GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO, di Carlo Goldoni - pagina 1
Carlo Goldoni
GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO
PERSONAGGI
DONNA ELEONORA, moglie di Roberto in seconde nozze.
DON FLAMINIO, figlio di Roberto del primo letto.
ZELINDA, giovine civile rifugiata in casa di Roberto in figura di cameriera.
BARBARA, giovine civile che passa per cantatrice.
FEDERICO, mercante.
FABRIZIO, maestro di casa di Roberto.
UN FACCHINO che parla.
UN CAPORALE della Guardia.
UN MARINARO.
DUE SERVITORI.
SEI SOLDATI.
La scena si rappresenta in Pavia.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Camera con un grande armadio nel fondo, due porte laterali aperte che poi si chiudono; ed un tavolino da una parte, ad uso di segretario, col bisogno da scrivere, e sedie.
Fabrizio solo.
Ah! Ci scommetterei la testa che Zelinda e Lindoro si amano segretamente.
Li vedo troppo attaccati, e credo, se mal non ho inteso, si abbiano dato l'appuntamento di trovarsi qui insieme.
Ecco la ragione, per cui costei mi disprezza, che altrimenti, se Lindoro è segretario, io son mastro di casa, e tutti due serviamo onorevolmente lo stesso padrone, ed ella, quantunque dia ad intendere di esser nata signora, è obbligata, come me, a nutrirsi di pane altrui, ed a servire da cameriera...
Ma...
Eccoli a questa volta.
Vo' chiudermi in quest'armadio, e scoprire, se posso, i segreti loro.
Se ne vengo in chiaro, se si amano veramente, non son Fabrizio, se non mi vendico.
(si chiude nell'armadio)
SCENA II
Zelinda, Lindoro, Fabrizio nascosto.
LIN.
Qui, qui, Zelinda, qui potremo parlare con libertà.
ZEL.
Gran cosa! in questa casa tutti ci fan la spia.
Tutti ci tengono gli occhi addosso.
Specialmente Fabrizio.
LIN.
Maledetto Fabrizio, non lo posso soffrire.
ZEL.
Zitto, che non ci sentisse.
LIN.
Non crederei che il diavolo lo portasse qui.
ZEL.
Ho delle cose da confidarvi.
Guardate da quella parte se vi è nessuno.
LIN.
Guardiamo...
No, non vi è nessuno...
Ho anch'io da dirvi qualche cosa che mi dà pena.
ZEL.
Ditemela, caro Lindoro.
LIN.
Ditemi prima voi.
ZEL.
No, prima voi.
LIN.
Prima di tutto vi dirò, che quest'impertinente di Fabrizio m'inquieta, poichè vedo, capisco, che ha delle intenzioni sopra di voi...
ZEL.
Oh! per questa parte potete viver tranquillo.
Mi conoscete, sapete che vi amo, sapete quel che ho fatto per voi...
LIN.
Sì, è vero, una giovane ben nata, come voi siete, non può dar retta ad un uomo vile, che ha fatto qualche danaro alle spese di un padrone indulgente.
ZEL.
Ma parlate piano, che, se per disgrazia ci sentisse, saremmo perduti.
Serrate quella porta: io serrerò quest'altra.
(chiudono le due porte)
LIN.
Ecco fatto.
Ora siamo sicuri di non essere scoperti.
Per tutti questi riflessi adunque sono sicuro per la parte del servitore, ma il padrone mi fa tremare.
ZEL.
Qual padrone?
LIN.
Non so che dire, tutti due, il padre ed il figlio egualmente.
ZEL.
Oh, in quanto al vecchio, vi assicuro che sospettate a torto.
Il signor Don Roberto è un uomo savio, dabbene, pieno di carità, che mi ama con amore paterno, che compatisce il mio stato, che sa che io non sono nata per servire, e procura colle sue buone grazie di raddolcire la mia condizione.
LIN.
Sì, tutto va bene; ma lo fa con troppa caricatura; e so che sua moglie medesima interpreta malamente le finezze ch'egli vi usa.
ZEL.
Donna Eleonora, pensando sì malamente, fa torto a suo marito, e fa a me un'ingiustizia.
Non crediate però ch'ella agisca per gelosia, poichè una giovane che sposa un vecchio per interesse, raramente è di lui gelosa.
Dubita ch'egli mi sia liberale di qualche cosa.
Sa che mi ha promesso alla sua morte di beneficarmi, teme ch'io vaglia a pregiudicarla.
LIN.
Ma...
E il figlio?
ZEL.
Oh circa il signor Don Flaminio, questo è quello ch'io volea confidarvi.
Mi si è scoperto liberamente.
LIN.
Povero me! Sono nel maggior affanno del mondo.
ZEL.
Non temete di nulla.
Siate sicuro della mia costanza.
LIN.
Ma non posso viver tranquillo.
Cara Zelinda, profittiamo della protezione del vecchio, scopriamogli il nostro amore, ed impegniamo la sua bontà ad acconsentire alle nostre nozze.
ZEL.
Caro Lindoro, ci ho pensato anch'io; ma vi scopro delle grandi difficoltà.
Il signor Don Roberto non vi conosce, non sa che per amor mio siate fuggito di casa vostra, e siate venuto a servirlo per segretario unicamente per star meco.
Appunto perch'egli mi ama, e perchè ha qualche considerazione per me, non vorrà maritarmi con un giovine che apparentemente non può mantenermi, e in fatti non lo potete, se vostro padre non vi acconsente, e non vi accorda il modo di farlo.
LIN.
Scriverò a mio padre, gli farò scrivere, gli farò parlare; ma intanto ho da soffrire di vedervi accarezzata dal padrone, e perseguitata dal mastro di casa?
ZEL.
Non temete nè dell'uno, nè dell'altro.
Ma bisogna che ci conteniamo colla maggior cautela, perchè se venissero ad iscoprirci...
LIN.
Certamente: se Fabrizio sapesse quel che passa fra di noi, sarebbe capace di rovinarci.
ZEL.
Non ci facciamo trovare insieme.
LIN.
Sì, e quando c'incontriamo, che gli occhi parlino, e che la lingua soffra.
ZEL.
Ma non basta ancora.
Per togliere ogni sospetto, mostriamo di fuggirci.
LIN.
Facciamo di più, mostriamo d'odiarci.
ZEL.
Se lo potessimo fare, sarebbe il sicuro metodo per nascondere il nostro amore.
LIN.
Quando si va d'accordo, si può fingere qualche cosa.
ZEL.
Bene, ci regoleremo così.
LIN.
Poi troveremo qualche momento...
ZEL.
Oh sì: siamo in casa, profitteremo dell'occasioni...
LIN.
Profittiamo intanto di questa.
ZEL.
Andiamo, andiamo, che se i padroni ci chiamano...
LIN.
Io posso restar qui a scrivere, a far qualche cosa.
ZEL.
Ci tornerete poi.
Andiamo per ora, per non dar sospetto.
Io per di qua, e voi per di là.
LIN.
Guardiamo, nell'aprir le porte, se qualchedun ci vede.
ZEL.
Guardiamo per il buco della serratura.
(tutti due guardano dalla lor parte)
LIN.
(a Zelinda) Nessuno.
ZEL.
(a Lindoro) Non c'è nessuno.
(Ciascheduno apre la lor porta pian piano e guarda)
LIN.
(a Zelinda) Non c'è persona.
ZEL.
(a Lindoro) Qui neppure.
LIN.
(stando sulla porta in atto di andarsene) Va tutto bene.
ZEL.
(nella stessa situazione) Benissimo.
LIN.
Addio.
ZEL.
Vogliatemi bene.
LIN.
E che nessuno lo sappia.
ZEL.
Nessuno l'ha da sapere.
(partono)
SCENA III
Fabrizio esce dall'armadio.
Non dubitate, che nessun lo saprà.
Sono venuto a tempo.
Non mi sono ingannato, ed ho scoperto abbastanza.
Lindoro è anch'egli una persona civile, che si nasconde per amor di Zelinda? Tanto peggio per me.
Bisogna cercare il modo di farlo cacciare di questa casa.
Il mezzo più sicuro è quello del signor Don Flaminio.
Egli ama Zelinda, e se viene a sapere i segreti amori di lei con Lindoro, son sicuro che farà di tutto per allontanare un rivale, ed io medesimo lo avvertirò, e gli suggerirò di disfarsene sicuramente.
Bisogna ch'io nasconda il mio amor per Zelinda, che faccia valere l'interesse ch'io prendo per il mio padrone, e che mi serva dell'amor suo per facilitare il mio.
Vado subito a ritrovarlo.
Ma, eccolo ch'egli viene.
Eh, il diavolo è galantuomo, contribuisce di buona voglia alle cattive intenzioni.
SCENA IV
Don Flaminio e detto.
FLA.
Dov'è Zelinda, che non si vede?
FAB.
Signore, io non so dove sia, ma so dov'è stata finora.
FLA.
Come! Dove è ella stata? Vi è qualche novità? (affettando dell'agitazione)
FAB.
Vi è una novità, signore, che deve interessare la vostra passione, ed anche il vostro decoro.
FLA.
Oh cieli! E Zelinda ne ha parte?
FAB.
Ne ha parte grandissima, poichè ella è amante di Lindoro; e costui è sì temerario, che sapendo la vostra inclinazione per questa giovane, ha il coraggio di burlarsi di voi, e di perdervi ancora il rispetto.
FLA.
Indegno! lo farò morire sotto un bastone.
FAB.
No, signore, non vi consiglio di far rumore, poichè perdereste la speranza di venire al termine de' vostri disegni.
FLA.
Che mi consigli dunque di fare?
FAB.
Vi consiglio di parlarne al signor Don Roberto...
FLA.
Credi tu che mio padre acconsentirebbe ch'io sposassi Zelinda?
FAB.
Oh sono ben lontano di credere una simil cosa.
FLA.
Finalmente Zelinda è nata assai civilmente.
FAB.
Non importa; è povera, è in qualità di serva, non l'accorderà mai.
FLA.
Che dunque vorresti tu ch'io dicessi a mio padre?
FAB.
Voi non avete che a scoprirgli i segreti amori, che passano fra Zelinda e Lindoro.
Mettergli sotto gli occhi il torto che fa costui alla casa amoreggiando colla cameriera, e il pregiudizio che ne verrebbe a questa giovine, se si maritasse con uno che non ha il modo di mantenerla.
Aggiungete che Lindoro è di un cattivo carattere, che sapendo essere Zelinda di buona nascita, dà ad intendere d'essere egli pure qualche cosa di buono, ma è un falsario, un impostore, un birbante.
Sapete quanto il signor Don Roberto ama e stima questa buona figliuola.
Son certo che s'egli sa tutto questo, non differisce un'ora a licenziar quel birbone.
FLA.
Tu dici bene; ma io ho il cuore buono, e non so far male a persona.
FAB.
Lodo la vostra bontà, la vostra umanità; ma voi, scusatemi, non siete in obbligo di risparmiare un temerario, un indegno che parla di voi con disprezzo, e che vi mette in ridicolo a tutto andare.
FLA.
Mi mette in ridicolo?
FAB.
Vi assicuro, signore, ch'io mi sentiva rodere per parte vostra.
Vedete voi quell'armadio? Là dentro mi sono celato per intendere, per rilevare; e per voi l'ho fatto, per voi, ed ho rilevato ed ho inteso cose, che mi facevano inorridire.
Come? Il mio padrone un imbecille, una caricatura, un fanatico?
FLA.
Giuro al cielo! a me questo?
FAB.
Vi assicuro, che se non fosse stata la prudenza che mi avesse trattenuto...
FLA.
Qual prudenza a fronte delle ingiurie?
FAB.
Signor mio, la prudenza è necessarissima.
Se si fa dello strepito, vostro padre viene a rilevare che voi amate Zelinda.
FLA.
È vero, conviene dunque ch'io soffra.
FAB.
Ma che vi disfacciate di quest'ardito.
FLA.
Hai ragione, ne parlerò a mio padre, e ne parlerò in modo che lo manderà via.
FAB.
Ma soprattutto non date a conoscere la vostra passione.
FLA.
Sarò cauto.
Mi guarderò di darne alcun segno.
FAB.
Mi preme troppo la vostra quiete e la vostra soddisfazione.
FLA.
Ti ringrazio, e non lascerò di ricompensarti.
FAB.
Non perdete tempo, signore.
FLA.
Vado subito.
(È gran fortuna aver un servitore fedele.) (parte)
SCENA V
Fabrizio, poi Lindoro
FAB.
Questo si chiama cavar la castagna dal fuoco colla mano altrui.
Che vada Lindoro fuori di casa, e mi comprometto di guadagnare l'animo di Zelinda.
Ella ha voglia di maritarsi.
Don Flaminio non avrà mai la permissione di sposarla.
Io sono in buon credito presso il vecchio; affè di bacco, non ci vedo altri ostacoli per averla.
LIN.
(da sè, vedendo Fabrizio) (Ecco il mio tormento, e l'ho sempre dinanzi agli occhi).
FAB.
(da sè) (Conviene dissimulare).
LIN.
(Va al tavolino, siede, e si mette a scrivere)
FAB.
(a Lindoro) Di buon'ora al lavoro.
LIN.
(scrivendo) Io non faccio che il mio dovere.
FAB.
È ben fortunato il nostro padrone d'aver al suo servizio un giovine attento e morigerato, come voi siete.
LIN.
Vi ringrazio dell'elogio cortese.
FAB.
In verità vi amo anch'io infinitamente.
LIN.
(Oh se sapessi quanto ti odio!) È un effetto della vostra bontà.
FAB.
Ma voi, dite quel che volete, avete delle maniere così gentili ed una condotta sì nobile e sì decente, che giurerei che siete d'una condizione superiore al grado in cui vi trovate.
LIN.
Per esser galantuomo, e per far il suo debito, non vi è bisogno di nascita, ma di cuore.
FAB.
Meritereste per altro uno stato molto più fortunato.
LIN.
Io mi contento del mio.
FAB.
Mi viene in mente una cosa...
Io penso a voi, come se foste qualche cosa del mio.
LIN.
(da sè) (Più ne dice, e meno gli credo).
FAB.
Sì, dovreste prender moglie.
LIN.
Io? E come vorreste che facessi per mantenerla?
FAB.
Coll'abilità e colla condotta che avete, non potreste mai mancar di star bene.
LIN.
Sarebbe assai difficile ch'io trovassi chi mi volesse.
FAB.
Affè, ne conosco una io, che pare fatta per voi.
LIN.
E chi? se vi piace.
FAB.
Chi? Zelinda.
LIN.
(Ah il furbo!) Zelinda è povera, ma è nata bene; ella non vorrà maritarsi per continuar a vivere del pane altrui.
...
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