LA VEDOVA SCALTRA, di Carlo Goldoni - pagina 1
CARLO GOLDONI
LA VEDOVA SCALTRA
LAUTORE A CHI LEGGE
Ciò non ostante io non ardisco alterare lintreccio ed il sistema qualunque siasi di questa Commedia, poiché, imperfetta come ella, ha avuto la buona sorte di piacere al Pubblico estremamente, e dura tuttavia dopo quindici anni la sua fortuna, onde crederei far un torto alla pubblica approvazione, cangiandola essenzialmente, e arrischierei di sfigurarla e di farle perdere lacquistato concetto.
Così parimenti si regolato Cornelio rispetto al Cid delle Spagne, così Moliere intorno alle sue Preziose ridicole.
Schiamazzino pure i Critici a loro posta, perché nella Vedova Scaltra un Inglese, un Francese, uno Spagnuolo parlano bene lItaliano; che gran maraviglia? come se il nostro linguaggio non fosse coltivato in tutte le più polite Corti di Europa da tutte quasi le persone di conto, e non fosse costume di parlar il linguaggio della nazione, tra la quale un si trova, quando adeguatamente favellar quello sappia; o come sio fossi il primo Autor di azioni teatrali, che introducendo nelle sue favole Attori forestieri, parlar li faccia nella lingua del Paese, e non nella nativa, o vogliasi veder tradotta la Favola stessa, o vogliansi supporre gli Attori periti dellidioma che parlano.
LArlecchino, il Dottore parlano francese, per queste ragioni, a Parigi: Plauto, Terenzio han le loro Commedie la maggior parte di personaggi Greci composte, e per questo li fan essi parlar greco o latino? E nelle Tragedie sarebbe una delizia per glItagliani il sentir parlar turco od arabo un Orbecche, un Solimano; parlar scita un Orente, caldeo una Semiramide, persiano un Ciro.
Si dee supporre che gli uditori si figurino di sentir parlare gli Attori la loro lingua nativa, benché di fatto parlino la paesana; tosto che al carattere ne conoscano la nazione, e ciò con una ragione e per una spezie di necessità; perciocché le lingue straniere non sarebbero intese dalla maggior parte dellUditorio, di esse ignorante; e sarebbe facile che i Comici le storpiassero parlandole, onde glimperiti non goderebbero la Commedia, per non intenderle il linguaggio, ed i periti si sdegnerebbono in sentir maltrattati glidiomi.
Ma è vano chio cerchi su questa ed altre imputazioni giustificarmi.
La Commedia è piaciuta al Pubblico, il Pubblico la difende, e su tal difesa macquieto.
Si acchetino i Critici ancora, se loro piace; quando no, si assicurino chio faccio il sordo.
La Trama della Commedia narrata dal Goldoni
Questa vedova veneziana, che è stata durante qualche tempo infermiera del suo vecchio marito, già possessore di unassai considerevole fortuna, aspira a rifarsi del tempo perduto con un matrimonio meglio rispondente al suo carattere.
Essa ha fatto conoscenza, al ballo, con quattro forestieri, con Milord Ronebif, inglese, col cavaliere Le Bleau, francese, con Don Alvaro di Castiglia, spagnolo, e col Conte di Bosco Nero, italiano.
Milord le manda un bel diamante, il Cavaliere le dà un bel ritratto, lo Spagnuolo le fa dono dellalbero genealogico della sua famiglia, e il Conte italiano le invia una lettera tutta piena di tenerezza, ma nella quale parecchi accenni gelosi manifestano il carattere nazionale.
La vedova fa le sue considerazioni sul modo di presentarsi de suoi nuovi adoratori.
Trova linglese generoso, il francese galante, lo spagnolo rispettabile, litaliano amoroso.
Ella mostrerebbe qualche simpatia per questultimo; ma la sua cameriera che è di nazione francese, viene in aiuto della Padrona, e le prova che non può essere felice se non che sposando un francese.
Rosaura, così chiamasi la vedova, si prende tempo a deliberare.
Il primo e il secondo atto si passano in visite, in tentativi, in rivalità; i caratteri delle varie nazioni sono in contrasto, e ne risulta un insieme comico vario e decente.
Forse ebbi il difetto di caricare soverchiamente la parte del Cavaliere, ma non è mia la colpa; avevo visto dei Francesi a Firenze, a Livorno, a Milano e a Venezia; avevo incontrato degli originali, e li avevo effigiati al vero.
Non maccorsi del mio errore che arrivando a Parigi; là io non ravvisai quei tipi ridicoli che avevo trovati in Italia; tanto da concludere che o il modo di pensare o dessere, da venticinque anni in qua, è mutato affatto in Francia, o i Francesi si compiacciono di far torto a se stessi, quando sono in paesi stranieri.
Lultimo atto di questa commedia è il più interessante e spiritoso; la vedova, a cui appioppai giustamente lepiteto di scaltra, vuol meglio assicurarsi dellaffetto e della sincerità dei suoi quattro amatori; ne approfitta quindi del carneval di Venezia, e mascherandosi in quattro maniere diverse, essa fa successivamente la parte di compatriotta dei quattro forestieri.
La vedova dà una festa da ballo in casa sua; vinvita i quattro forestieri, i quali non mancano di intervenirvi.
Apertamente e ad alta voce essa dichiara la prova che ha fatto della loro sincerità, e porge la mano al Conte, che è al colmo della gioia.
Milord approva la condotta di lei, il Cavalier domanda il posto di cicisbeo.
Solo lo spagnolo è stizzito di quella scaltrezza; egli detesta ora le donne italiane, e se ne va.
Il ballo incomincia, e la commedia è finita.
(Memorie, parte II, cap.
II).
LA VEDOVA SCALTRA
Commedia in tre atti
PERSONAGGI
ELEONORA, sua sorella.
PANTALONE DE BISOGNOSI, cognato di Rosaura, amante di Eleonora.
Il Dottore LOMBARDI bolognese, padre delle suddette due sorelle.
Milord RUNEBIF, inglese.
Monsieur LE BLAU, francese.
Don ALVARO De CASTIGLIA, spagnolo.
ARLECCHINO, cameriere di locanda.
Birif, cameriere di Milord.
FOLETTO, lacchè del Conte.
Servi di PANTALONE.
Un Caffettiere e i suoi garzoni.
La scena si rappresenta in Venezia
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Notte
Camera di locanda con tavola rotonda apparecchiata, sopra cui varie bottiglie di liquori con sottocoppa e bicchieretti, e due tondi con salviette, candelieri con candele.
Milord Rubenif, Monsieur Le Blau, Don Alvaro, il Conte di Bosco Nero.
Tutti a sedere alla tavola rotonda, con bicchieri in mano pieni di vino, cantando una canzone alla francese, intuonata da Monsieur Le Blau, e secondata dagli altri, dopo la quale
Mon.
Evviva la bottiglia, evviva lallegria.
Tutti.
Evviva.
Con.
Questo nostro locandiere ci ha veramente dato una buona cena.
Mon.
È stata passabile; ma voialtri Italiani non avete nel mangiare il buon gusto di Francia.
Con.
Abbiamo anche noi de cuochi francesi.
Mon.
Eh sì, ma quando vengono in Italia , perdono la buona maniera di cuocere.
Mil.
Voi altri Francesi avete questa malinconia in capo, che non vi sia altro mondo che Parigi.
Io sono un buon Inglese, ma di Londra non parlo mai.
Alv.
Io rido, quando sento esaltar Parigi.
Madrid è la reggia del mondo.
Con.
Signori miei, io vi parlerò da vero italiano.
Tutto il mondo è paese,
e per tutto si sta bene, quando sha dei quattrini in tasca e dellallegria in cuore.
Mon.
Bravo, camerata, viva lallegria! Dopo una buona cena, ci vorrebbe a conversazione una bella giovane.
Siamo vicini al levar del sole, potremo risparmiare dandare a letto.
Ma che dite di quella bella vedova che abbiamo avuto lonore di servire alla festa di ballo la scorsa notte?
Mil.
Molto propria e civile.
Alv.
Aveva una gravità, che rapiva.
Mon.
Pareva una Francese; aveva tutto il brio delle mademoiselles di Francia.
Con.
Certo la signora Rosaura è donna di molto garbo, riverita e rispettata da tutti (e adorata da questo cuore).
Mon.
(versa del vino a tutti) Alon: Viva madama Rosaura.
Mil.
Viva.
Con.
Viva
Monsieur le Blau intuona nuovamente la medesima canzone francese, e, dopo, tutti replicano la strofa.
SCENA II.
Arlecchino.
Si ferma con ammirazione ad ascoltar la canzone.
Terminata che lhanno, saccosta alla tavola, si empie un bicchiere di vino, canta anchegli la canzone stessa, beve, poi col bicchiere se ne va.
Con.
Bravo cameriere! Lodo il suo spirito.
Alv.
Voi altri ridete di simili scioccherie? In Ispagna un cameriere per tale impertinenza si sarebbe guadagnato cinquanta bastonate.
Mon.
E in Francia costui farebbe la sua fortuna.
I begli spiriti vi sono applauditi.
Mil.
Voi altri stimate gli uomini di spirito, e noi quelli di giudizio.
Mon.
Ma torniamo al nostro proposito.
Quella vedova mi sta nel cuore.
Alv.
Io già sospiro per lei.
Con.
Vi consiglio a non fissarvi in questo pensiero.
Mon.
Perché?
Con.
Perché la signora Rosaura è una donna nemica damore, sprezzante degli uomini e incapace di tenerezza.
(Meco solo grata e pietosa.)
Mon.
Eh, sia pur ella selvaggia più duna belva, se un vero Francese, come sono io, arriva a dirle alcuni di que nostri concetti, fatti apposta per incantar le donne, vi giuro che la vedrete sospirare e domandarmi pietà
Alv.
Sarebbe la prima donna che negasse corrispondenza a Don Alvaro di Castiglia.
Gli uomini della mia nascita hanno il privilegio di farsi correr dietro le femmine.
Con.
Eppure con questa né la disinvoltura francese, né la gravità spagnola potrà ottenere cosa alcuna.
So quel che dico; la conosco, credetelo a un vostro amico.
Mon.
Stanotte la vidi guardarmi sì attentamente, che ben maccorsi
dellimpressione che fatta avevano i miei occhi nel di lei cuore.
Ah, nel darle la mano nellultimo minuè, mi parlò sì dolcemente, che fu miracolo che non le cadessi prostrato ai piedi.
Alv.
Io non soglio vantarmi delle finezze delle belle donne; per altro avrei molto da dir per confondervi.
Con.
(Ardo di gelosia.)
Mon.
Monsieur Pantalone, di lei cognato, è mio buon amico.
Non lascerà dintrodurmi.
Alv.
Il Dottore suo padre è mio dipendente.
Mi sarà egli di scorta.
Con.
(Sarà mia cura di prevenirla.)
Mil.
(chiama, e salza da sedere) Ehi?
SCENA TERZA
Arlecchino e detti, poi altri camerieri di locanda.
Arl.
Lustrissimo, cossa comandela?
Mil.
Vieni qui.
(lo tira in disparte; gli altri tre restano a tavola, mostrando parlar fra di loro)
Arl.
Son qui.
Mil.
Conosci madama Rosaura, cognata di Pantalone dei Bisognosi?
Arl.
La vedova? La cognosso.
Mil.
Tieni questo anello, portalo a madama Rosaura.
Dille che lo manda a lei milord Runebif.
Dille che è quellanello, che nella passata notte ella stessa mi ha lodato; e dille che questa mattina sarò da lei a bere la cioccolata.
Arl.
Ma, signor, la vede ben....
Mil.
Tieni, sei zecchini per te.
Arl.
Obbligatissimo; no diseva per questo, ma no vorave che el sior Pantalon....
Mil.
Vanne, o ti farò provare il bastone.
Arl.
Co lè cussì, no la sincomoda.
Anderò a servirla, e farò anca mi quel che se sol far da quasi tutti i camerieri delle locande.
...
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