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Amalia udì quello che egli disse ma udì anche delle parole ch'egli non aveva dette; poi disse: - Se tu vuoi, io devo far così. Restiamo, ma... tanto sudiciume... - Le colarono due sole lagrime dagli occhi fino allora asciutti; rotolarono come due perle sulle guance infocate.
Poco dopo dimenticò quel dolore ma il delirio glie ne creò di nuovi. Era stata in pescheria e non vi aveva trovato pesce: - Non capisco! Perché tengono la pescheria se non ci hanno del pesce? Fanno camminare tanto, tanto, con questo freddo. L'avevano spedito via tutto e non c'era più del pesce per loro. Tutto quel dolore e l'affanno parevano provocati da tale fatto. Le sue parole fievoli e rese ritmiche dall'affanno erano sempre interrotte da qualche suono d'angoscia.
Egli non l'ascoltava più: bisognava uscire in qualche modo da quella situazione, bisognava trovare la maniera di chiamare un medico, Tutte le idee suggeritegli dalla disperazione furono da lui esaminate come se fosse stato possibile di metterle in atto. Guardò intorno a sé per trovare una corda onde legare l'ammalata al letto e poter lasciarla sola; fece un passo verso la finestra, per chiamare di là soccorso, e infine, dimenticando che non era possibile di farsi comprendere da Amalia, si mise a parlarle per ottenerne la promessa che sarebbe stata tranquilla durante la sua assenza. Premendole dolcemente le coperte sulle spalle per significarle che doveva rimanere coricata, le disse: - Starai così, Amalia? Me lo prometti?
Ella oramai parlava di vestiti. Ne avevano per un anno e perciò non c'era da far spese per un anno intero. - Non siamo ricchi ma abbiamo tutto, tutto. - La signora Birlini però poteva guardarli dall'alto in basso perché aveva di più. Ma Amalia era contenta che quella signora ne avesse di più, perché le voleva bene. Il balbettìo continuava puerile e buono ed era straziante di udirla dichiararsi tanto lieta in mezzo a tante sofferenze.
Urgeva di prendere una risoluzione. Il delirio di Amalia non le aveva dato né un gesto né una parola violenta e, toltosi allo stupore da cui era stato colto sin dal momento in cui l'aveva trovata in quello stato, Emilio uscì dalla stanza e corse alla porta di casa. Avrebbe chiamato il portinaio, poi sarebbe corso da un dottore oppure dal Balli a prendere consiglio. Non sapeva ancora quello che avrebbe fatto, ma bisognava correre per salvare quella disgraziata. Oh, quale dolore ricordarne la compassionevole nudità !
Sul pianerottolo si fermò esitante. Sarebbe voluto ritornare ad Amalia per vedere se ella non avesse approfittato della sua assenza per commettere qualche atto da delirante. Si poggiò col petto sulla ringhiera per vedere se qualcuno salisse. Si curvò per vedere più lontano e per un istante, un attimo, il suo pensiero si pervertì; dimenticò la sorella che, forse, agonizzava lì accanto, e ricordò che, proprio in quella posizione, egli usava aspettare Angiolina. Questo pensiero in quel breve istante fu tanto potente che egli, sforzandosi di veder lontano, cercò di vedere, anziché il soccorso invocato, la figura colorita dell'amante. Si rizzò nauseato.
Una porta al piano superiore s'aperse e si richiuse. Qualcuno - il soccorso - scendeva a lui. Egli salì d'un solo slancio una rampa e si trovò di fronte ad un'alta e forte figura femminile. Alta e forte e bruna; altro non vide, ma trovò subito le parole opportune: - Oh, signora! - pregò. - M'aiuti! lo farei per qualunque mio simile quello che domando a lei.
- Ella è il signor Brentani? - domandò con voce dolce e la bruna figura che veramente aveva fatto già atto di fuggire si fermò.
Egli raccontò che ritornato a casa poco prima, aveva trovato la sorella in preda a un delirio tale che non osava di lasciarla sola come avrebbe dovuto per chiamare un medico.
La signora discese: - La signorina Amalia? Poverina! Vengo con lei, subito, ben volentieri. - Ella era vestita a lutto. Emilio pensò ch'ella dovesse essere religiosa e, dopo una lieve esitazione, disse: - Dio ne la rimeriti.
La signora lo seguì nella stanza d'Amalia. Emilio fece quei pochi passi con un'angoscia indicibile. Chissà quale nuovo spettacolo lo attendeva. Nella stanza vicina non si sentiva alcun rumore, mentre a lui era sembrato che il respiro d'Amalia dovesse essere udito in tutta la casa.
La trovò voltata contro il muro. Parlava ora di un incendio; vedeva fiamme che non potevano farle altro male che mandarle un calore terribile. Egli si chinò a lei e per richiamare la sua attenzione la baciò sulle gote infiammate. Quando ella si volse a lui, egli volle assistere, prima d'andarsene, all'impressione che avrebbe fatta sulla fanciulla la vista della compagna che le lasciava. Amalia guardò la nuova venuta per un solo istante, con piena indifferenza.
- Io gliel'affido - disse Emilio alla signora. Poteva farlo. La signora aveva una faccia dolce di madre; i suoi piccoli occhi si posavano su Amalia pieni di pietà . - La signorina mi conosce disse ella e sedette accanto al letto. - Sono Elena Chierici e sto qui al terzo piano. Ricorda quel giorno in cui ella mi prestò il termometro per misurare la febbre a mio figlio?
Amalia la guardò: - Sì, ma brucia e brucerà sempre.
- Non brucerà sempre - disse la signora Elena chinandosi a lei con un buon sorriso d'incoraggiamento e gli occhi umidi dalla compassione. Pregò Emilio di darle, prima di uscire, una boccia d'acqua e un bicchiere. Per Emilio fu un affar serio trovare quelle cose in una casa ch'egli aveva abitata con l'incuria di chi sta in un albergo.
Non subito Amalia comprese che in quel bicchiere le era offerto un refrigerio; poi bevve a piccoli sorsi, avidamente. Quando si lasciò ricadere sul guanciale trovò un nuovo sollievo: il morbido braccio di Elena vi si era steso e la sua testina riposava ora sorretta con pietà . Un'onda di riconoscenza gonfiò il petto ad Emilio e, prima d'uscire, egli la tradusse in una stretta di mano ad Elena.
Corse allo studio del Balli e s'imbatté nell'amico che ne usciva. Pensò che forse vi avrebbe trovata Angiolina; respirò trovando il Balli solo. Sul proprio contegno durante la breve parte di quella giornata in cui egli aveva immaginato si potesse ancora intraprendere qualche cosa per Amalia, egli non ebbe mai rimorsi. In quelle ore egli non pensò che alla sorella, e se si fosse imbattuto in Angiolina, avrebbe trasalito dolorosamente, solo perché quella vista gli avrebbe ricordata la propria colpa.
- Oh, Stefano! M'accadono delle cose tanto gravi! - Entrò nello studio, s'assise sulla sedia più vicina alla porta e, celandosi il volto nelle mani, scoppiò in singhiozzi disperati. Non avrebbe saputo dire perché proprio allora si fosse sciolto in lagrime. Incominciava a riaversi del fiero colpo ricevuto e otteneva dal dolore riflesso lo sfogo necessario, oppure era la vicinanza del Balli - il quale ci doveva aver la sua parte nella malattia d'Amalia, - la causa di quell'emozione tanto acuta? Certo è ch'egli stesso poi s'accorse di compiacersi d'aver dato al proprio dolore un'espressione violenta; per se stesso e pel Balli. Tutto si mitigava e addolciva nel pianto; egli si sentiva sollevato e migliorato. Avrebbe dedicato il resto della vita ad Amalia. Anche se - come egli credeva - ella fosse stata pazza, l'avrebbe tenuta presso di sé non più come sorella ma come figlia. E in quel pianto si compiacque tanto da dimenticare quale urgenza ci fosse di chiamare un medico. Era proprio là il suo posto, era là ch'egli doveva agire a vantaggio di Amalia. Nell'eccitazione in cui si trovava, qualunque impresa gli parve facile e, colla sola manifestazione del proprio dolore, pensò che avrebbe fatto dimenticare tutto il passato anche al Balli. Gli avrebbe finalmente fatto conoscere Amalia, mite, buona e sventurata com'era.
Raccontò in tutti i particolari la scena di poco prima: il delirio, l'affanno di Amalia e il lungo tempo in cui egli, trovandosi solo, non s'era potuto allontanare da quella stanza fino all'intervento provvidenziale della signora Chierici.
Il Balli prese l'aspetto di persona sorpresa da una mala nuova - non certo l'aspetto sperato da Emilio - e con l'energia che in quello stato d'animo doveva essergli facile, consigliò di correre a chiamare il dottor Carini. Gli era stato descritto quale un buon medico; per di più era suo intimo ed egli l'avrebbe saputo interessare alla sorte di Amalia.
Emilio piangeva e non accennava a muoversi dal posto. Gli pareva di non aver ancora terminato; non si dava per vinto, e cercava una frase per commuovere l'amico. Ne trovò una che fece rabbrividire lui stesso: - Pazza o moribonda! - Oh, la morte! Era la prima volta ch'egli immaginava Amalia morta, scomparsa ed egli che allora allora aveva appreso di non amare più Angiolina, si vedeva solo, desolato dal rimpianto di non aver saputo approfittare della felicità , che fino a quel giorno era stata a sua disposizione, di dedicare la propria vita a qualcuno che aveva bisogno di tutela e di sacrificio. Con Amalia spariva dalla sua vita ogni speranza di dolcezza. Disse con voce profonda: - Non so se provo maggior dolore o rimorso.
Guardò il Balli per vedere se fosse stato compreso. Sulla faccia di Stefano s'impresse una meraviglia sincera: - Rimorso? - Aveva sempre creduto che Emilio fosse il modello dei fratelli, e lo disse. Ricordò però che Amalia era stata un po' trascurata in causa d'Angiolina e aggiunse: - Certo è che non valeva la pena che tu ti occupassi tanto di una donna quale è Angiolina; ma sono sventure che capitano... - Il Balli aveva capito Emilio tanto poco che dichiarò di non comprendere perché perdessero tanto tempo. Bisognava correre dal Carini e non disperare prima di sapere quello che avrebbe detto lui dello stato di Amalia. Poteva essere anche che i sintomi che spaventavano i profani impressionassero poco il medico.
Era la speranza, ed Emilio vi si abbandonò tutto. Sulla via si divisero. Al Balli sembrò consigliabile di non lasciare Amalia più a lungo sola con una straniera; Emilio ritornasse a casa: sarebbe andato lui a cercare il medico.
Ambedue si misero a correre. La fretta d'Emilio era causata dalla grande speranza che s'era insinuata poco prima nel suo animo. Non era affatto escluso che, a casa, egli potesse trovare Amalia, tornata in sé, a salutarlo grata dell'affetto che gli avrebbe letto in viso. Il suo passo rapido accompagnava e spingeva il sogno ardito. Giammai Angiolina gli aveva dato un sogno simile dettato da un desiderio sì intenso.
Non sofferse dell'aria rigida spirante da poco, tale da far dimenticare la tiepida giornata quasi primaverile che a lui era sembrata stridente contraddizione al suo dolore. Le vie s'andavano oscurando rapidamente: il cielo era coperto di grossi nuvoloni, trascinati da una corrente d'aria, che a terra non si percepiva che nell'improvviso abbassamento della temperatura. In lontananza Emilio vide sul cielo fosco la cima di un'altura gialla di luce morente.
Amalia delirava come prima. Riudendone la stanca voce, dall'identico suono dolce, la stessa modulazione puerile interrotta dall'affanno, egli comprese che mentre fuori egli aveva sperato pazzamente, in quel letto l'ammalata non aveva trovato un istante di tregua.
La signora Elena era legata al letto perché la testa dell'ammalata riposava sul suo braccio. Raccontò però che poco dopo la sua uscita, Amalia aveva respinto quel guanciale divenutole increscioso; ora l'aveva riaccettato.
Veramente l'ufficio della buona signora sarebbe stato finito, ed egli lo disse esprimendole un'infinita riconoscenza.
Ella lo guardò coi suoi buoni piccoli occhi e non mosse il braccio su cui la testina di Amalia si muoveva inquieta.
Domandò: - E chi mi sostituirà ? - Udito ch'egli aveva l'intenzione di rivolgersi al dottore per un'infermiera a pagamento, ella pregò con calore: - Allora permetta a me di restare qui. - E ringraziò quando egli, commosso, le dichiarò che non aveva mai pensato di mandarla via, ma che aveva temuto di disturbarla trattenendola. Le domandò poi se le occorresse di avvisare qualcuno della ragione della sua assenza....
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