[Pagina precedente]... il telegrafo.
Il buon uomo rimase stupito. - Il telegrafo! - esclamò. - Per telegrafare?
L'ufficiale capì a volo: era un piccolo genovese, fino come la triaca, gran maestro di corbellature, e sempre serio.
- Per telegrafare, - rispose; - s'intende. O a che cosa deve servire? Per mezzo d'un filo mobile noi ci teniamo in continua comunicazione col cavo sottomarino, e mandiamo notizie all'armatore di quattro in quattr'ore.
L'ometto espresse la sua ammirazione; poi disse timidamente, avendo già il suo pensiero: - Già... non servirà che per uso del piroscafo.
- In via di favore, - rispose l'uffiziale, - serve anche per i passeggieri.
- Ma allora, - esclamò l'altro con espansione, - io manderei un telegramma a mia moglie!
Un momento fu trattenuto dal pensiero della spesa; ma inteso che, per esser quella un'eccezione, si sarebbero attenuti alla tariffa ordinaria, fu tutto contento, e scrisse il dispaccio. - Sto bene. Mar buono. Metà strada. Ti abbraccio, ecc. E domandò se sua moglie avrebbe potuto rispondere. Sì, certo poteva rispondere. - Perché la conosco, - disse; - è donna da levarsi il pan di bocca per mandarmi una buona parola. - E voleva pagare; ma l'ufficiale non volle: doveva fare il calcolo dei centesimi addizionali: avrebbe pagato la sera, verso le quattro, ritornando a vedere se ci fosse risposta.
Felice, il buon diavolo se ne va, lasciando il foglio. Ritorna alle tre: niente. Alle tre e mezzo: niente. Alle quattro trova dieci benedette parole: - Grazie. Bene. Dio ti accompagni. Prego per te. Torna presto.
Fuor di sé, legge due volte, bacia il foglio, vuol pagare. - Ma che! - dice l'ufficiale. - È una miseria da non parlarne. E poi, farò passare il dispaccio come di servizio. Piuttosto, poiché ha delle buone bottiglie in cassetta, ne stapperà una a tavola, e saremo pari. - E come no? Ne stapperò una, ne stapperò due! Si dovrà star allegri. Ah! la scienza dell'uomo a che cosa è arrivata! - Per farla breve, alle quattro, a tavola, le due bottiglie furono stappate e bevute, e il povero uomo s'esilarò tanto, che ne fece stappare una terza, una quarta, e tutta la cassetta, così ostinatamente difesa fin allora, fu asciugata. La notizia, frattanto, s'era già sparsa, e quando egli uscì di tavola, eccitato, rosso, trionfante, e salì sul castello centrale per fare il chilo, fu ricevuto con una chiassata di carnevale. Non capì subito perché lo beffassero; ma quando capì, mentre tutti s'aspettavano di vederlo restar fulminato, si mise a ridere di compassione, e se ne tornò verso le seconde, esclamando: - Ignorantoni!... Bestioni!... Asinoni!... - beato, imperturbabile in mezzo al concerto di latrati, di gnauli e di canti di gallo che l'accompagnava.
E quella scenata seguiva davanti a uno degli aspetti più stupendi che offrano l'oceano e il cielo nella regione dei tropici. Essendosi squarciato poco innanzi al tramonto il velo fitto di vapori che ci avvolgeva da tre giorni, il sole calava nel mare come un rubino enorme, gettando sulle acque tranquille una lunghissima striscia purpurea abbagliante come un torrente di lava accesa che corresse a incenerire il Galileo. E quando il sole toccò l'orizzonte, le nuvole, infocate dei più pomposi colori, cominciarono a svolgersi lentamente, presentando mille forme maravigliose, che ci facevano stare a bocca aperta, e sclamare man mano che si cangiavano: - Che peccato! - come allo svanire d'un sogno incantevole. Erano monti d'oro, da cui precipitavano fiumi di sangue, fontane immense di metalli in fusione, padiglioni sublimi, sfolgoranti di sotto d'una così gloriosa luce, che, a fissarvi lo sguardo, la mente vacillava un momento, e s'aspettava con un senso quasi di trepidazione l'ultima visione di Dante, i tre giri di tre colori e d'una contenenza, dipinti dell'effigie umana, davanti a cui mancò possa all'alta fantasia.
IL DORMITORIO DELLE DONNE
E mare, mare, mare. A momenti c'era da immaginare che fossero scomparse le terre dalla superficie del globo, e che noi navigassimo sull'oceano universale, senz'approdare mai più. Non eran più le acque gialle dei giorni innanzi; ma il cielo bianco, il sole bianco, un mare che pareva un'immensa lastra di piombo, e sul piroscafo tutto quello che si toccava, scottava. E il caldo cocente non era il peggio: era un puzzo d'aria fracida e ammorbata, che dalla boccaporta spalancata dei dormitori maschili ci saliva su a zaffate fin sul cassero, un lezzume da metter pietà a considerare che veniva da creature umane, e da far spavento a pensare che cosa sarebbe seguito se fosse scoppiata a bordo una malattia contagiosa. Eppure, ci dicevano, non v'eran più passeggieri di quanti la legge consente che s'imbarchino in relazione con lo spazio. Eh! che m'importa, se non si respira! Ha torto la legge. Essa permette che si occupi sui piroscafi italiani uno spazio maggiore quasi d'un terzo di quello che è concesso sui piroscafi inglesi e americani; e non è là a vedere se il tutto bene trovato dalla polizia alla partenza, sia mantenuto poi durante il viaggio; a impedire, per esempio, che s'imbarchino in altri porti più passeggieri di quello che rimanga di posti, e che si caccino viaggiatori sani nello spazio riservato agl'infermi, e che s'improvvisino dei dormitori alla bella diana. Quanto rimane da fare ancora dentro a questi bei piroscafi che il giorno della partenza si vedono luccicare come palazzi di principi! Sulla maggior parte, i marinai e i fuochisti ci stanno come cani, l'infermeria è un bugigattolo, i luoghi che dovrebbero essere più puliti, fanno orrore, e per mille e cinquecento viaggiatori di terza classe, non c'è un bagno! E dican quello che vogliono gli igienisti che han fissato il numero necessario dei metri cubi d'aria: la carne umana è troppo ammassata, e che una volta si facesse peggio, non scusa: oggi ancora è una cosa che fa compassione e muove a sdegno.
Intanto, man mano che s'alzava la colonna termometrica, crescevano per il Commissario le occupazioni e i fastidi; principalissimo dei quali era il dormitorio delle donne, in cui doveva scendere molto sovente, di giorno e di notte, per ristabilire il buon ordine o vegliare alla pulizia. Anche a non tener conto del da fare, sarebbe bastato quello spettacolo obbligatorio a disamorare dell'ufficio qualunque galantuomo. S'immaginino due piani sotto coperta, come due vastissimi mezzanini, rischiarati da una luce di cantina, e in ciascuno di essi tre ordini di cuccette posti l'un sull'altro, tutto intorno alle pareti e nel mezzo, e lì circa a quattrocento tra donne e bambini poppanti e spoppati, e trentadue gradi di calore. Qui, nella cuccetta più bassa, dormiva una donna incinta con un bimbo di due anni, sopra di lei una vecchia settantenne, sopra di questa una giovinetta sul primo fiore; là s'allungava una cafona calabrese accanto a una signora caduta nell'indigenza; più oltre un'avventuriera di città, che si dava il belletto al buio, a fianco d'una contadinella timorata di Dio, che dormiva con la corona del rosario tra le mani. A scender là di notte, si vedevano spenzolare dalle cuccette capigliature grigie, trecce bionde, fasce di lattanti, orribili stinchi senili e belle gambe di ragazze, e un cenciume di scialli, di vestiti e di sottane di tutti i colori naturali e acquisiti immaginabili e possibili, come bandiere dell'esercito infinito della miseria; e sul tavolato dei mucchi confusi di stivaletti, di zoccoli, di ciabatte, di legacci, di scarpettine, di calze, da metter sgomento a pensare ch'eran mucchi di quistioni e di battibecchi preparati per il domani, all'ora della levata. Molte non dormivano. Il Commissario s'avanzava in mezzo a un cicaleccio fitto di conversazioni, rotto da risa represse, da vagiti, da sospiri di ragazze, da gemiti di donne oppresse dal caldo, da mormorii di vecchie, che non potendo chiuder occhio, masticavano paternostri e avemmarie. Tratto tratto era chiamato da una mano o da una voce sommessa, e doveva chinarsi o levarsi in punta di piedi per ascoltare un lamento o una protesta. - Signor Commissario, le diceva una nell'orecchio, ci metta rimedio lei: c'è quella ragazza del numero 25 che è uno scandalo; ci ho qua sotto due ragazzetti; le dica di stare a dovere: o in che luogo siamo? Un'altra voleva che avvertisse le due vicine di sopra di non mettere i piedi fuori e di parlare più pulito. Le vecchie, in particolar modo, lo tormentavano per la buona morale, e denunziavano le colpevoli, in gran segretezza, rabbiose. - Ci ponga un po' mente lei, signor Commissario. Loro non vedono niente, mi scusi. C'è il numero 77, quella bionda, che ogni notte al tocco sale in coperta e non torna più che alle quattro. È una porcheria che deve finire. Altre volevano cambiare di posto, a cagione d'una vicina asmatica, o perché la ragazza che avevano a lato, un poco di che, senza dubbio, spandeva un puzzo di muschio da mandar la testa per aria. E il Commissario doveva quietarle: - Vedremo, provvederemo, dormite intanto, riposate, datevi pace. - E andando innanzi così al chiarore fioco delle lanterne, intravvedeva delle madri addormentate che si stringevano i bimbi al petto, respirando affannosamente, col viso contratto da un sogno doloroso o spaventevole; dei seni giovanili non scoperti per caso; delle bocche senza denti spalancate nel sonno come se urlassero; degli occhi che luccicavano nell'ombra, fissandolo, con un sorriso che faceva un'offerta. E qualche volta, per le corsie, s'abbatteva in un viso sospetto, che doveva sottoporre a un interrogatorio. - Dove andate a quest'ora? - Su (naturalmente) per un'occorrenza. - Con quegli occhi in solluchero? Vi do tempo cinque minuti, e poi vi tasterò il polso. - Un po' più in là, s'arrestava a fare un'ammonizione: - Ve lo dico per l'ultima volta, se non vi trovo domani con la camicia cambiata, ve la taglio! Non avete vergogna? E la rimproverata rispondeva qualche volta il vero, pur troppo: - Non ne ho altra, signorino! - E avanti, di corsia in corsia; da una parte rimetteva sul cuscino il capo d'una bimba nuda che sporgeva troppo in fuori; dall'altra faceva tacere due comari bracone che si scanagliavano a bassa voce per una quistione nata la mattina alla ripartizione della galletta; e quattro passi più giù faceva coraggio a una povera donna sola che, presa dalla malinconia, piangeva sul capezzale, dicendo che aveva il presentimento di non trovar più suo marito in America. E a furia di passare e di ripassare conosceva il modo di dormire di tutti. La bolognese, che stava coricata di fianco, toccava quasi con l'anca enorme la cuccetta di sopra; la bella contadina di Capracotta si rivoltolava come uno scoiattolo; quelle due ciuffone di coriste dormivan con le gambe e le braccia buttate di qua e di là come le aste d'un X; e la signora "decaduta" si teneva disteso addosso quel povero vestito di seta nera, come il drappo funebre della sua antica fortuna. La più bella e tranquilla era anche nel sonno la ragazza genovese, che riposava supina, lunga, tutta coperta, come una statua di regina, distesa sulla sue tomba di marmo. Ma la vista di tutte quelle canizie misere, di tutte quelle madri senza casa e senza pane, dormenti sopra l'oceano, a migliaia di miglia dalla patria abbandonata e dalla terra promessa, gli teneva lontano dalla mente ogni pensiero sensuale, anche davanti alle molte nudità ostentate o inconsapevoli che gli occorreva di vedere. Egli passava là sotto come un medico in un ospedale, non meno inaccessibile a ogni tentazione di quello che lo fosse quel povero vecchio annaspo di marinaio, che l'accompagnava con una lanterna alla mano. Infelice gobbetto! Per lui, non protetto dalla dignità della carica, il mestiere era ben più duro; tanto più quando, uscito il commissario, egli rimaneva solo nel dormitorio, col secchiolino dell'acqua e il ramaiolo a disposizione di tutte le assetate. - Vien qua, vecio - A mi, omm di persi - Dessédet, pivel! - Acqua! - Ægua! - Eva! - De bev! Da baver! In presenza sua, leticavano forte, infischiandosi del regolamento, e ridevan di lui; e quando le re...
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