LA BUONA FAMIGLIA, di Carlo Goldoni - pagina 1
Carlo Goldoni
LA BUONA FAMIGLIA
Commedia in tre atti in prosa rappresentata per la prima volta in Venezia nell'Autunno dell'Anno 1755
A SUA ECCELLENZA
LA SIGNORA
CAMILLA BARBARICO BAGL1ONI
Allora quando (Nobilissima Dama) mi venne in pensiero di dare al pubblico una Commedia sulla immagine di una Buona Famiglia, desiderai con quest'opera più di giovare, che di piacere, ed impiegai ogni studio per innamorare gli spettatori di quella pace amenissima, che fra i legami dell'onesto amore e del sangue mantiene la vera felicità.
Durai non poca fatica nell'immaginare i caratteri all'argomento proporzionati, mentre sendo io accostumato valermi in altre occasioni di quei difetti, o di quelle virtù, che praticare ho veduto, non mi è riuscito in allora fissare l'occhio in alcuna Famiglia, che per la vera bontà di tutti quelli che la compongono, servisse a me di prototipo, per agevolarmi l'impresa.
Non è facile trovare al mondo in una casa medesima tante persone buone, che tutte contribuiscano alla comune tranquillità; ed una sola che abbia l'animo diversamente inclinato, basta a rompere quella catena che è opera solo della concordia; laonde ho dovuto figurarmi da me medesimo tante virtuose persone in una sola casa raccolte, le quali per l'uniformità dei pensieri, e delle ottime inclinazioni, e del vicendevole amore e rispetto, servissero altrui d'esempio, e un'idea proponessero della Buona Famiglia.
Se prima di comporre una tal Commedia, avessi avuto la sorte che posteriormente ho ottenuta, di conoscere internamente la virtuosa Famiglia di V.E., avrei avuto più largo campo di tessere il mio disegno, e provveduto mi avrei di que' lumi che suggerire non mi ha potuto lo scarso ingegno, senza temere che mi venisse imputato aver io scelto un soggetto fantastico e immaginario.
Godea soltanto in allora la protezione umanissima del fu eccellentissimo Signor Francesco, Cognato di V.
E., il quale per la vera bontà di cuore, per la dolcezza de' suoi costumi, e per le belle virtù dell'animo e del talento, lasciò morendo di sé gloriosa memoria, ed un perpetuo dolore nell'animo de' suoi servidori ed amici.
Fra gli altri innumerabili benefici, che da esso benignissimo Cavaliere confesso aver riportati, singolarissimo è quello di aver io col suo mezzo acquistato il patrocinio di V.
E., quello dell'amabilissimo di Lei Figliuolo, e di tutta la nobilissima di Lei Famiglia.
Dopo ch'io ebbi l'onore di essere ammesso a frequentare la di Lei Casa, dissi fra me medesimo con esultanza: Non è un poetico sogno l'immagine di una virtuosa Famiglia; venga fra queste mura chi vuol vederne l'esempio.
Ecco una Madre, che all'antichissima nobiltà de' natali accoppiando le più belle virtù, sa preferire ad ogni altro bene la domestica pace.
Ecco una Dama, che fu la delizia del caro Sposo, fin ch'egli visse, e colla sua prudenza, e coll'ammirabile suo talento, non cercò che di accrescere la di lui gloria, viva rimanendo ancora la ricordanza ossequiosa del di Lei nome nella Città di Bergamo, ove l'Eccellentissimo Signor Gio.
Antonio, di Lei Consorte, sostenne gloriosamente il sublime carico di Pubblico Rappresentante.
Ecco (riflettea con ammirazione) ecco un'amorosa tutrice de' suoi Figliuoli, rimasta sola nel grande impegno di bene educarli in quell'età in cui prossimi essendo a dover figurar nel gran Mondo, possono contribuire più dei Collegi e dei Monisteri gli esempi e gl'insegnamenti di sì gran Madre, da forte zelo e da vera amore animata.
Due Figlie femmine ed un solo Maschio sono presentemente le sue delizie.
Ella è intieramente sagrificata al dolce peso di così cara Famiglia.
Altro non cura che il solo bene, che la vera gloria de' suoi Figliuoli; attenta a promovere i loro nobili avanzamenti, sa concedere ad essi quegli onesti piaceri che al loro grado convengono, ed obbligarli a rinunziare da per se stessi a tutto quello che, quantunque si tolleri nel gran Mondo, non sembra degno di lode.
Sa farsi obbedire senza fatica, rispettar senza tema, ed amar senza abuso.
Bella cosa è il vederla in mezzo a' suoi cari Figli far con essi la sua piacevole conversazione, andar con essi (talvolta ancora di malavoglia) a qualche onesto divertimento, sagrifìcando il proprio comodo al piacer loro, e prendere dalla compiacenza di essi quell'interno diletto che per se medesima altrimenti non sentirebbe.
Ma questo è il meno delle sue amorose attenzioni; Ella è l'ammirabil direttrice del patrimonio ricchissimo della Famiglia, e con provvida incessante cura nulla perde di vista che giovar possa al decoro, all'utile, allo splendore del loro grado e delle loro fortune.
Ella per altro ha tutta la ricompensa che può bramare alla grand'opera dell'amor suo, ed ha occasione di benedire le sue attenzioni, per quella esemplare obbedienza e rassegnazione, che alla venerabile sua Genitrice usa incessantemente il dolcissimo e rispettoso Figliuolo.
L'Eccellentissimo Signor Paolo Baglioni, unico rampollo della Nobile sua Famiglia, in una età nella quale pur troppo soffrono mal volontieri i giovani pari suoi il giogo de' Genitori, tratto dalla schiavitù del Collegio alla libertà delle domestiche mura, senza l'autorevole voce del Padre, retta soltanto dal dolce freno dell'amabile Genitrice, sa ben discernere co' suoi talenti la fortuna di una tal Madre, e lungi dallo scostarsi da' suoi consigli, serba ad essa tanto rispetto e tanta obbedienza, che si reputerebbe infelice, se per avventura foss'ei capace renderle un dispiacere.
Egli è docile per natura, tenero ed amoroso di cuore, e questo è merito del di Lei sangue, che lo ha nelle proprie viscere fecondato; ma le Virtù che lo adornano, sono effetti mirabili della di Lei attentissima educazione.
Per verità, basta conoscerlo per amarlo; Egli è nemico delta vanità, dell'ostentazione, ma sa conoscere i doveri dell'uomo e quelli del Cavaliere.
E liberale, è cortese, ma non sa uscire dai confini della prudenza; ama i piaceri onesti con sobrietà; è amico de' buoni, e si compiace dell'altrui bene.
Fortunata potrà chiamarsi quella illustre Donzella, che ad Esso il Cielo avrà destinata in Consorte.
Egli è il solo che può promettere la propagazione della Nobile sua Famiglia, e rinnovare la fama di que' Baglioni, che sin nel secolo XIV illustrarono colle loro vittorie le armi di questa eccelsa Repubblica, ed empierono l'Italia tutta del loro nome.
Al merito de' suoi Natali, a quello delle sue ricchezze, aggiungesi in alto grado il sommo merito della bontà de' costumi suoi, e non gli può esser discaro, ch'io ne attribuisca la gloria alla di lui ammirabile Genitrice.
Ella con pari zelo, e con attentissima cura, va preparando il cuore delle dolcissime Figlie ad incontrar quel destino che ad ambedue avranno i Cieli fissato.
Non è lontana da esse quella stagione, in cui sogliono le Fanciulle svelare modestamente l'inclinazione del loro animo.
L'amorosa loro Genitrice è dispostissima a secondarle, e le massime ch'ella ha finora istillate loro nel cuore, potranno renderle in ogni stato felici.
Tanto il Mondo che il Chiostro abbisognano di prudenza, di rassegnazione, di tolleranza; da per tutto si trovano dei malagevoli incontri da superarsi, e le Virtù generali servono di lume e di scorta in qualunque grado di vita.
Queste illustri Figliuole mostrano nella dolcezza del loro rollo la candidezza del cuore; e la rispettosa obbedienza che usar costumano ai materni voleri, fa sperar certamente un'eguale rassegnazione al piacer delle Sposo, o ai doveri del Monistero.
Può dunque dirsi a ragione, Nobilissima Dama, che fra le vostre pareti trovisi la Buona Famiglia, e s'io non ebbi tempo di raccogliere da essa le traccie del mio argomento, permettetemi almeno che a Voi consacri quest'opera, a Voi soltanto dovuta; l'esempio vostro potrà smentire coloro che mi hanno imputato un'invenzione chimerica.
I fatti nella mia Commedia introdotti non convengono al grado vostro, ma le massime che vi ho sparse, quella vera bontà di cuore che faccio in tutti quelli della Buona Famiglia risplendere, conviene a Voi perfettamente, ed ai virtuosi Figliuoli vostri.
Iddio Signore, che vi ha finora nei cari Figli felicitata, rendavi egualmente nei frutti loro contenta, e lunga età vi preservi, per continuare ai Nepoti la medesima scorta nel sentiero della Virtù; ed aumentandosi la vostra illustre Famiglia, si moltiplichi l'onore di questa Patria, la gloria del vostro sesso, e la consolazione degli ammiratori del vostro merito, fra' quali ossequiosamente m'inchino.
Di V.E.
Umiliss.
Devotiss.
Obblig.
Servidore
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
Habent sua sidera lites sogliono dire i Forensi, e con questo bel detto si scusano spesse volte d'aver perduta la causa.
Hanno, dirò io pure, le Commedie ancora le loro costellazioni.
In fatti, per detto comune di tutti, non dovea la presente Commedia aver quell'esito poco felice, ch'ella ebbe la prima volta che fu in Venezia rappresentata.
È vero ch'ella non è molto brillante, ma alquanto seria; però non manca del suo ridicolo e ne ha tanto che basta per l'argomento di cui si tratta.
Io non soglio mai difendere le cose mie, quando le veggo disapprovate; ma questa posso difenderla francamente, perché di essa ho avuto parecchie congratulazioni da persone che contano, e che possono ammaestrarmi.
Mi hanno detto che la mia Buona Famiglia non ha in se stessa verun difetto, che l'azione è perfetta, che l'argomento è nobile, istruttivo, morale, la condotta assai ragionevole, i caratteri naturali, e il fine della Commedia ottimo ed esemplare.
Io non dirò che ciò sia tutto vero, poiché a me il dirlo non istà bene; ma lascierò giudicarla al Lettore.
Dirò soltanto, che per farla scomparir sulle Scene la prima volta, molti accidenti si sono uniti, ed ecco le costellazioni della povera sfortunata.
Mancarono in quell'anno dalla Compagnia due personaggi essenziali: una prima Donna, ed un soggetto di caricature.
Se ne fuggirono all'improvviso, e non essendovi altra cosa in pronto per la prima sera, si dovette far questa cambiando le parti, e adattandole ad altri, a' quali convenivano meno.
Fu reclutato per necessità un personaggio nuovo, che Dio lo benedica, e gli faccia fare qualche altro mestiere.
In progresso, alle altre opere mie in quell'anno prodotte la Compagnia supplì valorosissimamente, ma per questa non vi fu tempo di regolarla.
Quando una cosa è riuscita male la prima volta, non si rimette mai più in concetto.
- Il pubblico in Venezia l'ha disapprovata in principio, e ha continuato a stimarla poco; ma io, con riverenza di quelli che me la sprezzano, amo più di attaccarmi a quelli che me la lodano; sia verità sia amor proprio, non so che dire.
PERSONAGGI
ANSELMO vecchio
FABRIZIO figliuolo di Anselmo
COSTANZA moglie di Fabrizio
ISABELLA figliuola di Fabrizio e Costanza
FRANCESCHINO figliuolo di Fabrizio e Costanza
RAIMONDO amico di casa di Anselmo
ANGIOLA moglie di Raimondo
LISETTA serva di Costanza
NARDO servidore di Anselmo
La Scena si rappresenta in casa di Anselmo.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
La signora COSTANZA, la signora ISABELLA, LISETTA; tutte tre lavorano.
ISAB.
Come è bello questo lino, signora madre.
COST.
Vuol venire una bellissima tela.
ISAB.
Mi par mill'anni che si dia a tessere.
COST.
Sollecitatevi a dipanare.
ISAB.
Ne ho dipanato quattro matasse, e non è un'ora che Lisetta mi portò l'arcolaio.
LIS.
Ed io, dopo che son levata, ho empito un fuso.
COST.
Vi siete portata bene.
Vi meritate la colazione.
ISAB.
Da noi non si fa come dalla signor'Angiola, che dormono sino a mezza mattina.
COST.
Via, badate a voi e non dite degli altri.
Fate quello che vi si comanda di fare, e basta così.
Cosa potete voi sapere in casa della signor'Angiola, se si dorma o si vegli? E se dormono la mattina, veglieranno la sera; e faranno in due ore più di quello forse che si fa da noi in una giornata intiera.
Delle persone si ha sempre da pensar bene, figliuola.
Ve l'ho detto altre volte, non voglio né che si dica, né che si pensi mal di nessuno.
ISAB.
In verità, signora, io non ho detto per dir male.
Buon pro faccia a chi leva tardi.
...
[Pagina successiva]