LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA, di Carlo Goldoni - pagina 1
LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA di Carlo Goldoni
Commedia in tre atti.
(1761)
PERSONAGGI
dell'altra commedia
Filippo
Giacinta
Leonardo
Vittoria
Ferdinando
Guglielmo
Brigida
Paolino
Nuovi
Sabina, vecchia, zia di Giacinta
Costanza
Rosina, sua nipote
Tognino, giovane sciocco, amante di Rosina
Tita, Servitore di Costanza
Beltrame, Servitor del padre di Tognino
Un altro Servitore di Filippo
La scena si rappresenta a Montenero, luogo di villeggiatura de' Livornesi, poche miglia distante da Livorno.
L'autore a chi legge
L'azione della precedente Commedia è l'andata in campagna.
Le difficoltà insorte l'hanno ritardata, e quasi impedita; le difficoltà superate, gli Attori hanno il loro intento, e la Commedia è finita.
Guglielmo in essa è un personaggio necessario, poiché è quegli che eccita le gelosie di Leonardo, e dà i movimenti all'azione, ora col ritardo ed ora colla sollecitazione al fine; ma senza una seconda Commedia, il suo carattere freddo e flemmatico lascierebbe qualche cosa a desiderare.
Questo personaggio si disviluppa a questa seconda Commedia, e lo stesso carattere freddo e flemmatico produce la principale delle Avventure, cioè l'azione principale di questo secondo dramma.
Questa continuazione produce qualche altro buon effetto.
La baldanza di Giacinta è mortificata.
La follia di Filippo è derisa.
I pronostici di Fulgenzio verificati.
In fine l'abuso delle Villeggiature è provato, e le conseguenze pericolose sono esposte alla vista e al disinganno degli Spettatori.
Anche questa Commedia è finita.
Non dirò come essa finisce, per non prevenire il Lettore, e togliere a lui il piacere della sospensione; ma si accorgerà egli al fine della lettura, che vi resta qualche cosa a desiderare, e sarà contento, io spero, alla lettura della terza Commedia.
Tutti gli Attori della prima intervengono in questa seconda, alla riserva di Fulgenzio, di cui per altro si parla, e figurerà nella terza.
Oltre gli Attori suddetti, se ne introducono quattro nuovi, i quali tutti contribuiscono a moltiplicar le Avventure della Villeggiatura, e tutti servono all'azion principale.
L'unità dell'azione è un precetto indispensabile da osservarsi ne' Drammi, quando l'argomento riguarda un personaggio principalmente.
Ma quando il titolo collettivo abbraccia più persone, l'unità stessa si trova nella moltiplicità delle azioni.
Di questo genere sono (parlando delle mie commedie) il Teatro Comico, La Bottega del caffè, i Pettegolezzi delle Donne; e precisamente le tre Commedie presenti.
Tutti i personaggi agiscono per lo stesso fine, e tutte le loro diverse azioni si riducono a provar l'argomento.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Sala terrena in casa di Filippo, con tavolini da gioco, sedie, canapè ecc.
Gran porta aperta nel fondo, per dove si passa nel giardino.
Brigida, Paolino, Tita, Beltrame.
BRIGIDA: Venite, venite, che tutti dormono.
PAOLINO: Anche da noi non è molto che si son coricati.
TITA: E le mie padrone non c'è dubbio che si sveglino per tre ore almeno.
BELTRAME: Se vegliano tutta la notte, bisogna che dormano il giorno.
PAOLINO: E voi, signora Brigida, come avete fatto a levarvi sì di buon'ora?
BRIGIDA: Oh! io ho dormito benissimo.
Quando ha principiato la conversazione, io sono andata a dormire.
Hanno giocato, hanno cenato, hanno ritornato a giocare, ed io me la godeva dormendo.
A giorno la padrona mi ha fatto chiamare; mi sono alzata, l'ho spogliata, l'ho messa a letto, ho serrata la camera, e mi sono bravamente vestita.
Ho fatto una buona passeggiata in giardino, ho raccolto i miei gelsomini, e ho goduto il maggior piacere di questo mondo.
PAOLINO: Così veramente qualche cosa si gode.
Ma che cosa godono i nostri padroni?
BRIGIDA: Niente.
Per loro la città e la villa è la stessa cosa.
Fanno per tutto la medesima vita.
PAOLINO: Non vi è altra differenza, se non che in campagna trattano più persone, e spendono molto più.
BRIGIDA: Orsù, questa mattina voglio aver anch'io l'onore di trattare i miei cavalieri.
(Scherzando.) Come volete essere serviti? Volete caffè, cioccolata, bottiglia? Comandate.
PAOLINO: Io prenderò piuttosto la cioccolata.
TITA: Anch'io cioccolata.
BELTRAME: Ed io un bicchiere di qualche cosa di buono.
BRIGIDA: Volentieri; vi servo subito.
(In atto di partire.)
TITA: Ehi! la cioccolata io non la prendo senza qualche galanteria.
(A Brigida.)
BRIGIDA: Eh! ci s'intende.
PAOLINO: La signora Brigida sa ben ella quel che va fatto.
BRIGIDA: Già della roba ce n'è, già la consumano malamente; è meglio che godiamo qualche cosa anche noi.
(Parte.)
SCENA SECONDA
Paolino, Tita, Beltrame.
PAOLINO: Domani mattina, alla stessa ora, vi aspetto a favorire da me.
TITA: Bene, e un'altra mattina favorirete da me.
PAOLINO: Il vostro padrone è in campagna? (A Tita.)
TITA: Il mio padrone è a Livorno, e la padrona sta qui a godersela.
Il marito fatica in città a lavorare, e la moglie in campagna a spendere e a divertirsi.
PAOLINO: Sì, certo, la signora Costanza fa qui la sua gran figura.
Chi non la conoscesse, non direbbe mai che è moglie d'un bottegaio.
BELTRAME: Capperi, se fa figura! La chiamano per soprannome la governatrice di Montenero.
PAOLINO: E chi è quella giovane che in quest'anno è venuta a villeggiare con lei?
TITA: È una sua nipote, povera, miserabile, che non ha niente al mondo.
Tutto quello che ha in dosso, glielo ha prestato la mia padrona.
PAOLINO: E perché aggravar suo marito di quest'altra spesa? Perché far venire in campagna una nipote, col peso di doverla vestire?
TITA: Vi dirò, ci è il suo perché.
La signora Costanza, la mia padrona, è ancora giovane, è vero; ma in oggi a Montenero ci sono delle giovani più di lei.
E dove vi è la gioventù, vi è il gran mondo; ed ella, per non esser di meno, si è provveduta di una nipote di sedici anni.
SCENA TERZA
Brigida, Servitori che portano cioccolate, vino ecc.; e detti.
BRIGIDA: Eccomi, eccomi, compatite se vi ho fatto un poco aspettare.
PAOLINO: Niente, ci siamo benissimo divertiti.
BRIGIDA: Come?
PAOLINO: A dir bene del prossimo.
(Ridendo.)
BRIGIDA: Bravi, bravi, ho capito.
Oh! chi volesse dire...
chi volesse discorrere su quel che succede in villa, vi sarebbero da far de' tomi.
Si vanno a struggere i poeti per far commedie? Vengano qui, se vogliono fare delle commedie.
Signor Paolino, a voi.
(Gli dà la cioccolata.) Che vengano a vedere la nostra vecchia, se vogliono un bell'argomento.
A voi, Tita.
(Gli dà la cioccolata.) Sessantacinque anni, e si dà ancora ad intendere di essere corteggiata.
(Dà i biscottini a tutti e due.) E il signor Ferdinando la sa sì ben secondare, che pare innamorato morto di lei, e la buona vecchia se ne lusinga; ma credo che quel drittaccio la pilucchi ben bene.
Signor Beltrame, questo vi dovrebbe piacere.
(Vuota il vino in un bicchiere, e glielo dà.)
BELTRAME: Questa mi pare la miglior cioccolata del mondo.
BRIGIDA: Tenete due biscottini.
E questa novità di cui tutti parlano, che il signor Guglielmo si sia scoperto amante della signora Vittoria, è vera, o non è vera? Voi, Paolino, lo dovrete sapere.
PAOLINO: Dicono che in calesso sia corsa qualche parola.
Lo staffiere, ch'era di dietro al calesso, dice ch'era il finestrino aperto, che poi l'hanno serrato, ma che tant'e tanto qualche cosa ha sentito.
BRIGIDA: Eh! sì, due giovani in un calesso è una bella occasione.
BELTRAME: Buono, veramente buono.
(Vuol rendere il bicchiere.)
BRIGIDA: Ne volete un altro?
BELTRAME: No; sto bene.
BRIGIDA: Eh! via, un altro.
BELTRAME: No, davvero, sto bene.
BRIGIDA: Per amor mio, un altro.
BELTRAME: Corpo di bacco! date qui.
Si può far meno per amor vostro?
BRIGIDA: Così mi piace, che gli uomini sian compiacenti.
PAOLINO: Domattina, signora Brigida, signor Tita, signor Beltrame, vi aspetto da me.
TITA: E dopo domani da me.
BELTRAME: Io non sono in caso di potervi trattare.
Il mio padrone beve il caffè e la cioccolata fuori di casa, e da noi non se ne sente l'odore.
PAOLINO: Il vostro padrone non è il signor dottore, il medico di condotta di Montenero? (A Beltrame.)
BELTRAME: Sì, appunto.
Sono tant'anni che è medico di campagna, e non ha mai potuto avere la grazia di essere medico di città.
PAOLINO: Ieri è stato da noi a bevere la cioccolata.
BRIGIDA: Da voi? L'ha bevuta anche da noi.
TITA: E se vi dicessi, che l'ha bevuta anche da noi?
BRIGIDA: Buon pro faccia al signor dottore.
PAOLINO: Questa mattina farà probabilmente lo stesso giro.
BELTRAME: Per questa mattina no, perché non c'è a Montenero.
È andato a fare una visita in Maremma, e non vi tornerà fin domani.
BRIGIDA: Che vuol dire, che voi non siete andato con lui?
BELTRAME: Sono venuti a prenderlo con sedia e servitore, ed ha lasciato me in custodia di suo figliuolo.
BRIGIDA: Di quello sciocco del signor Tognino?
TITA: Sì, sciocco! È un certo sciocco! Fa l'amore da disperato colla signora Rosina.
BRIGIDA: Colla nipote della signora Costanza?
BELTRAME: Sì, è vero.
L'hanno tirato giù ben bene.
Coll'occasione che il signor dottore suo padre fa il servente alla signora Costanza, egli si è attaccato alla nipote.
BRIGIDA: Davvero, raccontatemi...
PAOLINO: Vien gente.
TITA: Andiamo via.
BRIGIDA: Andiamo, andiamo in giardino; vo' saper la cosa com'è.
PAOLINO: Cose belle.
(Parte.)
TITA: Cose solite.
(Parte.)
BELTRAME: Frutti di gioventù! (Parte.)
BRIGIDA: Avventure della campagna.
(Parte.)
SCENA QUARTA
Ferdinando in abito di confidenza, poi un Servitore.
FERDINANDO: Ehi! chi è di là? Chi è di là? Non c'è nessuno? Che dormano ancora tutti costoro? Ehi, chi è di là?
SERVITORE: Comandi.
FERDINANDO: Che diavolo, s'ha da sfiatarsi per aver un servitore.
SERVITORE: Perdoni.
FERDINANDO: Portatemi la cioccolata.
SERVITORE: Sarà servita.
(Scroccone! comanda con questa buona grazia, come se fosse in casa sua, o come se fosse in un'osteria).
(Parte.)
FERDINANDO: Il signor Filippo è un buonissimo galantuomo; ma non sa farsi servire.
Tuttavolta si sta meglio qui, che in ogni altro luogo.
Si gode più libertà, si mangia meglio, e vi è migliore conversazione.
È stato bene per me, che mi sia accompagnato in calesso colla cameriera di casa; con questo pretesto sono restato qui, in luogo di andar dal signor Leonardo.
Colà pure non si sta male, ma qui si sta egregiamente.
In somma tutto va bene, e per colmo di buona sorte, quest'anno il gioco non mi va male.
Facciamo un po' di bilancio; veggiamo in che stato si trova la nostra cassa.
(Siede ad un tavolino, e cava un libretto di tasca.) A minchiate, vincita, lire dieciotto.
A primiera, vincita, lire sessantadue.
Al trentuno, vincita, lire novantasei; a faraone, vincita, zecchini sedici, fanno in tutto...
(Conteggia.) in tutto sarò in avvantaggio di trenta zecchini incirca.
Eh! se continua così...
Ma che diavolo fate? Mi portate questa cioccolata? Venite mai, che siate maledetti? (Grida forte.)
SCENA QUINTA
Filippo ed il suddetto.
FILIPPO: Caro amico, fatemi la finezza di non gridare.
FERDINANDO: Ma voi non dite mai niente, e la servitù fa tutto quello che vuole.
FILIPPO: Io son servito benissimo, e non grido mai.
FERDINANDO: Per me non ci penso.
Ma avete degli altri ospiti in casa; e si lamentano della servitù.
FILIPPO: Vi dirò, amico; i miei servitori li pago io, e chi non è contento, se ne può andare liberamente.
FERDINANDO: Avete ancora bevuto la cioccolata?
FILIPPO: Io no.
FERDINANDO: E che cosa aspettate a prenderla?
FILIPPO: Aspetto il mio comodo, la mia volontà e il mio piacere.
FERDINANDO: Ma io la prenderei volentieri.
FILIPPO: Servitevi.
FERDINANDO: Son tre ore che l'ho ordinata.
Ehi, dico, vi è caso d'aver questa cioccolata? (Alla scena, forte.)
FILIPPO: Ma non gridate.
FERDINANDO: Ma se non la portano.
FILIPPO: Abbiate pazienza.
Saranno più del solito affaccendati; oggi si dà pranzo.
Saremo in undici o dodici a tavola; la servitù non può far tutto in un fiato.
FERDINANDO: (Per quel ch'io vedo, questa mattina non ci ha da essere fondamento).
Schiavo, signor Filippo.
FILIPPO: Dove andate?
FERDINANDO: A bevere la cioccolata in qualche altro luogo.
FILIPPO: Caro amico, fra voi e me, che nessuno ci senta: voi peccate un poco di ghiottoneria.
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