[Pagina precedente]...elle parole, cercava di distoglierlo dal suo proposito, egli disse che andava all'appuntamento perché voleva approfittare di quel suo stato d'animo per liberarsi per sempre da Angiolina.
Stefano non gli credette; gli pareva di sentir parlare il solito debole Emilio e gli parve di renderlo più forte raccontandogli che quel giorno stesso egli era stato obbligato di scacciare Angiolina dallo studio. Lo disse con parole che non potevano lasciare dubbio sul motivo.
Emilio impallidì. Oh, la sua avventura non era ancora morta. Rinasceva proprio là , al letto della sorella. Angiolina lo tradiva un'altra volta in modo inaudito. Gli parve di essere preso dallo stesso affanno di cui soffriva Amalia; proprio nell'istante in cui s'accorgeva che per Angiolina egli aveva dimenticato tutti i suoi doveri, ella lo tradiva col Balli. L'unica differenza fra le ire che lo avevano colto altre volte e quella che gli toglieva ora il respiro, era ch'egli non poteva pensare di vendicarsi di quella donna altrimenti che con l'abbandono. Nella sua mente abbattuta non capiva più l'idea della vendetta. Gli avvenimenti si sarebbero svolti esattamente come se il Balli non gli avesse detto niente. Non gli era riuscito di celare la sua sorpresa dolorosa. - Te ne prego - disse con un calore che non tentò di mitigare - raccontami quello che è avvenuto.
Il Balli protestò: - Oltre alla vergogna di aver dovuto fare una volta in mia vita da casto Giuseppe, non voglio mica avere anche quella di consegnare alla storia tutti i particolari della mia avventura. Tu però sei definitivamente perduto, se in una giornata simile vai ancora col pensiero a quella donna.
Emilio si difese. Disse che già dalla mattina aveva deciso di abbandonare Angiolina, e che perciò le parole del Balli avevano potuto addolorarlo solo per il rimpianto di aver dedicato ad una simile donna tanta parte della propria vita. Stefano non doveva credere ch'egli sarebbe andato a quell'appuntamento con l'intenzione di fare una scena ad Angiolina. Sorrise debolmente. Oh, ne era tanto lontano! Anzi le parole del Balli avevano avuta tanto poca efficacia su di lui ch'egli non credeva di essere più risoluto di prima a troncare quella relazione. - Son tutte cose che mi commovono perché mi riconducono col pensiero al passato.
Egli mentiva. Era il presente che s'era accalorato meravigliosamente. Dov'era lo sconforto che lo aveva preso durante la lunga, vana assistenza che aveva prestata ad Amalia? Queleccitazione non costituiva un sentimento sgradevole. Avrebbe voluto correre via per giungere più presto a quel momento in cui avrebbe detto ad Angiolina di non volerla rivedere più. Sentiva però il bisogno di ottenere prima il consenso del Balli. Non gli fu difficile, perché Stefano sentiva quel giorno sì viva compassione per lui, da non avere il coraggio d'opporsi ad un suo desiderio.
Emilio, dopo una lieve esitazione, pregò il Balli di restare a far compagnia alla signora Elena. Già , egli contava d'essere di ritorno tra poco. Perciò un'altra volta Angiolina aveva accostato Stefano ed Amalia.
Il Balli raccomandò ad Emilio di non degnarsi di far delle scene ad Angiolina. Il Brentani ebbe un sorriso calmo di persona superiore. Se anche il Balli non la domandava, gli dava l'assicurazione ch'egli ad Angiolina non avrebbe neppure parlato di quell'ultimo tradimento appreso allora. E questa era sinceramente la sua intenzione. Egli si figurava l'ultimo colloquio con Angiolina, mite, forse affettuoso. Aveva bisogno che fosse così. Le avrebbe raccontato che Amalia moriva e ch'egli rinunziava a lei senza rimproveri. Non l'amava più, ma non amava nient'altro a questo mondo.
Col cappello in mano andò al letto d'Amalia. Ella lo guardò lungamente: - Vieni a pranzo? - gli chiese. Poi cercò di guardare dietro di lui e gli chiese di nuovo: - Siete venuti a pranzo? - Ella cercava sempre il Balli.
Salutò la signora Elena. Ebbe un'ultima esitazione. Il destino s'era sempre compiaciuto di mettere bizzarramente la sventura d'Amalia accanto al suo amore per Angiolina; non poteva perciò succedere che la sorella morisse proprio quando egli si trovava per l'ultima volta con l'amante? Ritornò a quel letto e nella poveretta trovò l'immagine stessa dell'angoscia. S'era abbattuta su un fianco e teneva la testa fuori del guanciale, fuori del letto. Invano quella testa, dai pochi capelli umidi e arruffati, cercava un punto dove posare. Era evidente che quello stato poteva precorrere immediatamente l'agonia; tuttavia Emilio la lasciò ed uscì.
Aveva risposto alle nuove raccomandazioni del Balli con un nuovo sorriso. L'aria rigida della sera lo scosse, lo refrigerò fino in fondo all'anima. Lui usare delle violenze ad Angiolina! Perché era lei la causa della morte d'Amalia? Ma quella colpa non poteva esserle rimproverata. Oh, il male avveniva, non veniva commesso. Un essere intelligente non poteva essere violento perché non v'era posto a odii. Per l'antica abitudine di ripiegarsi su se stesso e analizzarsi, gli venne il sospetto che forse il suo stato d'animo era risultato dal bisogno di scusarsi e di assolversi. Ne sorrise come di cosa comicissima. Come erano stati colpevoli lui e Amalia di prendere la vita tanto sul serio! Alla riva, dopo di aver guardato l'orologio, si fermò. Qui il tempo appariva peggiore che non in città . Al sibilare del vento si univa imponente il clamore del mare, un urlo enorme composto dall'unione di varie voci più piccole. La notte era fonda; del mare non si vedeva che qua e là biancheggiare qualche onda che il caos aveva voluto infranta prima di giungere a terra. Sui battelli, alla riva, si era sull'attenti e si vedeva qualche figura di marinaio, in alto, su quegli alberi che facevano la solita varia danza nelle quattro direzioni, lavorare nella notte e nel pericolo.
Ad Emilio parve che quel tramestìo si confacesse al suo dolore. Vi attingeva ancora maggiore calma. L'abito letterario gli fece pensare il paragone fra quello spettacolo e quello della propria vita. Anche là , nel turbine, nelle onde di cui una trasmetteva all'altra il movimento che aveva tratto lei stessa dall'inerzia, un tentativo di sollevarsi che finiva in uno spostamento orizzontale, egli vedeva l'impassibilità del destino. Non v'era colpa, per quanto ci fosse tanto danno.
Accanto a lui un grosso marinaio piantato solidamente sulle gambe coperte di stivaloni, urlò verso il mare un nome. Poco dopo gli rispose un altro grido; egli allora si gettò su una colonna vicina, ne slegò una gomena che v'era attortigliata, l'allentò e la saldò di nuovo. Lentamente, quasi impercettibilmente, uno dei maggiori bragozzi si allontanò dalla riva ed Emilio comprese ch'era stato attaccato ad una boa vicina per salvarlo dalla terra.
Il grosso marinaio prese ora tutt'altra attitudine; s'era appoggiato alla colonna, aveva accesa la pipa e in quel diavoleto si godeva il suo riposo.
Emilio pensò che la sua sventura era formata dall'inerzia del proprio destino. Se, una volta sola nella sua vita, egli avesse avuto da slegare e riannodare in tempo una corda; se il destino di un bragozzo, per quanto piccolo, fosse stato affidato a lui, alla sua attenzione, alla sua energia; se gli fosse stato imposto di forzare con la propria voce i clamori del vento e del mare, egli sarebbe stato meno debole e meno infelice.
Andò all'appuntamento. Il dolore sarebbe ritornato subito dopo; per il momento egli amava ad onta di Amalia. Non c'era dolore in quell'ora in cui egli poteva fare proprio quello che la sua natura esigeva. Assaporava con voluttà quel sentimento calmo di rassegnazione e di perdono. Non pensò nessuna frase per comunicare il suo stato d'animo ad Angiolina; anzi il loro ultimo abboccamento doveva esserle assolutamente inesplicabile, ma egli avrebbe agito come se qualche essere più intelligente fosse stato presente a giudicare lui e lei
Il tempo s'era risolto in un vento freddo e violento, ma continuo, uguale; nell'aria non c'era più alcuna lotta.
Angiolina gli venne incontro dal viale di Sant'Andrea. Vedendolo esclamò con grande stizza - una stonatura dolorosa nello stato d'animo di Emilio: - Son qui da mezz'ora. Ero in procinto di andarmene.
Egli, dolcemente, la trasse accanto ad un fanale e le fece vedere l'oriuolo che segnava precisamente l'ora stabilita per l'appuntamento.
- Allora mi sono ingannata - disse ella, non molto più dolcemente. Mentre egli andava studiando il modo con cui dirle che quello sarebbe stato l'ultimo loro incontro, ella si fermò e gli disse: - Per questa sera dovresti lasciarmi andare. Ci vedremo domani; fa freddo e poi...
Egli fu strappato all'indagine che sempre continuava su se stesso e la guardò, la osservò; comprese subito che non era il freddo che le faceva desiderare d'andarsene. Lo colpì inoltre di trovarla vestita con maggior accuratezza del solito. Un vestito bruno che non le aveva mai visto, elegantissimo, sembrava tirato fuori per qualche grande occasione; anche il cappello gli sembrò nuovo, e osservò persino delle scarpettine poco adatte per camminare a Sant'Andrea con quel tempo. - E poi? - ripeté egli fermandosele accanto e guardandola negli occhi.
- Senti, voglio dirti tutto - disse lei assumendo un aspetto di confidenza risoluta, assolutamente fuori di posto e continuò imperterrita, senz'accorgersi che lo sguardo di Emilio si faceva sempre più torvo: - Ho ricevuto un dispaccio dal Volpini con cui m'annunzia il suo arrivo. Non so che cosa egli voglia da me; ma a quest'ora, certo, si trova già a casa mia.
Ella mentiva, non v'era alcun dubbio. Il Volpini cui, nella mattina, egli aveva scritto quella lettera, eccolo che, prima di riceverla, arrivava, contrito, a chiedere scusa. Sconvolto, rise triste: - Come? Colui che ieri ti scrisse quella lettera, oggi capita a ritirarla in persona ed anzi ti avvisa la sua venuta telegraficamente. Grandi affari! Grandi affari! Da dover ricorrere al telegrafo! E se tu ti ingannassi e in luogo del Volpini fosse un altro?
Ella sorrise ancora sicura di sé: - Ah, a te è stato raccontato dal Sorniani, che due sere fa mi ha visto a ora tarda sulla via, accompagnata da un signore? Avevo lasciata la casa dei Deluigi in quel momento, e avendo paura di camminar sola di notte, quella compagnia mi riuscì comoda. - Egli non l'udiva, ma l'ultima frase di quella ch'ella credeva fosse una giustificazione, la udì e, per la sua stranezza, la ritenne: - Quello era un
Deo gratias qualunque. - Poi continuò: - Peccato che ho dimenticato a casa il dispaccio. Ma se non mi vuoi credere, tanto peggio. Non vengo forse sempre puntuale a tutti gli appuntamenti? Perché oggi avrei da inventare delle frottole per mancarvi?
- E' facile capirlo! - disse Emilio ridendo rabbiosamente.
- Oggi tu hai un altro appuntamento. Vattene presto! C'è qualcuno che t'attende.
- Ebbene, se credi di me questa cosa, è meglio ch'io me ne vada! - Parlava risoluta, ma non si mosse.
Le parole fecero a lui lo stesso effetto come se fossero state accompagnate dall'atto immediato. Ella voleva lasciarlo! - Aspetta prima un istante, che ci spieghiamo! - Anche nell'ira enorme che lo pervadeva tutto, egli pensò un momento se non fosse tuttavia possibile di ritornare allo stato di calma rassegnata in cui s'era trovato poco prima. Ma non sarebbe stato giusto di atterrarla e calpestarla? L'afferrò per le braccia per impedirle di andare, s'appoggiò al fanale che aveva dietro di sé e avvicinò la propria faccia sconvolta a quella di lei rosea e tranquilla. - E' l'ultima volta che ci vediamo! - urlò
- Sta bene, sta bene - disse ella occupata soltanto a liberarsi di quella stretta che le faceva male.
- E sai perché? Perché tu sei una... - Esitò un istante, poi urlò quella parola che persino alla sua ira era sembrata eccessiva, la urlò vittorioso, vittorioso del suo stesso dubbio.
- Lasciami - gridò ella sconvolta dalla rabbia e dalla paura - lasciami o chiamo aiuto.
- Tu sei una... - replicò egli che finalmente, vedendola irritata, poteva rinunziare a percuoterla. - Ma credi dunque che io da lungo tempo non mi sia accor...
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