LA FIGLIA OBBEDIENTE, di Carlo Goldoni - pagina 1
LA FIGLIA OBBEDIENTE
di Carlo Goldoni
Commedia di tre atti in prosa rappresentata per la prima volta in Venezia
nell'Autunno dell'anno 1752.
A SUA ECCELLENZA
LA SIGNORA
CECILIA QUERINI ZORZI
Tre forti motivi m'inducono ad offerire all'E.
V.
un ossequioso tributo del mio rispetto: la Casa nobilissima dov'Ella è nata, nella quale tutti sono Protettori miei benignissimi; quella dove Ella è collocata, godendo io la protezione dell'Eccellentissimo Signor Marin, di lei Sposo; e finalmente quella benignità e gentilezza, con cui l'E.
V.
mi protegge, mi favorisce e mi onora.
Queste tre ragioni, a dir vero, dovrebbono mettermi in apprensione e confondermi, considerandole bene in confronto della tenuissima offerta, che ardisco di presentarle con questa mia Commedia.
Poiché se riguardinsi le due Famiglie illustri suddette, sono elleno per l'antichità, per gli onori e per la ricchezza, delle più cospicue della repubblica; e se all'E.
V.
rivolgo il pensiero, ornata la veggo di tanti meriti e di tante virtù, che con ragione dalla impresa mia dovrei ritirarmi.
Tuttavolta considerando io che nel di Lei animo la benignità in mezzo delle altre Virtù risiede, regolandole essa con dolcezza ammirabile e singolare, voglio sperare che questa parlerà in mio favore al di Lei cuore magnanimo e generoso, impetrando a quest'Operetta mia un gentilissimo accoglimento; ed a me l'onore di potergliela dedicare La Figlia Obbediente alla di Lei validissima protezione ricorre.
La Virtù della obbedienza è quella con cui si provano gli animi; poiché amando le ragionevoli creature con forza innata la libertà, merita somma lode chi a questa preferisce una virtuosa rassegnazione.
L'obbedienza in alcuni è docilità d'animo naturale, in altri è derivata dalla ottima educazione.
Unite poi queste due bellissime prerogative, formano un modello di perfezione.
Tale è per l'appunto il Figliuolo dell'E.
V., il quale ancora in tenera età colma di ammirazione gli amici, di consolazione i parenti, e di speranze la Patria.
Egli ha uno spirito sorprendente, e questo sortito lo ha dalla nascita; ha una docilità singolare, e questa l'ha colla educazione acquistata.
Tutto merito di una Madre, che col suo spirito lo ha formato, e colla educazione sua lo ha diretto.
Fortuna grande de' Genitori, se hanno la consolazione di essere contenti della loro prole; ma fortuna massima altresì de'Figliuoli, se da' Genitori prudenti sortiscono, oltre l'essere, il buon costume, il talento, la probità.
Questa è la maggior ricchezza, che i Padri lasciar possano per eredità ai Figliuoli loro; questa è la dote preziosa, che le sagge Madri preparano alle Figliuole: l'uso delle morali Virtù, le quali si possono esercitare con merito e ammirazione anche in mezzo al gran Mondo.
Chi non è destinato al chiostro, o alla vita contemplativa, non può separarsi dal commercio delle persone, e deve vivere quella vita che al proprio grado compete.
Si può brillare con onestà, si può conversare senza pericolo, unire si può la savia conversazione colla più rigorosa illibatezza di cuore.
In fatti V.
E.
è adorabile per tutti questi riguardi.
Il di Lei spirito è cosa rara, la di Lei condotta è pregiabile.
Vorrei dire qualche cosa del diletto che Ella sente per la Commedia; ogni Artefice vorrebbe insinuare in tutti il gusto della sua professione.
Così io vorrei che tutti amassero la Commedia, ed hanno nel cuor mio un maggior merito quelli che la coltivano; onde è per me una consolazione vivissima sapere che l'Eccellenza Vostra non solo delle Commedie mie con benignità si compiace, ma in Villa, in compagnia di altre valorosissime Dame e di eruditissimi Cavalieri, recita mirabilmente all'improvviso Commedie, che riescono a perfezione.
Io non ho ancora avuto la sorte di poterla in tale incontro vedere, ma spero che l'avrò, e son già prevenuto del piacer grande che le di Lei Scene mi recheranno, poiché una Dama giovane, bella, spiritosa e vivace non può che mirabilmente riuscire.
La prego pertanto umilmente a degnarsi di ricevere questa ossequiosa offerta dell'amor mio rispettoso e obbligato, ed onorando la Commedia che le presento coll'alta sua protezione, permettermi che io possa gloriarmi di essere con profondissimo.
ossequio.
Di V.
E.
Umiliss.
Divotiss.
ed Obbligatiss.
Serv.
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
La grande occasione, in cui si può meglio conoscere l'obbedienza e la rassegnazione de' Figliuoli verso de' Genitori, è allora quando si tratta della elezione dello stato loro.
Parecchie volte pur troppo accade, che da un Padre severo si violenti l'animo di una fanciulla; e in questo caso, quando ella è costretta a doverlo fare, anche a fronte della giustizia paterna, avrà sempre il merito della obbedienza.
Rosaura, figlia obbediente, è posta fra due incostanze, che la rendono angustiata.
Ella ama, e per obbedienza non dee amare; ella odia, e per obbedienza cambiar dee l'odio in amore.
Colui che le viene offerto in isposo, non ha alcun pregio per farsi amare.
La ricchezza, che è l'unico di lui bene, viene avvilita dalla grossolana maniera sua di trattare; e se Rosaura potesse di quella appagarsi, colla speranza di dover vivere a modo suo, non possederebbe quella virtù che la rende schiava della obbedienza; e se obbediente non fosse al Padre, porgerebbe la mano all'adorato suo Florindo.
In ogni maniera ella non può certamente desiderarlo; ha da procurar di sottrarsi dalle odiate nozze; eppure non solo per rassegnazione trovasi disposta ad acconsentirvi, ma ricusa aderire ad un'amica ardita, che le offre i mezzi ed i consigli per iscuotere il giogo della soggezione e del filiale rispetto.
Questa bella virtù meritava di essere ricompensata, siccome avvenne a Rosaura, colle nozze del suo Florindo, alle quali può condiscendere per opera appunto di colui, che per una parola data dal Padre, era l'ostacolo doloroso de' suoi amori.
Questa è la Commedia, la quale raggirasi su questo fatto, rendendola istruttiva e morale il carattere di Rosaura, critica e faceta Beatrice, e il conte Ottavio ridicola.
Vi ho innestato altri due Personaggi per episodio, non meno ridicoli, curiosi e veri.
Una ballerina col suo papà.
Con quest'ultimo spezialmente mi sono assaissimo divertito, e mi è riuscito divertire ugualmente gli spettatori della Commedia.
Sono capi di opera alcuni padri, alcune madri di queste che chiamansi Virtuose, o di canto, o di ballo, e pochissime cose ho io introdotte nelle Scene di questi due, che non sieno vere, verissime, vedute da me, da me udite, e con particolare attenzione nel magazzino del mio cervello riposte per valermene all'occasione.
I lotti sono poi graziosissime invenzioni per far danari con civiltà, e senza obbligo di ringraziare.
Se si cavassero questi lotti colle polizze da me inventate, non se ne vedrebbono tanti, poiché per non soffrire i rimproveri, la superbia la farebbe perdere all'avarizia.
Sono riusciti ridicoli per modo questi caratteri, che hanno quasi oscurato il merito della Donna Protagonista, la quale conducendosi con serietà, non dà il piacere che i Personaggi lepidi sogliono dare.
Alcuno crederà forse che tai Personaggi non sieno necessari alla favola, e che pecchi di superfluità.
Non so che dire.
Se si sta sul rigore, che i Personaggi abbiano a essere necessari in modo che senza di essi la Commedia non possa farsi, in questa vi sarebbe da poter discorrere: ma se basta che sieno bene intrecciati, e che lavorino tutti in armonia fra di loro, e accrescano la beltà e l'intreccio, staranno benissimo colla Figlia obbediente la Ballerina e suo Padre.
Infiniti esempi potrei addurre di ciò, anche in Molière medesimo; ma per chi sa, non vi è bisogno di addur ragioni; e per chi non sa, è superfluo il dirle.
PERSONAGGI
PANTALONE mercante non molto ricco;
ROSAURA sua figlia;
FLORINDO figlio di un mercante livornese;
BEATRICE amica di Rosaura;
BRIGHELLA;
OLIVETTA ballerina, figlia di Brighella;
ARLECCHINO servo di Pantalone;
CAMERIERE di locanda;
LUMACA servo di Olivetta;
TONINO giovine di Pantalone;
Due ballerini, che non parlano;
SERVITORE di Beatrice;
CAMERIERE del conte Ottavio.
La Scena si rappresenta in Venezia.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Camera in casa di Pantalone.
ROSAURA e BEATRICE
ROS.
Venite, amica, venite.
Son sola, son malinconica, ho bisogno d'un poco di compagnia.
BEAT.
Spero io essere venuta ad iscacciare la vostra malinconia.
ROS.
Avete da raccontarmi qualche graziosa cosa?
BEAT.
Sì, una cosa graziosissima.
Una cosa che vi porrà in giubbilo, in allegria.
ROS.
È tornato forse il signor Florindo?
BEAT.
Bravissima; l'avete indovinata.
ROS.
Il cuore me l'ha detto.
BEAT.
È vero, è ritornato.
Ma circa agl'interessi vostri amorosi, che cosa vi dice il cuore?
ROS.
Che il di lui padre ricco vorrà ch'ei si mariti con ricca dote, ed egli sarà costretto a lasciarmi...
BEAT.
Il vostro cuore non è sempre indovino.
È venuto anzi con lettere di suo padre dirette al vostro, le quali accordano le vostre nozze, e vogliono che si solleciti la conclusione.
ROS.
Si solleciti pure.
Cara Beatrice, voi mi consolate.
Dov'è il signor Florindo?
BEAT.
Sarà qui a momenti.
Ho voluto io prevenirlo, per darvi questa nuova felice.
ROS.
Cara amica...
BEAT.
Meriterei la mancia.
ROS.
Meritate l'amor del mio cuore.
BEAT.
Questo lo dovete serbare a Florindo.
ROS.
Ma voi siete sempre allegra e gioviale.
Benedetto il vostro temperamento.
BEAT.
Zitto; sento gente.
ROS.
Sarà mio padre.
BEAT.
Altro che padre...
(guardando alla scena)
ROS.
Che?
BEAT.
È l'amico.
ROS.
Chi?
BEAT.
Florindo.
ROS.
Davvero?
BEAT.
Vi mutate di colore? Animo, animo, allegramente.
SCENA SECONDA
FLORINDO e dette.
FLOR.
Chi è qui? (di dentro)
BEAT.
Venite, venite, signor Florindo.
FLOR.
Servo di lor signore.
ROS.
Ben venuto.
BEAT.
Ben venuto.
ROS.
Avete fatto buon viaggio?
FLOR.
Buonissimo.
BEAT.
Non vedete che è grasso, come...
ROS.
Come che?
BEAT.
Come un tordo, come un tordo.
FLOR.
Godo, signore mie, di trovarvi spiritose ed allegre.
BEAT.
La signora Rosaura non era così poco fa.
FLOR.
Eravate voi malinconica?
ROS.
Sì, per la vostra lontananza.
Pel dubbio della vostra venuta, e per quello de'nostri amori.
FLOR.
Tutto è accomodato, signora Rosaura...
BEAT.
Lo sa, lo sa, gliel'ho detto io.
FLOR.
Mi avete levato il piacere di darle io il primo questa felice novella.
BEAT.
Volevate forse la mancia, che voleva dare a me?
FLOR.
Che mancia? (a Rosaura)
ROS.
Parliamo sul serio.
Vostro padre si contenta delle mie nozze?
FLOR.
È contentissimo.
ROS.
Sa che la dote mia non corrisponde alle sue ricchezze?
FLOR.
Sa tutto; è informato di tutto.
Sa che voi siete di buon costume, ed essendo egli perfetto economo, preferisce alla ricca dote una fanciulla morigerata e discreta.
ROS.
Son contentissima.
Avete ancora veduto mio padre?
FLOR.
Non l'ho veduto.
Venni per presentargli la lettera, ma non è in casa.
ROS.
Accoglierà con giubbilo una tal nuova.
FLOR.
So benissimo ch'egli mi ama.
BEAT.
Eppure egli non vi aspettava più di ritorno.
ROS.
Temeva che vostro padre volesse accasarvi a suo modo.
FLOR.
Pur troppo, se tardava io quattro giorni, stava egli sul punto di disporre di me.
Finalmente sarete mia.
ROS.
Ancora non mi par vero.
FLOR.
Io non ci vedo altre difficoltà.
Mio padre è contento; il vostro sapete quante volte mi ha detto, che volentieri avrebbe vedute le nostre nozze.
Eccomi qui, son vostro.
ROS.
Sì, siete mio.
Sia ringraziato il cielo.
BEAT.
Sarete stanco, signor Florindo.
Siete venuto per terra?
FLOR.
No, son venuto per acqua col corrier di Bologna.
ROS.
Siete stato allegro per viaggio?
FLOR.
Mi sono annoiato infinitamente.
Eravi una ballerina, che non taceva mai.
E suo padre poi, tutto il viaggio, non ha fatto altro che seccarmi, raccontandomi le grandezze della figliuola.
ROS.
Anzi vi sarete divertito bene colla ballerina.
FLOR.
Da uomo d'onore, non la poteva soffrire.
BEAT.
Come chiamavasi? La conosciamo noi?
FLOR.
La conoscerete.
È una certa Olivetta.
ROS.
Figlia di certo Brighella?
FLOR.
Sì, per l'appunto.
ROS.
Oh! la conosco.
Suo padre è stato servitore in casa nostra.
...
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