[Pagina precedente]...andonava causa il tradimento ch'egli s'era atteso, ma per il sozzo individuo ch'ella aveva scelto a suo rivale. Egli non voleva più baciare dove aveva baciato l'ombrellaio. Finché s'era trattato del Balli, del Leardi e magari del Sorniani, aveva chiuso un occhio, ma l'ombrellaio! Nell'oscurità studiò la smorfia di schifo con cui avrebbe detta questa parola.
Qualunque parola egli immaginasse di dirigerle, sempre veniva colto da un convulso riso. Avrebbe continuato a parlarle così tutta la notte? Era dunque necessario di parlarle subito. Ricordò ch'era probabile che Angiolina rincasasse dalla parte di via Romagna. Col suo passo rapido egli avrebbe ancora potuto raggiungerla. Non aveva finito di pensare tutto questo e, già , lieto di poter prendere una decisione che tagliasse il dubbio che gli annebbiava la mente, si mise a correre. Il movimento dapprima gli diede un po' di sollievo. Poi rallentò il passo reso esitante da una nuova idea. Se essi rincasavano da quella parte, non sarebbe stato più sicuro, per ritrovarli, di salire alla via Fabio Severo dalla parte del Giardino Pubblico e discenderne andando loro incontro per via di Romagna? La corsa non gli faceva paura e avrebbe impreso quel giro enorme; ma in quella gli parve di veder passare dinanzi al caffè Fabris Angiolina accompagnata da Giulia e da un uomo che doveva essere l'ombrellaio. A tanta distanza riconobbe la fanciulla saltellante graziosamente come quando voleva piacere a lui. Cessò di correre perché aveva tutto il tempo per raggiungerli. Poté anche pensare senza esasperarsi le parole che le avrebbe dirette subito. Perché circondare quell'avventura di tanti particolari e pensieri strani? Era un'avventura solita, e di là a pochi minuti sarebbe stata liquidata nel modo più semplice.
Giunto sotto all'erta di via Romagna, non vide più le persone che dovevano averla già passata. Camminò più presto colto da un dubbio che l'affannò quanto la salita. E se non fosse stata Angiolina? Come avrebbe potuto lottare contro la propria agitazione, sempre rinascente, per tutta una notte?
Quantunque ora si trovassero a pochi passi da lui, nell'oscurità egli continuò a credere che quelle tre persone fossero quelle che egli cercava. Perciò ebbe un momento di calma. Era tanto facile di calmarsi quando poteva procedere subito ad un'azione!
Quel gruppo ricordava quell'altro di cui il Balli gli aveva fatta la descrizione. In mezzo a due donne camminava un uomo grosso e tarchiato che dava il braccio a quella ch'egli aveva creduta Angiolina, e che ora però non aveva niente di caratteristico nel suo modo di muoversi. La guardò in faccia con lo sguardo calmo e ironico preparato con tanta fatica. Ebbe una grande sorpresa vedendo una faccia ignota, di vecchia, asciutta asciutta.
Una delusione dolorosa. Nel desiderio di non lasciare così quel gruppo cui l'aveva attaccato tanta speranza, ebbe l'idea di chiedere a quella gente se forse non avessero visto Angiolina, e pensava già il modo con cui l'avrebbe descritta. Si vergognò! Una sola parola che avesse detta, e tutti avrebbero indovinato tutto. Continuò a camminare con passo celere che presto degenerò in corsa. Vedeva dinanzi a sé un lungo tratto di strada bianca e ricordò che, quando avrebbe girato, ne avrebbe visto un altro altrettanto lungo e poi un altro. Interminabile! Ma bisognava uscire dal dubbio e per il momento il dubbio era se Angiolina si trovasse su quella strada o altrove.
Un'altra volta pensò le frasi ch'egli le avrebbe dirette quella notte stessa o la mattina appresso. Dignitosamente (quanto più aumentava la sua agitazione, tanto più calmo egli si sognava) dignitosamente le avrebbe detto che per liberarsi di lui le sarebbe bastato di dirgli una parola, una sola parola. Non sarebbe occorso deriderlo. - Io mi sarei ritirato subito. Non mi occorreva di esser cacciato dal mio posto da un ombrellaio. Ripeté più volte questa frase, modificandone qualche parola e cercando di perfezionare anche il suono della voce che diveniva sempre più ironico e tagliente. Cessò quando s'accorse che, per lo sforzo di trovare l'espressione, urlava.
Per evitare la densa fanghiglia nel centro della via, si trasse da parte, sulla ghiaia, ma sul suolo poco livellato fece un passo falso, e per salvarsi dalla caduta si contuse le mani sulla grezza muraglia. Il dolore fisico lo agitò, aumentò il suo desiderio di vendetta. Si sentiva più deriso che mai, come se quella sua caduta fosse stata una nuova colpa di Angiolina. In lontananza, di nuovo, gli parve di vederla muoversi. Un riflesso, un'ombra, un movimento, tutto assumeva la forma, l'espressione del fantasma che lo fuggiva. Egli si mise a correre per raggiungerla, non calmo e preparato all'ironia come sull'erta di via Romagna, ma con la ferma intenzione di trattarla brutalmente. Per fortuna non era dessa e allo sciagurato parve che tutta la violenza cui era stato in procinto di abbandonarsi, fosse ora diretta contro se stesso, gli chiudesse il respiro e gli togliesse ogni possibilità di pensare e di frenarsi. Si morse una mano come un forsennato.
Si trovò alla mèta della lunga corsa. La casa di Angiolina grande e solitaria, una caserma, la facciata bianca illuminata dalla luna, era tutta chiusa, avvolta nel silenzio; sembrava abbandonata.
Egli sedette su un muricciuolo e cercò di proposito degli argomenti per calmarsi. A vederlo in quello stato si sarebbe potuto credere che quella sera egli fosse stato avvisato del tradimento di una donna fedele. Guardò le proprie mani ferite: - Queste ferite non c'erano prima - pensò. In quel modo ella non l'aveva ancora trattato. Forse tutto quell'affanno e quel dolore preludiavano alla guarigione. Ma pensò con dolore: - Se l'avessi posseduta non soffrirei tanto. - Se egli avesse voluto, voluto energicamente, sarebbe stata sua. Invece era stato solo intento a mettere in quella relazione un'idealità che aveva finito col renderlo ridicolo anche ai propri occhi.
S'alzò da quel muricciuolo più quieto ma più affranto di quando vi si era seduto. Tutta la colpa era sua. Era lui l'individuo strano, l'ammalato, non Angiolina. E questa conclusione avvilente lo accompagnò fino a casa.
Dopo di aver atteso ancora una volta per esaminare una donna che aveva la figura di Angiolina, ebbe l'energia di chiudere dietro di sé la porta di casa. Era finita per quella sera. Il caso, in cui egli fino ad allora aveva sperato, non poteva più avverarsi colà .
Accese la candela, lento nei movimenti per ritardare quanto più poteva il momento in cui si sarebbe trovato sdraiato in quel letto senz'aver più nulla a fare e senza poter dormire.
Gli parve che nella stanza di Amalia si parlasse. Da prima credette fosse un'allucinazione. Non erano grida eccitate; parevano delle calme parole di conversazione. Socchiuse con prudenza la porta della stanza e non ebbe più dubbi. Amalia parlava con qualcuno: - Sì, sì, è proprio quello ch'io voglio aveva detto con voce chiarissima e calma.
Egli corse a prendere la candela e ritornò. Amalia era sola. Sognava. Giaceva supina, uno dei bracci esili denudato piegato sotto il capo, l'altro steso sulla coperta grigia lungo il corpo. La mano cerea era incantevole sulla coperta grigia. Non appena la sua faccia fu tocca dalla luce, ella tacque, il suo respiro divenne più affannoso; fece più volte il tentativo di lasciare quella posizione divenutale incresciosa.
Egli riportò il lume nella propria stanza e s'accinse a coricarsi. I suoi pensieri avevano presa finalmente una nuova direzione. Povera Amalia! Neppure per lei la vita doveva essere troppo lieta. Il sogno che, a quanto potevasi arguire dalla voce, doveva essere lieto, non era altro che la naturale reazione alla triste realtà .
Poco dopo, quelle stesse parole, calme, quasi sillabate, echeggiarono di nuovo nella stanza vicina. Seminudo tornò alla porta. Un certo nesso non v'era fra le singole parole, ma (come dubitarne?) ella parlava con persona che amava molto. Nel suono e nel senso v'era una grande dolcezza, una grande condiscendenza. Per la seconda volta ella disse che l'altra persona - quella cui ella immaginava di parlare - aveva indovinati i suoi desideri: - E proprio così che faremo? Non lo speravo! - Poi un intervallo, interrotto però da suoni indistinti, per cui si capiva che il sogno continuava sempre, e di nuovo altre parole ch'esprimevano sempre lo stesso concetto. Lungamente egli stette là ad origliare. Quando stava per ritirarsi una frase completa lo fermò: - In viaggio di nozze tutto è permesso
Disgraziata! Ella sognava nozze. Egli si vergognò di sorprendere a quel modo i segreti della sorella e chiuse la porta Avrebbe dimenticato di aver udite quelle parole. Mai la sorella avrebbe dovuto sospettare ch'egli sapesse qualche cosa di quei suoi sogni.
Coricatosi non tornò col pensiero ad Angiolina. Lungamente stette a sentire le parole che gli pervenivano attutite, calme e dolci dall'altra stanza. Stanco, la mente chiusa a qualunque emozione, egli si sentì quasi felice. Rotta la relazione con Angiolina egli si sarebbe potuto dedicare interamente alla sorella. Sarebbe vissuto al dovere.
VII
Si svegliò dopo poche ore, in pieno giorno, ed ebbe immediata coscienza degli avvenimenti della sera prima. Ma non di tutto il dolore, ed egli si lusingò gli avesse dato tanto affanno l'impossibilità di poter vendicarsi subito, non il tradimento stesso di quella donna. Presto, presto ella avrebbe conosciuta la sua ira e poi il suo abbandono. Sfogato il suo rancore sarebbe scomparso quello ch'era ormai il maggior legame.
Uscì senza salutare la sorella. Fra poco egli sarebbe ritornato a lei per guarirla dei sogni che aveva spiati.
Soffiava un po' di vento e, accanto al Giardino Pubblico, egli faticò contro il vento e nella salita; ma quella fatica non aveva nulla a vedere con quella affannosa e dolorosa della notte. Nella chiara, fresca mattina, egli pareva lieto di fare dell'esercizio muscolare all'aria aperta.
Non pensava alle parole che avrebbe dirette ad Angiolina. Era troppo sicuro del fatto suo per aver bisogno di preparazione, troppo sicuro di saperla ferire e abbandonare.
Venne ad aprirgli la madre di Angiolina. Lo condusse nella stanza della figlia che stava vestendosi in quella accanto, e poi, come al solito, si offerse di fargli compagnia.
Questa nuova dilazione, sia pure di pochi minuti, lo fece soffrire. - Angiolina è venuta tardi a casa questa notte? - chiese con un vago proposito di fare delle indagini.
- E' stata col Volpini in caffè fino alla mezzanotte - rispose la vecchia d'un fiato e la frase parve conglutinata in quella voce nasale.
- Ma Volpini non è partito ieri? - chiese Emilio sorpreso dell'accordo fra madre e figlia.
- Aveva da partire, ma perdette il treno e dovrebb'essere partito adesso adesso.
Egli non volle far capire alla vecchia di non crederle, e stette zitto. La cosa era divenuta molto chiara e non c'era la possibilità d'ingannarlo o di renderlo dubbioso. La menzogna che avevano inventata era stata prevista dal Balli.
Dinanzi alla madre gli fu anche facile di accogliere Angiolina con la faccia dell'amante soddisfatto. Provava una vera soddisfazione. L'aveva finalmente afferrata, ed ora non voleva cedere al suo impeto solito di chiarire e semplificar subito le cose. Era lei che doveva parlare. L'avrebbe lasciata sciorinare le sue bugie per poterla cogliere proprio in flagrante.
Rimasti soli, ella si mise dinanzi allo specchio a comporsi i ricci e, senza guardarlo, gli raccontò della serata passata in caffè e dello spionaggio del Balli. Ne rideva allegramente ed era così rosea e fresca ch'Emilio se ne indignò più che per le bugie.
Gli raccontò che l'improvviso ritorno del Volpini le aveva fatto un grande dispetto. La frase con cui l'aveva salutato rivedendolo, sarebbe stata formulata così: - Non sei dunque ancora stanco di seccarmi?
Ella parlava così per fargli molto piacere. Invece egli sentiva che fra lui e il Volpini era lui il più deriso. Per ingannare lui doveva esserci stato maggior sforzo: furberie e inganni ch'egli probabilmente so...
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