APPENDICE, di Luigi Pirandello - pagina 1
APPENDICE
Luigi Pirandello
CAPANNETTA
BOZZETTO SICILIANO
Un'alba come mai fu vista.
Mentre andava abbottonando la dimessa vesticciuola, sbadigliava, ancora abbindolata dal sonno, e guardava: guardava lontano, con gli occhi sbarrati come se nulla vedesse.
Tutto il cielo era seminato di nuvolette d'un giallo croceo, acceso.
La bimba andava sbadatamente, ed ecco...
diradandosi a poco a poco una piccola collina che a destra s'innalzava, le si sciorina davanti allo sguardo l'immensità delle acque del mare.
La bimba parve colpita, commossa dinanzi a quella scena, e stette a guardare le barchette che volavano su l'onde, tinte d'un giallo pallido.
Era tutto silenzio.
Aliava ancora la dolce brezzolina della notte, che faceva rabbrividire il mare, e s'innalzava lento, lento un blando profumo di terra.
Poco dopo la bimba si volse - vagò per quell'incerto chiarore, e giunta su l'alto del greppo, si sedette.
Ma, ad un tratto, come colpita da un'idea, smise di cantare, e con quanta voce aveva in gola, gridò:
- Zi' Jeli! Oh zi' Jee...
E una voce grossolana rispose dalla valle:
- Eh...
- Salite sú...
ché il padrone vi vuole.
*
Frattanto la bimba ritornava verso la capannetta, a capo basso.
Jeli era salito ancora sonnacchioso con la giacca su l'omero sinistro e la pipa in bocca - pipa, che sempre lasciava dormire fra i denti.
Appena entrato salutò papà Camillo, mentre Màlia, la figlia maggiore del castaldo, gli piantò in faccia due occhi come saette, da bucare un macigno.
Jeli rispose allo sguardo.
Era papà Camillo un mozzicone di uomo, grosso come una botte.
Màlia all'incontro aveva il volto di una donna di Paolo Veronese, e negli occhi ci si leggeva chiaramente la beata semplicità del suo cuore.
- Senti, Jeli - disse papà Camillo, - prepara delle frutta, ché domani verranno i signori di città.
- Buoni, sai!...
se no...
come è vero Dio!...
- Oh! sempre la stessa storia -, rispose Jeli, - e sapete voi che queste le son cose da dire...
e poi...
a me!...
- Intanto - riprese papà Camillo e prendendolo pel braccio lo portò fuori della capanna - Intanto...
se un'altra volta ti viene il ticchio di...
Basta.
Tu mi capisci...
Jeli rimase come interdetto.
Papà Camillo scese per la valle.
Non si potea dar di meglio e il giovane saltò alla capannetta.
- Siamo perduti! - fece Màlia.
- Sciocca! - disse Jeli, - se non ci riesco con le buone...
- Oh! Jeli, Jeli che vuoi tu dire?
- Come, non mi comprendi? Fuggiremo.
- Fuggiremo? - disse la fanciulla, sorpresa.
- O...
- soggiunse Jeli - e si mise la falce lucente attorno al collo...
- Mio Dio! - esclamò Màlia, come se un brivido le corresse per tutto il corpo.
- A questa sera, bada, a sette ore! - disse Jeli e sparí.
La fanciulla mandò un grido.
*
Abbujava.
L'ora stabilita si avvicinava, e Màlia pallida pallida, con le labbra come due foglioline di rosa secca, stava seduta dinanzi alla porta.
Guardava il piano verdeggiante che si inondava di bujo e quando lontanamente la squilla del villaggio suonò l'Ave, pregò anche lei.
E quel silenzio solenne, parve divina preghiera di Natura! Dopo lungo aspettare Jeli venne.
Questa volta aveva lasciato la pipa, ed era un poco acceso e molto risoluto.
- Cosí presto? - disse Màlia tremante.
- Un quarto d'ora prima, un quarto d'ora dopo, è sempre tempo guadagnato - rispose Jeli.
- Ma...
- Santo diavolo! mi pare tempo di finirla con questi ma...
Non sai tu, cuor mio, di che si tratta?
- Lo so bene! lo so tanto bene...
- s'affrettò a rispondere Màlia, che non poteva adattarsi a quella sconsigliata risoluzione.
Frattanto un fischio lontano avvertí Jeli che la vettura era pronta.
- Sú via!- disse; - Maliella mia, coraggio! È la gioja che ci chiama...
- Màlia mandò un grido.
Jeli la prese per il braccio, e di corsa...
Come pose il piede nella carretta - A tutta furia! - gridò.
I due giovani si strinsero e si baciarono con libertà per la prima volta.
*
A nove ore papà Camillo ritornò dalla valle e fischiò potentemente.
- Dove è Jeli? - le domandò; - hai tu veduto Jeli?
- Padrone!...
padrone!...
- rispose quella con voce ansante, soffocata.
- Che cosa vuoi tu dirmi? Mummietta! - ruggí papà Camillo.
- Jeli...
è fuggito...
con Maliella...
- ...
- E un suono rauco...
selvaggio fuggí dalla strozza di papà Camillo.
Corse...
volò alla capanna: prese lo schioppo e fece fuoco in aria.
La fanciulla guardava tramortita.
Era uno spettacolo strano la collera pazza di quell'uomo.
Un riso frenetico scattò dalle sue labbra e si perdé in un rantolo strozzato.
Non sapeva piú quel che si faceva...
E fuori di sé appiccò il fuoco alla capannetta come per distruggere ogni cosa che gli parlava di sua figlia.
Poi di corsa furiosa, con lo schioppo in mano, via per il viale, dove forse sperava trovare gli amanti...
*
Per la lugubre sera salivano al cielo sanguigne quelle lingue di fuoco.
Fumava la nera capannetta, fumava crepitando, come se col lento scoppiettio volesse salutare la bimba, che pallida, inorridita, con gli occhi fissi la guardava.
Pareva che tutti i suoi pensieri seguissero la colonna di fumo, che s'innalzava dalla sua modesta dimora.
Fumava la nera capannetta, fumava crepitando, e la bimba stette muta a riposar gli sguardi sulla cenere cupa.
LA RICCA
Solevan le tre sorelle di Giulia Montana maritate cosí senza aspettar tempo e amore, secondo la lor condizione sociale e i beni di fortuna, sparlare a preferenza della sorella rimasta nubile ostinatamente, e sfoggiando sotto voce massime prudenziali commentavan con amarezza le piú serie proposte di matrimonio da lei respinte; e da buone figliuole, commiseravano il vecchio padre inasprito sempre e rigido, come di marmo, verso quell'ultima figlia, e anche lei, la povera Giulia, per quella sua disgrazia, come esse dicevano.
La disgrazia della povera Giulia era un amore indirizzato male, senza prudenza un amore insomma che guardava in giú, dalla ricca vettura padronale, tra le persone che vanno a piedi a passeggio.
Maria, la piú piccola delle tre, sospirava:
- Rifiutar Nicola Pàncamo! Peccato!
Era Nicola Pàncamo cognato della seconda sorella, della placida Anna; alto appena cinque palmi, già quasi calvo a trent'anni, e con certe gambette piccole come due dita, sempre aperte per regger meglio il peso della pancetta precoce - tal quale, del resto, il fratello Giorgio, il marito di Anna.
- Follie! Dio voglia, non se ne debba mai pentire! - aggiungeva Elena, la maggiore.
- Non è piú una ragazza, ormai: ventisei anni e ancora cosí! Sarebbe stata una fortuna per lei e pel babbo.
Una fortuna per lei e pel babbo.
- Per chi, poi? Per Enrico Santagnese! - inveiva Maria, la piú accanita, aprendo il fuoco contro quel povero Enrico amato dalla sorella.
Ma, alla fin fine, come se tutte e tre avessero pietà della magrissima persona del giovine, non lo mordevano a sangue abbastanza! Ahimè, di sangue, ne mostrava tanto poco quel poveretto, sempre pallido, sempre malaticcio.
Poi, con lui, con le sorelle di lui, prima che il padre, Carlo Santagnese, uno dei piú ricchi armatori siciliani, perdesse tutta la fortuna, erano state tanto tempo vicine di casa, amiche d'infanzia, compagne di cari giuochi.
- S'è ridotto a far l'agente di navigazione, ora!
- L'agente di navigazione...
- ripeteva Anna, rigirandosi continuamente gli anelli intorno alle dita.
- Vive alla giornata, poveretto, e gli tocca per giunta mantener la madre e le sorelle, si sa!
Naturale! Ma anche con la dote, come avrebbero potuto vivere in città, frequentar la società? Senza dubbio, coi gusti di Giulia, si sarebbero creati presto degl'imbarazzi.
Era dunque ammissibile? - Non era ammissibile.
- Alla fin fine, poi - ripigliava Elena - sarei curiosa di sapere, che trova Giulia di straordinario in Enrico.
Brutto non è, è vero; ma Dio mio! pare un cristo spirante...
- Antipatico! - si contentava di aggiungere Anna.
E Maria:
- Un cuoricino cosí! Senza spirito, senza fiato...
Buono, poveretto, ma un fil di paglia - insipido.
Datemi pure addosso, io, sentite, per me quei capelli d'oro matto non li ho potuti mai soffrire...
Ma già, ha pure gli occhi neri, dunque: tipo di bellezza!
Dal canto suo Felice Montana, il padre, duro e inflessibile, rompeva il cupo silenzio abituale per dire: - Finché io vivo, non lo sposerà!
E pareva che queste parole gli restassero incise tra le ciglia sempre aggrottate.
*
Della velata commiserazione delle sorelle, dell'assoluta opposizione del padre si nutriva, per dir cosí, l'amore di Giulia Montana per Enrico Santagnese: era forza di quell'amore l'irritazione prodotta dall'invincibile ostacolo.
Alla rigida e chiusa inflessibilità del padre, Giulia opponeva la sua non men rigida e chiusa.
Tra loro due rimasti soli in casa da sei anni, non si scambiava mai una parola piú del necessario.
Egli attendeva come sempre alla direzione degli affari di banca e dei negozii di zolfo; ella a le abituali occupazioni: la pittura, la musica, la lettura, il ricamo.
Dopo il rifiuto opposto alla domanda del Pàncamo, il padre non le aveva piú comunicato nessun'altra domanda.
Eran venuti allora a un'aperta spiegazione.
- È inutile parlarne.
Né il Pàncamo, né altri! Non voglio sposare, non sposerò mai nessuno - aveva dichiarato Giulia.
- O Enrico Santagnese...
- O Enrico Santagnese, o nessuno.
Liberissima di farlo, le aveva risposto il padre; la legge ormai le permetteva di ribellarsi all'autorità paterna: liberissima! egli però non le avrebbe dato un soldo di dote: la legittima, alla sua morte; il consenso, mai!
Da quel giorno Giulia s'era chiusa tutta in se stessa, in uno stato d'animo sempre uguale, inalterabile, senz'aspettativa per nessuna evenienza.
Non vedeva che rare volte Enrico Santagnese, o a passeggio, dall'alto della sua carrozza, lungo il viale del Giardino Inglese; d'onde Enrico, tra gli alberi, salutava costantemente il vecchio banchiere, senza aver mai risposta al saluto, o in certi pomeriggi, lungo il Corso Scinà, mentr'ella stava alla finestra.
Erano incontri, sguardi fuggevoli, miti come una domanda ansiosa e sommessa da parte d'Enrico fermi, quasi solenni, da parte di Giulia.
- Ancora? chiedevan gli occhi d'Enrico.
- Ancora! rispondevan quelli di Giulia, pieni di cuore e d'impero.
Ella amava cosí, da undici anni, il suo mite adoratore.
Era un amor misto d'orgoglio e di pietà, quasi: orgoglio di sé, pietà di lui.
Certamente, neppur l'ombra della sentimentalità, in lei, delle solite scipite storie d'amore.
Giulia Montana amava il lusso e la ricchezza, compresa della signoria che l'uno e l'altra dànno usati con arte e con gusto; amava la società delle persone del suo ceto, pur giudicandole, la maggior parte, sciocche e banali, e subendo come una legge le affabilità affettate, i vani orgogli mondani.
Era, per esempio, un conforto per lei il pensare che Enrico Santagnese tornando ad esser ricco come una volta, avrebbe saputo vivere e spendere da gran signore.
Molti, e fra questi i suoi parenti, avevan di lei il concetto che fosse una creatura fredda, impassibile; ma a torto.
...
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