IL SERVITORE DI DUE PADRONI, di Carlo Goldoni - pagina 1
Il servitore di due padroni
di Carlo Goldoni
L'autore a chi legge
Troverai, Lettor carissimo, la presente Commedia diversa moltissimo dall'altre mie, che lette avrai finora.
Rassomiglia moltissimo alle commedie usuali degl'Istrioni, se non che scevra mi pare di tutte quelle improprietà grossolane, che nel mio Teatro Comico ho condannate, e che dal Mondo sono oramai generalmente aborrite.
Improprietà potrebbe parere agli scrupolosi, che Truffaldino mantenga l'equivoco della sua doppia servitù, anche in faccia dei due padroni medesimi soltanto per questo, perché niuno di essi lo chiama mai col suo nome; che se una volta sola, o Florindo, o Beatrice, nell'Atto terzo, dicessero Truffaldino, in luogo di dir sempre il mio Servitore, l'equivoco sarebbe sciolto e la commedia sarebbe allora terminata.
Ma di questi equivoci, sostenuti dall'arte dell'Inventore, ne sono piene le Commedie non solo, ma le Tragedie ancora; e quantunque io m'ingegni d'essere osservante del verisimile in una Commedia giocosa, credo che qualche cosa, che non sia impossibile, si possa facilitare.
Sembrerà a taluno ancora, che troppa distanza siavi dalla sciocchezza l'astuzia di Truffaldino; per esempio: lacerare una cambiale per disegnare la scalcherìa di una tavola, pare l'eccesso della goffaggine.
Servire a due padroni, in due camere, nello stesso tempo, con tanta prontezza e celerità, pare l'eccesso della furberia.
Ma appunto quel ch'io dissi a principio del carattere di Truffaldino: sciocco allor che opera senza pensamento, come quando lacera la cambiale; astutissimo quando opera con malizia, come nel servire a due tavole comparisce.
Se poi considerar vogliamo la catastrofe della Commedia, la peripezia, l'intreccio, Truffaldino non fa figura da protagonista, anzi, se escludere vogliamo la supposta vicendevole morte de' due amanti, creduta per opera di questo servo, la Commedia si potrebbe fare senza di lui; ma anche di ciò abbiamo infiniti esempi, quali io non adduco per non empire soverchiamente i fogli; e perché non mi credo in debito di provare ciò che mi lusingo non potermi essere contraddetto; per altro il celebre Molière istesso mi servirebbe di scorta a giustificarmi.
Quando io composi la presente Commedia, che fu nell'anno 1745, in Pisa, fra le cure legali, per trattenimento e per genio, non la scrissi io già, come al presente si vede.
A riserva di tre o quattro scene per atto, le più interessanti per le parti serie, tutto il resto della Commedia era accennato soltanto, in quella maniera che i commedianti sogliono denominare "a soggetto"; cioè uno scenario disteso, in cui accennando il proposito, le tracce, e la condotta e il fine de' ragionamenti, che dagli Attori dovevano farsi, era poi in libertà de' medesimi supplire all'improvviso, con adattate parole e acconci lazzi, spiritosi concetti.
In fatti fu questa mia Commedia all'improvviso così bene eseguita da' primi Attori che la rappresentarono, che io me ne compiacqui moltissimo, e non ho dubbio a credere che meglio essi non l'abbiano all'improvviso adornata, di quello possa aver io fatto scrivendola.
I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dall'occasione, dal brio.
Quel celebre eccellente comico, noto all'Italia tutta pel nome appunto di Truffaldino, ha una prontezza tale di spirito, una tale abbondanza di sali e naturalezza di termini, che sorprende: e volendo io provvedermi per le parti di lui.
Questa Commedia l'ha disegnata espressamente per lui, anzi mi ha egli medesimo l'argomento proposto, argomento un po' difficile in vero, che ha posto in cimento tutto il genio mio per la Comica artificiosa, e tutto il talento suo per l'esecuzione.
L'ho poi veduta in altre parti da altri comici rappresentare, e per mancanza forse non di merito, ma di quelle notizie che dallo scenario soltanto aver non poteano, parmi ch'ella decadesse moltissimo dal primo aspetto.
Mi sono per questa ragione indotto a scriverla tutta, non già per obbligare quelli che sosterranno il carattere del Truffaldino a dir per l'appunto le parole mie, quando di meglio ne sappian dire, ma per dichiarare la mia intenzione, e per una strada assai dritta condurli al fine.
Affaticato mi sono a distendere tutti i lazzi più necessari, tutte le più minute osservazioni, per renderla facile quanto mai ho potuto, e se non ha essa il merito della Critica, della Morale, della istruzione, abbia almeno quello di una ragionevole condotta e di un discreto ragionevole gioco.
Prego però que' tali, che la parte del Truffaldino rappresenteranno, qualunque volta aggiungere del suo vi volessero, astenersi dalle parole sconce, da' lazzi sporchi; sicuri che di tali cose ridono soltanto quelli della vil plebe, e se ne offendono le gentili persone.
PERSONAGGI
Clarice, sua figliuola
Il Dottore Lombardi
Silvio, di lui figliuolo
Beatrice, torinese, in abito da uomo sotto nome di Federigo Rasponi
Florindo Aretusi, torinese di lei amante
Brighella, locandiere
Smeraldina, cameriera di Clarice
Truffaldino, servitore di Beatrice, poi di Florindo
Un cameriere della locanda, che parla
Un servitore di Pantalone, che parla
Due facchini, che parlano
Camerieri d'osteria, che non parlano
La scena si rappresenta in Venezia
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Camera in casa di Pantalone
Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Brighella, Smeraldina, un altro Servitore di Pantalone.
SILVIO Eccovi la mia destra, e con questa vi dono tutto il mio cuore (a Clarice, porgendole la mano).
PANTALONE Via, no ve vergognè; dèghe la man anca vu.
Cusì sarè promessi, e presto presto sarè maridai (a Clarice).
CLARICE Sì caro Silvio, eccovi la mia destra.
Prometto di essere vostra sposa.
SILVIO Ed io prometto esser vostro.
(Si danno la mano.)
DOTTORE Bravissimi, anche questa è fatta.
Ora non si torna più indietro.
SMERALDINA (Oh bella cosa! Propriamente anch'io me ne struggo di voglia).
PANTALONE Vualtri sarè testimoni de sta promission, seguida tra Clarice mia fia e el sior Silvio, fio degnissimo del nostro sior dottor Lombardi (a Brighella ed al Servitore).
BRIGHELLA Sior sì, sior compare, e la ringrazio de sto onor che la se degna de farme (a Pantalone).
PANTALONE Vedeu? Mi son stà compare alle vostre nozze, e vu se testimonio alle nozze de mia fia.
Non ho volesto chiamar compari, invidar parenti, perchè anca sior Dottor el xè del mio temperamento; ne piase far le cosse senza strepito, senza grandezze.
Magneremo insieme, se goderemo tra de nu, e nissun ne disturberà.
Cossa diseu, putti, faremio pulito? (a Clarice e Silvio).
SILVIO Io non desidero altro che essere vicino alla mia cara sposa.
SMERALDINA (Certo che questa è la migliore vivanda).
DOTTORE Mio figlio non è amante della vanità.
Egli è un giovane di buon cuore.
Ama la vostra figliuola, e non pensa ad altro.
PANTALONE Bisogna dir veramente che sto matrimonio el sia stà destinà dal cielo, perché se a Turin no moriva sior Federigo Rasponi, mio corrispondente, savè che mia fia ghe l'aveva promessa a elo, e no la podeva toccar al mio caro sior zenero (verso Silvio).
SILVIO Certamente io posso dire di essere fortunato.
Non so se dirà così la signora Clarice.
CLARICE Caro Silvio, mi fate torto.
Sapete pur se vi amo; per obbedire il signor padre avrei sposato quel torinese, ma il mio cuore è sempre stato per voi.
DOTTORE Eppur è vero; il cielo, quando ha decretato una cosa, la fa nascere per vie non prevedute.
Come è succeduta la morte di Federigo Rasponi? (a Pantalone).
PANTALONE Poverazzo! L'è stà mazzà de notte per causa de una sorella...
No so gnente.
I gh'ha dà una ferìa e el xè restà sulla botta.
BRIGHELLA Elo successo a Turin sto fatto? (a Pantalone).
PANTALONE A Turin.
BRIGHELLA Oh, povero signor! Me despiase infinitamente.
PANTALONE Lo conossevi sior Federigo Rasponi? (a Brighella).
BRIGHELLA Siguro che lo conosseva.
So stà a Turin tre anni e ho conossudo anca so sorella.
Una zovene de spirito, de corazo; la se vestiva da omo, l'andava a cavallo, e lu el giera innamorà de sta so sorella.
Oh! chi l'avesse mai dito!
PANTALONE Ma! Le disgrazie le xè sempre pronte.
Orsù, no parlemo de malinconie.
Saveu cossa che v'ho da dir, missier Brighella caro? So che ve diletè de laorar ben in cusina.
Vorave che ne fessi un per de piatti a vostro gusto.
BRIGHELLA La servirò volentiera.
No fazzo per dir, ma alla mia locanda tutti se contenta.
I dis cusì che in nissun logo i magna, come che se magna da mi.
La sentirà qualcossa de gusto.
PANTALONE Bravo.
Roba brodosa, vedè, che se possa bagnarghe drento delle molene de pan.
(Si sente picchiare).
Oh! i batte.
Varda chi è, Smeraldina.
SMERALDINA Subito (parte, e poi ritorna).
CLARICE Signor padre, con vostra buona licenza.
PANTALONE Aspettè; vegnimo tutti.
Sentimo chi xè.
SMERALDINA (torna) Signore, è un servitore di un forestiere che vorrebbe farvi un'imbasciata.
A me non ha voluto dir nulla.
Dice che vuol parlar col padrone.
PANTALONE Diseghe che el vegna avanti.
Sentiremo cossa che el vol.
SMERALDINA Lo farò venire (parte).
CLARICE Ma io me ne anderei, signor padre.
PANTALONE Dove?
CLARICE Che so io? Nella mia camera.
PANTALONE Siora no, siora no; stè qua.
(Sti novizzi non vòi gnancora che i lassemo soli) (piano al Dottore).
DOTTORE (Saviamente, con prudenza) (piano a Pantalone).
SCENA SECONDA
Truffaldino, Smeraldina e detti.
TRUFFALDINO Fazz umilissima reverenza a tutti lor siori.
Oh, che bella compagnia! Oh, che bella conversazion!
PANTALONE Chi seu, amigo? Cossa comandeu? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Chi èla sta garbata signora? (a Pantalone, accennando Clarice).
PANTALONE La xè mia fia.
TRUFFALDINO Me ne ralegher.
SMERALDINA E di più è sposa (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Me ne consolo.
E ella chi èla? (a Smeraldina).
SMERALDINA Sono la sua cameriera, signore.
TRUFFALDINO Me ne congratulo.
PANTALONE Oh via, sior, a monte le cerimonie.
Cossa voleu da mi? Chi seu? Chi ve manda?
TRUFFALDINO Adasio, adasio, colle bone.
Tre interrogazion in t'una volta l'è troppo per un poveromo.
PANTALONE (Mi credo che el sia un sempio costù) (piano al Dottore).
DOTTORE (Mi par piuttosto un uomo burlevole) (piano a Pantalone).
TRUFFALDINO V.
S.
è la sposa? (a Smeraldina).
SMERALDINA Oh! (sospirando) Signor no.
PANTALONE Voleu dir chi sè, o voleu andar a far i fatti vostri?
TRUFFALDINO Co no la vol altro che saver chi son, in do parole me sbrigo.
Son servitor del me padron (a Pantalone).
E cusì, tornando al nostro proposito...
(voltandosi a Smeraldina).
PANTALONE Mo chi xèlo el vostro padron?
TRUFFALDINO L'è un forestier che vorave vegnir a farghe una visita (a Pantalone).
Sul proposito dei sposi, discorreremo (a Smeraldina, come sopra).
PANTALONE Sto forestier chi xèlo? Come se chiamelo?
TRUFFALDINO Oh, l'è longa.
L'è el sior Federigo Rasponi torinese, el me padron, che la reverisse, che l'è vegnù a posta, che l'è da basso, che el manda l'ambassada, che el vorria passar, che el me aspetta colla risposta.
Èla contenta? Vorla saver altro? (a Pantalone.
Tutti fanno degli atti di ammirazione).
Tornemo a nu...
(a Smeraldina, come sopra).
PANTALONE Mo vegni qua, parlè co mi.
Cossa diavolo diseu?
TRUFFALDINO E se la vol saver chi son mi, mi son Truffaldin Batocchio, dalle vallade de Bergamo.
PANTALONE No m'importa de saver chi siè vu.
Voria che me tornessi a dir chi xè sto vostro padron.
Ho paura de aver strainteso.
TRUFFALDINO Povero vecchio! El sarà duro de recchie.
El me padron l'è el sior Federigo Rasponi da Turin.
PANTALONE Andè via, che sè un pezzo de matto.
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