IL CONTRATTEMPO, di Carlo Goldoni - pagina 1
IL CONTRATTEMPO
di Carlo Goldoni
Commedia di tre atti in prosa rappresentata per la prima volta in Venezia
il Carnovale dell'anno 1753.
A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
GIO.
BATTISTA CATTANEO
DEL FU ECCELLENTISSIMO SIG.
NICCOLÒ
PATRIZIO GENOVESE
Molte sono le grazie ed i benefizi, che ho ricevuti dall'amorosissimo Signore Agostino Connio, mio Suocero, ma il maggiore fra questi si è l'aver io col suo mezzo il patrocinio dell'E.V.
acquistato.
Egli, che gode l'avvantaggio della di Lei protezione, ha ottenuto dal di Lei animo generoso un luogo per me fra gli umili servi suoi, e perché meglio conosca il pregio del benefizio, mi ha provveduto di maravigliose notizie intorno ai pregi altissimi dell'E.V.
e della sua Nobilissima Casa.
Alle voci rispettose e sincere del Suocero mio intesi dopo far eco da cento altre che da costì derivano, portando anche tra noi la fama le antiche glorie della di Lei Famiglia, e quelle recenti della di Lei sì illustre persona.
Fra gli altri stimoli al desiderio mio di rivedere codesta Serenissima Dominante, il più forte, il più veemente è quello di presentarmi all'E.
V., mio novello benignissimo Protettore, per ammirar da vicino quei pregi in Lei, che ora venero di lontano.
Ma poiché i sofferti incomodi e le successive combinazioni dello stato mio non mi hanno permesso, né mi permettono presentemente di farlo, conviemmi differire a me medesimo un tal onore; ma almeno con quest'umile riverente foglio può pubblicare al mondo l'acquisto da me ora fatto di un sì eccelso, di un sì magnanimo Mecenate.
E questa sincera protesta mia non ad altro tende, se non se a farmele conoscere, che ben inteso son io della dolce maniera con cui Ella tratta, la gentilezza ammirabile del di Lei costume, il maturo di Lei consiglio, la singolar benignità, la sincerità del cuore suo, e l'onore che godo della di Lei protezione.
Poca lode a me sembra delle persone che vivono il far derivare la gloria loro da quella degli antenati; se ciò bastasse, chi più dell'E.
V.
vantar può in ogni secolo illustri Personaggi, amplissimi Senatori, Dogi eccelsi, che la Prosapia sua feconda resero di dignità e di grandezze? Né meno dalla ricchezza del patrimonio piacemi trar motivo per esaltare chi la possiede; ma ben l' E.
V.
merita essere lodato ed esaltato, perché sa essere umile fra le ricchezze, ed agli onori, che ha dagli Avi suoi ricevuti, sa rendere colle sue virtudi gloria e splendor maggiore.
Per dare all'E.
V.
un pubblico testimonio dell'ossequio mio, pensai di consacrarle una di quelle Commedie che do alle stampe, ma l'offerta è così tenue e meschina, che arrossisco di me medesimo, non trovandomi cosa da presentarle, che degna sia del di Lei merito e del di Lei grado.
Eppure mi anima farlo il fortunato incontro che hanno cotali Opere mie in codesta Serenissima Dominante ottenuto.
Una Città sì colta, di peregrini ingegni fornita, in cui la letteratura ed il buon gusto fiorisce (niente meno del valor massimo e della vera giustizia), troppo onore ha fatto alle miserabili mie fatiche, accogliendole con sì distinto gradimento, che la fortuna han fatto de' Comici da me diretti, che nella Primavera passata, in uno di codesti Teatri, ne hanno parecchie rappresentate.
Doveva io pure trovarmi in tale occasione a godere di grazie cotanto segnalate, ed ebbi cento amorosi eccitamenti, e stimoli, e pressantissimi inviti, ma volle il destino che una malattia di due mesi mi togliesse un sì bel contento.
Godei non per tanto delle relazioni all'onor mio vantaggiose, e queste mi hanno eziandio incoraggito a presentare all'E.
V.
un di que' parti medesimi, che costì sono dall'universal compatiti.
Può essere per avventura, che questa tale Commedia che all'E.
V.
umilmente dedico e raccomando, non sia costì per se stessa delle più fortunate nel pubblico gradimento, ma lo sarà ben Ella a riguardo del magnanimo Mecenate, che le ho per gloria mia procurato.
Sono tutte mie figlie le Commedie che vo facendo, e le amo tutte egualmente.
Esse, a guisa appunto delle Fanciulle (le quali, se hanno dei tratti odiosi per essere disprezzate da alcuno, hanno poi qualche grata avvenenza per allettar alcun altro) trovano sorte varia per lo più dove, o per via delle stampe, o da Comici Attori vengono pubblicate.
Se questa in Genova non avrà fortuna, sarà segno che demerito avrà maggior delle altre; se dispiacerà all'E.
V., ne risentirò maggior pena; e siccome nel destinare l'offerta delle Opere mie non uso a far di esse la scelta, ma l'ordine serbo, nello stamparle, che a principio ho loro prefisso, così non averò io a rimproverarmi d'aver errato.
Che se anzi voless'io riflettere sull'argomento della Commedia medesima, giungerei forse a credere, che ad un Cavaliere di tanta saviezza non sia per dispiacere la critica di coloro che per poca prudenza commettono de' contrattempi, e si rovinano, e alle persone oneste odiosi si rendono.
Qualunque ella sia l'Opera che della protezione dell'E.
V.
viene onorata, averà sempre il fregio di portare il di Lei Nome in fronte, ed io sarò compiutamente felice, se potrò gloriarmi di essere, quale con profondissimo ossequio mi rassegno,
Di V.
E.
Umiliss.
Divotiss.
ed Obbligatiss.
Serv.
CARLO GOLDONI
L'AUTORE A CHI LEGGE
Questa Commedia, che ora s'intitola Il Contrattempo, o sia Il Chiacchierone Imprudente, è quasi la medesima che col titolo soltanto d'Uomo Imprudente fu data ai Comici, e fu sul Teatro rappresentata.
Avendo io voluto dipingere un uomo che fosse in tutte le azioni sue imprudente, mi riuscì il carattere trasportato un po' troppo, lo che dispiacque ai più delicati, e meritai che Momo nel Museo d'Apollo1 lo dichiarasse un pazzo.
Trovai la critica così giusta, ch'io m'indussi da me medesimo a moderar il carattere dell'imprudente, e un altro aspetto gli diedi.
Come! (dirammi forse taluno) non sei ancora arrivato a distinguere la verità dei caratteri dalla disorbitanza? Dopo tante Commedie fatte, hai tu bisogno ancora dell'altrui critica per rilevarne i difetti? Rispondo, Lettor carissimo, che ne ho bisogno pur troppo, e non solo io sono in tale necessità costituito, ma tutti quelli che scrivono, e i più consumati Scrittori ancora; e da quelli che si acquistarono fama colle Opere loro imparare possiamo, che se prima di esporle avessero avuto la buona sorte di sentir le amorose critiche degli uomini di giudizio, le averebbono migliorate, e fra le buone e lodate non ne averebbono lasciato correre tante altre, che poco o nulla si stimano.
Facilissima cosa è, che qualunque Autore si inganni, e creda ragionevole e verisimile ciò che ad altri parrà eccedente.
Basta innamorarsi di un carattere grande, e volerlo in varie viste dipingerlo, facilmente si cade senz'avvedersene nella disorbitanza: e non val nemmeno il fidarsi dell'esempio di qualche Originale stravagante, che ci somministri l'idea, poiché l'universale non vuole sopra le Scene un vero estraordinario, ma un verisimile più comune.
Al facile inganno degli Scrittori por rimedio potrebbe la saggia discreta critica, se questa in tempo loro giungesse e da sincero animo derivasse, ma per lo più, o sono eglino adulati con falsa lode, o sono con pungente satira vilipesi; nel primo caso si fidano troppo de' falsi amici, nel secondo agl'inimici non credono.
Un savio censore, un discreto onorato critico, sarà sempre un tesoro per chi dee al pubblico esporsi, e guai a coloro che prosontuosi e superbi non degnano porgere altrui l'orecchio, e sfuggendo le correzioni in privato soffrono poi dal pubblico meritamente le derisioni.
Io voglio dar a me medesimo questo vanto d'essere de' più arrendevoli ai buoni consigli di quelli che per mio bene mi parlano, più contento di errare coll'oppinione altrui, che arrischiare l'evento per ostinazione.
Ho dunque cambiato in parte il carattere di un imprudente che potea passar per un pazzo, e l'ho ridotto ad un Chiacchierone imprudente, che si rovina coi contrattempi.
Ciò non ostante sarà egli un pazzo, poiché ciò può dirsi di tutti quelli che non regolandosi con saviezza, si lasciano dominare dalle passioni e dai vizi, ma in tutte le cose vi è il più ed il meno, e può essere che io lo abbia moderato bastantemente.
Qualunque sia per riuscire al gusto de' leggitori una tal Commedia, vorrei però venisse il carattere ben bene considerato di colui che parla troppo, e con imprudenza.
In verità parecchi conosco io, che hanno bisogno di studiarvi sopra, e far a se medesimi delle applicazioni morali, e delle salutevoli correzioni.
Quanti, per dire una barzelletta, non si guardano dal disgustare una persona che può far loro del bene! Oh quanti, per dir i fatti loro a chi non li dovrebbe sapere, si rendono ridicoli e pregiudicano all'interesse, alla riputazione e al decoro! E quanti parlando male d'altrui ne' pubblici luoghi, sono da que' medesimi che prendono a criticare, o veduti, o uditi? A me medesimo è accaduto più volte sentir dir male di me in mia presenza, senza essere conosciuto.
Due anni sono in Bologna, arrivato colà appena in tempo che dalla Compagnia de' Comici del Medebach recitavansi da un mese in circa le mie Commedie, andai in un Caffè a trattenermi, ove non era io conosciuto.
Entra poco dopo di me un Forestiere, e dice forte: Signori, una nuova: a Bologna è arrivato il Goldoni.
Risponde uno de' circostanti: Non me n'importa niente, e se ne va di bottega.
Da lì a non molto, giunse colà un Bolognese, che senza conoscermi mi volea bene (siccome tutti in Bologna, a riserva di pochi, hanno per me dell'amore e della bontà moltissima); corsegli incontro il Forestiere suddetto, e dissegli con certo riso sul labbro, che aveva ancor dell'equivoco: Ehi! È arrivato Goldoni; rispose il cortesissimo Bolognese: L'ho molto caro, lo vedrò volontieri.
Al che soggiunse quell'altro, col riso un poco più tendente all'ironico: Oh sì: vedrete una bella cosa! Continuò poscia incalzando: Che ne dite delle sue Commedie? - Mi piacciono dissegli il Bolognese, e tanto bastò perché sparisse affatto un'ombra di riso dal labbro turgido del Forestiere, e scaricasse egli un monte d'ingiurie contro le povere Opere mie.
Cheto, cheto me ne stava io, godendo le grazie di quel mio padrone, allora quando entra un amico mio, e mi dice: Benvenuto, dottor Goldoni.
Arrossii io medesimo per colui, che rimase mortificato, escì dalla bottega immediatamente, e moralizzando sul fatto col camerata, si declamò contro l'imprudenza.
Cent'altri casi simili accaduti mi sono in Venezia principalmente, in occasion delle Maschere, ai Teatri, ai Caffè, per le strade e nello strepitoso Ridotto.
Questo è quell'ampio luogo, in cui fra tante savie persone che vi concorrono per onesto divertimento, si affollano i disperati e gli oziosi, i quali avendo mascherata la faccia, credono aver mascherata la lingua ancora, per non essere riconosciuti parlando.
Dicono i fatti loro a chi non cura saperli, e framischiano con i loro anche i fatti degli altri, e a questi aggiungono la favoletta e il frizzo bizzarro per comparire spiritosi.
Colà decidono della reputazione d'un uomo, e lo hanno talora dietro le spalle a fremere ed ascoltarli.
Goldoni ha terminato di far Commedie (disse uno di questi tali una sera); finora ha rimuginato un magazzino di Commedie vecchie: queste sono finite, ed egli è in secco.
Bella cosa s'io avessi allora risposto: Signora Maschera, un'altra Commedia la farò certo, somministrandomi voi l'argomento colla vostra imprudenza! Ma se non l'ho detto, può darsi ch'io l'abbia fatto, e che in questo picciolo ritrattino egli ancora si riconosca.
Da che potrà arguire la Signora Maschera, qual sia il magazzino da dove prendo le mie Commedie, per le quali non mancheranno mai argomenti, fino che dura il Mondo.
PERSONAGGI
BEATRICE vedova.
OTTAVIO ospite nella di lei casa.
CORALLINA serva.
PANTALONE mercante veneziano.
ROSAURA sua figliola semplice.
FLORINDO amante di Rosaura.
LELIO pretendente di Beatrice.
BRIGHELLA amico di Ottavio.
LEANDRO poeta ridicolo.
GIANNINO caffettiere..
Lo SPENDITORE di Pantalone.
Un SERVITORE di Beatrice.
La Scena si rappresenta in Bologna.
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