[Pagina precedente]...lotterie, d'un orologio d'argento e d'una vecchia incisione della Madonna, a benefizio di due famiglie povere, raccolsero un monte di firme a sessanta centesimi: la estrazione, diceva il foglio, si sarebbe fatta la mattina del giorno dopo "con le garanzie volute, davanti al macello". Dopo mezzodì, non nacque più alcun diverbio a bordo. Le terze classi ebbero un piatto di braciole con patate che raddolcì molti cuori. E anche il nostro desinare fu tale da far brillare di soddisfazione perfin l'occhio unico del genovese, e reso più saporito anche dall'idea di quel "qualche cosa dopo" che dice il Brillat-Savarin dover essere nell'aspettatazione dei commensali, perché un pranzo riesca davvero piacevole: e questo era per noi il pensiero dello spettacolo che ci avrebbe offerto il piroscafo il giorno dopo, all'apparire della terra. I discorsi, che subivano già la forza d'attrazione dell'America, s'aggirarono tutti sui paesi vicini, come se già vi fossimo stati. Fra tre giorni si sarebbe sentito il Poliuto al teatro Colon, e al Solis Crispino e la Comare, col Baldelli. Si discusse il disegno della nuova piazza Vittoria a Buenos Ayres e quello del nuovo Ospedale italiano a Montevideo. I presidenti delle due repubbliche furono notomizzati fibra per fibra, e si fecero molti commenti minuti e calorosi sui giornali benevoli e ostili alla nostra immigrazione nelle due capitali. Solamente il garibaldino taceva, con un velo di tristezza sul viso, più fitto che gli altri giorni. E tacevano anche i miei due vicini di camerino. Ma sui loro visi c'era qualche cosa d'insolito: l'espressione dell'odio, come sempre; ma animata da un pensiero nuovo, come se al loro arrivo avesse a seguire qualche avvenimento, che ciascuno dei due sperava favorevole a sé e spiacevole all'altro, e da cui dovesse, in certo modo, esser decisa la loro contesa: e non si guardavano in faccia, ma s'indovinava una lotta muta e concitata fra loro, come se si pungessero i fianchi a pugnalate sotto la tovaglia, senza farsi scorgere. Avendo steso la mano tutti e due insieme per prendere una saliera, e previsto a tempo che le loro mani si sarebber toccate, le ritirarono tutti e due nello stesso punto, e continuarono a mangiar senza sale. E anche l'idea che, arrivato in America, non avrei più avuto davanti agli occhi quello spettacolo miserando, mi rallegrava.
A un certo punto osservai che mancavano la signora della Chartreuse e la madre della pianista, e non potendo supporre che con quel tempo patissero il mal di mare, ne domandai notizie all'agente, che sedeva tra me e l'avvocato. Ma come! Non sapevo nulla? Avevo già la testa in America, dunque. Oh! una scena da teatro. Da vari giorni la "domatrice" aveva sentore che quell'altra sparlasse di lei, e indovinava l'argomento della maldicenza: lo vedeva riflesso nel viso di certi passeggieri, che a certe ore la guardavan sorridendo, e che mettevan gli occhi allo spiraglio dell'uscio, passando davanti al suo camerino. Ma quel giorno la sua cameriera, incaricata di spiare, avea sentito tutto: quella serpe in gonnella la diceva affetta d'incipiente delirium tremens, e faceva delle descrizioni abbominevoli del suo camerino, - dove era pur stata varie volte a succhiarle il maraschino di Zara, - una vera cantina di liquorista, con le bottiglie fin sotto il cuscino del letto, dei bicchierini sporchi in tutti gli angoli, e una collezione completa di acque minerali, di polveri e di pasticche, per riparare la mattina agli sconcerti gastrici prodotti dalle bevute del giorno. Ma oramai diceva che non v'era più riparo possibile, perché il male era troppo avanzato, e citava un giudizio desolante del medico, raccomandando ai signori di non passarle vicino col sigaro acceso. Intesa questa relazione, in un momento appunto che aveva i fumi alla testa, la grossa signora non aveva fatto altro che correre difilata verso il camerino della buona amica, e incontratala a mezzo del corridoio, in presenza di parecchi, gliene aveva dette, a voce spiccata, tre - non più di tre - ma con l'accento e lo sguardo della sua professione, e di quelle che può ispirare soltanto la Chartreuse stagionata, quella vera autentica dei Frati benemeriti, quando è bevuta in dose conveniente. L'altra, con una faccia imperterrita, gliene aveva risposto una sola, trisillabica, ma che valeva quelle tre messe in mazzo. E allora... le cameriere erano accorse, e le contendenti, convulse, erano rientrate tempestando ciascuna nel proprio camerino, dove erano svenute, mezz'ora dopo.
Ma, dicendo questo, l'agente pensava ad altro, e pareva che stesse osservando una corrispondenza di sguardi fra due persone lontane della tavola. E infatti, dopo qualche minuto, gli intesi modulare a bassa voce il lungo grido di Amleto davanti al teatrino della reggia: - Oooooo profetica anima mia! - E subito mi afferrò per il braccio e mi confidò all'orecchio la sua maravigliosa scoperta. - Guardi dunque, senza farsi scorgere, - mi disse poi. Ed io guardai, e non tardai ad accertarmi del fatto. Ogni due o tre minuti i begli occhi azzurri e vuoti della signora bionda si fissavano per qualche momento sul comandante, e sul largo faccione rosso e burbero di costui balenava un lampo, un impercettibile sorriso mezzo nascosto dalle sopracciglia aggrottate e dai baffi ispidi, somigliante a un piccolissimo tratto azzurro apparente per lo squarcio d'un cielo nuvoloso, e subito ricoperto; ma gli occhi azzurri rifissandolo, lo squarcio si riapriva e l'azzurro si rimostrava; e non c'era il minimo dubbio: il gioco gentile si ripeteva regolarmente, c'era una intesa fra il capetto biondo e il testone rosso, la sirena aveva cantato, l'orso polare aveva dato ascolto, il Galileo s'era arreso. - Ah! ora capisco, - diceva l'agente, piccato, - perché la scena è andata in fumo! Ah! Porcaie a bordo no ne veuggio! Ah! pezzo d'un tartufo marino! Questo è troppo! - Ma in fondo era soddisfatto di essersi liberato dall'incubo di quel mistero, e quando salimmo sul cassero, si fregò le mani, dicendo: - E uno! Non resta più che a scoprire il fortunato a cui la signorina dedicherà il suo prossimo colpo di forbici... se le rimane ancora qualche cosa da tagliare. -
E lui e gli altri si spassarono di tutto cuore, più tardi, accennandosi la schiena rotonda del professore che, appoggiato al parapetto, dava delle spiegazioni al prete sulla costellazione dell'Orione. Era una notte incantevole, un ridentissimo augurio per il buon termine del viaggio. A occidente, sul cielo splendidamente stellato, s'alzava la luce zodiacale, in forma d'una grande piramide biancheggiante, che toccava quasi lo zenit col vertice, e abbracciava circa a un quarto dell'orizzonte. Il tratto di via lattea che corre fra lo Scorpione e il Centauro e i quattro diamanti bellissimi della Croce del Sud, appariva mirabilmente vivo. E le nubi di Magellano, le vaste nebulose solitarie che facevano battere il cuore e brillar la penna dell'Humboldt, formavano intorno al polo australe due maravigliose macchie bianche, sfumate nell'infinito. E si vedevano stelle cadenti a ogni tratto, come una pioggia rada di fiori di fuoco, che strisciavano il cielo di luce argentea, rossigna, dorata, azzurra; ma più grandi assai in apparenza, per effetto della maggior purezza atmosferica, di quel che si vedevano sul nostro orizzonte. La chiarezza del cielo era tale che il bastimento vi disegnava netti i suoi cordami e i suoi alberi neri, e guardando dalla piazzetta, si vedevano stelle fra le sartie, stelle fra i paterazzi, nei vani delle griselle, intorno alle antenne; e stelle pure si riflettevano nel mare quieto, in modo che non pareva di navigare, ma di volare sopra un naviglio aereo dentro agli splendori del firmamento. Eppure quasi nessuno guardava. Ciascuno di quei mille e settecento atomi viventi aveva dentro di sé una speranza, o un timore, o un rammarico, appetto al quale tutti quei milioni di mondi non gl'importavan di più d'un nuvoletto di polvere sollevato da terra col piede.
A prua, infatti, si sentiva un mormorio vivissimo di conversazioni; ma più raccolto e più eguale dell'altre sere; e non canti né grida: si capiva che tutti parlavano d'interessi, di faccende, di cose serie. Al momento della separazione delle donne dagli uomini, si udirono dei: - Buona notte! - pieni di sottintesi, e cento voci vibranti: - A domani, dunque! - È l'ultima notte! - Domani a terra! - Fra ventiquattr'ore in America! - Ed eran già tutti sotto da un pezzo, che dalle scale dei dormitori veniva su ancora un bisbiglio sonoro e come la respirazione d'una moltitudine commossa. Era il flusso d'un mare d'anime prodotto dall'avvicinarsi d'un mondo.
L'AMERICA
Che piacevole risvegliarsi! Quelle parole "oggi sentiremo la terra sotto i piedi" nelle quali s'esprimeva il pensiero di tutti, avevan per noi come un suono e una forza nuovi, e si provava a ripeterle una specie di piacer fisico, come quello che si sente stringendo il braccio intorno a una colonna di granito. Oltre che per l'altre ragioni, si desiderava impazientemente d'arrivare anche per questa, che, in fine d'una lunga navigazione, s'è stanchi irritati da non poterne più di quella perpetua danza di linee, di quel continuo accorciarsi, piegarsi e ritorcersi a cui s'è costretti dall'angustia d'ogni cosa, e da quell'eterno odor di salsedine, di catrame e di legno. Che allegrezza sarà riveder le strade, fiutar l'odore della campagna, e coricarsi fra quattro muri verticali, non sentendo più che la casa che ci ricetta ha un palpito di vita propria, da cui dipende la nostra! Per caso, s'era passati a notte fitta davanti alle isole Canarie e a quelle del capo Verde, e per la stessa ragione non s'era vista nemmeno quella piccola isola di Fernando de Noronha, del Brasile, che desideravano tutti per veder rotta almeno un momento la monotonia di quell'interminabile mare. Non un palmo di terra dallo stretto in poi, in diciotto giorni. Mi pareva che se ne avessi avuto una zolla nelle mani l'avrei rivoltata e odorata con piacere, come un frutto proibito. Infine, tra poche ore ne avremmo avuto da saziarsi: due pezzi di trentotto milioni di chilometri quadrati, in forma di due belle pere allungate, equivalenti ciascuna a una settantina di Italie.
Siccome si credeva d'arrivare a Montevideo di pieno giorno, così, fin dalla mattina all'alba, cominciò fra gli emigranti un lavoro di ripulitura generale, affrettato e rude, che volevano salvare al possibile il decoro nazionale, non presentandosi all'America in aspetto di pezzenti lerci e selvatici. L'acqua dolce essendo distribuita con profusione, per essere l'ultimo giorno, era un lavamento furioso, come d'una folla di cavatori usciti da una miniera di carbone, un tuffar di teste nelle gamelle, una musica di soffi e di sbuffi, e spruzzi d'acqua da ogni lato, che parea che piovesse. Molti spingevano vigorosamente il pettine a traverso a foreste capillari rimaste vergini da Genova in poi; altri, coi piedi nudi, si pulivan le scarpe a sputi e a cenciate; e chi spazzolava, chi sbatteva, chi passava in rivista i suoi panni spiegazzati e spelati. Il barbiere veneto, imitatore dei cani, aveva aperto bottega all'aria libera, vicino all'opera morta di sinistra, dove gli scorticandi, seduti in lunga fila come i turchi sulle piazze di Stambul, aspettavano il loro turno, grattandosi le guance a due mani e motteggiando fra loro. Si vedevano biancheggiare a centinaia colli e braccia nude di bimbi scamiciati e di donne in gonnella. Alcune si pettinavano l'una coll'altra, o spopolavano la testa ai ragazzi; altre rabbriccicavano in furia giacchette e calzoncini, o vuotavano sacche e valigie logore in cerca di panni freschi o di biancheria, e in quell'allegrezza che aveva ravvivato la cordialità , le famiglie si prestavano mille piccoli servizi, con grande ricambio d'insistenze e di ringraziamenti ad alta voce. Un fremito di vita giovanile correva da tutte le parti e al disopra del mormorio vivo della folla, s'udivan di tratto in tratto delle grida: - Viva l'America! - o dei trilli acuti in ...
[Pagina successiva]