[Pagina precedente]...ie di città vecchia in compagnia di ragazzi - le piacevano gl'imberbi - ad ore non permesse. Il Merighi capitò in tempo per portarla in città nuova che, dopo, restò il campo della sua attività . Ella si fece vedere a braccetto di tutti i giovani più ricchi, sempre col medesimo dolce abbandono di sposa novella. E giù l'elenco dei nomi che il Brentani già conosceva, dal Giustini al Leardi, tutti i fotografati che facevano bella mostra sulla parete della stanza da letto di Angiolina.
Non un nome nuovo. Era impossibile che il Sorniani inventasse con tanta esattezza. Un dubbio angoscioso gli spinse il sangue alle gote; continuando a parlare con tanto calore, il Sorniani avrebbe forse nominato anche se stesso? Continuò ad ascoltarlo con grande ansietà mentre la sua destra si stringeva a pugno pronta a picchiare.
Ma l'altro s'interruppe per chiedergli: - Ti senti poco bene?
- No - disse Emilio - io sto benissimo. - Si fermò e pensò se gli convenisse di farlo ciarlare ancora.
- Ma è evidente che devi sentirti poco bene. Hai cambiato di cera due o tre volte.
Emilio riaperse il pugno. Non era il caso di picchiare. - Sì, infatti non sto bene. - Picchiare il Sorniani! Bella vendetta! Avrebbe dovuto picchiare se stesso. Oh, come l'amava! Se lo confessò con un'angoscia che non aveva mai provata. Vigliaccamente, egli si disse che sarebbe ritornato da lei. Al più presto. Quella mattina egli s'era mosso risoluto ed energico alla vendetta. L'aveva rimproverata e poi lasciata. Oh, quale azione intelligente! Aveva punito se stesso. Tutti l'avevano posseduta meno lui. Perciò il deriso fra tutti quegli uomini non era che lui. Ricordò che fra giorni il Volpini sarebbe venuto a prendersi l'anticipazione pattuita; proprio a tempo egli s'era pensato d'adirarsi di cose che aveva sempre sospettate. Che cosa avrebbe fatto Angiolina dopo di essersi data al sarto? Era troppo naturale ch'essendosi data a costui per tradirlo più facilmente, ella l'avrebbe tradito con altri visto ch'Emilio giusto allora l'aveva abbandonata. Per lui era perduta. Vedeva tutto il futuro dinanzi agli occhi come se stesse succedendo a pochi passi da lui, sul Corso. La vedeva uscire dalle braccia del Volpini nauseata di costui e cercare immediatamente un posto di rifarsi altrove di tanta infamia. Ella lo avrebbe tradito e questa volta con ragione.
E non era il solo mancato possesso che formava la sua disperazione. Fino allora egli s'era beato al ricordo di quel suono d'angoscia ch'egli aveva tratto da lei. Ma che cosa poteva significare quello, nella vita di una donna che fra le braccia d'altri avrebbe ben altrimenti goduto e sofferto? Non c'era la possibilità di ritornare sui propri passi. Gli bastava, per respingere questa tentazione, di ricordare quello che ne avrebbe detto il Balli.
Pensò che se non avesse avuto accanto quel giudice severo, egli non si sarebbe curato della dignità ora che comprendeva che con quel tentativo di risollevarla, aveva legato più abiettamente che mai ogni suo pensiero, ogni desiderio ad Angiolina. Era già scorso parecchio tempo dacché egli aveva parlato col Sorniani, e il tumulto che le parole di costui avevano suscitato nel suo petto non s'era ancora quietato.
Forse ella avrebbe fatto qualche tentativo per riavvicinarsi a lui. La dignità non gli avrebbe impedito allora d'accoglierla a braccia aperte. Ma non come una volta. Sarebbe corso immediatamente alla verità , cioè al possesso. Giù la finzione! - Io so che tu fosti l'amante di tutti costoro, - le avrebbe gridato - e ti amo lo stesso. Sii mia e dimmi la verità acciocché io non abbia altri dubbi. - La verità ? Anche sognando la più rude franchezza egli idealizzava Angiolina. La verità ? Poteva essa dirla, sapeva dirla? Se il Sorniani aveva detto anche soltanto una parte del vero, la menzogna doveva essere tanto connaturata in quella donna, ch'ella non se ne sarebbe liberata mai. Egli dimenticava quanto in altri momenti aveva percepito tanto chiaramente, cioè il fatto ch'egli aveva stranamente collaborato a vedere in Angiolina ciò ch'ella non era, ch'era stato lui a creare la menzogna.
- Come non ho riconosciuto - andava dicendosi - che l'unica ragione di ridicolo era la menzogna! Sapendo tutto, dicendoglielo in faccia, spariva il ridicolo. Ognuno può amare chi gli pare e piace. - Gli pareva di dire tutto questo al Balli.
Il vento era cessato del tutto, e la giornata aveva assunto un vero aspetto primaverile. In altro stato d'animo una giornata simile di libertà sarebbe stata una gioia per lui; ma era libertà quella per cui non gli era concesso di andare da Angiolina?
Eppure ci sarebbero stati dei pretesti per andarci subito. Se non altro, egli poteva avvicinarla per farle dei nuovissimi rimproveri. Infatti egli non aveva mai sospettata l'esistenza di quegli imberbi che avevano preceduto il Merighi e di cui gli aveva parlato quel giorno il Sorniani. - No! - disse ad alta voce - Una debolezza simile mi getterebbe in sua balìa. Pazienza; Dieci o quindici giorni. Ella s'avvicinerà per la prima. - Ma in tanto che cosa avrebbe fatto quella prima mattina?
Leardi! Il bel giovane, biondo e robusto, dal colorito di giovinetta su un organismo virile, passava il Corso, serio come sempre, vestito di un soprabito chiaro che faceva proprio per quella tepida giornata d'inverno. Il Brentani ed il Leardi appena appena si salutavano, tutt'e due molto superbi quantunque per ragioni molto differenti. Emilio di fronte a quel giovanotto elegante ricordava d'essere il letterato di una certa riputazione; l'altro invece credeva di poter trattarlo dall'alto al basso perché lo vedeva vestito meno accuratamente e non l'aveva mai trovato in nessuna delle grandi case della città ove egli invece era accolto a braccia aperte. Avrebbe però amato che tale sua superiorità fosse riconosciuta anche dal Brentani, e rispose cortesemente al saluto che gli fu fatto. Lo accolse poi con maggior gentilezza che sorpresa quando lo vide avvicinarglisi con la mano stesa.
Il Brentani aveva ceduto ad un istinto imperioso. Visto che non gli era permesso di cercare Angiolina, il meglio che gli restava da fare era d'attaccarsi a chi nel suo pensiero era perennemente legato a lei. - Anche ella approfitta del bel tempo per fare una passeggiata?
- Faccio due passi prima di colazione - disse il Leardi accettando così la compagnia del Brentani.
Emilio parlò poi del bel tempo, di una propria indisposizione, e della malattia del Sorniani. Disse poi ch'egli non amava quest'ultimo perché gli pareva si vantasse troppo di aver delle buone fortune con le donne. Parlava con abbondanza di parole. Egli aveva lo strano presentimento d'essere accanto a persona che molto importasse nella sua vita, ed ogni sua parola avrebbe desiderato andasse a conquistargliene l'amicizia. Lo guardò con ansietà allorché si trovò d'aver parlato delle buone fortune del Sorniani. Il Leardi non mosse ciglio mentre Emilio s'era atteso ad un sorriso di superiorità . Per lui un simile sorriso a quel proposito sarebbe equivalso alla confessione di un legame con Angiolina.
Ma anche il Leardi fu discorsivo. Certo voleva dimostrare al Brentani la propria coltura. Si lagnò che sul Corso si vedessero sempre le stesse facce e a questo proposito trovò anche deplorevole che la vita di Trieste fosse poco vivace e poco artistica. Non gli si confaceva quella città .
Il Brentani intanto fu preso da un violento desiderio di farlo ciarlare di Angiolina. Di quanto l'altro gli diceva, egli non sentiva che le singole parole, quasi meccanicamente per cercarvi un suono che ricordasse il nome d'Angiolina, e gli desse l'opportunità di attaccarvisi per parlare di lei. Per sua fortuna non lo trovò, ma tutt'ad un tratto, indignato di dover star a sentire tante sciocchezze che l'altro snocciolava lentamente per farle gustare meglio, ruvidamente l'interruppe: - Guarda, guarda, disse con aria di sorpresa seguendo con l'occhio un'elegante figura di donna che non somigliava affatto ad Angiolina - la signorina Angiolina Zarri.
- Ma che! - protestò il Leardi seccato di essere stato interrotto - l'ho vista in faccia, non è lei.
Ricominciava già a parlare di teatri poco frequentati e di donne di società poco spiritose, ma il Brentani aveva già deciso di non subire più quegl'insegnamenti: - Conosce la signorina Zarri?
- Anche lei la conosce? - chiese l'altro con una sorpresa sincera.
Per il Brentani fu un momento di dubbio angoscioso. Non era certo con l'astuzia ch'egli poteva sperare di far parlare un uomo come il Leardi. Visto che gl'importava tanto di dissipare ogni menzogna che gl'impedisse di scorgere Angiolina quale era, non si sarebbe potuto rivolgere con tutta sincerità al Leardi e supplicarlo di dirgli tutta la verità ? Fu indotto alla riserva unicamente dall'antipatia che provava per il Leardi. - Sì, un amico me l'ha presentata giorni or sono.
- Io ero amico del Merighi. Anni addietro la conoscevo molto bene.
Subito calmo e padrone dell'espressione della propria faccia, il Brentani ammiccò - Molto bene, eh?
- Oh, no - fece il Leardi con grande serietà . - Come può credere una cosa simile? - Fece molto bene la sua parte, contentandosi di quest'espressione di sorpresa.
Il Brentani capì quale fosse il partito preso dal Leardi, e non insistette. Si comportò come se avesse dimenticata la domanda indiscreta fatta poco prima e, serio serio, disse: - Mi racconti un po' quella storia del Merighi. Perché l'abbandonò?
- In seguito ad imbarazzi finanziari. Mi scrisse di aver dovuto ridonare la parola ad Angiolina. Del resto pochi giorni or sono ho udito dire ch'ella sia fidanzata di nuovo, ad un sarto mi pare.
Gli pareva? Oh, non si poteva fare la commedia meglio di così. Ma per farla così, per costringersi ad una finzione tanto accuratamente calcolata e che doveva costargli fatica e dispiacere (perché avrebbe parlato di Angiolina solo quando v'era obbligato?) egli doveva avere ancora dei buoni motivi, dei recentissimi legami con quella donna.
Il Leardi parlava già d'altro argomento, e poco dopo Emilio lo lasciò. Per allontanarsi addusse di nuovo a pretesto un'improvvisa indisposizione, e il Leardi lo vide tanto sconvolto che gli credette ed anzi gli dimostrò una partecipazione amichevole che costrinse il Brentani a dirgli una parola di riconoscenza. Invece come sentiva d'odiarlo! Avrebbe voluto poter spiarlo almeno per quella giornata; certo sarebbe finito con lo scoprirlo accanto ad Angiolina. Un'ira insensata gli fece digrignare i denti e subito dopo si rimproverò quell'ira con amarezza e ironia. Chissà con chi Angiolina lo avrebbe tradito quel giorno, forse con delle persone ch'egli non conosceva neppure. Come era superiore a lui il Leardi, quell'imbecille privo di idee! Quella calma era la vera scienza della vita. - Sì, - pensò il Brentani, e gli parve di dire una parola che avrebbe dovuto far vergognare insieme a lui l'umanità più eletta - l'abbondanza d'immagini nel mio cervello forma la mia inferiorità . - Infatti se il Leardi avesse pensato che Angiolina lo tradiva, non se la sarebbe saputa rappresentare in un'immagine così piena di rilievo, di colore e di movimento come faceva lui figurandosela accanto al Leardi. Allora appena si scopriva la nudità ch'egli aveva soltanto intravvista e il più comune facchino vi trovava immediata la soddisfazione e la pace. Un atto breve, brutale, la derisione di tutti i sogni, di tutti i desideri. Quando al sognatore l'ira ottenebrò la vista, la visione scomparve lasciandogli nell'orecchio l'eco lunga di una sonora risata.
A pranzo Amalia dovette accorgersi che la novità che agitava Emilio non era lieta. Egli la sgridò con violenza perché il pranzo non era pronto: aveva fame e fretta. Ebbe poscia la tortura di dover mangiare essendosi compromesso con tale dichiarazione. Ma, dopo mangiato, restò fermo, indeciso dinanzi al piatto vuoto. Aveva deciso; quel giorno non sarebbe andato da Angiolina, anzi non le si sarebbe avvicinato mai più. Il più forte dolore che allora provasse era di aver offesa la sorella. La vedeva triste e pallida. Avrebb...
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