LA CAMERIERA BRILLANTE, di Carlo Goldoni - pagina 1
Carlo Goldoni
LA CAMERIERA BRILLANTE
La presente Commedia di carattere, di tre atti in prosa, fu recitata la prima volta
in Venezia nel Carnovale dell'anno 1754.
A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR CONTE
LODOVICO REZZONICO
PATRIZIO VENETO
Fra le grazie ch'io riconosco dalla Nobilissima casa Widiman, singolarissima è quella del patrocinio di V.E., ottenuto col mezzo della gentilissima Dama la signora Contessa Widiman, nata Rezzonico, degnissima Sorella vostra.
Mostrerei di poco conoscere il benefizio, e di esserne immeritevole più ancora di quel ch'io sono, se non dassi un pubblico testimonio del giubbilo che ne rissento, e le opere mie non fregiassi del vostro illustre nome e della vostra validissima protezione.
Tutti gli amici miei si rallegreranno meco di cuore del grande acquisto che ho fatto, e non solamente i vicini, che vi conoscono, ma i lontani ancora, che hanno contezza della vostra persona ammirabile e della vostra illustre Famiglia.
Roma più d'ogni altro paese ha contezza dei pregi vostri, poiché foste colà educato sotto i gloriosi auspici dell'Eminentissimo Signor Cardinale Rezzonico, vostro Zio, il quale ottenuta per gl'infiniti suoi meriti la Porpora dal Vaticano, ora nella Sede Episcopale di Padova, con santo zelo ed ottima provvidenza, guida con pastorale amore e consiglio le pecorelle di Cristo per la via della virtù, della esemplarità e della eterna salute.
Sull'orme di un così grande esemplare cammina in Roma medesima il vostro minor germano, Prelato di egregi costumi e di vera scienza fornito, e Voi, tornato al seno della augusta Patria, ite a gran passi inoltrandovi per il cammin della gloria.
Il Governo da Voi sostenuto con tanto senno e con tanto valore della città di Vicenza, amministrando colà per il Principe Serenissimo la carità e la giustizia, presagiscono a voi fortunati progressi, e le voci de' Vicentini ammiratori ossequiosi del vostro merito vi acclamano alle cariche più cospicue, alle dignità più sublimi.
Felici loro, cui toccò in sorte per qualche tempo un Rettore sì magnanimo, sì dotto, sì generoso e splendido quale Voi siete; e Voi felice altresì, che dovendo servire alla Patria, foste ad una Città prescielto conoscitrice del merito e della virtù, d'illustre Nobiltà e di peregrini talenti doviziosamente fornita.
Beati quelli che trovano bene impiegate le attenzioni loro, veggendole dai grati animi corrisposte.
I Vicentini vi hanno reso giustizia, né lascierà di rimunerarvi la Repubblica Serenissima con quegli onori medesimi, onde ha fregiato di Porpora il vostro Genitore egregio, amplissimo Senatore, pio e magnanimo Cavaliere.
La vostra illustre Famiglia ha tutte le benedizioni celesti, per la bontà singolare, per la carità esimia che in essa mirabilmente fiorisce, onde da Dio riconoscendo i larghi beni che la fecondano, ne fa parte ai poveri, ai bisognosi, e impegna la Provvidenza a moltiplicare le grazie.
Voi siete un giovane Cavaliere di bel talento e di dottrina fornito, non imbevuto di quelle massime oltramontane, che attribuiscono gli eventi al caso.
Sapete fondatamente che tutti i beni di questa vita dal Creatore provengono.
Poteste apprenderlo più sodamente dall'ottima educazione de' vostri amabili Genitori e dall'Avolo vostro paterno, passato, non ha molto tempo, a godere nel Cielo il vero premio durevole delle sue Cristiana virtù.
Corrisponde mirabilmente al loro consiglio ed al loro esempio la vostra buona condotta, poiché nella vostra età giovanile, senza staccarvi affatto dalle convenienze della vite, civile, sapete essere nel tempo istesso sociabile quanto basta, e prudente quanto conviene.
Intesi con giubbilo il prossimo accasamento a cui la sorte vi ha destinato, e la Patria eccelsa ed i Congiunti e gli Amici vostri n'esultano.
La Sposa che vi è destinata, escita dall'illustre sangue de' Savorgnani tanto glorioso in Repubblica, e tanto nelle Storie famoso, figlia di Genitrice di tante virtù, di tante doti fornita, non può che promettere a Voi la più perfetta felicità de' viventi, ed alla Patria eccelsa ottimi Figli e valorosi Concittadini.
Benedica il Signore le vostre nozze, sparga sopra di Voi il dolce semi della concordia, seggano i vostri Figli come le tenerelle piante d'ulivo d'intorno alla vostra mensa, e il vero pacifico amore viva sempre nelle vostre pareti.
So che V.
E.
fra le occupazioni delle pubbliche cure non disapprova gli onesti divertimenti; e so altresì, che fra questi non vi è discaro il piacevole della Commedia.
Avvezzo siete a soffrire con lieto animo le mie Teatrali fatiche, ed animato dalla vostra predilezione, ardisco di presentarvene una, in segno del mio rispetto e dell'interna mia compiacenza.
La Cameriera Brillante converrebbe assai bene ad un Cavaliere di brio e di sapere fornito, quale Voi siete, se all'arghi mento ave ss' io contribuito con pari spirito e con adequati brillanti modi; ma se all'idea mal corrispose l'ingegno, tanto più arrossisco nel presentarvela.
Penso per altro, che volendo io consacrare al nome di V.
E.
alcuna opera mia, se degna di Voi la cercassi, dovrei abbandonare il pensiero, sicuro di non trovarla fra le produzioni del mio scarso intelletto.
E se mi fido del generoso animo vostro, certo sono che tutte egualmente saranno benignamente accolte, compatite e protette; e questa, dandole io la gloria di comparirvi dinanzi in divisa di cosa vostra, fortunata potrà chiamarsi, vantandosi che dal padre adottivo viene a lei recato quel fregio, che il padre suo naturale darle non ha potuto.
Supplico dunque l'E.
V.
umilmente usar ad essa ed a me questa volta i tratti soliti della vostra benignità e cortesia, ricevendoci entrambi sotto il vostro amplissimo patrocinio, e permettere a me, che possa dirmi con profondissimo ossequio
Di V.E.
Umiliss.
Devotiss.
Obblig.
Serv.
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
Una Cameriera Brillante, che ha dello spirito e del talento, trovandosi in villeggiatura con i padroni, promuove i divertimenti, e da questi fa nascere il collocamento delle padrone ed il suo con il padre delle medesime.
L'azione è teatrale, di quel genere che si accosta alle Commedie dell'arte, però regolata in modo che salva il verissimile e la concatenazione delle scene che la compongono.
Non è nuova l'invenzione che in una villeggiatura si reciti una Commedia; ma è pensier novissimo dare a ciascheduno dei personaggi un positivo carattere e far sì che nella finta rappresentazione siano forzati a sostenerne uno contrario, ed abbiano della repugnanza a dir cose contrarie al loro sistema, ancorché apparentemente studiate.
Niente più verissimile evvi di questo scrupolo, famigliare ai Comici non meno che ai dilettanti.
Vorrebbono tutti delle parti eroiche, virtuose, o al loro genio adattate.
Non sanno, o sapere non vogliono, che i spettatori gustano la Commedia se è bene rappresentata, e tanto si fa merito chi fa la parte eroica, come quello che fa la parte odiosa; né il buono perde il merito personale per un cattivo carattere, né il cattivo divien migliore per un carattere virtuoso.
L'Attrice solita a rappresentare in allora il personaggio della Servetta nella Compagnia che dicesi di San Luca, sostenne egregiamente la parte della Cameriera Brillante; ora è passata ad un altro grado, e fa spiccar sempre più il suo talento nelle parti serie, là dove specialmente la passione vi è interessata, movendo graziosamente gli affetti.
PERSONAGGI
PANTALONE de' BISOGNOSI mercante in villa
FLAMINIA figliuola di Pantalone
CLARICE figliuola di Pantalone
OTTAVIO
ARGENTINA cameriera delle figliuole di Pantalone
BRIGHELLA servitore di Pantalone
TRACCAGNINO servitore di Ottavio
Un VILLANO
La Scena si rappresenta nella terra di Mestre, situata sul margine della terraferma Veneta, sette miglia distante dalla città di Venezia, in un casino di Pantalone.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
FLAMINIA e CLARICE.
CLAR.
Questa è una vita da diventar etiche in poco tempo.
FLA.
Io per me ci sto volentierissima in villa.
CLAR.
Ed io non mi ci posso vedere.
FLA.
In quanto a voi, state mal volentieri per tutto.
A Venezia non vedevate l'ora di venir in campagna; ora che ci siete, vorreste andarvene dopo tre giorni.
CLAR.
Ci starei volentieri, se ci fosse un poco di conversazione.
FLA.
E pure, anche per questa parte, non vi potete dolere, cara sorella.
CLAR.
Che? Forse per esservi poco lontano il casino del signor Florindo?
FLA.
Non è poca fortuna aver l'amante vicino.
CLAR.
Oh! da uno a niente vi faccio poca differenza.
FLA.
Io poi sono più discreta di voi.
Così vi fosse il signor Ottavio, che mi chiamerei contentissima.
CLAR.
Oh sì, se ci fosse, anch'io ne avrei piacere, per ridere un poco.
FLA.
Per ridere? Vi fa ridere il signor Ottavio?
CLAR.
Non volete che mi faccia ridere un uomo vanaglorioso, che racconta sempre grandezze, che non parla che di se stesso, che crede non ci sia altro di buono a questo mondo che lui?
FLA.
Sì, è vero, pecca un pochino nella vanagloria, ma finalmente ha il suo merito.
La sua ostentazione è fondata su qualche cosa di vero.
Se non è ricco, è nato nobile almeno; non è da mettersi in paragone col vostro signor Florindo.
CLAR.
Perché? Se Florindo non è nato nobile, in lui la ricchezza supplisce al difetto della nobiltà.
FLA.
È un uomo di cattivissimo gusto; di tutte le cose gli piace il peggio; è un umore stravagantissimo.
CLAR.
Gli piace di tutto il peggio, eh?
FLA.
Così dicono.
Io non parlo perché paia a me solamente.
CLAR.
Dunque se ha della parzialità per me, sarà perché di tutto gli piace il peggio.
FLA.
Non dico per questo...
CLAR.
Sì, sì, c'intendiamo.
Lo so che vi credete voi sola di un alto merito.
In questo somigliate assaissimo al signor Ottavio.
FLA.
Lasciatemi parlare, se volete intendere quel ch'io penso.
CLAR.
Che cara signora sorella! ha scelto me per il peggio!
FLA.
Ecco qui.
Tutto prendete in mala parte.
CLAR.
Mi pare un poco d'impertinenza la vostra.
FLA.
Signora sorella, vossignoria si avanza un po' troppo
CLAR.
Se è vero.
Sempre mi seccate.
Anderete via una volta di questa casa.
FLA.
Così vi andassi domani!
CLAR.
E io questa sera!
FLA.
Non mi avete mai potuto vedere.
CLAR.
Volete farmi la dottoressa, la maestra, la superiora.
FLA.
Sono la maggiore; ma non per questo potete dire...
CLAR.
Ah, di grazia, signora maggiore, aspetti, che le bacierò la mano.
FLA.
Siete pure sofistica.
CLAR.
Siete prosontuosa.
FLA.
A me?
CLAR.
Sì, a voi.
SCENA SECONDA
ARGENTINA e dette.
ARG.
Eccole qui.
Taroccano.
Due sorelle sole, giovani, ricche, garbate, non si possono fra di loro vedere.
FLA.
Che ne dici, Argentina? Sempre così.
CLAR.
Tu come c'entri a venir a fare la correttrice? Sta da quella che sei.
La cameriera non si ha da prendere tanta libertà colle sue padrone.
ARG.
Perdoni, signora, perdoni.
Non credo d'averla offesa.
FLA.
Lasciala stare, Argentina.
Conosci il suo stravagante temperamento.
ARG.
Peccato, in verità, ch'ella sia così stravagante!
CLAR.
Temeraria! Io stravagante?
ARG.
Compatisca: è una parola questa, ch'io non so che cosa voglia dire.
L'ho replicata, perché l'ha detta la signora Flaminia.
Parlo anch'io come i pappagalli.
CLAR.
È peccato ch'io sia stravagante?
ARG.
Se mi sapessi spiegare, vorrei pur farmi intendere.
È peccato che una signora così bella, così graziosa...
Se dico degli spropositi, mi corregga.
CLAR.
Tu parli in una maniera che non si capisce.
ARG.
Effetto della mia ignoranza.
Ma io vorrei vedere che le mie padrone si amassero, si rispettassero, vivessero un poco in pace.
FLA.
Questo è quello che vorrei anch'io.
CLAR.
È impossibile, impossibilissimo.
ARG.
Ma perché mai?
CLAR.
Perché sono una stravagante, non è vero?
ARG.
Tutto quello ch'ella comanda.
CLAR.
Io comando che tu stia zitta e che mi porti rispetto.
ARG.
La non comanda altro? Faccia conto ch'io l'abbia bell'e servita.
Signora Flaminia, ho da darle una buona nuova.
FLA.
Che nuova?
ARG.
È arrivato il signor Ottavio.
CLAR.
Il signor Ottavio è venuto?
ARG.
Perdoni, io non l'ho detto a lei.
FLA.
L'ha veduto mio padre?
ARG.
Non ancora.
CLAR.
Che cosa è venuto a fare il signor Ottavio?
ARG.
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