[Pagina precedente]...tefano: - Talvolta è brusco, certo, ma non sempre, e anche quando lo è non incute spavento. Si fa quello che vuole lui, perché gli si vuol bene. Poi, sempre a voce bassa, modulata dolcemente, ella disse: Un uomo che pensa è tutt'altra cosa di quelli che non pensano. - Si capiva che parlando di
quegli altri, pensava a gente in cui s'era imbattuta ed egli, distratto per un istante dal suo doloroso imbarazzo, la guardò con compassione. Ella aveva ragione d'amare negli altri le qualità che le giovavano; da sola, così dolce e debole, non si sarebbe potuta difendere.
Ma il Balli si ricordò di nuovo di lui: - Come sei ammutolito! - Poi, rivolto ad Angiolina, chiese: - E sempre così nelle lunghe sere che passate insieme?
Ella che pareva dimentica dei suoi inni d'amore, disse con malumore: - E un uomo serio.
Il Balli ebbe la buona intenzione di risollevarlo: ne tessé la biografia caricandola: - Come bontà è lui il primo ed io il quinto. E il solo maschio col quale io abbia saputo andar d'accordo. E il mio alter ego, il mio altro io, pensa come me, e... è sempre del mio parere quando io subito non so essere del suo. - All'ultima frase aveva dimenticato il proposito col quale aveva cominciato a parlare e, di buon umore, schiacciava Emilio sotto il peso della propria superiorità . Quest'ultimo non seppe far altro che comporre la bocca ad un sorriso.
Poi sentì che sotto quel sorriso doveva essere ben facile d'indovinare uno sforzo e, per simulare meglio disinvoltura, volle parlare. S'era discorso, - egli non sapeva neppure da chi, - di far posare Angiolina per una figura che il Balli ideava. Egli era d'accordo: - Si tratta già di copiare la sola testa - disse ad Angiolina come se non avesse saputo che ella avrebbe accordato anche di più. Ma ella, senza interpellarlo, mentre egli era stato distratto dai discorsi di Margherita, aveva già accettato, e, bruscamente, interruppe le parole di Emilio, che, per nulla spontanee, s'erano disposte in una perorazione fuori di luogo, esclamando: - Ma se ho già accettato.
Il Balli ringraziò e disse che ne avrebbe sicuramente approfittato, ma soltanto di là a qualche mese, perché, per il momento, era troppo occupato con altri lavori. La guardò lungamente sognando la posa in cui l'avrebbe ritratta e Angiolina divenne rossa dal piacere. Almeno Emilio avesse avuto un compagno di sofferenza. Ma no! Margherita non era affatto gelosa, e guardava Angiolina anche lei con l'occhio d'artista. Stefano ne avrebbe fatta una cosa bella, disse, e parlò con entusiasmo delle sorprese che le aveva date l'arte, quando dall'argilla docile usciva una faccia, un'espressione, la vita.
Il Balli presto si rifece brusco. - Lei si chiama Angiolina? Un vezzeggiativo con codesta statura da granatiere? Angiolona la chiamerò io, anzi Giolona. - E da allora la chiamò sempre così con quelle vocali larghe, larghe, il disprezzo stesso fatto suono. Emilio si sorprese che il nome non dispiacesse ad Angiolina; ella non se ne adirò mai e quando il Balli glielo urlava nelle orecchie, rideva come se qualcuno le avesse fatto il solletico.
Al ritorno il Balli cantò. Aveva una voce uguale, di gran volume, ch'egli mitigava modulandola con ottimo gusto, immeritato dalle canzoncine volgari ch'egli prediligeva. Quella sera ne cantò una di cui, per la presenza delle due donne, non poteva pronunziare tutte le parole, ma seppe farle intendere lo stesso con la malizia e la sensualità della voce e dell'occhio. Angiolina ne fu incantata.
Quando si divisero, Emilio ed Angiolina stettero per un istante fermi a guardare l'altra coppia che s'allontanava. - Cieco! - disse ella. - Come fa ad amare una trave affumicata che si regge a stento?
La sera appresso ella non lasciò ad Emilio il tempo di farle i rimproveri ch'egli aveva meditati nella giornata. Aveva di nuovo da raccontargli delle cose sorprendenti. Il sarto Volpini le scriveva - ella aveva dimenticato di portar seco la lettera, - che egli non avrebbe potuto sposarla che di là ad un anno. Un suo socio glielo impediva con la minaccia di disdire la società e di lasciarlo senza capitali. - Pare che il socio voglia dargli in moglie una propria figliuola, una gobbetta che starebbe veramente bene accanto al mio futuro. Però il Volpini assicura che entro un anno egli potrà far senza del socio e del suo denaro e allora sposerà me. Capisci? - Egli non aveva capito. - C'è dell'altro - disse ella dolcemente e confusa. - Il Volpini non vuole vivere con quel desiderio per tutto un anno.
Ora egli capì. Protestò. Come si poteva sperare d'ottenere da lui un simile consenso? E d'altronde che cosa poteva obiettare? - Quali garanzie avrai della sua onestà ?
- Quelle che vorrò. Egli è pronto a fare un contratto da un notaio.
Dopo una breve pausa egli chiese: - Quando?
Ella rise: - La prossima domenica non può venire. Vuole disporre tutto per il contratto che si farà di qui a quindici giorni e poi... - S'interruppe ridendo e lo abbracciò.
Sarebbe stata sua! Non era così ch'egli aveva sognato il possesso, ma l'abbracciò anche lui con effusione e volle convincersi d'essere perfettamente felice. Senza dubbio, doveva esserle grato! Ella gli voleva bene, o meglio voleva bene anche a lui. Di che si sarebbe potuto lagnare?
D'altronde era forse quella la guarigione ch'egli sperava. Insozzata dal sarto, posseduta da lui,
Ange sarebbe morta , e si sarebbe divertito anche lui con Giolona, lieto com'ella voleva tutti gli uomini, indifferente e sprezzante come il Balli.
V
Come l'aveva detto il Balli, in causa d'Angiolina, fino a quella cena, i rapporti fra i due amici erano stati molto freddi. Di rado Emilio aveva cercato l'amico e non s'era accorto neppure di trascurarlo; l'altro poi se ne era offeso e aveva cessato di corrergli dietro, per quanto quell'amicizia gli fosse stata ancora sempre cara come tutte le altre sue abitudini. La cena tolse l'ostinazione a Stefano e gli diede invece il dubbio di aver offeso lui l'amico. Non gli erano sfuggite le sofferenze di Emilio, e quando si dileguò in lui il piacere di sentirsi amato da tutte e due le donne, piacere intenso, ma che durava una frazione d'ora, la coscienza lo rimorse. Per farla tacere, a mezzodì del giorno appresso corse da Emilio per tenergli un predicozzo. Un buon ragionamento avrebbe potuto curare Emilio meglio dell'esempio e se anche non fosse servito affatto, sarebbe valso almeno a fargli riacquistare la veste di amico e consigliere e togliergli l'aspetto di rivale da lui assunto per una debolezza ch'egli diceva una distrazione.
Venne ad aprirgli la signorina Amalia. Quella ragazza ispirava al Balli un sentimento poco gradevole di compassione. Egli credeva fosse permesso di vivere soltanto per godere della fama, della bellezza o della forza o almeno della ricchezza, ma altrimenti no, perché si diveniva un ingombro odioso alla vita altrui. Perché dunque viveva quella povera fanciulla? Era un errore evidente di madre natura. Talvolta, quando veniva in quella casa e non ci trovava l'amico, adduceva qualche pretesto per andarsene subito subito perché quella faccia pallida e quella voce fioca lo rattristavano profondamente. Ella, invece, che aveva voluto vivere la vita di Emilio, s'era considerata amica del Balli.
- E' in casa Emilio? - chiese il Balli impensierito.
- S'accomodi, signor Stefano - disse Amalia lieta. - Emilio! - gridò. - C'è il signor Stefano. - Poi fece al Balli un rimprovero: - Da tanto tempo non si aveva il piacere di vederla! Anche lei ci dimentica?
Stefano si mise a ridere: - Non sono mica io che abbandono Emilio; è lui che non vuole più saperne di me.
Accompagnandolo verso la porta del tinello, ella mormorò sorridendo: - Eh, già , intendo. - Così avevano già parlato di Angiolina.
Il quartierino si componeva di tre sole stanze alle quali, dal corridoio, si accedeva per quell'unica porta. Perciò, quando capitava qualche visita nella stanza di Emilio, la sorella si trovava prigioniera nella propria ch'era l'ultima. Non era facile ch'ella si presentasse spontaneamente; era più selvaggia con gli uomini che non Emilio con le donne. Ma il Balli, dal primo giorno in cui era venuto in casa, aveva fatta eccezione alla regola. Dopo averlo sentito spesso descrivere come un uomo rude, ella lo vide per la prima volta alla morte del padre; subito si familiarizzò con lui, meravigliato della sua mitezza. Egli era un confortatore squisito. Aveva saputo tacere e parlare a tempo. Con discrezione, qua e là aveva saputo discutere e regolare l'enorme dolore della fanciulla; talvolta l'aveva aiutata, suggerendole l'espressione più precisa, più soddisfacente. Ella s'era abituata a piangere in sua compagnia, ed egli era venuto di frequente, compiacendosi di quella parte di confortatore da lui tanto bene intuita. Cessato quello stimolo, egli s'era ritirato. La vita di famiglia non gli si confaceva e poi, a lui che amava soltanto le cose belle e disoneste, l'affetto fraterno offertogli da quella brutta fanciulla doveva dar noia. Era del resto la prima volta ch'ella gli avesse mosso un rimprovero perché trovava naturale che egli si divertisse meglio altrove.
Il piccolo tinello, oltre al tavolo bellissimo di legno bruno intarsiato, l'unico mobile della casa dimostrante che in passato la famiglia era stata ricca, conteneva un sofà alquanto frusto, quattro sedie di forma simile ma non identica, una seggiola grande a braccioli ed un vecchio armadio. L'impressione di povertà che faceva la stanza era aumentata dall'accuratezza con cui quelle povere cose erano tenute.
Entrando in quel quartiere, il Balli ripensò all'ufficio di consolatore nel quale s'era trovato tanto bene; gli pareva di passare per un luogo ove avesse sofferto lui stesso, ma sofferto dolcemente assai. Gustava il ricordo della propria bontà , e pensò di aver avuto torto d'evitare per tanto tempo quel luogo ove si sentiva più che mai uomo superiore.
Emilio lo accolse con accurata gentilezza precisamente per celare il rancore che gli covava in fondo all'anima; non voleva che il Balli potesse avvedersi del male che gli aveva fatto, lo avrebbe sì, rimproverato e aspramente, ma studiando il modo di celare la propria ferita. Lo trattava proprio come un nemico. - Qual buon vento ti conduce?
- Son passato di qua e ho voluto salutare la signorina che non vedevo da tanto tempo. La trovo d'aspetto migliorato di molto - disse il Balli guardando Amalia che aveva le guance rosse, i buoni occhi grigi animatissimi
Emilio la guardò e non vide nulla. Il suo rancore divenne subito violento accorgendosi che Stefano non ricordava affatto gli avvenimenti della sera prima e poteva perciò contenersi con lui con tale disinvoltura: - Ti sei divertito molto, tu, iersera, e un po' anche alle mie spalle.
L'altro fu stupito del risentimento manifestatosi evidente a lui più che per altro perché quelle parole erano fuori di proposito, in presenza di Amalia. Se ne sorprese. Egli non aveva fatto nulla che avesse potuto offendere Emilio; le sue intenzioni, anzi, erano state tali che avrebbe creduto di meritare un inno di ringraziamento. Per reagire meglio all'attacco perdette subito la coscienza del proprio torto e si sentì puro di ogni macchia. Ne parleremo poi - disse per riguardo ad Amalia. Costei se ne andò ad onta che il Balli, il quale non aveva alcuna premura di spiegarsi con Emilio, volesse trattenerla.
- Non capisco che cosa tu mi possa rimproverare
- Oh, nulla - disse Emilio che, preso di fronte, non trovò niente di meglio di quest'ironia.
Il Balli, in seguito alla convinzione della propria innocenza, fu più esplicito. Disse ch'egli era stato quale s'era proposto di essere allorché s'era offerto di dargli degli insegnamenti. Se si fosse messo anche lui a belare d'amore, allora sì che la cura sarebbe riuscita bene. Giolona doveva essere trattata come aveva fatto lui, ed egli sperava che col tempo Emilio avrebbe saputo imitarlo. Non credeva, non poteva credere che una simile donna fosse presa sul serio, e la descrisse circa con le parole stesse con cui giorni prima gliel'aveva descritt...
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