MANDRAGOLA, di Niccolo' Machiavelli - pagina 6
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State a udire: io sento un liuto.
NICIA Egli è esso.
Che vogliàn fare?
LIGURIO Vuolsi mandare innanzi uno esploratore a scoprire chi egli è, e, secondo ci riferirà, secondo fareno.
NICIA Chi v'andrà?
LIGURIO Va' via, Siro.
Tu sai quello hai a fare.
Considera, essamina, torna presto, referisci.
SIRO Io vo.
NICIA Io non vorrei che noi pigliassimo un granchio, che fussi qualche vecchio debole o infermiccio, e che questo giuoco si avessi a rifare domandassera.
LIGURIO Non dubitate, Siro è valent'uomo.
Eccolo, e' torna.
Che truovi, Siro?
SIRO Egli è el piú bello garzonaccio, che voi vedessi mai! Non ha venticinque anni, e viensene solo, in pitocchino, sonando el liuto.
NICIA Egli è el caso, se tu di' el vero.
Ma guarda che questa broda sarebbe tutta gittata addosso a te!
SIRO Egli è quel ch'io v'ho detto.
LIGURIO Aspettiàno ch'egli spunti questo canto, e subito gli sareno addosso.
NICIA Tiratevi in qua, maestro: voi mi parete un uom di legno.
Eccolo.
CALLIMACO
Venir vi possa el diavolo allo letto,
Dapoi ch'io non vi posso venir io!
LIGURIO Sta' forte.
Da' qua questo liuto!
CALLIMACO Ohimè! Che ho io fatto?
NICIA Tu el vedrai! Cuoprili el capo, imbavaglialo!
LIGURIO Aggiralo!
NICIA Dàgli un'altra volta! dagliene un'altra! mettetelo in casa!
TIMOTEO Messere Nicia, io m'andrò a riposare, ché mi duole la testa, che io muoio.
E, se non bisogna, io non tornerò domattina.
NICIA Sí, maestro, non tornate: noi potrem fare da noi.
SCENA DECIMA
Frate Timoteo solo.
TIMOTEO E' sono intanati in casa, ed io me ne andrò al convento.
E voi, spettatori, non ci appuntat:.
perché in questa notte non ci dormirà persona, sí che gli Atti non sono interrotti dal tempo.
Io dirò l'uffizio; Ligurio e Siro ceneranno, ché non hanno mangiato oggi; el dottore andrà di camera in sala, perchè la cucina vadia netta.
Callimaco e madonna Lucrezia non dormiranno, perché io so, se io fussi lui e se voi fussi lei, che noí non dormiremmo.
CANZONE
dopo il quarto atto
Oh dolce notte, oh sante
ore notturne e quete,
ch'i disïosi amanti accompagnate;
In voi s'adunan tante
letizie, onde voi siete
sole cagion di far l'alme beate.
Voi, giusti premii date,
all'amorose schiere,
delle lunghe fatiche;
voi fate, o felici ore,
ogni gelato petto arder d'amore!
ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Fra' Timoteo solo.
TIMOTEO Io non ho potuto questa notte chiudere occhio, tanto è el desiderio, che io ho d'intendere come Callimaco e gli altri l'abbino fatta.
Ed ho atteso a consumare el tempo in varie cose: io dissi mattutino, lessi una vita de' Santi Padri, andai in chiesa ed accesi una lampana che era spenta, mutai un velo ad una Nostra Donna, che fa miracoli.
Quante volte ho io detto a questi frati che la tenghino pulita! E si maravigliano poi se la divozione manca! Io mi ricordo esservi cinquecento immagine, e non ve ne sono oggi venti: questo nasce da noi, che non le abbiàno saputa mantenere la reputazione.
Noi vi solavamo ogni sera doppo la compieta andare a procissione, e farvi cantare ogni sabato le laude.
Botavanci noi sempre quivi, perché vi si vedessi delle imagine fresche; confortavamo nelle confessioni gli uomini e le donne a botarvisi.
Ora non si fa nulla di queste cose, e poi ci maravigliamo se le cose vanno fredde! Oh, quanto poco cervello è in questi mia frati! Ma io sento un grande romore da casa messer Nicia.
Eccogli, per mia fé! E' cavono fuora el prigione.
Io sarò giunto a tempo.
Ben si sono indugiati alla sgocciolatura, e' si fa appunto l'alba.
Io voglio stare ad udire quel che dicono sanza scoprirmi.
SCENA SECONDA
Messer Nicia, Callimaco, Ligurio, Siro travestiti.
NICIA Piglialo di costà, ed io di qua, e tu, Siro, lo tieni per il pitocco, di drieto.
CALLIMACO Non mi fate male!
LIGURIO Non aver paura, va' pur via.
NICIA Non andiam più là.
LIGURIO Voi dite bene.
Lasciallo ire qui.
Diangli dua volte, che non sappi donde e' si da venuto.
Giralo, Siro!
SIRO Ecco.
NICIA Giralo un'altra volta.
SIRO Ecco fatto.
CALLIMACO El mio liuto!
LIGURIO Via, ribaldo, tira via! S'i' ti sento favellare, io ti taglierò el collo!
NICIA E' s'è fuggito.
Andianci a sbisacciare: e vuolsi che noi usciamo fuori tutti a buona ora, acciò che non si paia che noi abbiamo veghiato questa notte.
LIGURIO Voi dite el vero.
NICIA Andate, voi e Siro, a trovar maestro Callimaco, e gli dite che la cosa è proceduta bene.
LIGURIO Che li possiamo noi dire? Noi non sappiamo nulla.
Voi sapete che, arrivati in casa, noi ce n'andamo nella volta a bere: voi e la suocera rimanesti alle mani seco, e non vi rivedemo mai se non ora, quando voi ci chiamasti per mandarlo fuora.
NICIA Voi dite el vero.
Oh! io vi ho da dire le belle cose! Mogliama era nel letto al buio.
Sostrata m'aspettava al fuoco.
Io giunsi su con questo garzonaccio, e, perché e' non andassi nulla in capperuccia, io lo menai in una dispensa, che io ho in sulIa sala, dove era un certo lume annacquato, che gittava un poco d'albore, in modo ch'e' non mi poteva vedere in viso.
LIGURIO Saviamente.
NICIA Io lo feci spogliare: e' nicchiava; io me li volsi come un cane, di modo che gli parve mill'anni di avere fuora e panni, e rimase ignudo.
Egli è brutto di viso: egli aveva un nasaccio, una bocca torta; ma tu non vedesti mai le piú belle carne: bianco, morbido, pastoso! E dell'altre cose non ne domandate.
LIGURIO E' non è bene ragionarne, che bisognava vederlo tutto.
NICIA Tu vuoi el giambo.
Poi che io avevo messo mano in pasta, io ne volsi toccare el fondo: poi volli vedere s'egli era sano: s'egli avessi auto le bolle, dove mi trovavo io? Tu ci metti parole.
LIGURIO Avete ragion voi.
NICIA Come io ebbi veduto che gli era sano, io me lo tirai drieto, ed al buio lo menai in camera, messi al letto; e innanzi mi partissi, volli toccare con mano come la cosa andava, ché io non sono uso ad essermi dato ad intendere lucciole per lanterne.
LIGURIO Con quanta prudenzia avete voi governata questa cosa!
NICIA Tocco e sentito che io ebbi ogni cosa, mi uscii di camera, e serrai l'uscio, e me n'andai alla suocera, che era al fuoco, e tutta notte abbiamo atteso a ragionare.
LIGURIO Che ragionamenti son stati e vostri?
NICIA Della sciocchezza di Lucrezia, e quanto egli era meglio che sanza tanti andirivieni, ella avessi ceduto al primo.
Dipoi ragionamo del bambino, che me lo pare tuttavia avere in braccio, el naccherino! Tanto che io sentii sonare le tredici ore; e, dubitando che il dí non sopragiugnessi, me n'andai in camera.
Che direte voi, che io non potevo fare levare quel rubaldone?
LIGURIO Credolo!
NICIA E' gli era piaciuto l'unto! Pure, e' si levò, io vi chiamai, e l'abbiamo condutto fuora.
LIGURIO La cosa è ita bene.
NICIA Che dira' tu, che me ne 'ncresce?
LIGURIO Di che?
NICIA Di quel povero giovane, ch'egli abbia a morire sí presto, e che questa notte gli abbia a costar sí cara.
LIGURIO Oh, voi avete e pochi pensieri! Lasciatene la cura a lui.
NICIA Tu di' el vero.
Ma mi par bene mille anni di trovare maestro Callimaco, e rallegrarmi seco.
LIGURIO E' sarà fra una ora fuora.
Ma egli è già chiaro el giorno: noi ci andreno a spogliare; voi, che farete?
NICIA Andronne anch'io in casa, a mettermi e panni buoni.
Farò levare e lavare la donna, farolla venire alla chiesa, ad entrare in santo.
Io vorrei che voi e Callimaco fussi là, e che noi parlassimo al frate, per ringraziarlo e ristorallo del bene che ci ha fatto.
LIGURIO Voi dite bene: così si farà.
SCENA TERZA
Fra' Timoteo solo.
TIMOTEO Io ho udito questo ragionamento, e mi è piaciuto tutto, considerando quanta sciocchezza sia in questo dottore; ma la conclusione utima mi ha sopra modo dilettato.
E poiché debbono venire a trovarmi a casa, io non voglio star piú qui, ma aspettargli alla chiesa, dove la mia mercanzia varrà piú.
Ma chi esce di quella casa? E' mi pare Ligurio, e con lui debbe essere Callimaco.
Io non voglio che mi vegghino, per le ragione dette: pur, quando e' non venissino a trovarmi, sempre sarò a tempo ad andare a trovare loro.
SCENA QUARTA
Callimaco, Ligurio.
CALLIMACO Come io ti ho detto, Ligurio mio, io stetti di mala voglia infino alle nove ore; e, benché io avessi grande piacere, e' non mi parve buono.
Ma, poi che io me le fu' dato a conoscere, e ch'io l'ebbi dato ad intendere l'amore che io le portavo, e quanto facilmente per la semplicità del marito, noi potavàno vivere felici sanza infamia alcuna, promettendole che, qualunque volta Dio facessi altro di lui, di prenderla per donna; ed avendo ella, oltre alle vere ragioni, gustato che differenzia è dalla iacitura mia a quella di Nicia, e da e baci d'uno amante giovane a quelli d'uno marito vecchio, doppo qualche sospiro, disse: - Poiché l'astuzia tua, la sciocchezza del mio marito, la semplicità di mia madre e la tristizia del mio confessoro mi hanno condutto a fare quello che mai per me medesima arei fatto, io voglio iudicare che venga da una celeste disposizione, che abbi voluto così, e non sono sufficiente a recusare quello che 'l Cielo vuole che io accetti.
Però, io ti prendo per signore, patrone, guida: tu mio padre, tu mio defensore, e tu voglio che sia ogni mio bene; e quel che 'l mio marito ha voluto per una sera, voglio ch'egli abbia sempre.
Fara'ti adunque suo compare, e verrai questa mattina alla chiesa, e di quivi ne verrai a desinare con esso noi; e l'andare e lo stare starà a te, e potreno ad ogni ora e sanza sospetto convenire insieme.
Io fui, udendo queste parole, per morirmi per la dolcezza.
Non potetti rispondere a la minima parte di quello che io arei desiderato.
Tanto che io mi truovo el piú felice e contento uomo che fussi mai nel mondo; e, se questa felicità non mi mancassi o per morte o per tempo, io sarei piú beato ch'e beati, piú santo ch'e santi.
LIGURIO Io ho gran piacere d'ogni tuo bene, ed ètti intervenuto quello che io ti dissi appunto.
Ma che facciamo noi ora?
CALLIMACO Andiàno verso la chiesa, perché io le promissi d'essere là, dove la verrà lei, la madre ed il dottore.
LIGURIO Io sento toccare l'uscio suo: le sono esse, che escono fuora, ed hanno el dottore drieto.
CALLIMACO Avviànci in chiesa, e là aspettereno.
SCENA QUINTA
Messer Nicia, Lucrezia, Sostrata.
NICIA Lucrezia, io credo che sia bene fare le cose con ti more di Dio, e non alla pazzeresca.
LUCREZIA Che s'ha egli a fare, ora?
NICIA Guarda come la risponde! La pare un gallo!
SOSTRATA Non ve ne maravigliate: ella è un poco alterata.
LUCREZIA Che volete voi dire?
NICIA Dico che gli è bene che io vadia innanzi a parlare al frate, e dirli che ti si facci incontro in sullo uscio della chiesa, per menarti in santo, perché gli è proprio, stamani, come se tu rinascessi.
LUCREZIA Che non andate?
NICIA Tu se' stamani molto ardita! Ella pareva iersera mezza morta.
LUCREZIA Egli è la grazia vostra!
SOSTRATA Andate a trovare el frate.
Ma e' non bisogna, egli è fuora di chiesa.
NICIA Voi dite el vero.
SCENA SESTA
Fra' Timoteo, messer Nicia, Lucrezia, Callimaco, Ligurio, Sostrata.
TIMOTEO Io vengo fuora, perché Callimaco e Ligurio m'banno detto che el dottore e le donne vengono alla chiesa.
Eccole.
NICIA Bona dies, padre!
TIMOTEO Voi sete le ben venute, e buon pro vi faccia, madonna, che Dio vi dia a fare un bel figliuolo maschio!
LUCREZIA Dio el voglia!
TIMOTEO E' lo vorrà in ogni modo.
NICIA Veggh'io in chiesa Ligurio e maestro Callimaco?
TIMOTEO Messer sí.
NICIA Accennateli .
TIMOTEO Venite!
CALLIMACO Dio vi salvi!
NICIA Maestro, toccate la mano qui alla donna mia.
CALLIMACO Volentieri.
NICIA Lucrezia, costui è quello che sarà cagione che noi aremo uno bastone che sostenga la nostra vecchiezza.
LUCREZIA Io l'ho molto caro, e vuolsi che sia nostro compare.
NlCIA Or benedetta sia tu! E voglio che lui e Ligurio venghino stamani a desinare con esso noi.
LUCREZIA In ogni modo.
NICIA E vo' dar loro la chiave della camera terrena d'in su la loggia, perché possino tornarsi quivi a loro comodità, che non hanno donne in casa, e stanno come bestie.
CALLIMACO Io l'accetto, per usarla quando mi accaggia.
TIMOTEO Io ho avere e danari per la limosina?
NICIA Ben sapete come, domine, oggi vi si manderanno.
LIGURIO Di Siro non è uomo che si ricordi?
NICIA Chiegga, ciò che io ho è suo.
Tu, Lucrezia, quanti grossi hai a dare al frate, per entrare in santo?
LUCREZIA Dategliene dieci.
NICIA Affogaggine!
TIMOTEO E voi, madonna Sostrata, avete, secondo che mi pare, messo un tallo in sul vecchio.
SOSTRATA Chi non sarebbe allegra?
TIMOTEO Andianne tutti in chiesa, e quivi direno l'orazione ordinaria; dipoi, doppo l'uficio, ne andrete a desinare a vostra posta.
Voi, aspettatori, non aspettate che noi usciàno piú fuora: l'uficio è lungo, io mi rimarrò in chiesa, e loro, per l'uscio del fianco, se n'andranno a casa.
Valète!
- Fine -
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