[Pagina precedente]...nza: - Vado a vestirmi perché alle nove debbo trovarmi dalla signora Deluigi. Tu intanto leggi questa lettera - e nervosamente levò una carta da un canestro - leggila attentamente e poi mi consiglierai. - Si rattristò e le si empirono gli occhi di lagrime: - Vedrai cosa avviene. A te racconterò tutto. Sei il solo che mi possa consigliare. Ho raccontato tutto anche a mamma, ma essa, poveretta, non ha che gli occhi per piangere. - Uscì, ma rientrò subito: - Bada per il caso che mamma venga qui e ti parli, ch'ella sa tutto tranne che io mi sia data al Volpini. - Gli gettò un bacio colla mano e se ne andò.
La lettera era del Volpini, una formale lettera di congedo. Incominciava col dirle che egli s'era comportato sempre onestamente, mentre ella - ora lo sapeva - l'aveva tradita fin dal principio. Emilio si mise a leggere con maggior premura quella scrittura quasi illeggibile, temendo di trovar motivato quell'abbandono col suo nome. In quella lettera non si parlava di lui. Al Volpini era stato assicurato ch'ella non era stata la fidanzata ma l'amante del Merighi. Egli non aveva voluto crederci, ma, alcuni giorni prima, aveva risaputo con piena sicurezza ch'ella era stata a parecchi veglioni in compagnia di vari zerbinotti. Seguivano poi delle grosse frasi che, malamente connesse, davano l'impressione della perfetta sincerità del buon uomo e facevano ridere solo per qualche parolona, che doveva essere stata presa di peso da un vocabolario.
Entrò la vecchia Zarri. Le mani al solito posto sotto al grembiale, s'appoggiò al letto e aspettò pazientemente ch'egli avesse terminato di leggere quella lettera. - Cosa le sembra? - chiese con la sua voce nasale. - Angiolina dice di no, ma a me sembra che la sia finita col Volpini.
Emilio era stato meravigliato da una sola delle asserzioni del Volpini. - E vero - chiese - che Angiolina sia stata tanto spesso a veglioni? - Tutto il resto, ch'ella cioè fosse stata l'amante del Merighi e di molti altri, era per lui assolutamente vero e gli pareva anzi che per il fatto che un altro era stato ingannato come e meglio di lui, egli dovesse risentirsi meno di quelle menzogne che gli erano apparse sempre offensive. Ma la lettera apprendeva anche a lui qualche cosa di nuovo. Ella sapeva fingere meglio di quanto egli avesse sospettato. Il giorno prima ella aveva ingannato persino il Balli con l'espressione di gioia che aveva avuto al pensiero di andare per la prima volta ad un veglione.
- Son tutte bugie - disse la vecchia Zarri con la calma con cui si dice cosa che si suppone già creduta da chi la ode. - Angiolina viene ogni sera a casa direttamente dal lavoro, e si corica subito. La vedo io andare a letto. - L'abile vecchia! Ella certo non era stata ingannata e non ammettava si credesse ch'ella ingannasse.
La madre uscì non appena entrò la figlia. - Hai letto? - chiese Angiolina sedendoglisi accanto. - Che te ne sembra?
Con tanto di muso, Emilio disse rudemente che il Volpini aveva ragione, perché ad una promessa sposa non era permesso di andare ai veglioni.
Angiolina protestò. Lei ai veglioni? Non aveva visto la gioia ch'ella aveva provato la sera prima, all'idea di andare ad un veglione, il primo in vita sua?
Citato in quel modo, l'argomento perdeva ogni vigore. Quella gioia, ricordata come una prova, doveva esserle costata una grande fatica se poi s'era impressa tanto bene nella memoria. Ella portò anche molte altre prove: era stata con lui tutte le sere che non aveva dovuto andare dalla Deluigi; non possedeva un solo straccio che potesse servire a mascherarsi, ed anzi contava sul suo aiuto per provvedersi del necessario per la mascherata che avevano progettata. Non convinse Emilio, ormai sicuro ch'ella era stata tutto quel carnevale frequentatrice assidua dei veglioni, ma dalle tante prove portate con un calore seducente, egli fu rabbonito. Ella non s'offendeva dell'offesa fattale d'aver dubitato di lei. Ella s'attaccava a lui, cercava di convincerlo e di commuoverlo, e il Balli non c'era!
Poi capì ch'ella aveva bisogno di lui. Ella non voleva ancora lasciar libero il Volpini e, per tenerlo, contava sui consigli d'Emilio, nel quale aveva l'enorme fiducia che hanno gli incolti per i letterati. Quest'osservazione non tolse ad Emilio la soddisfazione per l'affetto che gli era offerto, perché era sempre meglio che doverlo al Balli. Volle anche meritarsi quelle espansioni e si mise a studiare con tutta serietà la questione che gli era sottoposta.
Dovette subito accorgersi ch'ella la comprendeva meglio di lui. Con grande accortezza ella osservò che per sapere come si dovesse comportarsi, bisognava prima di tutto sapere se il Volpini credesse nelle notizie ch'egli dava per sicure o se avesse scritta quella lettera tentando con essa di appurare vaghe voci raccolte; e poi, l'aveva scritta con la ferma intenzione di prendere congedo, oppure per minaccia e pronto a cedere al primo passo che Angiolina avrebbe fatto verso di lui? Emilio dovette rileggere quello scritto e gli fu forza ammettere che il Volpini affastellava troppi argomenti per averne uno solo di assolutamente buono. Di nomi non citava che quello del Merighi. - Quanto a questo so ben io come rispondere, - disse Angiolina con grande ira. - Egli dovrà pur riconoscere d'avermi posseduta per primo.
Messo su quella via, Emilio fece un'osservazione che corroborò il modo di vedere di Angiolina. Nella chiusa magniloquente, il Volpini dichiarava che la lasciava, prima di tutto perché lo tradiva, e poi perché la trovava freddissima con lui e sentiva ch'ella non lo amava. Era quello il momento di lagnarsi di un difetto, ch'era forse il solo di carattere, se gli altri rimproveri avevano quella serietà che lo scrivente aveva voluto far credere? Ella gli fu gratissima di quell'appunto che confermava all'evidenza la giustezza della propria interpretazione e non ricordò ch'era stata lei ad avviarlo a quella ricerca. Oh, ella non era una letterata né ci teneva ad essere lodata. Si trovava nella lotta e impugnava con la stessa energia ogni arme che le sembrasse efficace, senza curarsi di vedere chi l'avesse costruita.
Ella non volle scrivere subito al Volpini perché aveva da correre via essendo attesa dalla signora Deluigi; ma a mezzodì si sarebbe trovata in casa e pregava Emilio di venirci anche lui. Lo aspettava, e fino a quell'ora, tanto lui quanto lei dovevano pensare unicamente a quell'oggetto. Anzi egli doveva portare con sé in ufficio quella lettera per studiarla con comodità .
Uscirono insieme, ma ella lo prevenne che si dovevano dividere prima d'entrare in città . Ella non aveva più alcun dubbio che a Trieste vi fossero delle persone incaricate di spiarla per conto del Volpini: - Infame! - esclamò con enfasi. - M'ha rovinata! - Odiava il suo antico promesso, come se fosse stato veramente lui a rovinarla. - Ora naturalmente, egli sarebbe lieto di liberarsi del suo impegno, ma avrà da fare con me. - Confessò ch'ella l'odiava profondamente. Le faceva fastidio come una sucida bestia. - Sei stato tu la colpa che mi sono data a lui - Vedendolo sorpreso di quell'incolpazione, fatta per la prima volta con violenza, ella si corresse: - Se non per tua colpa, certo per amor tuo.
Con queste dolci parole lo lasciò ed egli restò convinto che l'incolpazione non era stata fatta per altro motivo che per indurlo ad appoggiarla con tutte le forze in quella lotta ch'ella stava per imprendere contro il Volpini.
Egli la seguì per un pezzo e vedendola in mezzo alla via, offrirsi sfacciatamente con l'occhio ad ogni passante, fu ripreso dalla sua malattia che dominò ogni altro suo sentimento. Dimenticando la paura che ella s'aggrappasse a lui, egli ebbe una gioia intensa dell'accaduto. L'abbandono del Volpini le faceva sentire bisogno di lui e a mezzodì, per un'altra ora intera egli avrebbe potuto tenerla tutta per sé e sentirla intimamente sua.
Nella città laboriosa, in cui a quell'ora nessuno camminava per diporto, la figura di Angiolina, morbida e colorita, con quel passo calmo e quell'occhio attento a tutt'altra cosa che alla propria strada, attirava l'attenzione di tutti. Ed egli sentì che, vedendola, si doveva immediatamente pensare all'alcova per cui ella era fatta. Non uscì per tutta la mattina dall'eccitazione che aveva prodotta in lui quell'immagine.
Si propose di far sentire a mezzodì ad Angiolina il valore del proprio aiuto, e di fruire di tutti i vantaggi che quella posizione eccezionale gli offriva. Fu ricevuto dalla vecchia Zarri, che con grande gentilezza lo invitò ad accomodarsi in stanza della figlia. Egli, stanco della salita che aveva fatta rapidamente, si assise, sicuro di veder comparire Angiolina. - Non c'è ancora disse la vecchia guardando verso il corridoio come se anche lei si fosse attesa di veder capitare la figlia.
- Non c'è? - chiese Emilio provando una delusione tanto dolorosa da indurlo persino a non credere alle proprie orecchie.
- Non capisco perché ritardi - continuò la vecchia, sempre guardando fuori della porta. - Sarà stata trattenuta dalla signora Deluigi.
- Fino a che ora potrebbe tardare? - domandò egli.
- Non so, - rispose l'altra con una grande ingenuità . - Potrebbe essere qui subito, ma se ha pranzato dalla signora Deluigi, allora potrebbe tardare anche fino a questa sera. - Stette zitta per un istante, molto pensierosa e poi, più sicura, soggiunse: - Non credo però che resti a pranzo fuori di casa, perché il suo pranzo è pronto di là .
Acuto osservatore, Emilio s'accorse benissimo che tutti quei dubbi erano finti, e che la vecchia doveva sapere che Angiolina non sarebbe venuta tanto presto. Ma, come sempre, la sua forza d'osservazione gli fu di piccola utilità . Trattenuto dal desiderio, attese lungamente, mentre la madre di Angiolina gli faceva compagnia, silenziosa, seria tanto, che poi nel ricordo Emilio la scoperse ironica. La più piccola delle figlie era venuta a porsi accanto alla madre e si soffregava sul fianco di costei come un gattino sullo stipite di una porta.
Egli se ne andò sconfortato, congedato dai saluti gentilissimi della vecchia e della fanciulla. Egli accarezzò i capelli di quest'ultima, che avevano il colore di quelli dell'Angiolina. In genere, salvo la rosea salute, ella andava somigliando alla sorella.
Pensò che forse sarebbe stato saggio partito vendicarsi di quel tiro d'Angiolina, non andando da lei finché ella non l'avesse chiamato. Ora che ne aveva bisogno sarebbe venuta ben presto in cerca di lui. Ma la sera, subito dopo l'ufficio, egli rifece la strada proponendosi intanto d'indagare la causa di quell'inesplicabile assenza. Era possibilissimo che si fosse trattato di un caso di forza maggiore.
Trovò Angiolina ancora vestita come quando l'aveva accompagnata la mattina. Era rientrata in quell'istante. Ella si lasciò baciare ed abbracciare con la dolcezza che usava quando aveva bisogno di ottenere un perdono. Le sue guance erano in fiamme e la sua bocca puzzava di vino.
- Infatti ho bevuto molto - disse ella subito ridendo.
- Il signor Deluigi, un vecchio cinquantenne, s'era proposto di farmi prendere una sbornia; ma non c'è riuscito mica, veh! - Eppure doveva esserci riuscito meglio di quanto ella credesse, e ne faceva fede la sua smodata allegria. Si contorceva dalle risa. Era bellissima, con quell'insolito rossore alle guance e gli occhi lucenti. Egli la baciò nella bocca spalancata, sulle gengive rosse, ed ella lo lasciò fare, passiva come se il caso non fosse suo. Continuava a ridere, e raccontava, a frasi smozzicate, che non soltanto il vecchio, ma tutta la famiglia aveva preso l'impegno di farle perdere la testa e che sebbene fossero in tanti, non c'erano riusciti. Egli tentò di renderla ragionevole parlandole del Volpini. - Lasciami in pace con quella roba! gridò Angiolina e, visto ch'egli insisteva, ella senza rispondere, lo baciò e abbracciò come egli aveva fatto sino allora con lei nella bocca e sul collo, aggressiva come non era stata mai e finirono sul letto, ella col cappellino ancora in testa e col soprabito indosso La porta era rimasta spalancat...
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