[Pagina precedente]...iere di più sulla tavola, preparato pel Balli; veniva riposto lentamente in un cantuccio dell'armadio che ad Amalia serviva di dispensa. Quel bicchiere veniva poi seguito dalla tazzina destinata al Balli pel caffè e, riposta anche questa, Amalia chiudeva l'armadio a chiave. Era calma, calma, ma molto lenta. Quando ella gli volgeva le spalle, egli osava guardarla fisso, e allora la sua fantasia gli faceva vedere dei segni di sofferenza in ogni singolo segno di debolezza fisica. Quelle spalle cadenti erano state sempre così? Quel collo magro non s'era dimagrito vieppiù negli ultimi giorni?
Ella ritornava a tavola a sedersi accanto a lui, ed egli pensava: - Ecco! Con quell'aspetto calmo, ella ha deciso di aspettare altre ventiquattr'ore. - Ammirava! Egli non aveva saputo aspettare neppure una notte.
- Perché non viene più il signor Balli? - chiese essa il giorno appresso riponendo il bicchiere. - Io credo che con noi non si diverta abbastanza, - disse Emilio dopo una breve esitazione, deciso di dire qualche cosa che facesse capire ad Amalia lo stato d'animo del Balli. Non parve ch'ella desse molta importanza a tale osservazione, e pose il bicchiere con grande attenzione nel solito cantuccio.
Egli intanto aveva risolto di non lasciarla più in quei dubbi. Quando vide sul vassoio tre tazze in luogo di due, le disse: - Potresti risparmiarti la fatica di preparare il caffè per Stefano. E' probabile che per lungo tempo egli non venga più.
- Perché? - chiese essa con la tazza in mano, pallidissima.
A lui mancò il coraggio di dire le parole già preparate: - Perché non vuole. - Non era meglio aiutarla nella sua finzione, e permetterle di domare lentamente il suo dolore senza trascinarla a tradirsi, con una rivelazione cui ella non era ancora preparata? Le disse che non credeva che il Balli potesse venire più a quell'ora perché s'era messo a lavorare accanitamente.
- Accanitamente? - ripeté essa volgendosi all'armadio. La tazza le scivolò di mano, ma non si ruppe. Ella la rialzò, la pulì accuratamente e la pose al suo posto. Sedette poi accanto ad Emilio. «Altre ventiquattr'ore» pensò egli.
Il giorno appresso Emilio non seppe impedire al Balli di accompagnarlo fino alla porta di casa. Stefano guardò un momento per distrazione le finestre del primo piano, ma riabbassò prontamente gli occhi. Certo su una delle finestre doveva aver scorta Amalia e non l'aveva salutata! Poco dopo Emilio osò guardare anche lui, ma, se c'era stata, ella doveva essersi già ritirata. Avrebbe voluto fare un rimprovero a Stefano di non aver salutato, ma non gli era più possibile di verificare il fatto.
Molto oppresso, salì da Amalia. Ella doveva aver compreso.
Non la trovò nel tinello. Poco dopo ella venne, con passo rapido; si fermò dandosi da fare intorno alla porta che non voleva chiudersi. Doveva aver pianto. Aveva gli zigomi rossi e i capelli bagnati; certo, s'era bagnata la faccia per cancellare ogni traccia di lagrime. Ella non chiese nulla quantunque durante il pranzo egli si sentisse continuamente minacciato da una domanda. Evidentemente agitata, non trovava il coraggio di parlare. Volle spiegare la propria agitazione, e raccontò di aver dormito poco. Il bicchiere e la tazza del Balli non comparvero in tavola. Amalia non aspettava più.
Ma Emilio aspettava. Sarebbe stato un grande sollievo per lui vederla piangere, udirne qualche suono di dolore. Ma per molto tempo non ebbe tale soddisfazione. Rincasava ogni giorno preparato al dolore di vederla piangere, confessare la sua disperazione, e invece la trovava tranquilla, abbattuta, sempre gli stessi movimenti lenti di persona stanca. Ella attendeva con la solita apparente cura ai lavori di casa, e ne parlava di nuovo ad Emilio come altre volte quando i due giovani, trovatisi soli, avevano cercato di abbellire la piccola loro dimora.
Era un incubo di sentirsi accanto tanta tristezza senza parole. E come doveva essere forte quel dolore certo rincrudito dai dubbi più diversi. Ad Emilio sembrava persino ch'ella potesse dubitare della verità , e si sentiva in pericolo di dover spiegare l'azione da lui commessa, la quale a lui stesso pareva già incredibile. Talvolta ella posava su lui gli occhi grigi, sospettosi, indagatori. Oh, quegli occhi là non crepitavano. Guardavano le cose, gravi e fisi, a cercarvi la causa di tanti dolori. Egli non ne poteva più.
Una sera in cui il Balli era impegnato - con qualche donna probabilmente - egli risolse di restare con la sorella. Ma poi gli fu penoso di starle accanto nel silenzio che regnava fra loro tanto di frequente, condannati com'erano a tacere di quello ch'era il loro pensiero dominante. Prese il cappello per uscire.
- Dove vai? - chiese ella che si divertiva a picchiare sul piatto con la forchetta, la testa abbandonata su un braccio. Bastò perché egli perdesse il coraggio di andarsene. Veniva chiamato. Se in due quelle ore erano tanto dolorose, che cosa sarebbero state per Amalia sola?
Gettò via il cappello, e disse: - Volevo portare a spasso la mia disperazione. - L'incubo sparì. Era stata una trovata. Se non poteva parlare dei suoi dolori poteva almeno distrarla col racconto dei proprii. Ella aveva cessato immediatamente di picchiare e s'era tutta rivolta a lui per guardarlo bene in faccia, e vedere quale aspetto avesse in altri il proprio dolore.
- Poveretto - mormorò scoprendolo pallido, sofferente, inquieto anche per le ragioni ch'ella non poteva sapere. Poi volle delle confidenze: - Da quel giorno non l'hai più riveduta?
Con un'espansione quasi gioconda egli raccontò. Mai non l'aveva vista. Quand'era all'aperto, senza voler sembrare, cioè senza fermarsi nei luoghi ove sapeva ch'ella a date ore doveva passare, non faceva altro che aspettarla. Ma non l'aveva vista mai. Sembrava proprio che, dacché era stata lasciata da lui, ella evitasse di farsi vedere per le vie.
- Potrebbe anche essere così - disse Amalia ch'era tutta, devotamente, intenta a studiare la sciagura del fratello.
Emilio rise di cuore. Disse che Amalia non poteva figurarsi di quale pasta fosse fatta Angiolina. Erano trascorsi otto giorni dacché l'aveva lasciata, ed egli doveva assolutamente ritenere d'essere stato già del tutto dimenticato. - Ti prego, non deridermi - pregò quantunque s'accorgesse ch'ella fosse ben lontana dal ridere di lui. - Ella è fatta proprio così. - E qui capitò una biografia di Angiolina. Parlò della sua leggerezza, della sua vanità , di tutto ciò che costituiva la propria sventura, ed Amalia stette a sentirlo silenziosa e senza tradire la minima meraviglia. Emilio pensò ch'ella studiasse il suo amore per scoprirvi delle analogie col proprio.
Avevano passato in tal modo un quarto d'ora delizioso. Pareva che tutto quanto li aveva divisi fosse sparito o anzi venisse ad unirli, tant'è vero ch'egli aveva parlato d'Angiolina non per il bisogno di sollevarsi dal peso d'amore e di desiderio che fino a quell'ora lo aveva fatto ciarlare tanto, ma unicamente per far piacere alla sorella. Per Amalia provava una grande tenerezza; gli pareva che, ascoltandolo, ella gli avesse dato formalmente il suo perdono.
Fu questa tenerezza che lo condusse a dire delle parole che fecero terminare in tutt'altro modo quella serata. Aveva finito di raccontare e, senza alcuna esitazione, chiese: - E tu? - Non aveva esitato e non aveva neppure riflettuto. Dopo aver resistito per tanti giorni al desiderio di chiedere alla sorella delle confidenze, in quell'ora d'abbandono vi cedette. Avendo provato un tale sollievo di fare lui delle confidenze, gli pareva troppo naturale d'indurre anche Amalia a confidarsi nello stesso modo.
Ma Amalia non l'intendeva così. Lo guardò con gli occhi sbarrati da un grande terrore: - Io? Non ti capisco! - Se anche veramente non avesse capito, avrebbe potuto indovinare tutto dall'imbarazzo in cui egli fu gettato al vederla tanto sconvolta. - Tu sei pazzo, mi pare. - Aveva capito, ma evidentemente non sapeva ancora spiegarsi come Emilio fosse riuscito a indovinare il segreto tanto gelosamente custodito.
- Chiedevo se tu... - balbettò Emilio egualmente sconvolto. Cercava una bugia, ma intanto Amalia s'era trovata la spiegazione più ovvia e la disse a tanto di lettere: - Il signor Balli ti ha parlato di me. - Ella gridava. Il suo dolore aveva trovata la parola. La sua faccia era colorita dal sangue sferzato da un violento disdegno, e le sue labbra si arcuarono. Ella ridiveniva forte per un istante. In questo ella somigliava perfettamente ad Emilio. Si capiva ch'ella riviveva potendo convertire il suo dolore in un'ira. Non era più abbandonata senza parole; era vilipesa. Ma la forza non era fatta per lei, e durò poco. Emilio giurò: il Balli non gli aveva mai parlato di Amalia in modo da far capire che credesse d'esserne amato. Ella non gli credette, ma il debolissimo dubbio ch'egli le aveva messo nell'animo le tolse la forza, e si mise a piangere: - Perché non viene più in casa nostra?
- E' un caso, - disse Emilio. - Fra giorni certo verrÃ
- Non verrà ! - gridò Amalia e riacquistò la violenza nella discussione. - Non mi saluta neppure. - I singhiozzi le impedivano di pronunziare delle frasi più lunghe. Emilio corse ad abbracciarla ma la compassione le fece male. Ella si alzò violentemente, si svincolò e corse nella sua stanza a calmarsi. I singhiozzi erano divenuti gridi. Poco dopo cessarono del tutto, ed ella ritornò e poté parlare interrotta solo da qualche sussulto represso. S'era fermata alla porta: - Non so neppure io stessa perché pianga così. Un'inezia qualunque mi getta in tale orgasmo. E' certo che sono malata. Io non ho fatto nulla che potesse dare a quel signore il diritto di contenersi così. Tu ne sei convinto, nevvero? Ebbene, mi basta! E del resto che cosa potevo dire o fare? - Andò a sedere e si rimise a piangere più dolcemente.
Era evidente che Emilio doveva prima di tutto scolpare l'amico e lo fece, ma non era possibile di riuscirvi. L'opposizione non fece altro che agitare di più Amalia.
- Ch'egli venga! - ella gridò. - Se lo desidera non mi vedrà neppure, non mi lascerò vedere da lui.
Ad Emilio parve d'aver trovata una buona idea:
- Sai la ragione del mutamento nel contegno del Balli? Dinanzi a me gli fu chiesto se stesse per fidanzarsi con te. Ella lo guardava indagando se potesse fidarsi di lui; non comprendeva neppur bene, e per analizzare più facilmente quelle parole, le ripeté: - Altri gli ha detto ch'egli stia per fidanzarsi con me? - Rise forte, ma con la sola voce. Egli aveva dunque paura di essere compromesso e di doverla sposare? Ma chi gli aveva messa un'idea simile in quella testa che pure di solito non appariva una delle più stolide? E lei, era forse una ragazzina da innamorarsi perdutamente per due parole ed una occhiata? - Certo - la sua ammirabile forza di volontà le permise perfino di trovare un tono di vera indifferenza - certo, la compagnia del Balli non le era stata discara, ma non l'aveva saputa tanto pericolosa. - Volle di nuovo ridere, ma questa volta la sua voce si ruppe nel pianto.
- Non vedo dunque che ci sia una ragione di piangere - disse Emilio timidamente. Avrebbe ora voluto far cessare quelle confidenze che con tanta leggerezza aveva provocate. La parola non guariva Amalia; ne inaspriva il dolore. In questo ella non gli somigliava.
- Non ho ragione di piangere quando vengo trattata in questo modo? Egli fugge come se io gli fossi corsa dietro. - Di nuovo aveva gridato, ma, dallo sforzo, fu subito spossata. Le parole di Emilio erano capitate proprio inaspettate perché, dopo tanto tempo, ella ancora non aveva trovato un contegno. Un'altra volta ella cercò di attenuare l'impressione che tutta la scena doveva aver prodotta su Emilio. - La mia debolezza è la causa prima della mia agitazione - disse poggiando la testa sulle due mani. - Non m'hai già vista piangere per cose molto meno importanti?
Senza dirselo, ambedue corsero col pensiero a quella sera in cui ella era scoppiata in pianto solo perché quell'Angiolina le portava via il fratello. Si guardarono molto serii. Allora, ella pensò, ave...
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