[Pagina precedente]...lo in parte aveva scoperti. L'altro s'era lasciato ingannare bonariamente, e c'era voluto poco a truffarlo. Se i fasti di Angiolina, come pareva, servivano a divertire anche la madre, era molto probabile che lui fosse l'oggetto di risa, mentre il Volpini tuttavia doveva essere temuto.
Lo prese una di quelle violenti crisi che lo facevano sbiancare e tremare. Ma ella parlava, parlava, quasi avesse voluto stordirlo, e gli diede il tempo di rimettersi.
Perché disperarsi, perché indignarsi di leggi di natura? Angiolina era stata perduta già nel ventre della madre. L'accordo con la madre era in lei la cosa più odiosa. Perciò essa non meritava rimbrotti, vittima essa stessa di una legge universale. Rinasceva finalmente in lui l'antico naturalista convinto. Non seppe però rinunziare alla vendetta.
Angiolina s'era dovuta finalmente accorgere del suo strano contegno. Si volse a lui: - Non m'hai dato neppure un bacio disse con aria di rimprovero.
- Io non ti bacerò mai più! - rispose egli calmo, guardando quelle labbra rosse, cui rinunziava. Non trovava altro e si alzò. Non aveva neppur lontanamente l'idea di andarsene perché quella breve frase non poteva esser tutto, non era ancora un giusto compenso a tante sofferenze. Voleva però far credere che con quella frase egli volesse abbandonarla. Infatti sarebbe stato un atto dignitosissimo che avrebbe chiusa quella bassa relazione.
Ella indovinò tutto e, credendo ch'egli non volesse darle tempo alla difesa, soggiunse seccamente: - Infatti ho fatto male a dirti che quell'uomo fosse Volpini. Non era lui! Fu Giulia che mi pregò si dicesse così. Quell'uomo era in nostra compagnia per lei. Ella fece compagnia a noi, ed era perciò giusto che per una volta non le rifiutassi di accompagnarla io. Non si crederebbe. Egli è tanto innamorato! Più ancora che non tu di me.
S'interruppe. Aveva capito dall'espressione della sua faccia quanto egli fosse lontano dal crederle e tacque mortificata di aver detto due patenti bugie. Poggiò le mani sullo schienale di una sedia vicina e vi esercitò uno sforzo violento Aveva sulla faccia una mancanza assoluta di espressione, e guardava con ostinazione una macchia grigia sulla parete. Doveva essere quello il suo aspetto quando soffriva
Allora egli provò una strana compiacenza a provarle che sapeva proprio tutto e che ai suoi occhi ella era definitivamente perduta. Poco prima si sarebbe quasi accontentato di poche parole: il triste imbarazzo di Angiolina lo rese ciarliero. Ebbe la piena coscienza di un grande godimento. Dal lato sentimentale era la prima volta che Angiolina lo soddisfacesse perfettamente. Così, senza parole, ella era proprio una donna amante convinta di tradimento.
Poco dopo ci fu però un istante in cui la conversazione minacciò di divenire allegra, allegra. Per ferirla, egli ricordò le cose ch'ella aveva prese al caffè a spese dell'ombrellaio. - Giulia un bicchierino di un liquore trasparente, tu una tazza di cioccolata con una batteria di focacce.
Allora - oh, dolore! - ella si difese energicamente, e il suo volto si colorò per qualche cosa che doveva somigliare la virtù calunniata. Finalmente le era attribuita una colpa che non aveva, ed Emilio capì che il Balli doveva essersi ingannato su quel punto.
- Cioccolata! Io che non la posso soffrire! Cioccolata io! Presi un bicchierino di non so che cosa e neanche lo bevetti. Ella metteva in questa dichiarazione tale energia che non avrebbe potuto impiegarne di più per asserire la propria perfetta innocenza. Era però visibile un certo suo tono di rammarico, quasi avesse deplorato di non aver mangiato di più giacché quella rinunzia non era bastata a salvarla agli occhi di Emilio. Era proprio a lui ch'ella aveva fatto quel sacrificio.
Egli fece un violento sforzo per annullare quella nota falsa che gli guastava gli ultimi addii. - Basta! Basta! - disse con disprezzo. - Io non le dirò altro che questo: - le dava del lei per aggiungere solennità a quel momento - io le ho voluto bene e per questo solo fatto avevo il diritto di essere trattato altrimenti. Quando una ragazza permette ad un giovine di dirle d'amarla, ella è già sua e non più libera. - Questa frase era alquanto debole ma molto esatta, in un rimprovero amoroso anche troppo. Infatti egli non aveva altro diritto al quale appellarsi che il fatto di averle detto d'amarla.
Sentendo che la parola, causa il proprio spirito analitico, in quella situazione lo tradiva, ricorse immediatamente a quello ch'egli sapeva essere la sua forza principale: l'abbandono. Fino a poco prima, godendo della tristezza di Angiolina, aveva pensato di non lasciarla che molto più tardi. Aveva sperato in una scena ben diversa. Ora sentiva una minaccia. Egli stesso aveva alluso alla propria mancanza di diritti, ed era possibilissimo ch'ella, essendo a corto d'argomenti, accettasse il suggerimento e gli chiedesse: - E tu che cosa hai fatto per me per esigere ch'io mi conformi al tuo volere? - Fuggì questo pericolo: - Io la saluto - disse gravemente. - Quando avrò riacquistata la mia calma potremo anche rivederci. Ma per lungo tempo è meglio che restiamo divisi.
Uscì, ma non senza averla ammirata per un'ultima volta pallida com'era, gli occhi sbarrati quasi per spavento, e forse indecisa se dirgli ancora qualche bugia per tentare di fermarlo. Lo slancio con cui uscì da quella casa lo portò lontano. Ma, sempre camminando con lo stesso aspetto di risolutezza, egli rimpiangeva amaramente di non poter vederla più a lungo nel dolore. Nelle orecchie gli si ripercoteva il suono d'angoscia ch'ella aveva emesso al vederlo allontanarsi, ed egli l'ascoltava per imprimerselo sempre meglio nella memoria. Bisognava conservarlo. Era stato il maggior dono ch'ella gli avesse fatto.
Il ridicolo non poteva più colpirlo. Non di fronte ad Angiolina stessa, almeno. Ella poteva essere quale si voleva, ma per lunghi anni si sarebbe ricordata di un uomo che l'aveva amata non col solo scopo di baciarla, bensì con tutta l'anima, tanto che una prima offesa fatta al suo amore l'aveva ferito in modo da rinunziare a lei. Chissà ? Sarebbe bastato forse un ricordo simile per nobilitarla. L'angoscia nella voce d'Angiolina gli aveva fatto dimenticare di bel nuovo qualunque conclusione scientifica.
Oh, gli era difficile di andare a chiudere in ufficio agitazione che si sentiva addosso. Ritornò a casa con intenzione di coricarsi. Nel riposo del letto e nel silenzio della sua stanza, avrebbe potuto continuare a godere della scena avuta con Angiolina come se fosse continuata. Forse nell'eccitazione di quel giorno si sarebbe confidato con la sorella; ma ricordò quanto aveva scoperto quella notte e sentendola lontana da lui, tutta occupata dai propri desideri, non le disse nulla. Certo sarebbe venuto il tempo in cui egli avrebbe di nuovo circondato di cure la sorella, però ancora qualche giorno di vita voleva riservare a sé, alla propria passione. Chiudersi in casa, esporsi alle domande di Amalia gli parve intollerabile. Mutò proposito
Era indisposto, disse alla sorella, ma sarebbe andato a cercar giovamento all'aria aperta.
Ella non credette ai mali ch'egli si attribuì. Fino allora aveva sempre indovinate le fasi per le quali passavano gli amori d'Emilio; quel giorno, per la prima volta, errò e credette si fosse liberato dall'ufficio per passare tutta intera la giornata con Angiolina. Perché egli aveva sulla faccia seria un'aria di soddisfazione ch'ella non vi aveva vista da lungo tempo. Non chiese nulla. Spesse volte aveva tentato d'ottenere da lui delle confidenze e oramai gli serbava rancore unicamente perché egli le aveva rifiutate.
Quando Emilio si trovò di nuovo sulla via, solo, nell'orecchio ancora sempre il gemito d'angoscia di Angiolina, egli fu in procinto di andare immediatamente da lei. Che cosa avrebbe fatto tutto il giorno, ozioso, con quell'agitazione che per quanto non fosse dolorosa, non era altro che un desiderio acuto, un'aspettativa impaziente come se ogni istante avesse dovuto apportare delle novità , una speranza nuova quale Angiolina non li aveva mai data prima?
Gli sarebbe stato impossibile di andare dal Balli e desiderava di non imbattersi in lui. Lo temeva, anzi l'unica sensazione dolorosa in lui era quel timore. Si disse che tale timore derivava dal sapere ch'egli non avrebbe saputo imitare la calma del Balli allorché costui aveva dovuto lasciare Margherita.
Si avviò verso il Corso. Era possibile che Angiolina passasse di là per andare al lavoro dai Deluigi. Egli non aveva avuto il tempo di chiederle ove si recasse; ma, certo, non era restata a casa. Sulla via le avrebbe fatto un saluto misurato ma gentile. Non le aveva detto che, calmatosi, sarebbe voluto divenire il suo buon amico? Oh, venisse presto presto questa calma e il tempo in cui egli avrebbe potuto avvicinarla di nuovo! Guardava intorno a sé per vederla in tempo se si fosse imbattuto in lei.
- Addio Brentani! Come va? Sei ancora vivo e non ti si vede mai! - Era il Sorniani, arzillo come sempre, ma sempre giallo, la faccia da malato meno gli occhi pieni di vita, non si sapeva bene se per vivacità o per irrequietezza.
Quando il Brentani si volse a lui, il Sorniani lo guardò lungamente alquanto sorpreso. - Sei indisposto? Hai una cera curiosa - Non era la prima volta che il Sorniani gli avesse detto di trovargli l'aspetto di malato; certo vedeva riverberarsi sulle facce altrui un po' del proprio giallo.
Emilio fu lieto di apparire malato; poteva lagnarsi di qua che cosa che non fosse la sua sventura giacché di questa non poteva parlare. - Pare ch'io sia malato di stomaco - disse accorato. - Non di questo mi lagno, ma della tristezza che me ne deriva. - Ricordava d'aver udito dire che il male di stomaco produceva tristezza. Poi si compiacque di descrivere tale tristezza perché ad alta voce l'analizzava meglio. - Strano! Non potevo mai immaginare che un'indisposizione fisica si tramutasse, senza che io ne potessi avere la coscienza, in una sensazione morale. L'indifferenza che provo per tutto mi rattrista. Credo che se anche tutte queste case sul Corso si mettessero a ballare, io non le guarderei neppure. E se minacciassero di cadermi addosso, lascerei fare. - S'interruppe, vedendo avvicinarsi una donna che somigliava un po' ad Angiolina. - Oggi fa bel tempo, nevvero? Il cielo dovrebb'essere azzurro, aria dolce, il sole splendido. Io lo capisco ma non lo sento. Vedo grigio e sento grigio.
- Io non sono mai stato tanto ammalato, - disse il Sorniani con una soddisfazione che non riuscì a celare- credo anzi d'essere guarito definitivamente, ora. - Parlò poi di vari medicinali da cui eran da ripromettersi mirabilia.
Emilio ebbe improvvisamente un grande desiderio di liberarsi da quell'importuno che non sapeva neppure star ad ascoltare. Gli tese la mano senza dirgli nulla e facendo già il primo passo per allontanarsi. Anche l'altro lo salutava, ma, tendendogli la mano, gli chiese: - Come vanno i tuoi amori?
Emilio finse di non capire: - Quali amori?
- Quella tizia. La bionda. Angiolina.
- Ah, sì - fece Emilio con aspetto d'indifferente. - Non l'ho più vista.
- Hai fatto benissimo, - esclamò il Sorniani con grande calore e subito ravvicinandosi. - Non è donna quella per giovani come te e che, per di più, non abbiano una salute più solida. Ha fatto impazzire il Merighi e poi, certo, s'è fatta sbaciucchiare da mezza città .
Il verbo sbaciucchiare ferì il Brentani. Se con esso l'omino giallo non avesse colto nel segno, qualificando l'espansività amorosa di Angiolina, egli non avrebbe badato alle sue chiacchiere, ma così, tutto ebbe subito l'aspetto di grande verità . Protestò, disse che per quanto poco la conoscesse la riteneva molto seria, e riuscì nello scopo d'attizzare il Sorniani il quale, fattosi più pallido - lo stomaco doveva pur averci la sua parte, ne fece sentire di belle all'imprudente che l'aveva provocato. Angiolina seria? Anche prima dell'entrata in scena del Merighi, ella doveva aver cominciato a far le sue esperienze sui maschi. Già da giovinetta la si vedeva trottare per le v...
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