I MERCATANTI, di Carlo Goldoni - pagina 1
I MERCATANTI
di Carlo Goldoni
Commedia di tre atti in prosa rappresentata per
la prima volta ìn Venezia nel Carnovale dell'anno 1753
A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR MARCHESE
BONIFAZIO RANGONI
Quantunque nato io sia Veneziano, mi pregio di essere originario di Modena, da dove trasportò l'Avolo mio paterno l'abitazione in Venezia; e mi pregio poi molto più di godere in Modena la protezione altissima di V.
E., due fregi in vero de' quali sono io ambiziosissimo, e me ne vanterò sempre a fronte di qualunque onore e di qualunque fortuna.
Modena è stata in ogni tempo Città ,feconda di uomini illustri, e tuttavia nelle Lettere può disputare a qualunque altra il primato; che però essendo io uno de' Cittadini suoi, non per origine solamente, ma per l'attuale possedimento de' miei scarsi effetti, posso sperare che le Opere mie, quantunque d'imperfezione ripiene, vengano dalla fama de' Modanesi ad essere accreditate.
Molto più poi saranno queste dagli uomini di buon senno accolte, e dai maligni critici rispettate, quando fra loro noto, che dall' E.
V.
sono elleno compatite, benignamente accolte, ed in modo particolare protette.
Per quest'unico mio avvantaggio, da cui le Opere mie gloria e lustro e sicurezza ricevono, desiderava io sempremai di render pubblica al mondo la protezione di V.
E., il di cui giudizio prevale a quello dell'universale, che le ha fortunatamente sinora accolte.
Chi scrive per dar piacere soltanto ad un pubblico, di tanti ordini e di tanti geni composto, appagar si dovrebbe di un'aura favorevole che lo seconda; ma io non ne sarei contento, se dagli uomini illustri non mi vedessi almen compatito; per lo che fin dal principio, e da lontano ancora, cercai per ogni strada di assicurarmi con qual animo dall'E.
V.
fossero le Opere mie ricevute.
Non posso bastantemente esprimere quanta mi recasse consolazione il sentire che fossero da Lei con piacere e lette e vedute rappresentare, e giunse all'estremo il mio giubilo, allora quando in Modena nel di Lei Palagio sofferse Ella che il mio Molier io le leggessi, col vantaggio d'averlo benignamente dell'autorevole sua approvazione, fatto degno.
Unendosi in V.
E., oltre la fondata erudizion nelle Lettere, un vivissimo genio alle Teatrali composizioni, opere traducendo de' più accreditati stranieri Autori, in una maniera che pregio accresce agli originali medesimi, cercava Ella di riparare per questa via ai disordini delle nostre Scene, ridotte alla più deplorabile decadenza; desiderando però nell'animo suo, che per se medesimo potesse il Teatro Italiano riprendere lo smarrito splendore antico, senza mendicare dagli esteri le opere, l'onestà, il verisimile, e delle buone regole l'osservanza.
E a chi può premere l'onore della nostra Nazione più che all'animo grande dell'E.
V., gloria e splendore degl'Italiani, o se riguardasi la grandezza dell'antichissima sua Famiglia, o se alle infinite personali di Lei virtù si rifletta? Se dato a me fosse di poter formare gli elogi delle famiglie illustri di quegli a' quali, come miei Protettori, indirizzo i fogli, campo avrei spaziosissimo per diffondermi in questo, in cui della prosapia de' Rangoni parlando, potrei empier molte pagine coi nomi illustri di tanti Eroi, che l'onorano delle imprese loro nell'Armi, della loro autorità nelle Lettere, e delle innumerabili Dignità che per l'Europa tutta occuparono.
Ma oltrecché le forze mie troppo deboli sono per un tal peso, vano parmi anche il ripetere ciò che gli Storici più accreditati hanno diffusamente narrato, fra' quali il celeberrimo Muratori, gloria d'Italia, e splendore ed esempio de' Letterati, nostro valorosissimo compatriota, che dal Sansovino, dal Bembo, dal Guicciardini, da Paolo Giovio, da Onofrio e da altri moltissimi accreditati Scrittori le memorie ha tratto di una sì illustre e sì conosciuta Famiglia, di cui il Pontefice Paolo IV disse: Che non vi era Principe Cristiano, che non potesse essere dalla sua parentela onorato.
E chi bramasse raccolti leggere in poche pagine i nomi eccelsi de' Rangoni, le Imprese loro, le Dignità, i Governi, i Comandi, i Domini, le Parentele, i Meriti e le Maraviglie, troverà nel Tomo VII del Moreri(1) alla lettera R., pag.
343, ed in colonne 20 che seguono, Soggetti degnissimi di poema e d'istoria.
Delle qualità ammirabili che adornano poi l'E.
V., non posso io cimentarmi a discorrere, senza temer di adombrarle.
Sono elleno bastantemente palesi, e comunemente si sa, essere Ella il vero modello del Cavalier dotto, magnanimo e di gentilezza ripieno.
Si sa ch'Ella è nata per proteggere e beneficare; ed è un effetto di codesta sua virtù dolcissima e prediletta la somma benignità, ond'Ella risguardare si degna l'umilissima persona mia, e le Opere che da me sono o da' Torchi o dalle Scene prodotte.
Questa Commedia, che ha per titolo I Mercatanti, è una di quelle che in Venezia e in Livorno, dove l'ho fatta rappresentare, ebbe un esito fortunato.
V.
E.
non l'ha veduta ancora, ed io mi prendo l'ardire li presentargliela, accompagnata da questo mio ossequiosissimo foglio.
Non so, se avrà la fortuna di andar fra quelle che meno spiacciono al di Lei gusto finissimo e delicato, ma tanta fiducia ho nel di Lei animo generoso, che nell'atto medesimo di comunicargliela, all'altissima protezione sua vivamente la raccomando, e col di Lei nome autorevole in fronte la pubblico per mezzo delle stampe.
Questo è un ardir assai grande, ma chi ha la fortuna di essere da Lei protetto, è sicuro che non gli venga negata grazia veruna; onde se non avrà Ella motivo di essere internamente di questa Commedia mia persuasa, la proteggerà non ostante, appunto per questo, perché ne avrà più bisogno: e profondamente all'E.
V.
inchinandomi, ho l'onore di essere pieno di venerazione e di ossequio
Di V.
E.
Umiliss.
Divotiss.
ed Obbligatiss.
Serv.
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
I mercatanti è il titolo della presente Commedia, ma allora quando la scrissi, e quando la feci la prima volta rappresentare, la intitolai I Due Pantaloni: titolo strepitoso per un cartello in Venezia, e che allora benissimo le conveniva.
Trovandosi nel valoroso Pantalone per cui la scrissi, l'abilità di far da vecchio e da giovine eccellentemente, guidai la Commedia in modo ch'egli medesimo potesse rappresentare il Padre ed il Figlio, variando soltanto colla maschera il personaggio, e l'abito ritenendo, che figurandosi essere il mercantile degli antichi tempi in Venezia, può a tutti due convenire.
Egli, assistito da una singolare prontezza di spirito, riuscì nell'impegno mirabilmente, avendo io intrecciata la rappresentazione in modo che il Padre ed il Figlio non avessero mai ad incontrarsi, tutto che nella medesima casa abitassero, appunto per questo, perché il Figlio discolo ragionevolmente procura sottrarsi dagli occhi di un Padre disobbedito, oltraggiato ed eccitato a sdegno.
Piacque la Commedia in tal guisa rappresentata, ma dovendola ora dare alle stampe, non posso lusingarmi che sì facilmente trovisi un altro simile personaggio, che i due caratteri sostener possa, onde separando il Padre ed il Figlio, ho fatto in modo che abbiano ad essere due personaggi distinti.
In tal guisa l'ho fatta rappresentare a Livorno, ed è riuscita egualmente bene: il Pantalone abilissimo della Compagnia che chiamasi di San Luca, fece a maraviglia il vecchio, ed il bravo comico Francesco Falchi il giovine, ambidue nella loro Veneta lingua.
Anche questa difficoltà mi si oppose, stampandola, di ritrovar due persone di abilità che in tal linguaggio favellino, e perché è inconveniente cosa che il Padre ed il Figlio, in questa tale Commedia, non parlino col linguaggio medesimo, perciò li ho trasportati in Toscano, onde più facilmente possa essere da qualunque Compagnia recitata; e siccome in essa della Mercatura trattasi principalmente, e sono di tal professione i personaggi in essa più interessati, quindi è che le ho dato per titolo: I Mercatanti.
Pancrazio ci rappresenta un Mercante onorato, di buona fama e d'illibata coscienza, il quale anche in mezzo alle calamità ed ai pericoli, teme di commettere un'azione indegna, approfittando dell'altrui buona fede col pericolo di dover fallire.
Questo carattere meriterebbe esser distinto in tele e scolpito in marmi, per regola e buon esempio di chi non ha la fortuna di ben conoscerlo.
Non ebbe però codesto buon uomo tutta la prudenza che basta per sapersi reggere e governare.
Innamorato un po' troppo di un unico suo figliuolo, si è rovinato per sostenerlo; quindi è che Giacinto, discolo ed imprudente, può servire di norma ai Figliuoli ed ai Padri nel medesimo tempo, mostrando a quelli il precipizio della loro mala condotta, e a questi la vera regola dell'amore paterno, il quale talvolta dalla severità ottiene assai più di quel che promettersi possa dalla condescendenza.
Mi sono poi dilettato assaissimo nel carattere dell'Olandese, di cui parecchi originali ho conosciuti io medesimo.
L'onore è il loro scopo primario, in secondo luogo amano far del bene, e per ultimo hanno in veduta il loro onesto interesse; e chi sa unire in se medesimo queste tre massime, che in tanti e tanti discordano, forma l'uomo da bene, l'uomo utile, il vero Mercante.
PERSONAGGI
PANCRAZIO mercante in Venezia.
GIACINTO suo figliuolo.
Monsieur RAINMERE mercante olandese, ospite di Pancrazio.
Mademoiselle GIANNINA nipote di Monsieur Rainmere.
BEATRICE figliuola di Pancrazio.
LELIO amico di Giacinto.
Il DOTTOR MALAZUCCA medico avaro.
CORALLINA cameriera di Beatrice.
FACCENDA servitore di Pancrazio.
PASQUINO servitore di Pancrazio.
Primo GIOVINE di Pancrazio.
Secondo GIOVINE di Pancrazio.
Terzo GIOVINE di Pancrazio.
SERVITORE di Pancrazio, che parla.
Servitori di Monsieur Rainmere, che non parlano.
La Scena si rappresenta in Venezia.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Stanza di negozio in casa di Pancrazio, con suoi banchi e scritture; e vari giovini che stanno scrivendo.
PANCRAZIO e GIOVINI
PANC.
(Tre lettere di cambio oggi scadono, e conviene pagarle.
Ma pagarle con che? Denari nello scrigno non ce ne sono.
La roba conviene sostenerla per riputazione.
Oh povero Pancrazio! siamo in rovina, siamo in precipizio; e perché? Per cagione di quello sciagurato di mio figliuolo).
(da sé) Avete estratto il conto corrente con i corrispondenti di Livorno? (ad un Giovine)
PRIMO GIO.
Sì signore, l'ho estratto.
PANC.
Come stiamo?
PRIMO GIO.
Ella deve quattromila pezze.
PANC.
(Una bagattella!) E voi avete fatto il conto con quelli di Lione? (ad altro Giovine)
SECONDO GIO.
L'ho fatto; e siamo in debito di seimila lire tornesi.
PANC.
(Meglio!) E con la Germania, voi, come stiamo? (ad altro Giovine)
TERZO GIO.
Con tremila fiorini si pareggia il conto.
PANC.
(Va benissimo!) Ho capito tutto: non occorr'altro.
I conti di Costantinopoli e di tutto il Levante li ho fatti.
In quelle piazze son creditore di molto, e con un giro saldo facilmente gli altri conti.
(Conviene dir così per riputazione, acciò i giovini non mi credan fallito.
Pur troppo ho de' debiti per ogni luogo, e non so come tirar innanzi).
(da sé)
SCENA SECONDA
FACCENDA e detti.
FACC.
Signore, vi son due giovini che dimandano di lei.
PANC.
Chi sono?
FACC.
Uno è il primo giovine del negozio Lanzman; l'altro il cassiere di monsieur Saisson.
PANC.
(Saranno venuti per riscuotere le lettere di cambio).
(da sé) V'hanno detto che cosa vogliono?
FACC.
A me non han detto nulla.
Ma ho sentito da loro stessi, mentre parlavano, certe cose che...
non vorrei che questi giovini mi sentissero.
PANC.
Andate tutti tre al Bancogiro(2), fatevi vedere.
Se alcuno cerca di me, ditegli che fra poco vi sarò anch'io.
Se vi sono persone che abbiano da riscuotere, dite loro che alla mia venuta soddisfarò tutti; e se vi sono di quelli che abbiano da pagare, riscuotete il denaro.
Ho un piccolo affare, mi spiccio, e vengo subito.
PRIMO GIO.
(Ho paura che il nostro principale, in vece di venire al Banco, voglia andare a Ferrara).
(piano al secondo Giovine)
SECONDO GIO.
(Eppure è un uomo di garbo; ma suo figlio l'ha rovinato).
(piano all'altro Giovine)
TERZO GIO.
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