IL MERCANTE FALLITO, di Carlo Goldoni - pagina 1
O SIA
IL MERCANTE FALLITO
di Carlo Goldoni
Rappresentata per la prima volta in Venezia, un anno dopo alla precedente(1), parte scritta e parte a soggetto, ed ora cambiata, riformata ed in miglior forma ridotta
ALL'ILLUSTRISSIMO ED ERUDITISSIMO
SIGNOR CONTE
ANGIOLO ANTELMINELLI CASTRACANI
PATRIZIO FANESE
Si maraviglierà con ragione l'Illustrissimo ed eruditissimo Signor Conte Angiolo Antelminelli, veggendo il nome suo in fronte di una delle mie Commedie, ma allora quando sì compiaccia udir la ragione che mi ha indotto ad arrogarmi un tale arbitrio, spero troverà egli l'ardir mio degno di perdono e di scusa.
Da che col mezzo delle stampe sparse si sono le opere mie per l'Italia principalmente, molte persone, ch'io non conosco se non per fama, e che non conoscono me che per la lettura delle Commedie date alla luce, mi hanno voluto onorare della loro protezione e della loro amicizia, scrivendomi lettere di cortesia e di gentilezza ripiene, delle quali non iscarsa copia fra le carissime cose conservo.
Altri, che non hanno pensato ad onorarmi in tal modo, non lasciarono non pertanto di farmi penetrare l'inclinazione del loro animo verso di me, perché l'approvazione ch'essi accordarsi degnano alle povere mie fatiche, valesse a rendermi vie più consolato.
Non cesserò mai per questo di ringraziare il mio carissimo signor Abbate Giovan Vespesiano Paperini di Firenze, il quale fra le cento prove datemi di buona amicizia, questa vi aggiunse, partecipandomi in gentil modo che Voi, Illustrissimo Signor Conte, non solo siete uno degli associati alla edizione delle Opere mie, ma un costante protettore di esse, e difensore insieme contro i critici, o mal persuasi, o male inclinati.
Ciò inteso con mio diletto, e non senza una ragionevole vanità, cercai di essere più minutamente informato intorno alla persona che di tanto volle onorarmi.
Non erami ignoto l'illustre nome della Famiglia de' Castracani, reso assai più glorioso dal rinomato Castruccio Lucchese, il quale nell'anno 1313, favorendo la fazione de' Gibellini contro quella de' Guelfi, si rese padrone di Lucca e di Pistoia, e n'ebbe l'investitura con titolo di Duchea da Luigi IV Duca di Baviera ed Imperatore, onorato altresì dell'illustre grado di Senatore Romano.
Era egli pure (siccome abbiamo dal Sabellico, dal Machiavelli, e più elegantemente da Aldo Manuzio), della Famiglia antichissima degli Antelminelli, e Voi traete da lui direttamente l'origine, per uno de' quattro Figliuoli maschi rimasti dopo di esso, e per le guerre della Toscana, e per le varie peripezie di quel secolo, trapiantati altrove in progresso di tempo, onde in Fano, città preclara e antichissima, è annoverata la Vostra Casa fra le più nobili e le più rinomate.
L'illustre ed egregio Genitore Vostro, il quale portando il nome venerabile di Castruccio, conserva nella Famiglia la memoria di un sì grande antenato, ha uniti ai fregi del proprio sangue quelli non meno chiari e sublimi della Romana stirpe Capranica, legandosi in matrimonio colla Nobilissima Dama la Signora Contessa Donna Lucrezia Capranica, la quale, se fu involata al mondo con universale cordoglio nel fiore degli anni suoi, lasciò di sé gloriosa memoria, registrata e nelle stampe, e nei bronzi, e in Voi, Signore, principalmente, degno Figliuolo di una sì saggia, di una sì amabile Genitrice.
In fatti cercando io avidamente dalle persone che vi conoscono il carattere Vostro particolare, e quali sieno le virtù che Vi adornano, tante me ne furono in vantaggio Vostro descritte, e sì ammirabile ritratto di Voi mi fecero e lingue e penne rispettabili, ingenue, che mi hanno colmato di maraviglia e di consolazione insieme.
Chi mi dipinse la Vostra persona gentile, amabile nel conversare; chi l'animo Vostro mi appalesò alla pietà, alla cortesia inclinato; chi della Vostra erudizione parlando, mi assicurò che nella età giovanile in cui Vi trovate, numerosissime sono le scienze che possedete, ed ammirabile il genio che di promoverle e di esaltarle nutrite, corrispondendo assai bene all'amorosissima cura del Padre, che di ottimi precettori vi ha provveduto, fidando le magnanime sue speranze in Voi solo, unico erede della sua casa, e viva immagine de' gloriosi Vostri Antenati.
Sarei il più miserabile uomo del mondo, se dopo sì luminose notizie del novello mio Protettore, non conoscessi il bene che alla gloria mia ne deriva, e non tentassi almeno colle parole di manifestare a Voi, Signore, e al mondo tutto la mia sincera gratitudine rispettosa.
Ecco il motivo che io vi diceva a principio avermi guidato a scrivere questo foglio, e collocarlo in luogo ove potesse vivere lungamente agli occhi vostri e a quelli del Pubblico manifesto.
Non basta ch'io mi consoli con me medesimo e dica di esservi grato, ma dell'animo mio obbligato una qualche dimostrazione deggio recarvi.
Per me medesimo vaglio sì poco, che l'offerirvi il mio cuore e la mia servitù sarebbe lo stesso che farvi Padrone di cosa inutile e malagurata.
Grata suol essere l'oblazione de' Figli, ed io, che d'altra natura non ne ho sortito, oltre a quelli dell'intelletto, uno di questi con lieto animo vi presento, non perché pregievole e di Voi degno lo creda, ma perché amor di padre fa sì ch'io l'ami e mi rallegri nel consacrarvelo.
Osservate, Illustrissimo Signor Conte, quanti ragguardevoli nomi onorano i miei parti, in questa edizione compresi: mancava il Vostro a compiere una corona alle Opere mie gloriosa, e non ho voluto per verun modo tralasciar di perfezionarla.
Dovea, mi direte, di ciò avvisarvi primieramente, ma della Vostra modestia mi hanno bastantemente parlato per dubitare ch'ella mi contrastasse un tal dono, ed ho voluto essere audace nel prevenirla, fidandomi poscia nella Vostra bontà, la quale, se prima del fatto potea trovare argomenti da dissuadermi, ora non saprà del coraggio mio condannarmi.
Quattr'anni ormai sono che nutrisco un tal desiderio, e che lo tengo nell'animo mio celato per cotal fine, giacché pari tempo veggo a mia vergogna essere corso, da che diedi principio ai dieci Tomi in molto minor tempo promessi, ma feci già le mie scuse con gli Associati miei umanissimi, ed ora particolarmente a Voi le ripeto, mio benignissimo Protettore e difensor validissimo, supplicandovi ben di cuore che qual vi degnaste essere liberale inverso le Opere mie, lo siate ancora pel mio nome a fronte di coloro, che la mia tardanza acremente tacciassero di mancamento.
Di tutte quelle grazie che vi siete compiaciuto farmi finora per sola liberalità d'animo, e per compassion di coloro che vanno al pubblico esposti, e di quelle che d'ora in avanti spero da Voi per generosa condescendenza maggiori, vi ringrazio, Signore, col cuore il più ossequioso e divoto che dar si possa, e quanto ora ho l'onore di esprimervi in quest'umile foglio, spero un giorno potervi confermare personalmente, allora quando le mie circostanze mi permetteranno intraprendere il viaggio di Roma, che da molti anni desidero effettuare.
Arrossisco, nell'età in cui sono, e nei viaggi per lo più consumata, non aver ancor veduto quella gran Capitale del Mondo.
Aggiungesi a rimproverarmi di ciò gli eccitamenti amichevoli che n'ebbi frequentemente e l'amor proprio ancor niente meno, veggendo quanta fortuna ebbero le mie Commedie in una Città sì erudita, ove gl'ingegni fioriscono, e le belle arti e le scienze come in propria sede campeggiano.
So che il mio nome in Roma veniva assai compatito, e con mio estremo cordoglio intesi dirmi che la tardanza di questa mia procrastinata edizione rivolse gli animi di non pochi contro di me, e mi privarono del loro amore.
Ma perché mai sì rigoroso castigo ad una colpa che non li ha offesi, se non se nella sollecita compiacenza di leggere le miserabili mie produzioni? Uno sdegno figlio del più tenero amore, facilmente suole placarsi, e mi lusingo, all'apparire di questo decimo Tomo, vedermi nella grazia loro rimesso, in quella maniera che una tenera madre, sdegnata collo sviato suo pargoletto, lo abbraccia teneramente e con affettuosi baci l'accoglie, tosto che lo vede pentito al di lei seno tornare.
A Voi non mancheranno, Illustrissimo Signor Conte, nella inclita patria della Vostra gran Genitrice e congiunti, ed amici, e saggi estimatori del Vostro merito; fatemi Voi la scorta presso di loro, per ottenermi colà più agevolmente il perdono, e sia questi un benefizio novello della Vostra venerabile protezione, che a Voi accresca il dritto di avermi a' Vostri comandi, ed a me l'impegno e l'obbligazione di essere in ogni tempo col più ossequioso rispetto
Di V.
S.
Illustriss.
Umiliss.
Dev.
Obblig.
Servidore
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
Correva da molto tempo sulle scene d'Italia, fra le cattive Commedie a soggetto, una Commedia pessima, intitolata: Pantalone Mercante Fallito.
Questa non era che un ammasso di stolidezze di un Vecchio, che dopo aver dissipato i suoi capitali, riducevasi in prigione a cantare in musica la sua disgrazia, accompagnato da un coro di malviventi.
Parvemi l'argomento degno di qualche riflesso, e un poco più ragionevolmente trattato, credei potesse riuscire dilettevole ed utile ancora, ponendo in vista la mala condotta di coloro che si abbandonano alle dissolutezze, e vi perdono dietro le facoltà ed il credito; e le male arti degl'impostori, che fanno gravissimo torto al ceto rispettabile de' Mercadanti, che sono il profitto ed il decoro delle nazioni.
Per ottenere l'intento, vidi essere necessario non formare il Protagonista uno stolido, nel qual caso meriterebbe la compassione più che i rimproveri, ma uno di quelli che rovinano se medesimi e tradiscono la propria famiglia, e i corrispondenti, e gli amici, con piena malizia e fraudolenta condotta.
Non intendo già di aver fatto un torto alla mia Patria, scegliendolo di nazion Veneziano, poiché in ogni Paese pur troppo se ne vedono tutto dì degli esempi, ma ho voluto seguitare in questo l'idea dell'antica Commedia del Mercante fallito, appoggiandola al Pantalone, ch'è una maschera assai graziosa in Teatro, cognita e grata quasi per ogni parte d'Italia, non essendovi compagnia di Comici o di dilettanti, che un tal personaggio non si compiaccia rappresentare.
Ho soddisfatto a questo mio pensamento molti anni sono, allora quando erano per me le Commedie esercizio ancora novello, e la riforma non avea preso piede; onde pensando ad un metodo nuovo, non mi dovea del tutto allontanare dall'antico.
Non erano avvezzi i Comici, e molto meno le maschere, a rappresentar le Commedie studiate, ed io non potea contentarmi di quello che dir potevano all'improvviso, onde ho accomodata la cosa dividendo il piacere metà per uno, parte cioè scrivendola a modo mio, e parte lasciandola in libertà degli Attori, come seguì delle due precedenti Commedie, se non che in questa per me ne ho voluto maggior porzione.
Per verità non ebbe cattivo incontro, ma non posso dire che ottimo lo abbia avuto, e sempre mi sono dato ad intendere, che se per intero l'avessi scritta, miglior fortuna averebbe forse ottenuta.
Eccomi finalmente dopo lungo tempo alla prova.
Ora coll'occasione di compire il numero delle cinquanta Commedie in dieci Tomi comprese, l'ho presa novellamente per mano, e non solamente l'ho per intero rescritta, ma l'ho spogliata di tutto quello che nei tempi oscuri passati era ancor tollerato, e oggi, per la Dio grazia, fu dalle scene sbandito.
Altre mutazioni diverse la pratica ed il gusto moderno m'ha insinuato di farvi, ed io non ho lasciato di faticarvi intorno per appagare il genio de' miei amorosi Associati, giacché per loro soltanto la mia edizione Fiorentina fu fatta, coperto interamente il numero delle stampe dai nomi dei sottoscritti, prima del compimento del Tomo terzo.
Personaggi
PANTALONE de' BISOGNOSI mercante veneziano
AURELIA moglie in seconde nozze di Pantalone
LEANDRO figliuolo di Pantalone del primo letto
TRUFFALDINO garzone di bottega di Pantalone
Il DOTTORE LOMBARDI amico di Pantalone
VITTORIA figliuola del Dottore
SMERALDINA serva in casa del Dottore
SILVIO conte
BRIGHELLA servitore di Silvio
CLARICE cantatrice
GRAZIOSA bolognese
MARCONE scrocco di piazza
UN SERVITORE di Clarice
La Scena si rappresenta in Venezia.
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