[Pagina precedente]...a Emilio. L'aveva trovata tanto simile al ritratto che gliene era stato fatto, che gli era stato facile d'indovinarla subito, tutta.
Ma l'altro che sentiva ripetere le proprie parole non ne rimase affatto convinto. Rispose ch'egli faceva all'amore a quel modo e che non avrebbe saputo contenersi altrimenti perché gli pareva che la dolcezza fosse la condizione essenziale per poter godere. Ciò non significava mica ch'egli volesse prendere quella donna troppo sul serio. Le aveva forse promesso di sposarla?
Stefano rise di cuore. Emilio aveva mutato straordinariamente nelle ultime ore. Pochi giorni prima - non se ne ricordava più? - appariva talmente impensierito del proprio stato da chiedere aiuto ai passanti. - Non ho nulla in contrario che tu ti diverta, ma non mi pare che tu abbia la cera di divertirti assai. Emilio aveva infatti la cera stanca. La sua vita era stata sempre poco lieta, ma, dalla morte del padre in poi, molto tranquilla, e il suo organismo soffriva del nuovo regime.
Discreta come un'ombra, Amalia volle passare per la stanza. Emilio la fermò per far tacere Stefano, ma poi i due uomini non seppero subito abbandonare il discorso incominciato. Scherzosamente il Balli disse che la sceglieva per arbitra in una questione ch'ella non doveva conoscere. Fra loro due, vecchi amici, sorgeva una disputa. Il meglio che si potesse fare era di risolverla alla cieca, fidandosi in un giudizio di Dio che per quei casi doveva essere stato inventato.
Ma il giudizio di Dio non poteva più essere cieco perché Amalia aveva già capito di che si trattasse. Ebbe un'occhiata di riconoscenza per il Balli, un'espressione intensa che non si sarebbe creduta possibile in quei piccoli occhi grigi. Ella trovava finalmente un alleato, e l'amarezza che da tanto tempo le pesava sul cuore, si risolse in una grande speranza. Fu sincera: - Ho già capito di che cosa si tratti. Ella ha tanto ragione - il suono della voce invece che dare ragione chiedeva soccorso - basta vederlo sempre distratto e triste, stampata in faccia la fretta di abbandonare questa casa in cui mi lascia tanto sola.
Emilio l'ascoltava inquieto temendo che quelle lagnanze non degenerassero, come sempre, in pianti e singhiozzi. Invece, parlando al Balli del proprio grande dolore, ella restò calma e sorridente.
Il Balli, che nel dolore di Amalia non scorgeva altro che un alleato nel suo litigio con Emilio, ne accompagnava le parole con gesti di rimprovero rivolti all'amico. Ma le parole d'Amalia non s'accompagnarono più a quei gesti. Ridendo lieta, ella raccontò: giorni prima era stata al passeggio con Emilio e aveva potuto osservare ch'egli si faceva inquieto quando vedeva in lontananza delle figure femminili di una certa statura e di un certo colore, alte alte, bionde bionde. - Ho visto bene? - e rise, lieta che il Balli assentisse. - Tanto lunga, tanto bionda? - Non v'era niente di offensivo per Emilio in questa derisione. Ella era andata ad appoggiarsi a lui e gli teneva la bianca mano sulla testa, fraternamente.
Il Balli confermò: - Lunga come un soldato del re di Prussia, bionda tanto che può dirsi incolore.
Emilio rise, ma era ancora sempre col pensiero alla sua gelosia: -Basterebbe esser sicuro che non piaccia a te.
- E' geloso di me, capisce, del suo miglior amico! - urlò il Balli indignato.
- Si può capire - disse Amalia mitemente e quasi pregando il Balli di usar indulgenza con l'amico.
- Non si capisce! - disse Stefano protestando. - Come può dire che si capisca una simile infamia?
Ella non rispose, ma restò della propria opinione con l'aspetto sicuro della persona che sa quello che si dice. Credeva di aver pensato intensamente, e perciò di aver intuito lo stato d'animo del disgraziato fratello; lo aveva percepito invece nel proprio sentimento. Ella era rossa, rossa. Certi accenti di quel colloquio echeggiarono nell'anima sua come il suono delle campane nel deserto; lungi, lungi, percorsero spazi vuoti enormi, li misurarono, riempiendoli improvvisamente tutti, rendendoli sensibili, distribuendovi abbondantemente gioia e dolore. Lungamente ella tacque. Dimenticò che s'era parlato del fratello e pensò a se stessa. Oh, cosa strana, meravigliosa! Ella aveva parlato altre volte d'amore, ma altrimenti, senz'indulgenza, perché non si doveva. Come aveva preso sul serio quelimperativo che le era stato gridato nelle orecchie sin dall'infanzia. Aveva odiato, disprezzato coloro che non avevano obbedito e in se stessa aveva soffocato qualunque tentativo di ribellione. Era stata truffata! Il Balli era la virtù e la forza, il Balli che dell'amore parlava tanto serenamente, dell'amore che per lui non era stato mai un peccato. Quanto doveva aver amato! Con la voce dolce e con quegli occhi azzurri, sorridenti, egli amava sempre tutto e tutti, anche lei.
Stefano restò a pranzo. Un po' turbata, Amalia aveva annunziato che ci sarebbe stato poco da mangiare, ma il Balli ebbe anzi la sorpresa di trovare che in quella casa si mangiava molto bene. Da anni Amalia passava una buona parte della sua giornata al focolare e s'era fatta una buona cuciniera quale occorreva al palato delicato d'Emilio.
Stefano era rimasto volentieri. Gli pareva d'essere stato soccombente nella discussione con Emilio e gli restava accanto in attesa della rivincita, soddisfatto che Amalia gli desse ragione, lo scusasse e appoggiasse, tutta sua.
Per lui e per Amalia quel pranzo fu lietissimo. Egli fu ciarliero. Raccontò della sua prima gioventù ricca di avventure sorprendenti. Quando la penuria che lo costringeva ad aiutarsi con espedienti più o meno delicati, ma sempre allegri, minacciava di farsi miseria, era capitato sempre il soccorso. Raccontò in tutt'i dettagli un'avventura che lo aveva salvato dalla fame facendogli guadagnare una mancia per un cane trovato.
E sempre così: terminati gli studi, girovagava per Milano in procinto d'accettare il posto d'ispettore offertogli in un'azienda commerciale. Come scultore era difficile d'incominciare la carriera; subito, agli esordii, sarebbe morto di fame. Passando un giorno dinanzi ad un palazzo nel quale erano esposte le opere di un artista morto da poco, egli vi andò per dare l'ultimo addio alla scultura. Vi trovò un amico e in due si misero a demolire senza pietà le opere esposte. Con l'amarezza che gli derivava dalla sua posizione disperata, il Balli trovava tutto mediocre, insignificante. Parlava ad alta voce, con grande calore; quella critica doveva essere l'ultima sua opera di artista. Nell'ultima stanza, dinanzi al lavoro che il defunto maestro non aveva potuto finire per la malattia da cui era stato colto, il Balli si fermò meravigliato di non poter finire la sua critica sul tono su cui l'aveva tenuta sino allora. Quel gesso rappresentava una testa di donna dal profilo energico, dalle linee decise rudemente sbozzate, eppure significanti fortemente dolore e pensiero. Il Balli si commosse rumorosamente. Scopriva che nel defunto scultore l'artista era esistito fino all'abbozzo e che l'accademico era sempre intervenuto a distruggere l'artista, dimenticando le prime impressioni, il primo sentimento per non ricordare che dei dogmi impersonali: i pregiudizi dell'arte. - Sì, è vero! - disse un vecchietto occhialuto che gli stava accanto, e poggiò quasi la punta del naso sul bozzetto. Il Balli sempre più s'accanì nella sua ammirazione ed ebbe delle parole commoventi per quell'artista ch'era morto vecchio portando il proprio segreto nella tomba, meno una volta sola in cui precisamente la morte non gli aveva concesso di celarlo.
Il vecchio lasciò guardare il gesso e si volse a considerare il critico. Fu un caso che Stefano si presentò quale scultore e non quale ispettore commerciale. Il vecchio, un originale ricco come un personaggio di fiaba, gli commise il proprio busto da prima, poi un monumento funebre e infine lo ricordò nel testamento. Il Balli ebbe perciò del lavoro per due anni e del denaro per dieci.
Amalia disse: - Come dev'essere bello di conoscere delle persone tanto intelligenti e tanto buone.
Il Balli protestò. Descrisse il vecchio con sentita antipatia. Quel mecenate pretensioso gli era stato eternamente accanto imponendogli di fornire ogni giorno quella data quantità di lavoro. Vero borghese privo di un gusto proprio, non aveva amato dell'arte che quanto gli veniva spiegato, dimostrato. Ogni sera il Balli era stanco di lavorare e di parlare, e gli era parso talvolta d'essere capitato in quel posto d'ispettore commerciale cui era sfuggito solo per un caso. Aveva preso il lutto quando il vecchio era morto, ma, per piangerlo più allegramente, non aveva toccato argilla per molti mesi.
Come era bello il destino del Balli: non era neppure obbligato a riconoscenza per i benefici che gli piovevano dal cielo. La ricchezza e la felicità erano i portati del suo destino; perché avrebbe dovuto sorprendersene o esserne grato a chi era inviato dalla provvidenza a portargli i suoi doni? Amalia, incantata, stava a sentire quel racconto che le confermava la vita essere ben differente di quella che aveva conosciuta. Era naturale che a lei e al fratello fosse stata tanto dura e naturalissimo che al Balli fosse toccata tanto lieta. Ella ammirò la felicità del Balli e amò in lui la forza e la serenità che erano le sue prime grandi fortune.
Invece il Brentani stava ad udire con amarezza e invidia. Pareva che il Balli si vantasse della fortuna come di propria virtù. A Emilio non era toccato mai niente di lieto anzi neppure niente d'inaspettato. Anche la sventura gli si era annunziata da lontano, si era delineata avvicinandosi; egli aveva avuto il tempo di guardarla lungamente in faccia, e quando ne era stato colpito - la morte dei suoi più cari o la povertà - egli vi era già preparato. Perciò aveva sofferto più a lungo ma con meno intensità e le tante sventure non lo avevano mai scosso dalla sua triste inerzia ch'egli attribuiva a quel destino disperantemente incolore e uniforme. Ed egli non aveva mai ispirato niente di forte, né amore, né odio; il vecchio tanto ingiustamente odiato dal Balli non era intervenuto nella sua vita. La gelosia, nel suo animo, crebbe in modo ch'egli ne provò persino per l'ammirazione che al Balli dedicava Amalia. Il pranzo divenne molto animato perché anche lui vi collaborò. Lottò per conquistarsi l'attenzione di Amalia.
Ma non vi riuscì. Che cosa avrebbe potuto dire che stesse degnamente accanto alla bizzarra autobiografia del Balli? Nient'altro che la sua passione presente, e non potendo parlare di quella, immediatamente egli fu confinato alla seconda parte ch'era sua per destino. Lo sforzo fatto da Emilio non produsse altro che qualche idea che andò ad ornare il racconto dell'amico. Il quale poi, senz'esserne consapevole, sentì la lotta e divenne sempre più vario, colorito, animato. Mai Amalia era stata l'oggetto di tante attenzioni. Ella stava ad ascoltare le confidenze che le faceva lo scultore, e non s'ingannava: le erano fatte proprio per conquistarla ed ella infatti si sentiva tutta sua. Per la mente della grigia fanciulla non passarono speranze per l'avvenire. Era proprio del presente che ella gioiva, di quell'ora in cui ella si sentiva desiderata, importante.
Uscirono insieme. Emilio avrebbe voluto andarsene col Balli, ma ella gli ricordò la promessa fattale il giorno innanzi di condurla con sé. Quella festa non doveva ancora terminare. Stefano la spalleggiò. A lui pareva che l'attaccamento per Amalia avrebbe potuto combattere nel Brentani l'influenza di Angiolina, e non ricordava più che pochi minuti prima aveva lottato per porsi tra fratello e sorella.
Ella fu pronta in un batter d'occhio, e aveva trovato anche il tempo di rassettare sulla fronte i ricci dei capelli fini ma piuttosto variamente macchiati che coloriti. Quando, infilando i guanti, invitò il Balli ad uscire, ebbe per lui un sorriso col quale pregava di piacergli.
Sulla via ella era più insignificante che mai, vestita tutta di nero, una piccola piuma bianca nel cappellino. Il Balli scherzò sulla piuma. Disse però che gli piaceva e ...
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