[Pagina precedente]...ropose a compagno per il pranzo; nel pomeriggio sarebbero andati insieme a passeggio.
Con un'esitazione che al Balli sfuggì, Emilio accettò. Per un istante aveva pesata la possibilità di respingere la proposta del Balli, e di dirgli subito quello ch'egli oramai sentiva di dover dirgli. Sarebbe stata infatti una vigliaccheria non salvare la sorella per la paura di perdere l'amico; nell'azione ch'egli meditava non vedeva più che un esperimento di coraggio. Non lo fece, solo per il dubbio di poter ancora essersi ingannato sui sentimenti di Amalia. - Sì, sì, vieni! - ripeté al Balli e mentre Stefano attribuiva la ripetizione dell'invito a gratitudine, Emilio era conscio di averla fatta per il piacere che gli fosse data immediatamente l'occasione di dissipare ogni dubbio.
Durante il pranzo, infatti, poté acquistare tutta la certezza di cui abbisognava. Come gli somigliava Amalia! A lui parve di veder se stesso a cena con Angiolina. Il desiderio di piacere la metteva in un imbarazzo che le toglieva ogni naturalezza. La vide persino aprire la bocca per parlare e poi pentirsi e tacere. Come pendeva dalle labbra del Balli! Forse neppure udiva quello ch'egli diceva. Rideva e stava seria per un'involontaria soggezione.
Emilio cercò di distrarla; ma non fu ascoltato. Non lo udì neppure il Balli il quale, per quanto non si fosse accorto del sentimento ispirato alla fanciulla, ne subiva una specie di fascino che si tradiva nell'eccitamento cerebrale in cui cadeva sempre quando si sentiva assoluto padrone di qualcuno. Con una grande freddezza Emilio studiava e misurava l'amico. Il Balli aveva dimenticato perfettamente lo scopo per cui era venuto. Raccontava delle storie ch'Emilio già conosceva; si capiva che parlava per la sola Amalia. Erano storie di un genere che già aveva provato sulla disgraziata. Raccontava di quella triste e lieta
bohème della quale Amalia amava tanto la gioia disordinata e la spensieratezza.
Quando Stefano ed Emilio uscirono insieme, nell'animo di quest'ultimo era cresciuto enorme l'amaro rancore per l'amico, che in seno gli dormiva da tanto tempo; una frase incauta del Balli, lo fece traboccare: - Vedi che abbiamo passata un'ora gradevolissima.
Emilio avrebbe voluto potergli dire delle insolenze. Un'ora gradevole? Per lui certo no. Egli avrebbe ricordata quell'ora col medesimo ribrezzo che provava per quelle passate col Balli e con Angiolina. Aveva provata infatti a quel pranzo la stessa nota, dolorosa gelosia. Rimproverava all'amico prima di tutto di non essersi accorto del suo mutismo, d'averlo ignorato tanto da credere ch'egli si fosse divertito. Ma poi: come non s'accorgeva che Amalia in sua presenza era colta addirittura da una morbosa confusione e da un'agitazione che, a volte, la facevano balbettare? Egli era però tanto in chiaro in quel momento sui propri sentimenti, che temette che anche il Balli non s'accorgesse che gli si parlava di Amalia per vendicarsi del contegno da lui avuto con Angiolina. Bisognava prima di tutto evitare di tradire un risentimento; egli doveva apparire un buon padre di famiglia ch'è mosso ad agire dal solo scopo di proteggere i suoi cari.
Incominciò col raccontare una bugia, e con l'aria di dire una cosa indifferente. Disse che, quella mattina, una vecchia parente lo aveva fermato per chiedergli se fosse vero che il Balli era promesso sposo di Amalia. Non era tutto, ma Emilio provò un sollievo per aver detto un tanto. Era avviato diritto diritto, a spiegare al Balli che non era né la persona superiore né l'ottimo fra gli amici ch'egli si credeva.
- Ah, davvero? - esclamò il Balli molto sorpreso e ridendo con tutt'ingenuità .
- Infatti - disse Emilio facendo una smorfia che voleva essere un sorriso - la gente è tanto maligna che fa persino da ridere. - Aveva detto così che l'ilarità del Balli era offensiva. - Capirai però che bisognerà avere un po' di riguardo, perché a noi non può garbare che si dica questo della povera Amalia. Quel plurale
noi, rappresentava un tentativo di diminuire la propria responsabilità per le parole ch'egli diceva. Contemporaneamente però aveva alzato la voce con grande calore: non poteva permettere che il Balli prendesse tanto alla leggera quell'argomento che a lui bruciava le labbra.
Stefano non seppe più quale contegno tenere. Non doveva essergli accaduto molto spesso nella sua vita di venir accusato a torto. Si sentiva innocente come un neonato. Il rispetto ch'egli portava e aveva sempre dimostrato alla famiglia Brentani, e la bruttezza di Amalia, avrebbero dovuto salvarlo da ogni sospetto. Conosceva molto bene Emilio e non lo credeva capace d'indispettirsi per qualche parola dettagli da una vecchia parente; ma aveva sentito nella voce di Emilio una violenza e forse di più, dell'odio, un tono che lo aveva fatto trasalire. Corse subito col pensiero alla verità . Ricordò come da tanto tempo tutti i pensieri, anzi tutta la vita di Emilio si fosse concentrata intorno ad Angiolina. Che quella violenza e quell'odio nella voce di Emilio fossero da attribuirsi alla sua gelosia per Angiolina per quanto egli non parlasse che di Amalia? - Non credevo che alla nostra età , la mia cioè e quella della signorina, si potesse essere creduti capaci di commettere delle sciocchezze. - Parlava con imbarazzo. L'argomento scottava anche a lui.
- Che vuoi? E' il mondo...
Ma il Balli, che a quel mondo non credeva, gridò irosamente: - Lascia stare; ho già capito di che si tratti. Parliamo d'altro.
Tacquero per un pezzo. Emilio esitava a parlare, proprio per paura di compromettersi. Che cosa aveva già capito il Balli? Il segreto suo, cioè il suo risentimento, oppure il segreto d'Amalia? Guardò l'amico e lo vide ancora più eccitato di quanto le sue parole avessero potuto far supporre. Era molto rosso, e i suoi occhi azzurri guardavano torbidi nel vuoto. Pareva che improvvisamente si fosse accaldato, perché aveva provato il bisogno di denudare l'alta fronte spingendo il cappello verso la nuca. Evidentemente l'aveva con lui; le arti impiegate per celare il proprio rancore dietro supreme ragioni di famiglia non erano bastate.
Allora egli fu preso da una puerile paura di perdere l'amico. Separatosi da Angiolina e dal Balli, egli non avrebbe più potuto sorvegliarli, ed essi, certo, si sarebbero prima o poi ritrovati. Risoluto, si attaccò affettuosamente al braccio del Balli: - Senti, Stefano. Capirai che, se io ti ho parlato a questo modo, debbo esservi stato spinto da ragioni fortissime. Per me è un grande sacrificio di rinunciare a vederti più spesso in casa mia. - Si commosse al timore di non riuscire a commuovere l'amico.
Il Balli si mitigò subito: - Ti credo - gli disse - ma ti prego di non nominarmi mai più quella tua vecchia parente. Strano che avendo a parlarmi di cose tanto serie, tu abbia provato il bisogno di dirmi delle bugie. Parla adesso con franchezza. - Riacquistata la sua calma, ritrovò intero l'interesse amichevole che aveva portato sempre agli affari di Emilio. Che cosa succedeva di nuovo a quel disgraziato?
Come sentiva l'amicizia il Balli! Emilio ne arrossì. Era stato ingiusto a dubitare. Volle cancellare qualunque ombra avessero potuto gettare le sue parole nell'animo dell'amico, e per il segreto di Amalia non ci fu più salvezza. - Sono molto disgraziato - dichiarò compiangendosi per aumentare la compassione che aveva già percepita nelle parole del Balli. Non raccontò di avere scoperta la sorella mentre sognava ad alta voce di Stefano, ma parlò soltanto dei mutamenti che avvenivano in Amalia quando il Balli varcava la soglia della loro casa. Quando egli non c'era, ella appariva ammalata, stanca, distratta. Bisognava prendere una risoluzione che la guarisse.
Al Balli bastò di udire dalla bocca di Emilio una confessione simile per crederci assolutamente. Egli sospettò persino che Amalia si fosse confidata col fratello. Non l'aveva mai vista tanto brutta come in quell'istante. Spariva l'incanto ch'era messo sulla grigia faccia di Amalia dalla supposta sua mitezza. Ora la vedeva aggressiva, dimentica del suo aspetto e della sua età . Come doveva stonare l'amore su quella faccia! Era una seconda Angiolina che lo veniva a turbare nelle sue abitudini, ma un'Angiolina che gli faceva ribrezzo. L'affettuosa compassione che egli provava per Emilio aumentò come quest'ultimo aveva voluto. Disgraziato! Aveva anche da sorvegliare una sorella isterica.
Fu lui a chiedere scusa del movimento d'ira che aveva avuto. Fu sincero come sempre: - Se non ci fosse stata una novità tale, quale io non potevo supporre, questa sarebbe stata l'ultima volta che ci saremmo visti. Figurati: credevo che nella tua pazzia per Angiolina, tu non mi sapessi perdonare la simpatia ch'io le avevo ispirata, e cercassi un pretesto per aver lite con me.
Emilio fu colto da un profondo malessere. Il Balli gli aveva spiegati gl'intimi moventi della sua mala azione. Protestò energicamente, tanto che il Balli dovette chiedergli scusa di quel sospetto, ma verso se stesso quell'energia mancò d'efficacia. Per un istante fu tutto col pensiero ad Amalia: - Strano! Angiolina aveva parte nel destino della sorella. - Si quietò dicendosi che col tempo avrebbe saputo riparare, facendo prima di tutto capire al Balli quale essere stimabile fosse Amalia, e dedicando poi a quest'ultima tutto il proprio affetto.
Ma come darle una prova di tale affetto nello stato in cui egli si trovava? Anche quella sera stette parecchio tempo fermo dinanzi al tavolo su cui aveva sperato di trovare una lettera di Angiolina. Guardava quel tavolo come se avesse voluto farne scaturire una carta. Il desiderio di Angiolina era aumentato in lui. Perché veramente? Ancora più che il giorno prima sentiva quanto fosse vano e triste il gioco di tenersi lontano da lei. Oh, gioconda Angiolina! Ella non dava a nessuno dei rimorsi.
Poi, quando nella stanza vicina percepì chiara e sonora la voce di quell'altra sognatrice, il suo rimorso fu cocentissimo. Che male ci sarebbe stato a lasciar continuare quei sogni innocenti nei quali si concentrava tutta la vita d'Amalia? Vero è che quel rimorso finì col mutarsi in una grande compassione di se stesso che lo fece piangere e trovare un grande sollievo in quello sfogo. Quella notte dunque il rimorso gli fece trovare il sonno.
IX
Quanto era superiore a lui Amalia! Ella rivelò sorpresa il giorno appresso di non veder comparire il Balli, ma con tale indifferenza che sarebbe stato difficile di scoprirvi il minimo dispiacere. - E' forse indisposto? - chiese ad Emilio, e costui ricordò che ella aveva avuto sempre una grande disinvoltura parlando con lui di Stefano.
Egli però non ebbe alcun dubbio di essersi ingannato. - No rispose e non ebbe il coraggio di dire altro. Un'intensa compassione lo prese al pensare che a quella debole personcina sovrastava, tanto imminente e senza ch'ella ne dubitasse, un dolore simile a quello che pativa lui. Era lui stesso che stava per picchiarla. Il colpo era già partito dalla sua mano, ma stava ancora sospeso in aria e fra poco si sarebbe abbattuto su quella testina grigia a piegarla, e la faccia mite avrebbe perduta quella serenità dimostrata chissà con quale eroico sforzo. Egli avrebbe voluto prendere la sorella fra le braccia e incominciare a consolarla prima che fosse arrivato a lei il dolore. Ma non poteva. Senza arrossire non poteva dire in presenza sua neppure il nome dell'amico. Tra fratello e sorella c'era oramai una barriera: la colpa di Emilio. Egli non se ne accorgeva, e si riprometteva di poter arrivare alla sorella quando, certo, ella avrebbe cercato intorno a sé qualche appoggio. Allora egli non avrebbe avuto da far altro che aprire le proprie braccia. Ne era sicuro. Amalia era fatta come lui che quando soffriva s'appoggiava su tutte le persone che gli stavano accanto. Perciò egli lasciava ch'ella aspettasse il Balli.
Doveva essere un'aspettativa che Emilio non avrebbe sopportata; ci volle certo un grande eroismo per non chiedere nulla, all'infuori della solita domanda: - Il Balli non verrà ? - C'era un bicch...
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