si vede
da quella parte dove Amore alberga,
tutta dipinta di vergogna riede.