[Pagina precedente]...e tentativo.
Il Carini se ne andò promettendo di ritornare il giorno appresso di buon'ora. - Ebbene, dottore? - domandò ancora una volta Emilio con voce supplichevole. Invece di una risposta il dottore disse qualche parola di conforto e di voler rimandare il suo giudizio al giorno appresso. Il Balli uscì col Carini promettendo di ritornare subito; voleva prendere il dottore a quattr'occhi e sentire se avesse parlato ad Emilio con piena sincerità .
Emilio s'aggrappava con tutte le forze alla sua speranza. Il dottore s'era ingannato quando aveva creduto che Amalia fosse una beona; tutta la sua prognosi poteva perciò essere errata. Non conoscendo limiti ai sogni, Emilio pensò persino che la salute di Amalia potesse ancora dipendere da lui. Ella era ammalata prima di tutto, perché egli aveva mancato al dovere di proteggerla; ora invece egli era là per procurarle tutte le soddisfazioni, tutti i conforti, e questo il dottore l'ignorava. Andò al letto d'Amalia come se avesse voluto portarle soddisfazioni e conforti, ma là si sentì subito inerme. La baciò in fronte, e stette lungamente a guardarla affannarsi per conquistare un po' d aria ai suoi poveri polmoni.
Il Balli, ritornato, sedette in un cantuccio quanto più lontano poté dal letto di Amalia. Il dottore non aveva potuto che ripetergli quanto già aveva detto ad Emilio. La signora Elena chiese di poter andare per un istante nel suo quartierino, ove doveva dare qualche disposizione; avrebbe mandata lei la sua fantesca in farmacia. Uscì accompagnata da un'occhiata d'ammirazione del Balli. Non occorreva consegnarle dei denari, perché, per una vecchia abitudine, i Brentani avevano conto aperto in farmacia.
Il Balli mormorò: - La bontà così semplice mi commuove più che non la genialità più alta.
Emilio aveva preso il posto lasciato libero da Elena. Da parecchio tempo l'ammalata non diceva alcuna parola comprensibile; borbottava indistintamente quasi si fosse voluta esercitare a pronunciare delle parole difficili. Emilio poggiò la testa sulla mano e stette ad ascoltare quell'affanno sempre uguale, vertiginoso. Era dalla mattina che lo udiva, e gli pareva divenuto una qualità del proprio orecchio, un suono da cui non avrebbe saputo più liberarsi. Ricordò, che una sera, ad onta del freddo, s'era alzato in camicia dal letto per usare una gentilezza alla povera sorella, che egli aveva sentito soffrire accanto a lui: le aveva offerto di accompagnarla la sera appresso a teatro. Aveva sentita una grande consolazione percependo della riconoscenza nella voce di Amalia. Poi aveva dimenticato quell'istante, e non aveva più cercato di ripeterlo. Oh, se egli avesse saputo che nella sua vita c'era una missione tanto grave come quella di tutelare una vita affidata unicamente a lui, egli non avrebbe più sentito il bisogno di avvicinarsi ad Angiolina. Ora, troppo tardi forse, era guarito di quell'amore. Pianse in silenzio, nell'ombra, amaramente.
- Stefano - chiamò l'ammalata a bassa voce. Emilio trasalì e guardò il Balli che si trovava nella parte della stanza ancora scarsamente illuminata dalla luce della finestra. Stefano non doveva aver udito perché non s'era mosso.
- Se tu lo vuoi, voglio anch'io - disse Amalia. Rinascevano con le identiche parole gli antichi sogni, che il brusco abbandono del Balli aveva soffocati. L'ammalata aveva ora aperti gli occhi e guardava la parete di faccia: - Io sono d'accordo - disse - fa tu, ma presto. - Un colpo di tosse le fece contrarre la faccia dal dolore, ma subito dopo disse: - Oh, la bella giornata! Tanto attesa! - Richiuse gli occhi.
Emilio pensò che avrebbe dovuto allontanare il Balli da quella stanza, ma non ebbe il coraggio. Aveva fatto già tanto male una volta in cui s'era interposto fra il Balli e Amalia. Il balbettìo dell'ammalata ridivenne, per qualche tempo, incomprensibile, ma, quando Emilio incominciava a tranquillarsi, dopo un nuovo accesso di tosse, ella disse chiaramente: - Oh, Stefano, io sto male.
- Chiamò me? - domandò il Balli alzandosi e venendo sino al letto.
- Non ho udito - disse Emilio confuso.
- Io non capisco, dottore, - disse l'ammalata, rivolta al Balli - io sto quieta, mi curo e sto sempre male.
Meravigliato di non essere riconosciuto dopo di essere stato chiamato, il Balli parlò come se fosse stato lui il dottore; le raccomandò di continuare ad essere buona e che fra poco sarebbe stata bene.
Ella continuava: - Che bisogno avevo io di tutto questo... questo... - e si toccò il petto e il fianco - di questo... - L'affanno si sentiva intero solo nelle pause, ma queste erano prodotte da esitazioni, non dalla mancanza di respiro.
- Di questo male - soggiunse il Balli suggerendole la parola ch'ella invano cercava.
- Di questo male - ripeté lei riconoscente. Ma poco dopo le ritornò il dubbio di essersi espressa male e affannosamente riprese: - Che bisogno avevo io di questo... Oggi! Come faremo con questo... questo... in una giornata simile?
Il solo Emilio comprese. Ella si sognava a nozze.
Amalia però non espresse tale pensiero. Ripeté ch'ella non aveva avuto bisogno del male, che credeva nessuno l'avesse voluto e proprio adesso... proprio adesso. L'avverbio però non era mai precisato altrimenti e il Balli non lo poteva intendere Quando ella si adagiava sul guanciale e guardava dinanzi a sé o chiudeva gli occhi, si rivolgeva con assoluta familiarità all'oggetto dei suoi sogni; quando li riapriva, non s'avvedeva che quell'oggetto si trovava in carne ed ossa accanto al suo letto. L'unico che potesse comprendere il sogno era Emilio, che conosceva tutti i fatti reali e tutti i sogni precedenti a questo delirio. Si sentì più che mai inutile a quel letto. Amalia non gli apparteneva nel delirio; era ancora meno sua che quando si trovava nel possesso dei suoi sensi.
La signora Elena ritornò, portando seco le pezze bagnate già preparate, e tutto il necessario per isolarle e impedire che bagnassero il letto. Denudò il petto di Amalia e lo protesse agli occhi dei due uomini ponendovisi dinanzi.
Amalia emise un lieve grido di spavento a quella improvvisa sensazione di freddo. - Le farà bene- disse la signora Elena curva su lei.
Amalia comprese, ma dimandò dubbiosa ed ansimante - Fa bene? - Volle però liberarsi da quella sensazione penosa dicendo: - Non oggi, però, non oggi.
- Te ne prego, sorella mia - pregò Emilio calorosamente trovando finalmente qualche cosa da fare - sforzati di tenere sul petto quelle pezze. Ti guariranno.
L'affanno di Amalia parve aumentato; di nuovo gli occhi le si empirono di lagrime. - E' buio - disse - assai buio. - Era infatti buio, ma quando la signora Elena s'affrettò ad accendere una candela, l'ammalata non se ne avvide neppure e continuò a lagnarsi dell'oscurità . Cercava d'esprimere così tutt'altra sensazione opprimente.
Al chiarore della candela, la signora Elena si accorse che la faccia d'Amalia era irrorata di sudore; anche la camicia ne era intrisa fino alle spalle. - Che sia un buon segno? - esclamò giocondamente.
Intanto però Amalia, che nel delirio era l'umiltà in persona, per liberarsi dal peso al petto e non contravvenire all'ordine che aveva sentito echeggiare nel suo orecchio, spinse le pezze verso la schiena. Ma anche di là le mandarono una sensazione incresciosa e, allora, con sorprendente abilità , le cacciò sotto al guanciale, lieta d'aver trovato un posto, ove poteva tenerle senz'averne a soffrire. Poi esaminò con l'occhio inquieto le facce dei suoi infermieri, di cui sentiva d'aver bisogno. Quando la signora Elena allontanò le pezze dal letto, ella ebbe un'impressione e un suono indistinto di sorpresa. Durante la notte fu questo l'intervallo in cui dimostrò maggior consapevolezza, e anche allora non ebbe che l'intelligenza di una buona bestia mite e obbediente.
Il Balli aveva fatto venire, per mezzo di Michele, varie bottiglie di vini bianchi e neri. Volle il caso che la prima bottiglia che si ponesse a mano fosse di vino spumante; il turacciolo saltò con una forte detonazione, toccò il soffitto e ricadde sul letto di Amalia. Ella non se ne accorse neppure, mentre gli altri, spaventati, seguirono con gli occhi il volo del proiettile.
Poi l'ammalata bevve il vino offertole dalla signora Elena, facendo però dei segni di disgusto. Emilio osservò quei segni con profonda soddisfazione.
Il Balli offerse un bicchiere alla signora Elena la quale accettò a patto che lui ed Emilio bevessero con lei. Il Balli bevette augurando prima con voce profonda la salute ad Amalia.
Ma la salute era ben lontana dalla poveretta: - Oh, oh, chi vedo! - fece ella poco dopo, con voce chiara guardando dinanzi a sé. -Vittoria con lui! Non può essere, perché me l'avrebbe detto. - Era la seconda volta che nominava quella Vittoria, ma ora Emilio comprese, perché aveva indovinato chi l'ammalata designasse con quel lui accentuato. Ella stava facendo un sogno di gelosia. Continuò a parlare, ma meno chiaramente. Dal solo balbettio Emilio poté seguire il sogno che durò più di quelli che lo avevano preceduto. Le due persone create dal delirio s'erano avvicinate, e la povera Amalia diceva che aveva piacere di vederle e di vederle unite. - Chi dice che a me dispiaccia? A me fa piacere. - Poi seguì un periodo più lungo, in cui borbottò soltanto delle parole indistinte. Forse il sogno era già morto da tempo ed Emilio cercava ancora in quei suoni affannosi il dolore della gelosia.
La signora Elena s'era seduta di nuovo al suo solito posto al capezzale. Emilio andò a raggiungere il Balli che, appoggiato al davanzale, guardava sulla via. L'uragano che da qualche ora minacciava, continuava ad addensarsi. Sulla via non era caduta ancora una goccia d'acqua. Gli ultimi riflessi del tramonto ingialliti dall'aria torbida, mandavano al selciato e alle case dei riverberi che parevano d'incendio. Il Balli con gli occhi socchiusi guardava e gustava lo strano colore.
Di nuovo Emilio tentò d'attaccarsi ad Amalia, proteggendola, difendendola ad onta che persino nel delirio ella lo respingesse da sé. Chiese al Balli: - Hai osservato con quale smorfia di disgusto ha bevuto quel vino? Era quella forse la faccia di chi è abituato a bere?
Il Balli gli diede ragione, ma desideroso di difendere il Carini, disse col solito ingenuo modo di espressione: - Può essere però che la malattia le abbia alterato il palato.
Emilio, dall'ira, si sentì un nodo alla gola: - Tu credi ancora nelle parole di quell'imbecille
Accorgendosi di tanta commozione, il Balli si scusò: - Io non capisco niente; la sicurezza con la quale ne parlò il Carini mi mise dei dubbi.
Emilio pianse di nuovo. Disse che non era la malattia o la morte d'Amalia che lo portava alla disperazione ma il pensiero che essa era vissuta sempre misconosciuta e vilipesa. Ora il destino implacabile si compiaceva di snaturarne la mite, dolce, virtuosa fisonomia con l'agonia dei viziosi. Il Balli cercò di calmarlo: pensandoci bene trovava anche lui impossibile che Amalia avesse avuto quel vizio. Del resto egli non aveva voluto fare un affronto alla povera fanciulla. Con profonda commiserazione, guardando verso il letto, disse: - Se anche la supposizione del Carini fosse stata giusta, io non avrei mica disprezzato tua sorella.
Stettero lungamente in silenzio alla finestra. Il giallo sulla via veniva cancellato dalla notte che si avanzava rapidamente. Il solo cielo, ove le nubi continuavano ad accavallarsi, rimaneva chiaro e giallo.
Emilio pensò che forse neppure Angiolina sarebbe andata all'appuntamento. Ma, di botto, dimenticando da un momento all'altro quello che, fin dalla mattina, aveva deciso, disse: - Io adesso andrò all'ultimo appuntamento con Angiolina. Infatti, perché no? Viva o morta, Amalia lo avrebbe diviso per sempre dall'amante, ma perché non sarebbe andato a dire ad Angiolina che voleva rompere definitivamente ogni relazione con lei? Gli si aperse il cuore alla gioia di quell'ultimo abboccamento. La sua presenza in quella stanza non giovava a nessuno, mentre andando da Angiolina egli portava subito un olocausto ad Amalia. Al Balli che, meravigliato di qu...
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