[Pagina precedente]...simil faceva de' nuvoli de l'aria. Diede opera al colorire a olio, avendo visto certe cose di Lionardo fumeggiate e finite con quella diligenza estrema, che soleva Lionardo quando e' voleva mostrar l'arte, e così Piero piacendoli quel modo cercava imitarlo, quantunque egli fusse poi molto lontano da Lionardo e da l'altre maniere assai stravagante: perché bene si può dire che e' la mutasse quasi a ciò ch'e' faceva. E se Piero non fusse stato tanto astratto et avesse tenuto più conto di sé nella vita che egli non fece, arebbe fatto conoscere il grande ingegno che egli aveva, di maniera che sarebbe stato adorato, dove egli per la bestialità sua fu più tosto tenuto pazzo, ancora che egli non facesse male se non a sé solo nella fine e benefizio et utile con le opere a l'arte sua. Per la qual cosa doverebbe sempre ogni buono ingegno et ogni eccellente artefice ammaestrato da questi esempli aver gli occhi alla fine. Né lasciarò di dire, che Piero nella sua gioventù per essere capriccioso e di stravagante invenzione fu molto adoperato nelle mascherate che si fanno per carnovale. E fu a que' nobili giovani fiorentini molto grato, avendogli lui molto migliorato e d'invenzione e d'ornamento e di grandezze e pompa quella sorte di passatempi; e sì di ciò, che fu de' primi che trovasse di mandargli fuora a guisa di trionfi, o almeno gli migliorò assai, con accomodare l'invenzione della storia non solo con musiche e parole a proposito del subietto, ma con incredibil pompa d'accompagnatura di uomini a piè et a cavallo, di abiti et abigliamenti accomodati alla storia, cosa che riusciva molto ricca e bella, et aveva insieme del grande e dello ingegnoso. E certo era cosa molto bella a vedere, di notte, venticinque o trenta coppie di cavalli richissimamente abigliati co' lor signori travestiti secondo il suggetto della invenzione, sei o otto staffieri per uno vestiti d'una livrea medesima con le torcie in mano, che tal volta passavano il numero di 400, et il carro poi, o trionfo pieno di ornamenti, o di spoglie e bizzarissime fantasie, cosa che fa assotigliare gli ingegni e dà gran piacere e satisfazione a' popoli. Fra questi, che assai furono et ingegnosi mi piace toccare brevemente d'uno, che fu principale invenzione di Piero già maturo di anni, e non come molti piacevole per la sua vaghezza, ma per il contrario per una strana et orribile et inaspettata invenzione di non piccola satisfazione a' popoli, che come ne' cibi tal volta le cose agre, così in quelli passatempi le cose orribili pur che sieno fatte con giudizio et arte, dilettano maravigliosamente il gusto umano, cosa che aparisce nel recitare le tragedie: questo fu il carro della morte da lui segretissimamente lavorato alla sala del papa, che mai se ne potette spiare cosa alcuna ma fu veduto e saputo in un medesimo punto. Era il trionfo un carro grandissimo tirato da bufoli tutto nero e dipinto di ossa di morti, e di croci bianche, e sopra il carro era una morte grandissima in cima con la falce in mano, et aveva in giro al carro molti sepolcri col coperchio, et in tutti que' luoghi che il trionfo si fermava a cantare s'aprivano et uscivano alcuni vestiti di tela nera, sopra la quale erano dipinte tutte le ossature di morto nelle braccia, petto, rene e gambe, che il bianco sopra quel nero, et aparendo di lontano alcune di quelle torcie con maschere che pigliavano col teschio di morto il dinanzi e 'l dirieto e parimente la gola, oltra al parere cosa naturalissima era orribile e spaventosa a vedere. E questi morti al suono di certe trombe sorde, e con suon roco e morto, uscivano mezzi di que' sepolcri, e sedendovi sopra cantavano in musica piena di malenconia quella oggi nobilissima canzone:
Dolor, pianto e penitenzia, etc.
Era inanzi et adrieto al carro gran numero di morti a cavallo, sopra certi cavagli con somma diligenzia scelti de' più secchi e più strutti che si potessino trovare con covertine nere piene di croci bianche, e ciascuno aveva 4 staffieri vestiti da morti con torce nere et uno stendardo grande nero con croci et ossa e teste di morto. Appresso al trionfo si strassinava 10 stendardi neri, e mentre caminavano con voce tremanti et unite diceva quella compagnia il Miserere, psalmo di Davit.
Questo duro spettacolo per la novità , come ho detto, e terribilità sua, misse terrore e maraviglia insieme in tutta quella città , e se bene non parve nella prima giunta cosa da carnovale, nondimeno per una certa novità e per essere accomodato tutto benissimo, satisfece agli animi di tutti, e Piero autore et inventore di tal cosa ne fu sommamente lodato e comendato; e fu cagione che poi di mano in mano si seguitassi di fare cose spiritose e d'ingegnosa invenzione, che invero per tali suggetti e per condurre simil feste non ha avuto questa città mai paragone; et ancora in que' vecchi che lo videro ne rimane viva memoria, né si saziano di celebrar questa capricciosa invenzione. Senti' dire io a Andrea di Cosimo, che fu con lui a fare questa opera, et Andrea del Sarto, che fu suo discepolo e vi si trovò anche egli, che e' fu opinione in quel tempo che questa invenzione fussi fatta per significare la tornata della casa de' Medici del 12 in Firenze, perché allora che questo trionfo si fece erano esuli, e come dire morti che dovessino in breve resuscitare, et a questo fine interpretavano quelle parole che sono nella canzone:
Morti siam come vedete,
così morti vedrem voi.
Fummo già come voi siete,
vo' sarete come noi, etc.
volendo accennare la ritornata loro in casa, e quasi come una ressurrezzione da morte a vita, e la cacciata et abassamento de' contrarii loro; o pure che fusse, che molti dallo effetto che seguì della tornata in Firenze di quella illustre casa, come son vaghi gli ingegni umani di aplicare le parole et ogni atto che nasce prima agli effetti che seguon poi, che gli fu dato questa interpretazione. Certo è che questo fu allora oppinione di molti e se ne parlò assai.
Ma ritornando a l'arte et azzioni di Piero, fu allogato a Piero una tavola a la cappella de' Tedaldi nella chiesa de' frati de' Servi, dove eglino tengono la veste et il guanciale di S. Filippo lor frate, nella quale finse la Nostra Donna ritta, che è rilevata da terra in un dado e con un libro in mano, senza il Figliuolo, che alza la testa al cielo, e sopra quella è lo Spirito Santo, che la illumina. Né ha voluto che altro lume, che quello che fa la colomba, lumeggi e lei e le figure che le sono intorno, come una S. Margherita et una S. Caterina che la adorano ginochioni, e ritti son a guardarla S. Pietro e S. Giovanni Evangelista, insieme con S. Filippo frate de' Servi e S. Antonino arcivescovo di Firenze. Oltra che vi fece un paese bizzarro e per gli alberi strani e per alcune grotte, e per il vero ci sono parti bellissime, come certe teste che mostrano e disegno e grazia, oltra il colorito molto continovato. E certamente che Piero possedeva grandemente il colorire a olio. Fecevi la predella con alcune storiette piccole molto ben fatte; et in fra l'altre ve n'è una, quando S. Margherita esce dal ventre del serpente, che per aver fatto quello animale e contraffatto e brutto, non penso che in quel genere si possa veder meglio, mostrando il veleno per gli occhi, il fuoco e la morte, in uno aspetto veramente pauroso. E certamente che simil cose non credo che nessuno le facesse meglio di lui né le imaginasse a gran pezzo, come ne può render testimonio un mostro marino, che egli fece e donò al Magnifico Giuliano de Medici, che per la deformità sua è tanto stravagante, bizzarro e fantastico, che pare impossibile che la natura usasse e tanta deformità e tanta stranezza nelle cose sue. Questo mostro è oggi ne la guardaroba del Duca Cosimo de' Medici; così come è anco pur di mano di Piero un libro d'animali de la medesima sorte, bellissimi e bizzarri, tratteggiati di penna diligentissimamente e con una pazienza inestimabile condotti. Il quale libro gli fu donato da Messer Cosimo Bartoli proposto di S. Giovanni, mio amicissimo e di tutti i nostri artefici, come quello che sempre si è dilettato et ancora si diletta di tale mestiero.
Fece parimente in casa di Francesco del Pugliese intorno a una camera diverse storie di figure piccole, né si può esprimere la diversità de le cose fantastiche che egli in tutte quelle si dilettò dipignere, e di casamenti e d'animali e di abiti e strumenti diversi, et altre fantasie che gli sovennono per essere storie di favole. Queste istorie doppo la morte di Francesco del Pugliese e de' figliuoli sono state levate né so ove sieno capitate. E così un quadro di Marte e Venere con i suoi amori e Vulcano, fatto con una grande arte e con una pazienza incredibile. Dipinse Piero per Filippo Strozzi vecchio, un quadro di figure piccole, quando Perseo libera Andromeda dal mostro, che v'è dentro certe cose bellissime. Il qual è oggi in casa il signor Sforza Almeni primo cameriere del duca Cosimo, donatogli da Messer Giovanni Batista di Lorenzo Strozzi conoscendo quanto quel signore si diletti della pittura e scoltura, et egli ne tien conto grande perché non fece mai Piero la più vaga pittura né la meglio finita di questa, atteso che non è possibile veder la più bizzarra orca marina né la più capricciosa di quella che si immaginò di dipignere Piero con la più fiera attitudine di Perseo, che in aria la percuote con la spada; quivi fra 'l timore e la speranza si vede legata Andromeda, di volto bellissima, e qua inanzi molte genti con diversi abiti strani sonando e cantando, ove sono certe teste che ridano e si rallegrano di vedere liberata Andromeda, che sono divine; il paese è bellissimo et un colorito dolce e grazioso, e quanto si può unire e sfumare colori, condusse questa opera con estrema diligenza.
Dipinse ancora un quadro dove una Venere ignuda con un Marte parimente, che spogliato nudo dorme sopra un prato pien di fiori, et attorno son diversi amori, che chi in qua chi in là traportano la celata, i bracciali e l'altre arme di Marte; èvvi un bosco di mirto, et un Cupido che ha paura d'un coniglio; così vi sono le colombe di Venere e l'altre cose di amore. Questo quadro è in Fiorenza in casa Giorgio Vasari tenuto in memoria sua da lui perché sempre gli piacquero i capricci di questo maestro.
Era molto amico di Piero lo spedalingo de li Innocenti, e volendo far fare una tavola, che andava all'entrata di chiesa a man manca alla cappella del Pugliese, la allogò a Piero, il qual con suo agio la condusse al fine, ma prima fece disperare lo spedalingo; che non ci fu mai ordine che la vedesse se non finita, e quanto ciò gli paresse strano, e per l'amicizia e per il sovenirlo tutto il dì di danari e non vedere quel che si faceva, egli stesso lo dimostrò, che all'ultima paga non gliele voleva dare se non vedeva l'opera. Ma minacciato da Piero che guasterebbe quel che aveva fatto, fu forzato dargli il resto, e con maggior collera che prima aver pazienza che la mettesse su, et in questa sono veramente assai cose buone.
Prese a fare per una cappella una tavola ne la chiesa di S. Piero Gattolini, e vi fece una Nostra Donna a sedere con quattro figure intorno e due Angeli in aria che la incoronano. Opera condotta con tanta diligenzia che n'acquistò lode et onore; la quale oggi si vede in S. Friano sendo rovinata quella chiesa. Fece una tavoletta de la Concezzione nel tramezzo de la chiesa di S. Francesco da Fiesole la quale è assai buona cosetta, sendo le figure non molto grandi. Lavorò per Giovan Vespucci, che stava dirimpetto a S. Michele della via de' Servi, oggi di Pier Salviati, alcune storie baccanarie che sono intorno a una camera, nelle quali fece sì strani fauni, satiri e silvani e putti e baccanti, che è una maraviglia a vedere la diversità de' zaini e delle vesti, e la varietà delle cere caprine, con una grazia et imitazione verissima. Èvvi in una storia Sileno a cavallo su uno asino con molti fanciulli, chi lo regge e chi gli dà bere, e si vede una letizia al vivo fatta con grande ingegno. E nel vero si conosce in quel che si vede di suo uno spiri...
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