[Pagina precedente]...a Rovere, fatto cardinale di San Pietro in Vincola, già amico di Giuliano fin quando era castellano d'Ostia, gli fece fare il modello del palazzo di S. Pietro in Vincola. E poco dopo questo, volendo edificare a Savona sua patria un palazzo, volle farlo similmente col disegno e con la presenzia di Giuliano. La quale andata gli era difficile, perciò che il palco non era ancor finito e papa Alessandro non voleva ch'e' partisse. Per il che lo fece finire per Antonio suo fratello, il quale, per avere ingegno buono e versatile, nel praticare la corte contrasse servitù col Papa, che gli mise grandissimo amore e glielo mostrò nel volere fondare e rifondare con le difese a uso di castello, la Mole di Adriano, oggi detta Castel Santo Agnolo; alla quale impresa fu preposto Antonio. Così si fecero i torrioni da basso, i fossi e l'altre fortificazioni che al presente veggiamo. La quale opera gli diè credito grande appresso il Papa e col duca Valentino, suo figliuolo; e fu cagione ch'egli facesse la rocca che si vede oggi a Civita Castellana. E così, mentre quel Pontefice visse, egli di continuo attese a fabbricare, e per esso lavorando fu non meno premiato che stimato da lui.
Già aveva Giuliano a Savona condotto l'opera innanzi quando il cardinale, per alcuno suoi bisogni, ritornò a Roma e lasciò molti Operai ch'alla fabbrica dessero perfezzione con l'ordine e col disegno di Giuliano, il quale ne menò seco a Roma et egli fece volentieri questo viaggio per rivedere Antonio e l'opere d'esso, dove dimorò alcuni mesi. Ma venendo in quel tempo il cardinale in disgrazia del Papa, si partì da Roma per non esser fatto prigione e Giuliano gli tenne sempre compagnia. Arrivati dunque a Savona crebbero maggior numero di maestri da murare et altri artefici in sul lavoro. Ma facendosi ognora più vivi i romori del Papa contra il cardinale, non stette molto che se n'andò in Avignone, e d'un modello, che Giuliano aveva fatto d'un palazzo per lui, fece fare un dono al re; il quale modello era maraviglioso, ricchissimo d'ornamenti e molto capace per lo allogiamento di tutta la sua corte. Era la corte reale in Lione quando Giuliano presentò il modello, il quale fu tanto caro et accetto al re che largamente lo premiò e gli diede lode infinite e ne rese molte grazie al cardinale che era in Avignone. Ebbero intanto nuove che il palazzo di Savona era già presso alla fine; per il che il cardinale deliberò che Giuliano rivedesse tale opera, per che andato Giuliano a Savona poco vi dimorò che fu finito a fatto. Laonde Giuliano, desiderando tornare a Firenze, dove per lungo tempo non era stato, con que' maestri prese il cammino e, perché aveva in quel tempo il re di Francia rimesso Pisa in libertà e durava ancora la guerra tra Fiorentini e Pisani, volendo Giuliano passare, si fece in Lucca fare un salvo condotto, avendo eglino de' soldati pisani non poco sospetto. Ma non di meno nel lor passare vicino ad Altopascio furono da' Pisani fatti prigioni, non curando essi salvo condotto né cosa che avessero. E per sei mesi fu ritenuto in Pisa, con taglia di trecento ducati; né prima che gl'avesse pagati se ne tornò a Fiorenza.
Aveva Antonio a Roma inteso queste cose, et avendo desiderio di rivedere la patria e 'l fratello, con licenzia partì da Roma, e nel suo passaggio disegnò al Duca Valentino la rocca di Monte Fiascone. E così a Fiorenza si ricondusse l'anno 1503, e quivi con allegrezza di loro e degli amici si goderono. Seguì allora la morte di Alessandro VI e la successione di Pio III che poco visse e fu creato pontefice il cardinale di S. Pietro in Vincola, chiamato papa Giulio II, la qual cosa fu di grande allegrezza a Giuliano per la lunga servitù che aveva seco. Onde deliberò andare a baciargli il piede, perché giunto a Roma fu lietamente veduto e con carezze raccolto, e subito fu fatto esecutore delle sue prime fabbriche innanzi la venuta di Bramante. Antonio, che era rimasto a Fiorenza, sendo gonfaloniere Pier Soderini, non ci essendo Giuliano continuò la fabbrica del Poggio Imperiale, dove si mandavano a lavorare tutti i prigioni pisani per finire più tosto tal fabbrica. Fu poi per i casi d'Arezzo rovinata la fortezza vecchia, et Antonio fece il modello della nuova col consenso di Giuliano; il quale da Roma perciò partì e subito vi tornò. E fu questa opera cagione che Antonio fosse fatto architetto del comune di Fiorenza sopra tutte le fortificazioni. Nel ritorno di Giuliano in Roma si praticava se 'l divino Michele Agnolo Buonarroti dovesse fare la sepoltura di Giulio, perché Giuliano confortò il Papa all'impresa, aggiugnendo che gli pareva che per quello edifizio si dovesse fabricare una cappella a posta senza porre quella nel vecchio San Piero, non vi essendo luogo, perciò che quella cappella renderebbe quell'opera più perfetta. Avendo dunque molti architetti fatti disegni, si venne in tanta considerazione a poco a poco che, in cambio di fare una cappella, si mise mano alla gran fabrica del nuovo San Piero. Et essendo di que' giorni capitato in Roma Bramante da Castel Durante architetto, il quale tornava di Lombardia, egli si adoperò di maniera con mezzi et altri modi straordinarii e con suoi ghiribizzi, avendo in suo favore Baldassarri Peruzzi, Raffaello da Urbino et altri architetti, che mise tutta l'opera in confusione; onde si consumò molto tempo in ragionamenti. E finalmente l'opera (in guisa seppe egli adoperarsi) fu data a lui, come a persona di più giudizio, migliore ingegno e maggiore invenzione; per che Giuliano sdegnato, parendogli avere ricevuto ingiuria dal Papa col quale aveva avuto stretta servitù quando era in minor grado e la promessa di quella fabrica, domandò licenza, e così, nonostante che egli fusse ordinato compagno di Bramante in altri edifizii che in Roma si facevano, si partì e se ne tornò con molti doni avuti dal Papa a Fiorenza. Il che fu molto caro a Piero Soderini, il quale lo mise subito in opera.
Né passarono sei mesi che Messer Bartolomeo della Rovere, nipote del Papa e compare di Giuliano, gli scrisse, a nome di Sua Santità , che egli dovesse per suo utile ritornare a Roma; ma non fu possibile né con patti né con promesse svolgere Giuliano, parendogli essere stato schernito dal Papa. Ma finalmente, essendo scritto a Piero Soderini che per ogni modo mandasse Giuliano a Roma perché Sua Santità voleva fornire la fortificazione del Torrion tondo, cominciata da Nicola Quinto, e così quella di Borgo e Belvedere et altre cose, si lasciò Giuliano persuadere dal Soderino, e così andò a Roma, dove fu dal Papa ben raccolto e con molti doni. Andando poi il Papa a Bologna, cacciati che ne furono i Bentivogli, per consiglio di Giuliano deliberò far fare da Michelagnolo Buonarroti un papa di bronzo, il che fu fatto, sì come si dirà nella vita di esso Michelagnolo. Seguitò similmente Giuliano il Papa alla Mirandola e, quella presa, avendo molti disagi e fatiche sopportato, se ne tornò con la corte a Roma. Né essendo ancora la rabbia di cacciare i Franzesi d'Italia uscita di testa al Papa, tentò di levare il governo di Fiorenza delle mani a Piero Soderini, essendogli ciò, per fare quello che aveva in animo, di non piccolo impedimento. Onde per queste cagioni, essendosi diviato il Papa dal fabricare e nelle guerre intricato, Giuliano già stanco si risolvette dimandare licenza al Papa, vedendo che solo alla fabrica di San Piero si attendeva et anco a quella non molto. Ma rispondendogli il Papa in collera: "Credi tu che non si trovino de' Giuliani da San Gallo?", egli rispose che non mai di fede, né di servitù pari alla sua, ma che ritrovarebbe bene egli de' principi di più integrità nelle promesse che non era stato il Papa verso sé. Insomma, non gli dando altramente licenza, il Papa gli disse che altra volta gliene parlassi.
Aveva intanto Bramante condotto a Roma Raffaello da Urbino, messelo in opera a dipignere le camere papali, onde Giuliano vedendo che in quelle pitture molto si compiaceva il Papa, e che egli disiderava che si dipignesse la volta della cappella di Sisto suo zio, gli ragionò di Michelagnolo, aggiugnendo che egli aveva già in Bologna fatta la statua di bronzo. La qual cosa piacendo al Papa, fu mandato per Michelagnolo, e giunto in Roma allogatagli la volta della detta cappella. Poco dopo, tornando Giuliano a chiedere di nuovo al Papa licenza, Sua Santità vedendolo in ciò deliberato, fu contento che a Fiorenza se ne tornasse con sua buona grazia; e poi che l'ebbe benedetto, in una borsa di raso rosso gli donò cinquecento scudi, dicendogli che se ne tornasse a casa a riposarsi e che in ogni tempo gli sarebbe amorevole. Giuliano dunque, baciatogli il santo piede, se ne tornò a Fiorenza in quel tempo a punto che Pisa era circondata et assediata dall'esercito fiorentino; onde non sì tosto fu arrivato, che Piero Soderini, dopo l'accoglienze, lo mandò in campo ai comissarii, i quali non potevano riparare che i Pisani non mettessino per Arno vettovaglie in Pisa. Giuliano dunque, disegnato che a tempo migliore si facesse un ponte in sulle barche, se ne tornò a Fiorenza, e venuta la primavera, menando seco Antonio suo fratello, se n'andò a Pisa, dove condussero un ponte che fu cosa molto ingegnosa, perché, oltre che alzandosi et abbassandosi si difendeva dalle piene e stava saldo, essendo bene incatenato, fece di maniera quello che i commessarii disideravano, assediando Pisa dalla parte d'Arno verso la marina che furono forzati i Pisani, non avendo più rimedio al mal loro, a fare accordo coi Fiorentini e così si resero. Né passò molto che il medesimo Piero Soderini mandò di nuovo Giuliano a Pisa con infinito numero di maestri, dove con celerità straordinaria fabbricò la fortezza, che è oggi alla porta a San Marco; è la detta porta di componimento dorico. E mentre che Giuliano continuò questo lavoro che fu insino all'anno 1512, Antonio andò per tutto il dominio a rivedere e restaurare le fortezze et altre fabbriche pubbliche. Essendo poi col favore di esso papa Giulio stata rimessa in Fiorenza et in governo la casa de' Medici, onde ella era nella venuta in Italia di Carlo Ottavo, re di Francia, stata cacciata, e stato cavato di palazzo Piero Soderini, fu riconosciuta dai Medici la servitù che Giuliano et Antonio avevano ne' tempi a dietro avuta con quella illustrissima Casa. Et assunto non molto dopo la morte di Giulio Secondo Giovanni cardinale de' Medici, fu forzato di nuovo Giuliano a trasferirsi a Roma, dove, morto non molto dopo Bramante, fu voluta dar la cura della fabbrica di San Piero a Giuliano, ma essendo egli macero dalle fatiche et abbattuto dalla vecchiezza e da un male di pietra che lo cruciava, con licenzia di Sua Santità se ne tornò a Fiorenza e quel carico fu dato al graziosissimo Raffaello da Urbino. E Giuliano passati due anni fu in modo stretto da quel suo male che si morì d'anni 74 l'anno 1517, lasciando il nome al mondo, il corpo alla terra e l'animo a Dio.
Lasciò nella sua partita dolentissimo Antonio, che teneramente l'amava, et un suo figliuolo, nominato Francesco, che attendeva alla scultura ancora fusse d'assai tenera età . Questo Francesco, il quale ha salvato infino a oggi tutte le cose de' suoi vecchi, e l'ha in venerazione, oltre a molte altre opere fatte in Fiorenza et altrove di scultura e d'architettura, è di sua mano in Or San Michele la Madonna, che vi è di marmo, col Figliuolo in collo, et in grembo a Santa Anna; la quale opera, che è di figure tonde et in un sasso solo, fu ed è tenuta bell'opera. Ha fatto similmente la sepoltura che papa Clemente fece fare a Monte Cassino di Piero de' Medici, et altre opere, molte delle quali non si fa menzione, per essere el detto Francesco vivo. Antonio, dopo la morte di Giuliano, come quello che mal volentieri si stava, fece due Crucifissi grandi di legno, l'uno de' quali fu mandato in Ispagna e l'altro fu da Domenico Buoninsegni, per ordine del cardinale Giulio de' Medici vice cancelliere, portato in Francia. Avendosi poi a fare la fortezza di Livorno vi fu mandato, dal cardinale de' Medici, Antonio a farne i...
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