LA MOGLIE SAGGIA, di Carlo Goldoni - pagina 1
LA MOGLIE SAGGIA
di Carlo Goldoni
Commedia di tre atti in prosa rappresentata per la prima volta in Venezia
il Carnovale dell'Anno 1752.
A SUA ECCELLENZA
LA SIG.
CAVALIERA
ELEONORA CAPPELLO
NATA DE' CONTI DI COLLALTO
Allora quando mi fu recato, Eccellenza, il felicissimo avviso, che Ella in Roma con tanto vantaggio delle Opere mie parlasse, animando i Romani a leggerle non solamente, ma eziandio a promoverne le rappresentazioni in più di un Teatro, m'entrò nell'animo la maggiore allegrezza che io provassi giammai, e quasi fuor di me stesso, d'altro non sapea parlar che di questo; facendone parte agli Amici miei, come di cosa che mi arricchiva di gloria, e gli Emoli macerar potea nell'invidia.
Come (dicea però fra me stesso) come mai una Dama di tanto spirito, e di così fino discernimento, può delle Opere mie compiacersi, e quasi fossero della sua approvazione degnissime, portarle fino colà in trionfo, dove delle produzioni novelle è più pericoloso l'incontro? Ringrazio Dio di cuore, che mai nella mente mia non succedesse a tal pensiero la vanità di me stesso, tutt'altra ragione figurandomi, fuor di quella che dal merito delle Opere mie derivar potesse, poiché quantunque le veda fortunatamente aggradite, conosco bastantemente, che ciò non accade perché sieno Opere buone, ma perché a' dì nostri non vi è in simil genere chi voglia farne delle migliori.
Pensai che l'E.
V.
volesse loro dar credito per esser elleno produzioni di uno spirito Veneziano, per quell'amore che molti sentono per la Patria loro, portandola da per tutto nel cuore, e l'onor suo, e quello de' Paesani suoi promovendo.
Che però (su tal proposito ragionando) chi mai alla Repubblica Veneziana ha procurato maggior onore di quello che dall'E.
V.
le vien recato? In Vienna, in Dresda, in Londra, ed in Roma fu Ella oggetto d'ammirazione, fu l'idolo delle genti, possedette il cuore delle Regine, la parzialità dei Monarchi, e non v'ha dubbio che dei grandi onori che a Lei si fecero, anche la Patria sua gloria e giubbilo non ne riportasse; poiché quantunque l'antichissimo albero della sua Casa abbia nel terreno della Germania piantate ancor le radici, sangue de' Padri eccelsi della Repubblica è quello che nelle vene le scorre, e quanto cari a Cesare sono i congiunti suoi, altrettanto l'Augusto Senato della di lei Famiglia si pregia e vanta, e de' sublimi onori l'ha in ogni tempo fregiata.
Ella ha colmato di felicità il più degno Cavaliere del mondo, dandogli il di Lei cuore e la di Lei mano, né più gioconda novella recar poteasi alla Patria loro comune, oltre quella del loro felicissimo maritaggio.
L'Eccellentissimo signor Cavaliere Piero Andrea Cappello meritava ben Egli una sposa del di Lei merito e delle di Lei virtù fornita, ed anche in questo ha Ella dell'amore della Patria sua manifestato il peso, concedendo il tesoro della grazia sua ad uno de' Patrizi più illustri della Repubblica, e ridonando al seno di una sì eccelsa madre la stia diletta figliuola.
Mentre che, contenta, Roma per la seconda volta l' E.
V.
ammira e venera, Venezia ansiosa l'aspetta; e mentre colà nell'Ambasciata gloriosa del savissimo di Lei sposo, l'onorano le Persone illustri, e la benedicono le volgari, e gli Arcadi col nome di Palmira fra le virtuose pastorelle l'acclamano, l'Adria, gelosissima dell'onor suo, feste, dignità ed onori le va con sollecitudine preparando, e tutti i gradi sublimi l'aspettano, sino all'ultimo, che d'aureo manto il Consorte suo felicissimo brama di ricoprire.
Io pure, miserabile come sono, sospiro veder l'aspetto di questa mia venerabile Protettrice, e renderle quelle grazie ch'io posso per l'onor massimo alle Opere mie recato, e benedire quel cuor magnanimo, che in mezzo alle mie afflizioni cotanto giubbilo mi ha procacciato.
Verrà quel giorno per me felice, che a' piedi dell' E.
V.
gettandomi, e de' miei casi la strana serie narrandole, vedrà quanto bisogno io abbia della di Lei magnanima protezione; e che quell'amore che ha Ella per la sua Patria, e che io nutrisco per la medesima nel miglior modo che posso, non è lo stesso in tutti, e vi è pur troppo chi tenta deprimere il Cittadino e disonorarlo.
Ma fin che giunga quel dì, non darò io della umile mia riconoscenza alla benignità che ha per me l'E.
V.
una pubblica attestazione? Sì, darolla.
Ma come? In qual maniera le anime grandi si ricompensano de' benefizi loro? Pregandole di nuove grazie, e loro prestando il modo di segnalarsi, beneficando.
Ecco dunque, Nobilissima Dama, che per avere Ella le mie Commedie della generosissima grazia Sua onorate, una di esse alla di Lei protezione in modo particolarissimo raccomando, e col di Lei nome venerabile in fronte la mando al torchio.
Che se taluno me sì ardito credesse, che a titolo di dono offerirgliela io pretendessi, lo prego di me formare miglior concetto, assicurandomi che la infinita distanza so io conoscere dal merito dell'E.
V.
a quello delle Opere mie, e che soltanto per trarne gloria ed onore, ad una sì illustre Dama la raccomando.
La Moglie Saggia, che sotto gli auspizi dell'Eccellenza Vostra uscir deve alla luce, è costituita in tal grado di virtù oppressa, che degna la rende di laude e di compassione, ma per l'un motivo e per l'altro recherà al di Lei cuore diletto e consolazione.
Per tre ragioni si rallegrano gli animi nelle comiche o nelle tragiche Rappresentazioni; allora quando esaltar vedono quelle virtù, che in se medesimi sono sicuri di possedere; quando puniti veggono i vizi, che son da loro abborriti; e quando dalle rappresentate disgrazie sicuri e fortunati si vedono.
Giustamente giudico io pertanto, che vaglia per tutte e tre le ragioni a rallegrare questa Commedia mia il bellissimo animo dell' E.
V., poiché considerando il carattere di Rosaura ripieno di un'eroica virtù, si consolerà di vedere in essa il di Lei ritratto; indi detestando il carattere di Beatrice, giubbilerà, incapace trovandosi del reo costume; e compassionando una Moglie maltrattata dal cattivo Marito, alzerà gli occhi al Cielo, e lo benedirà di cuore, che uno Sposo sì amabile e sì gentile le abbia meritamente conceduto.
Altri due personaggi, Florindo e Lelio, al riso forse la proveranno.
E sì che di tali scrocconi alle laute sue mense, a' generosi suoi trattamenti, non ne avrà Ella in ogni parte veduti! Ma non però lungo tempo celato avranno agli occhi di V.
E.
sotto il manto dell'adulazione la frode, poiché la prontezza del di Lei spirito, la vivacità del di Lei talento li avrà riconosciuti ben presto, e qual vilissima feccia, li avrà da sé, cori vergogna loro, scacciati.
Il misero Pantalone, padre afflitto di una Figliuola sagrificata, moverà il di Lei animo a tenerezza.
Deh! in questo genitore dolente l'E.
V.
me raffiguri, padre di tante figlie, quante sono le mie Commedie.
Mi vo sgravando del peso che la tutela di esse potria recarmi, all'uno o all'altro raccomandandole.
Fortunatissima questa, che di una Protettrice sì grande potrà vantarsi! Più fortunato me ancora se avrà l'onore che mi conceda l' E.
V.
il prezioso titolo, con cui ossequiosamente m'inchino,
Di V.
E.
Umiliss.
Divotiss.
ed Obbligatiss.
Serv.
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
Gran disgrazia è per una Moglie l'avere un Marito disordinato, ma questa disgrazia suol divenire ancora maggiore, quando manca nella Consorte quella prudenza, che in simili casi è necessarissima.
La gelosia, i rimproveri, le invettive non fanno che indispettire ed irritare gli animi maggiormente, e in luogo di movere a compassione, non inspirano che odio ed ostinatezza.
Non è che una donna onorata, e molto meno una dama, abbia da tollerare tranquillamente i torti che dal marito gli vengon fatti, e da trattare con amicizia una persona che intorbida la pace della sua famiglia: ha da cercare di rimediarvi, ma con prudenza.
L'uomo ha un certo grado sopra la donna di autorità e preferenza, che non soffre di essere da lei corretto, quando l'amore non gli facciano esser care le correzioni.
Se quest'amore vien corrisposto, la cosa è facile, ed il Marito non può essere che compiacente.
Ma s'ei non ama la Moglie, ed è da qualche altra passion prevenuto, convien che la donna conservi l'affetto, ed adoperi la prudenza.
Questa è quella virtù che costituisce la Moglie Saggia, questa è quella virtù di cui ho arricchita la mia Rosaura, per esempio delle donne prudenti e per conforto delle misere tribolate.
Odiosi un po' troppo compariranno i caratteri di Beatrice e di Ottavio.
Ma Dio volesse che non ve ne fossero al mondo di simili, e di peggiori.
L'azion del veleno è barbara, ma abbiamo pur troppo degli esempi di tale barbarità, non lontani dal nostro secolo.
Le passioni acciecano, e l'uomo cieco è capace di tutto.
Sagace è l'artifizio con cui si conduce Rosaura per impietosire il marito, e per far arrossire la sua nemica; ma tale sagacità è condotta dalla prudenza, e le fa ottenere il premio della bontà, dell'amore e della tolleranza.
Un marito guadagnato per questa strada, convinto ed illuminato con tal condotta, si può credere realmente pentito e totalmente cangiato, e ciò che non avrebbero ottenuto né le querele, né i rimproveri, né i maneggi, conseguisce perfettamente la virtù, la docilità, la prudenza.
Questa Commedia sarebbe una lezione troppo morale per un Teatro, se non fosse adornata di un competente ridicolo.
Gli scrocchi formano un episodio altrettanto vero, quanto giocoso, e i servi, nell'atto che contribuiscono all'intreccio ed alla catastrofe della rappresentazione, divertono l'uditore, e conservano il loro proprio carattere.
Così ho pensato che debba essere, nell'atto di comporre quest'opera.
Parmi di non mi essere totalmente ingannato.
Fu ricevuta questa Commedia felicemente dal pubblico, e ne rimasi contento.
Alcuni hanno criticato il veleno, ma finalmente non ne proviene che buon effetto, quantunque l'intenzione fosse cattiva.
Io rappresento le azioni umane, né sono sì scrupoloso intorno ai precetti, che mi sembra di poter alterare.
PERSONAGGI
Il conte OTTAVIO;
La contessa ROSAURA sua moglie;
La marchesa BEATRICE servita dal conte Ottavio;
LELIO amico dei suddetti;
FLORINDO amico dei suddetti;
PANTALONE de' BISOGNOSI padre della contessa Rosaura;
BRIGHELLA servitore del conte Ottavio;
ARLECCHINO servitore della marchesa Beatrice;
CORALLINA cameriera della contessa Rosaura;
FALOPPA servitore di Lelio;
PISTONE servitore di Florindo;
Un altro SERVITORE della Marchesa;
Un altro Servitore del conte Ottavio, che non parla.
La Scena si finge in Montopoli.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Anticamera nel palazzo della marchesa Beatrice, con una tavola in mezzo con bocce di vino e bicchieri.
BRIGHELLA, ARLECCHINO, FALOPPA, PISTONE intorno la suddetta tavola, che bevono.
ARL.
Salute, patroni.
(beve)
BRIGH.
Viva, compare Arlecchin.
(beve)
PIST.
Evviva.
(beve)
FAL.
Che possiate vivere tanti anni, quanti bicchieri di vino ho bevuto in tempo di vita mia.
(beve)
ARL.
Grazie, patroni.
Evviva, e che la vaga.
(beve)
BRIGH.
Paesan, questo l'è un bon vin.
(ad Arlecchino)
ARL.
Eh, mi no son gonzo, l'è del meio che sia in cantina.
Oe, l'è de quel che i beve de là in tavola della patrona.
BRIGH.
Bravo, cussì va ben.
Gode i patroni, godemo ancora nu.
Alla vostra salute.
(beve)
FAL.
Il mio padrone si beverebbe il mare, se fosse vino.
PIST.
E il mio per mangiare non la cede ad un parassito.
BRIGH.
El mio el magna poco, el beve manco, ma l'è rabbioso co fa una bestia.
ARL.
Per quest ghe piase la me padrona, perché anca ela l'è stizzosa come una vespa.
FAL.
Sì, voi dite bene.
Il signor conte Ottavio, padrone vostro, colla signora marchesa Beatrice, padrona vostra, fanno all'amore come i gatti.
(a Brighella ed Arlecchino)
ARL.
Anca el conte Ottavio colla me padrona fa cussì, el grida sempre.
BRIGH.
L'è per altro una bella vergogna, che sto sior Conte me padron vegna qua a cicisbear colla signora Marchesa, e el fazza desperar quella povera signora contessa Rosaura so muier, che l'è bona come un agnello.
PIST.
Sapete la cosa com'è? Il vostro padrone è pentito di avere sposato la figlia d'un mercante.
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