IL RAGGIRATORE, di Carlo Goldoni - pagina 1
IL RAGGIRATORE
di Carlo Goldoni
La presente Commedia, di tre atti in prosa, dir rappresentata in Venezia
nel Carnovale dell'anno 1756.
A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
DANIEL RENIER
NOBILE VENETO
SENATORE AMPLISSIMO E PER LA SERENISSIMA
REPUBBLICA DI VENEZIA PROVVEDITORE
ESTRAORDINARIO ALLE BOCCHE DI CATTARO
Non vi sembrerà cosa strana, Eccellentissimo Signore, che io con un riverente mio foglio venga a raggiungervi in cotesta Provincia, poiché prima della Vostra partenza, spiegatovi il desiderio mio di visitarvi con qualche mia lettera, Voi non solo benignamente me l'accordaste, ma mi voleste obbligato a farlo.
Vi recherà bensì maraviglia, che la prima volta che ho l'onore di scrivere all'E.
V., in vece del calamaio servito siami del torchio; ma dovendo in questa mia lettera darvi un testimonio verace del mio rispetto, non contento di affidare i miei sentimenti ad una semplice carta, ho voluto in tante pagine replicarli, quante saranno le stampe di questo Tomo.
Sono parecchi anni che l'E.
V.
mi onora della sua protezione, e questo è un beneficio acquistatomi dalle mie Commedie, delle quali sin da principio il genio Vostro si è dichiarato parziale.
Niuno meglio di Voi poteva in que' primi giorni difficilissimi cooperar all'avanzamento della mia impresa, dietro di sé traendosi l'approvazione Vostra un vasto numero di persone, le quali conoscendo ed ammirando il Vostro talento, si determinarono a credere cosa buona quella di cui mostraste di compiacervi.
Non contento di esaltare nei circoli e nelle conversazioni le mie Commedie, voleste consolar me medesimo, ed animarmi colla Vostra voce al proseguimento, dandomi a conoscere in Voi un Protettore magnanimo, benefico e liberale.
Furono un primo effetto della protezione vostra le lettere amorosissime con cui mi accompagnaste a Torino, e le grazie colà ricevute, e l'ottimo accoglimento che ivi mi venne fatto, derivò dal merito Vostro conosciuto per ogni parte, non meno che nella Patria Vostra, che vi ama, vi onora, e di Voi giustamente si gloria.
Ebbi poscia maggior agio di profittare della Vostra amabilissima conversazione, mercé la nostra brillante, vezzosa Aurisbe, la quale, superando ogni altro femminile talento, merita l'amicizia di un Cavaliere di spirito, quale Voi siete.
Ella coi dolcissimi carmi suoi si è compiaciuta invitarmi al canto, in occasione che la Nobilissima Figliuola Vostra Angela Maria vestì l'abito monacale, ed incontrai con giubbilo la fortunata occasione di adoperare la Musa pel Vostro nome, Padre degnissimo dell'Eroina Fanciulla.
Piacquemi tanto il bel ritratto, che ne' suoi versi la Nobile Pastorella ha formato, che ora dovendo in questi fogli ragionare di Voi, parmi non potervi meglio dipingere alla pubblica vista, che col ripetere le dolci stanze nella nostra Veneziana favella tessute.
La xe sta Santa Zovene
Fia de DANIEL RENIER.
Ah? doveressi intenderme,
Sè omo del mistier.
Savè chi el xe in Repubblica,
Savè quel che l'ha fatto.
Se no l'avessi in pratica,
Ve fazzo el so ritratto.
El gh'ha una mente lucida,
Un intelletto pronto,
Che tutto rende facile,
Che presto arriva al ponto.
El sa le cosse serie
Trattar con precision;
E po grazioso e lepido
El xe in conversazion.
Amigo sincerissimo,
De cuor e de bon fondo,
Che cerca, che desidera
Far ben a tutto el Mondo.
Temperamento fervido,
Che parla e che par bon,
Che va talvolta in collera,
Ma mai senza rason.
A comandar giustissimo,
Prontissimo al dover,
In casa soa filosofo,
E sempre cavalier.
Fatto el ritratto in piccolo,
Più a sguazzo che a pastela,
A vu ve lasso el merito
De insoazar la tela.
Dando a me Aurisbe il carico d'insoazar la tela, che vale a dire in buon Italiano formare la cornice al quadro, rispondendo io nel metro e nel vernacolo stesso, formai le stanze che seguono.
M'ha consolà moltissimo,
Vero cussì, e ben fatto,
D'un Cavalier che venero
El nobile ritratto.
Ma se m'avè dà el carico
D'averlo a insoazar,
So le mie forze, e dubito
L'immagine guastar.
Pur della tela al margine
Farò un breve contorno,
Una soaza semplice
Mettendoghe d'intorno.
El Cavalier magnanimo
Protegge i Letterati,
Col spirito, coll'animo,
Col cuor dei Mecenati.
Né amante delle lettere
L'è sol per complimento,
Ma el stima le bell'opere
Per genio e per talento.
Delle virtù dell'anima
Conoscitor perfetto,
Co la costanza el supera
Ogni più vivo affetto.
Onde del cuor medesimo
Staccandose una parte,
A Dio, che la desidera,
La dona e la comparte.
Ecco dunque dai carmi della Pastorella, e dai miei, detta una parte dei pregi Vostri; ecco sommariamente accennata la nobiltà.
antichissima de' Vostri natali, le eccelse cariche da Voi sostenute, e gli onori dalla Repubblica Serenissima riportati.
Eccovi sinceramente dipinto quale Voi siete, di mente lucida, di pronto intelletto, saggio e prudente nelle seriose occasioni, grazioso e lepido nelle piacevoli congiunture; vero amico de' Vostri amici, instancabile nel procacciare a tutti del bene; giustissimo nei Governi, buon Filosofo e buon Cavaliere, che vale a dire un Uomo che sa conoscere e dominar le passioni, e sa preferire ad ogni altra cosa l'onore.
Io non ho fatto allora, che aggiungere encomi all'amore che per le Lettere dimostrate, alla protezione che avete pe' Letterati, considerando in Voi una simile inclinazione non per mostrar di sapere, ma perché realmente sapete.
So bene, Eccellentissimo Signore, che quanto sin qui si è detto, è una scarsissima parte dei pregi Vostri, ed io, se sapessi farlo, avrei aperto il campo per tessere infinite lodi alla Vostra virtù, non meno che alla Vostra grandezza; ma Voi siete nemico di tali encomi; mi avete comandato di scrivervi in confidenza, e non voglio perdere il merito di avervi obbedito, annoiandovi, mentre desidero di piacervi.
Questa mia Lettera non ha che due semplici obbietti: il primo è quello di manifestarvi l'ossequio mio, e di ciò mi lusingo ne sia l'E.
V.
ben persuasa; il secondo si è di accompagnarvi una mia Commedia, per divertirvi un'ora fra le gravi cure del Vostro importantissimo Governo in compagnia della Nobilissima Dama Vostra, che con eroico virtuoso amore ha preferito la compagnia del Consorte a quella dolcissima de' suoi Figliuoli.
Ad Essa, ed a Voi non meno, una simile lontananza non può essere che penosa.
Non ho veduta in veruna parte, per quanto abbia io praticato, e con attenzione osservato, una Famiglia della Vostra più docile, più concorde, più deliziosa.
Tre sorte di Figliuoli forniscono la Vostra Casa.
Figliuoli Vostri del primo letto, altri dei primi voti della Dama Vostra, e quelli da Voi e da Essa prodotti.
Chi mai crederebbe, che tanto amore e tanta concordia potesse in fra di loro regnare ? Eppure si amano, si rispettano tutti: sono amici e fratelli; sono tutti egualmente al Padre ed alla Madre rassegnati, obbedienti.
Non vi è Matrigna, noti vi è Patrigno: sono tutti di un sangue, perché animati da uno stesso genio e da un'istessa virtù, Voi mi onoraste ammettermi alla Vostra mensa, e ne partii veramente contento per tal motivo, e maravigliato; sicuro che l'armonia della Vostra tavola non era accidentale in quel giorno, ma giornaliera e costante nella Vostra esemplare Famiglia, frutto del bell'esempio e dell'ottima educazione de' Genitori.
Unisco i voti miei a quelli de' Vostri cari Figliuoli nell'augurarvi dal Cielo prospero fortunato soggiorno là dove il Principe Serenissimo vi ha collocato, e a sollecitare coll'animo le ore sospirate del Vostro ritorno, per consolazione di tutti, e di me specialmente, che sono con tenerissimo affetto e con profondissimo ossequio
Di V.
E.
Umiliss.
Divotiss.
ed Obbligatiss.
Serv.
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
Questa è una di quelle Commedie sfortunate in Venezia, che succedendo all'altre che avevano grandemente incontrato, ebbero la disgrazia di decadere.
Erasi, innanzi di essa, rappresentata l'Ircana in Zulfa, commedia in seguito della Sposa Persiana, e che si vedrà nel quinto Tomo stampata; e come quella aveva riscosso abbondantissime lodi, così il Raggiratore, che le successe, fu male dal Pubblico ricevuto.
Lo stesso accadde al Vecchio bizzarro, nel precedente Tomo stampato, rappresentatosi sulle Scene dopo la felicissima Sposa Persiana suddetta; e similmente in quest'anno 1757, in cui scrivo la Prefazione presente, successe una cosa simile nella Rappresentazione della Donna sola, la quale precipitò, dopo lo strepitoso incontro della terza Commedia Persiana, Ircana in Ispahan intitolata, che si leggerà solamente nel Tomo settimo.
Queste tre Commedie, queste tre Sorelle Asiatiche, le quali tanto felicemente hanno recato utile ai Comici, diletto al Pubblico, e decoro al Poeta, hanno potuto discreditare qualunque cosa che a loro immediatamente successe.
Vedesi da ciò chiaramente, che il più delle volte l'esito delle Commedie dipende dalla prevenzione del Popolo, dal confronto di un'opera con un'altra opera, anche dell'Autore medesimo, dal desiderio di vedere dopo una cosa creduta buona, un'altra che comparisca migliore, e talvolta da sazietà di lodare, prendendo il biasimo per un bellissimo chiaroscuro della pubblica compiacenza.
Io non dirò, ad onta di quelli che l'hanno slodata, che la presente Commedia sia cosa buona.
So che altrove non ebbe la mala sorte medesima, e in Mantova, ed in Milano, mi ricordo averla veduta ricevere con soddisfazione, e replicar con fortuna, e so che in Roma ebbe un incontro grandissimo, e fece la buona sorte di uno di quei Teatri.
Non mi affaticherò a far l'analisi, e molto meno l'apologia di quest'opera, ma avendola io inviata, così manoscritta, molte centinaia di miglia di qua lontano, ad un Cavaliere intendentissimo di tutto quello che può avere di buono e di cattivo il Teatro, mi onorò del suo sincero giudizio con lettera de' 7 Giugno 1756, di cui vogl'io regalare il Pubblico, per soddisfazione di quelli che hanno il Raggiratore goduto, e per mia giustificazione verso di quelli che lo hanno severamente trattato.
Ecco le precise parole dell'eruditissimo Cavaliere:
"A dispetto delle cattive relazioni avute della Commedia del Raggiratore, io confessar devo avermi apportato un gran piacere nel leggerla, e non so comprendere come ella sia caduta a terra, quando sembrami dovesse essere universalmente applaudita.
Che cosa mai di male vi si può notare, onde essere disapprovata? Io trovo la Commedia ottimamente condotta con caratteri diversi, e tutti comici, abbenché non tutti nuovi, e questi ben sostenuti sino all'ultimo, senza uscir mai dal proprio confine.
Il Povero Superbo, una Moglie Civetta, una Figliuola Innamorata, un Villano che si fa creder Nobile co' suoi raggiri e colle sue imposture, ed una povera Contadina vestita da Dama, e imbarazzata per il nuovo supposto grado, sono i caratteri della Commedia medesima.
Ora non saprei quale opposizione le potesse esser fatta.
Forse che si confonda l'azione fra i due principali, il Povero Superbo e il Raggiratore? ma non è vero.
Il solo Raggiratore è il Protagonista; questi con le sue imposture si fa credere quel che non è, vive alle altrui spese, e co' suoi raggiri portasi in vicinanza a prendere Moglie nobile, con buona dote, e gli sarebbe riuscito il disegno, se non lo avesse sconcertato l'arrivo improvviso del di lui Padre, quale fa nascere la peripezia sul principale soggetto, caduto dall'alto di sue speranze mal concepite all'estremo della confusione e della vergogna; e come che mal si adatterebbe ad essa Commedia il titolo del Presontuoso, nel di cui carattere niente succede di nuovo, rimanendo egli nel fine della Commedia lo stesso che è nel principio, così benissimo le conviene quello del Raggiratore, sul quale si ravvolge tutta l'azione, e la catastrofe si conclude.
Il suo discoprimento è bellissimo, ma permettetemi ch'io vi dica, che in esso Voi non avete altro merito, se non se quello di averlo saputo bene adattare ad una vostra Commedia, tolto avendolo intieramente dal Glorioso di Monsieur Destouches, e chi volesse criticarlo, converrebbe se la prendesse coll'Autore Francese.
"Per altro io dubito che quante Commedie sarete Voi per iscrivere in prosa, tutte riporteranno un eguale destino; il verso solletica le orecchie in guisa che ha resa languida la prosa, ed intollerabile.
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