[Pagina precedente]...fin all'altro emisfero. Saliti sul cassero, trovammo quella scellerata sputapepe, che parea che godesse in cuore d'essere finalmente riuscita a sollevare uno scandalo e notammo tutti e due un'animazione non mai veduta sul viso sciapito della sua figliuola, come il riverbero d'una compiacenza segreta; della quale l'agente cercò invano la causa con un lungo sguardo girante, sospettoso che ci fosse per aria un altro colpo di forbici. Passando davanti alla dispensa, vedemmo gli sposi ritti davanti al banco, che bevevano rosolio annacquato. L'agente li salutò. Lo sposo disse timidamente: - Festeggiamo l'equatore. - Eh! - rispose l'altro, in tuono di dispetto, guardandoli fisso tutti e due; - mi pare che festeggino tutti i paralleli! — E quelli nascosero in fretta il viso nel bicchiere. Poi s'andò a bere un bicchierino di Chartreuse sull'uscio del camerino della domatrice, che riceveva gli amici con gli occhi natanti nella dolcezza, e diceva che avrebbe voluto che il viaggio durasse un anno, tanto trovava la compagnia ben combinata, educata, cortese, piacevole; e un'altra filza d'aggettivi zuccherini, che parevano usciti dai molti bicchierini variopinti che doveva aver già centellinati nella giornata. Di là risalendo sul cassero, trovammo delle novità : la signora argentina, vera imperatrice del piroscafo, con un corteo d'ammiratori intorno, vestita d'una veste color vaniglia, che dava un risalto maraviglioso alla sua calda e florida carnagione di creola, e tutta raggiante in viso, come se fosse contenta d'entrare nella metà del mondo ch'era sua; e la signora svizzera che passeggiava per la prima volta col suo antico deputato, senza che alcuno avesse osservato in che giorno e in che modo fosse avvenuta la riconciliazione. Mezz'ora della sua conversazione scucita, sbalzellante, vuota, tutta piccole sciocchezze color di rosa e risatine spostate di sartina brilla, ci persuase che essa era felice d'aver rimesso la sua zampetta bianca nel Parlamento di Buenos Ayres. E pareva anche felice il marito delle sue escursioni professorali fra gli emigranti, poiché stava raccogliendo nuove nozioni geografiche dal Secondo, con una carta marina spiegata sotto gli occhiali. In tutti gli occhi pareva che balenasse una speranza confusa, quale si suol vedere in faccia alla gente l'ultimo giorno dell'anno, come se confidassero tutti di essere aspettati nell'emisfero di sotto da una miglior fortuna di quella che avevano avuta nell'altro.
E l'allegria crebbe ancora a pranzo, dove, eccettuati il garibaldino e la signora della spazzola, che rimase muta e digiuna con lo scopo visibilissimo di fare un dispetto visibile a suo marito, tutti chiacchierarono calorosamente, come una gran tavolata di buoni amici. E si ebbe la grande sorpresa, quella sera, di sentir la voce dei coniugi brasiliani, i quali, messi sul discorso dagli argentini, ed eccitati a poco a poco dall'amor di patria, descrissero con una eloquenza ammirabile, che ci fece rimaner tutti, le bellezze del loro paese, dalla grande baia di Rio Janeiro, coronata di monti a pan di zucchero, e tempestata d'isolette coperte di palme e di felci gigantesche, alle vaste foreste oscure, somiglianti a fitti colonnati di cattedrali senza termine, popolate di scimmie e di pantere, corse da sciami di pappagalli verdi e rosati, sorvolate da nuvoli di gemme e di fiori con l'ali, e di coleotteri accesi. E la conversazione essendosi allargata su quell'argomento, tutti i passeggieri che avevan visitato il Brasile si misero a raccontare e a descrivere insieme, e allora tutta la flora e la fauna brasiliana furono messe sossopra, e passarono sopra la tavola i tapiri e i coccodrilli dei fiumi immensi, i rospi enormi che latrano, i pipistrelli mostruosi che dissanguano i cavalli, le serpi orribili che succhiano il seno alle donne, e le rane che cantano sulle cime degli alberi, e le tartarughe lunghe due metri, e le enormi formiche di San Paolo che gl'indigeni mangiano fritte; e alla descrizione aggiungendosi l'armonia imitativa, fu un frastuono di muggiti, di gracchi e di sibili che pareva d'essere davvero in mezzo a una foresta dei tropici, e in qualche momento si provava un senso di ribrezzo. I soli che non sentissero nulla erano gli sposi, che approfittando della distrazione dei parlatori, si passavano con riguardo il braccio intorno alla vita, bruciati con gli occhi dalla pianista; e la signora bionda, la quale distribuiva occhiate luccicanti all'argentino, al peruviano, al toscano, al tenore, con una prodigalità veramente un po' troppo vistosa; tanto che il comandante, alla fine, si lasciò scappare di bocca la sua frase d'ammonizione: - Quella scignôa a me comença a angosciâ! [4] — Ma fu rasserenato dal brindisi del marsigliese; il quale si levò in piedi, e sporgendo innanzi il busto patagonico, e alzando sopra il capo la tazza dello Champagne, disse con accento grave: - Je bois à la santé de notre brave Commandant... à la Société de navigation... à l'Italie, messieurs! - E tutti applaudirono, fuorché il mugnaio. Ed io gli perdonai in quel momento lo strazio che faceva della mia lingua, e quello che s'immaginava di aver fatto delle mie concittadine.
Levatici da tavola, salimmo sul terrazzino del palco di comando, preceduti dal quarto ufficiale che portava una bracciata di razzi, di girandole e di candele romane. A stento vi si stava tutti, ed io fui spinto a sinistra, davanti al Commissario, e in mezzo all'"impiccato" e al "direttore della società di spurgo inodoro". La prua era già tutta affollata, ma il cielo essendo coperto di nuvole dense, e non mandando che una luce velata i tre fanali bianco, rosso e verde, che ardevano, come tre occhi, alle due estremità del terrazzino e alla testa d'albero, tutta quella folla rimaneva quasi all'oscuro; e da quell'oscurità venivan su cento suoni confusi di canti di briachi, di risa di donne e di grida di bimbi, che parevan d'una moltitudine dieci volte maggiore. Mi sembrava di essere sul terrazzo d'una casa municipale, la sera d'una dimostrazione carnevalesca contro il sindaco. Quando si accese il primo fuoco di bengala, s'udì uno scoppio di evviva, e si videro mille e seicento visi illuminati, una vasta calca di gente ritta sulle boccaporte e sui parapetti, accucciata sul tetto dell'osteria e sulle gabbie, afferrata ai paterazzi, arrampicata sulle sartie, in piedi sulle seggiole, sulle bitte, sulle botti, sui lavatoi; e siccome non restava scoperto neanche un palmo di tavolato, ed anche i contorni del bastimento eran nascosti dalle persone, così tutta quella folla pareva sospesa per aria, e che volasse lenta sopra il mare, come uno sciame di spettri. Nel grande silenzio ammirativo s'alzavano voci solitarie di burloni: - Ooooh Baciccia! - Dagh on taj - Cadìa, monsú Tasca! - Poi tutti zitti, e si risentiva distinto il fischio dei fuochi, e il rumor cadenzato della macchina. Delle piogge di fuoco cadevano sul mar quieto e oleoso, non increspato da una bava di vento, e i razzi scoppiavano e svanivano nell'immenso cielo silenzioso, quasi senza far rumore, come nel vuoto. Ad ogni sprazzo di luce m'appariva nella folla qualche viso conosciuto: ora la faccia superba della Bolognese, che s'alzava dalla cintola in su sopra le sue vicine; ora il viso estatico dello scrivanello; ora la negra dei brasiliani, stretta in un cerchio di visi accesi; lì sotto la faccetta rotonda della contadina di Capracotta, vicino al macello la faccia impassibile del frate, in fondo al castello di prua la maschera misteriosa del saltimbanco. E si vedevano qua e là delle coppie strettissime, che l'irradiazione improvvisa d'una girandola costringeva a correggere in fretta l'atteggiamento, e le risa soffocate, le voci di rimprovero e gli strilli che scoppiavano ogni tanto, tradivano un gran lavorìo di pizzicotti e di palpatine audaci e ostinate. - Questa sera, — disse il Commissario, — il povero gobbo avrà da sudar sangue. - Intanto la luce di bengala tingeva successivamente tutte quelle facce di porpora, di bianco, di verde, e ad ogni nuovo scoppio di razzo, sonavano più alte le grida: - Viva l'America! - Viva il Galileo! e più rade: - Viva l'Italia! - E al disopra delle teste si vedevano muovere cappelli, fazzoletti, bicchieri, e bimbi sorretti dalle madri, che agitavano le braccia nude: vere immagini viventi della spensieratezza infantile di quella gioia di popolo, la quale soffocava per un momento tanti dolori. Finalmente i fuochi finirono, e il piroscafo, ridiventato nero, ma senza che cessasse la festa, si sprofondò gridando e cantando nelle tenebre dell'altro emisfero.
Ma la gioia senza causa di quella folla, su quel confine d'un nuovo mondo, in quella solitudine, di notte, mi fece più pietà che non me n'avesse mai fatta la sua tristezza, mi parve come una luce sinistra che gettasse essa medesima sulle sue miserie, e mi opprimesse l'anima. O miseria errante del mio paese, povero sangue spillato dalle arterie della mia patria, miei fratelli laceri, mie sorelle senza pane, figli e padri di soldati che han combattuto e che combatteranno per la terra in cui non poterono o non potranno vivere, io non v'ho mai amati, non ho mai sentito come quella sera che dei vostri patimenti, della diffidenza bieca con cui ci guardate qualche volta, siamo colpevoli noi, che dei difetti e delle colpe che vi rinfacciano nel mondo, siamo macchiati noi pure, perché non v'amiamo abbastanza, perché non lavoriamo quanto dovremmo pel vostro bene. E non ho provato mai tanta amarezza come in quell'ora di non poter dare per voi altro che parole. All'ultimo sogno di Fausto pensai: aprire una terra nuova a mille e a mille, e vederla fiorire di messi e di villaggi sui passi d'un popolo operoso, libero e contento. Per questo solo importerebbe di vivere, perché la patria e il mondo siete voi, e finché voi piangerete sopra la terra, ogni felicità degli altri sarà egoismo, e ogni nostro vanto, menzogna.
IL PICCOLO GALILEO
Dopo quel giorno di baldoria, come accade sempre, ricadde la noia sul piroscafo più plumbea di prima, accompagnata da un caldo fortissimo, e accresciuta dallo spettacolo d'un mare di colore ributtante; il quale dava l'immagine di quello che si dice che il mare sarebbe se non avesse impedimento il moltiplicarsi prodigioso di certi pesci: uno spaventevole e pestilenziale carnaio di merluzzi e di aringhe in putrefazione. Oppressi da quel tedio, e ancora rintontiti dai disordini del dì prima, la maggior parte dei passeggieri di terza non si levavan nemmeno quando i marinai, facendo la solita lavatura con le pompe, incrociavano da tutte le parti rigagnoli e getti d'acqua violenti: si lasciavano innaffiare con gli occhi chiusi, come cani decrepiti. Tutto il piroscafo parve per molte ore immerso in un letargo profondo, e m'è ancora rincrescevole il ricordo di quel giorno, dopo tanto tempo, come quello della faccia d'un morto. Rivedo nell'afa del mezzodì il genovese disfatto dalla noia, che s'affaccia al mio camerino, e mi domanda: - Andiamo a veder ammazzare? — Come? Chi ammazzano? — Un bove: egli lo sapeva sempre il giorno prima, e andava a vedere, per sbattere l'uggia. Oh ore eterne, passate col naso al finestrino, a guardare con gli occhi stupidi quel mare dell'accidia e del sonno! Dicono che il tempo è moneta, ed io avrei dato un secolo di quelle ore per cinque centesimi. E mare, e mare, e mare. Quel Mediterraneo lassù mi si presentava alla fantasia piccolissimo, come un laghetto azzurro soffocato tra i monti, e lontano al di là d'ogni idea; e quel non vedere mai altro che acqua ed acqua mi faceva balenare l'orribile sospetto che si fosse sbagliato rotta, e che si filasse diritto verso il polo antartico, per andar a cozzare nei ghiacci eterni. Fortunatamente mi venne a scuotere Ruy Blas; il quale, guardandomi con un occhio pesto che voleva far indovinare una notte di dissolutezza aristocratica, mi diede una buona notizia. Il battesimo era fissato per le quattro.
Tutto era già stabilito. Battesimo e registrazione civile sarebbero stati fatti nella camera nautica, post...
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