MANDRAGOLA, di Niccolo' Machiavelli - pagina 4
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TIMOTEO Come?
LIGURIO Persuadere alla badessa che dia una pozione alla fanciulla per farla sconciare.
TIMOTEO Cotesta è cosa da pensarla.
LIGURIO Guardate, nel far questo, quanti beni ne resulta: voi mantenete l'onore al monistero, alla fanciulla, a' parenti; rendete al padre una figliuola; satisfate qui a messere, a tanti sua parenti; fate tante elemosine, quante con questi trecento ducati potete fare; e, dall'altro canto, voi non offendete altro che un pezzo di carne non nata, sanza senso, che in mille modi si può sperdere; ed io credo che quello sia bene che facci bene ai piú, e che e piú se ne contentino.
TIMOTEO Sia, col nome di Dio.
Faccisi ciò che voi volete, e, per Dio e per carità, sia fatto ogni cosa.
Ditemi el munistero, datemi la pozione, e, se vi pare, cotesti danari, da potere cominciare a fare qualche bene.
LIGURIO Or mi parete voi quel religioso, che io credevo che voi fussi.
Togliete questa parte de' danari.
El munistero è...
Ma aspettate, egli è qui in chiesa una donna che mi accenna: io torno ora ora; non vi partite da messer Nicia; io le vo' dire dua parole.
SCENA QUINTA
Fra' Timoteo, messer Nicia.
TIMOTEO Questa fanciulla, che tempo ha?
NICIA Io strabilio.
TIMOTEO Dico, quanto tempo ha questa fanciulla?
NICIA Mal che Dio gli dia!
TIMOTEO Perché?
NICIA Perché se l'abbia!
TIMOTEO E' mi pare essere nel gagno.
Io ho a fare cor uno pazzo e cor un sordo: l'un si fugge, l'altro non ode.
Ma se questi non sono quarteruoli, io ne farò meglio di loro! Ecco Ligurio, che torna in qua.
SCENA SESTA
Ligurio, fra' Timoteo, messer Nicia.
LIGURIO State cheto, messere.
Oh! io ho la gran nuova, padre.
TIMOTEO Quale?
LIGURIO Quella donna con chi io ho parlato, mi ha detto che quella fanciulla si è sconcia per se stessa.
TIMOTEO Bene! questa limosina andrà alla Grascia.
LIGURIO Che dite voi?
TIMOTEO Dico che voi tanto piú doverrete fare questa limosina.
LIGURIO La limosina si farà, quando voi vogliate: ma e' bisogna che voi facciate un'altra cosa in benefizio qui del dottore.
TIMOTEO Che cosa è?
LIGURIO Cosa di minor carico, di minor scandolo, piú accetta a noi, e piú utile a voi.
TIMOTEO Che è? Io sono in termine con voi, e parmi avere contratta tale dimestichezza, che non è cosa che io non facessi.
LIGURIO Io ve lo vo' dire in chiesa, da me e voi, ed el dottore fia contento di aspettare qui.
Noi torniamo ora.
NICIA Come disse la botta a l'erpice! .
TIMOTEO Andiamo.
SCENA SETTIMA
Messer Nicia solo.
NICIA E' egli di dì o di notte? Sono io desto o sogno? Sono io imbriaco, e non ho beuto ancora oggi, per ire drieto a queste chiacchiere? Noi rimanghiam di dire al frate una cosa, e' ne dice un'altra; poi volle che io facessi el sordo, e bisognava io m'impeciassi gli orecchi come el Danese, a volere che io non avessi udite le pazzie, che gli ha dette, e Dio il sa con che proposito! Io mi truovo meno venticinque ducati, e del fatto mio non s'è ancora ragionato; ed ora m'hanno qui posto come un zugo a piuolo.
Ma eccogli che tornano; in mala ora per loro, se non hanno ragionato del fatto mio!
SCENA OTTAVA
Fra' Timoteo, Ligurio, messer Nicia.
TIMOTEO Fate che le donne venghino.
Io so quello che io ho a fare; e, se l'autorità mia varrà, noi concluderemo questo parentado questa sera.
LIGURIO Messer Nicia, fra' Timoteo è per fare ogni cosa.
Bisogna vedere che le donne venghino.
NICIA Tu mi ricrii tutto quanto.
Fia egli maschio?
LIGURIO Maschio.
NICIA Io lacrimo per la tenerezza.
TIMOTEO Andatevene in chiesa, io aspetterò qui le donne.
State in lato che le non vi vegghino; e, partite che le fieno, Vi dirò quello che l'hanno detto.
SCENA NONA
Frate Timoteo solo.
TIMOTEO Io non so chi s'abbi giuntato l'uno l'altro.
Questo tristo di Ligurio ne venne a me con quella prima novella, per tentarmi, acciò, se io non gliene consentivo, non mi arebbe detta questa, per non palesare e disegni loro sanza utile, e di quella che era falsa non si curavono.
Egli è vero che io ci sono suto giuntato; nondimeno, questo giunto è con mio utile.
Messer Nicia e Callimaco sono ricchi, e da ciascuno, per diversi rispetti, sono per trarre assai; la cosa convien stia secreta, perché l'importa cosí a loro a dirla come a me.
Sia come si voglia, io non me ne pento.
E' ben vero che io dubito non ci avere dificultà, perché madonna Lucrezia è savia e buona: ma io la giugnerò in sulla bontà.
E tutte le donne hanno poco cervello; e come ne è una che sappi dire dua parole, e' se ne predica, perché in terra di ciechi chi v'ha un occhio è signore.
Ed eccola con la madre, la quale è bene una bestia, e sarammi uno grande adiuto a condurla alle mia voglie.
SCENA DECIMA
Sostrata, Lucrezia.
SOSTRATA Io credo che tu creda, figliuola mia, che io stimi l'onore ed el bene tuo quanto persona del mondo, e che io non ti consigliassi di cosa che non stessi bene.
Io t'ho detto e ridicoti, che se fra' Timoteo ti dice che non ci sia carico di conscienzia, che tu lo faccia sanza pensarvi.
LUCREZIA Io ho sempremai dubitato che la voglia, che messer Nicia ha d'avere fìgliuoli, non ci faccia fare qualche errore; e per questo, sempre che lui mi ha parlato di alcuna cosa, io ne sono stata in gelosia e sospesa massime poi che m'intervenne quello che vi sapete, per andare a' Servi.
Ma di tutte le cose che si son tentate, questa mi pare la piú strana, di avere a sottomettere el corpo mio a questo vituperio, ad esser cagione che uno uomo muoia per vituperarmi: perché io non crederrei, se io fussi sola rimasa nel mondo e da me avessi a resurgere l'umana natura, che mi fussi simile partito concesso
SOSTRATA Io non ti so dire tante cose, figliuola mia.
Tu parlerai al frate, vedrai quello che ti dirà, e farai quello che tu dipoi sarai consigliata da lui, da noi, da chi ti vuole bene.
LUCREZIA Io sudo per la passione.
SCENA UNDECIMA
Fra' Timoteo, Lucrezia, Sostrata.
TIMOTEO Voi siate le ben venute! Io so quello che voi volete intendere da me, perché messer Nicia m'ha parlato.
Veramente, io sono stato in su' libri più di dua ore a studiare questo caso; e, dopo molte esamine, io truovo di molte cose che, e in particolare ed in generale, fanno per noi.
LUCREZIA Parlate voi da vero o motteggiate?
TIMOTEO Ah, madonna Lucrezia! Sono, queste, cose da motteggiare? Avetemi voi a conoscere ora?
LUCREZIA Padre, no; ma questa mi pare la più strana cosa che mai si udissi.
TIMOTEO Madonna, io ve lo credo, ma io non voglio che voi diciate piú cosí.
E' sono molte cose che discosto paiano terribili, insopportabile, strane, che, quando tu ti appressi loro, le riescono umane, sopportabili, dimestiche; e però si dice che sono maggiori li spaventi ch'e mali: e questa è una di quelle.
LUCREZIA Dio el voglia!
TIMOTEO Io voglio tornare a quello, che io dicevo prima.
Voi avete, quanto alla conscienzia, a pigliare questa generalità, che, dove è un bene certo ed un male incerto, non si debbe mai lasciare quel bene per paura di quel male.
Qui è un bene certo, che voi ingraviderete, acquisterete una anima a messer Domenedio; el male incerto è che colui che iacerà, dopo la pozione, con voi, si muoia; ma e' si truova anche di quelli che non muoiono.
Ma perché la cosa è dubia, però è bene che messer Nicia non corra quel periculo.
Quanto allo atto, che sia peccato, questo è una favola, perché la volontà è quella che pecca, non el corpo; e la cagione del peccato è dispiacere al marito, e voi li compiacete; pigliarne piacere, e voi ne avete dispiacere.
Oltra di questo, el fine si ha a riguardare in tutte le cose; el fine vostro si è riempire una sedia in paradiso, contentare el marito vostro.
Dice la Bibia che le figliuole di Lotto, credendosi essere rimase sole nel mondo, usorono con el padre; e, perché la loro intenzione fu buona, non peccorono.
LUCREZIA Che cosa mi persuadete voi?
SOSTRATA Làsciati persuadere, figliuola mía.
Non vedi tu che una donna, che non ha figliuoli, non ha casa? Muorsi el marito, resta com'una bestia, abandonata da ognuno.
TIMOTEO Io vi giuro, madonna, per questo petto sacrato, che tanta conscienzia vi è ottemperare in questo caso al marito vostro, quanto vi è mangiare carne el mercodedí, che è un peccato che se ne va con l'acqua benedetta.
LUCREZIA A che mi conducete voi, padre?
TIMOTEO Conducovi a cose, che voi sempre arete cagione di pregare Dio per me; e piú vi satisfarà questo altro anno che ora.
SOSTRATA Ella farà ciò che voi volete.
Io la voglio mettere stasera al letto io.
Di che hai tu paura, moccicona? E' c'è cinquanta donne, in questa terra, che ne alzerebbono le mani al cielo.
LUCREZIA Io sono contenta: ma non credo mai essere viva domattina.
TIMOTEO Non dubitar, figliuola mia: io pregherrò Iddio per te, io dirò l'orazione dell'agnol Raffaello, che ti accompagni.
Andate, in buona ora, e preparatevi a questo misterio, ché si fa sera.
SOSTRATA Rimanete in pace, padre.
LUCREZIA Dio m'aiuti e la Nostra Donna, che io non càpiti male.
SCENA DUODECIMA
Fra' Timoteo, Ligurio, messer Nicia.
TIMOTEO O Ligurio, uscite qua!
LIGURIO Come va?
TIMOTEO Bene.
Le ne sono ite a casa disposte a fare ogni cosa, e non ci fia difficultà, perché la madre si andrà a stare seco, e vuolla mettere al letto lei.
NICIA Dite voi el vero?
TIMOTEO Bembè, voi sete guarito del sordo?
LIGURIO San Chimenti gli ha fatto grazia.
TIMOTEO E' si vuol porvi una immagine, per rizzarci un poco di baccanella, acciò che io abbia fatto quest'altro guadagno con voi.
NICIA Non entriano in cetere.
Farà la donna difficultà di fare quel ch'io voglio?
TIMOTEO Non, vi dico.
NICIA Io sono el piú contento uomo del mondo.
TIMOTEO Credolo.
Voi vi beccherete un fanciul maschio,- e chi non ha non abbia.
LIGURIO Andate, frate, a le vostre orazioni, e, se bisognerà altro, vi verreno a trovare.
Voi, messere, andate a lei, per tenerla ferma in questa opinione, ed io andrò a trovare maestro Callimaco, che vi mandi la pozione; ed all'un'ora fate che io vi rivegga, per ordinare quello che si de' fare alle quattro.
NICIA Tu di' bene.
Addio!
TIMOTEO Andate sani.
CANZONE
dopo il terzo atto
Sí suave è l'inganno
al fin condotto imaginato e caro,
ch'altrui spoglia d'affanno,
e dolce face ogni gustato amaro.
O rimedio alto e raro,
tu mostri il dritto calle all'alme erranti;
tu, col tuo gran valore,
nel far beato altrui, fai ricco Amore;
tu vinci, sol co' tuoi consigli santi,
pietre, veneni e incanti.
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA
Callimaco solo.
CALLIMACO Io vorrei pure intendere quello che costoro hanno fatto.
Può egli essere che io non rivegga Ligurio? E, nonché le ventitré, le sono le ventiquattro ore! In quanta angustia d'animo sono io stato e sto! Ed è vero che la Fortuna e la Natura tiene el conto per bilancio: la non ti fa mai un bene, che, a l'incontro, non surga un male.
Quanto piú mi è cresciuta la speranza, tanto mi è cresciuto el timore.
Misero a me! Sarà egli mai possibile che io viva in tanti affanni e perturbato da questi timori e queste speranze? Io sono una nave vessata da dua diversi venti, che tanto piú teme, quanto ella è più presso al porto.
La semplicità di messere Nicia mi fa sperare, la providenzia e durezza di Lucrezia mi fa temere.
Oimè, che io non truovo requie in alcuno loco! Talvolta io cerco di vincere me stesso, riprendomi di questo mio furore, e dico meco: - Che fai tu? Se' tu impazato? Quando tu l'ottenga, che fia? Conoscerai el tuo errore, pentira'ti delle fatiche e de' pensieri che hai avuti.
Non sai tu quanto poco bene si truova nelle cose che l'uomo desidera, rispetto a quello che l'uomo ha presupposto trovarvi? Da l'altro canto: el peggio che te ne va è morire e andarne in inferno; e' son morti tanti degli altri! e sono in inferno tanti uomini da bene! Ha'ti tu a vergognare d'andarvi tu? Volgi el viso alla sorte; fuggi el male, e non lo potendo fuggire sopportalo come uomo; non ti prosternere, non ti invilire come una donna.
- E così mi fo di buon cuore; ma io ci sto poco sú, perché da ogni parte mi assalta tanto desio d'essere una volta con costei, che io mi sento, dalle piante de' piè al capo, tutto alterare: le gambe triemano, le viscere si commuovono, il cuore mi si sbarba del petto, le braccia s'abandonano, la lingua diventa muta, gli occhi abarbagliano, el cervello mi gira.
Pure, se io trovassi Ligurio, io arei con chi sfogarmi.
Ma ecco che ne viene verso me ratto.
El rapporto di costui mi farà o vivere allegro qualche poco o morire affatto.
SCENA SECONDA
Ligurio, Callimaco.
LIGURIO Io non desiderai mai piú tanto di trovare Callimaco, e non penai mai piú tanto a trovarlo.
Se io li portassi triste nuove, io l'arei riscontro al primo.
Io sono stato a casa, in Piazza, in Mercato, al Pancone delli Spini, alla Loggia de' Tornaquinci, e non l'ho trovato.
Questi innamorati hanno l'ariento vivo sotto e pieti, e non si possono fermare.
CALLIMACO Che sto io ch'io non lo chiamo? E mi par pure allegro: Oh, Ligurio! Ligurio!
LIGURIO Oh, Callimaco! dove sei tu stato?
CALLIMACO Che novelle?
LIGURIO Buone.
CALLIMACO Buone in verità?
LIGURIO Ottime.
CALLIMACO E' Lucrezia contenta?
LIGURIO Sí.
CALLIMACO El frate fece el bisogno?
LIGURIO Fece
CALLIMACO Oh, benedetto frate! Io pregherrò sempre Dio per lui.
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LIGURIO Oh, buono! Come se Dio facessi le grazie del male, come del bene! El frate vorrà altro che prieghi!
CALLIMACO Che vorrà?
LIGURIO Danari.
CALLIMACO Darégliene.
Quanti ne gli hai tu promessi?
LIGURIO Trecento ducati.
CALLIMACO Hai fatto bene.
LIGURIO El dottore ne ha sborsati venticinque.
CALLIMACO Come?
LIGURIO Bastiti che gli ha sborsati.
CALLIMACO La madre di Lucrezia, che ha fatto?
LIGURIO Quasi el tutto.
Come la 'ntese che la sua figliuola la avev'avere questa buona notte sanza peccato, la non restò mai di pregare, comandare, confortare la Lucrezia, tanto che ella la condusse al frate, e quivi operò in modo, che la l'acconsentí.
CALLIMACO Oh, Dio! Per quali mia meriti debbo io avere tanti beni? Io ho a morire per l'allegrezza!
LIGURIO Che gente è questa? Ora per l'allegrezza, ora pel dolore, costui vuole morire in ogni modo.
Hai tu ad ordine la pozione?
CALLIMACO Sí, ho.
LIGURIO Che li manderai?
CALLIMACO Un bicchiere d'hypocras, che è a proposito a racconciare lo stomaco,
rallegra el cervello...
Ohimè, ohimè, ohimè, io sono spacciato!
LIGURIO Che è? Che sarà?
CALLIMACO E' non ci è remedio.
LIGURIO Che diavol fia?
CALLIMACO E' non si è fatto nulla, io mi son murato un forno.
LIGURIO Perché? Ché non lo di? Lèvati le man' dal viso.
CALLIMACO O non sai tu che io ho detto a messer Nicia che tu, lui, Siro ed io piglieremo uno per metterlo a lato a la moglie?
LIGURIO Che importa?
CALLIMACO Come, che importa? Se io sono con voi, non potrò essere quel che sia preso; s'io non sono, e' s'avvedrà dello inganno.
LIGURIO Tu di' el vero.
Ma non ci è egli rimedio?
CALLIMACO Non, credo io.
LIGURIO Sí, sarà bene.
CALLIMACO Quale?
LIGURIO Io voglio un poco pensallo.
CALLIMACO Tu mi hai chiaro: io sto fresco, se tu l'hai a pensare ora!
LIGURIO Io l'ho trovato.
CALLIMACO Che cosa?
LIGuRIo Farò che 'l frate, che ci ha aiutato infino a qui, farà questo resto.
CALLIMACO In Che modo?
LIGURIO Noi abbiamo tutti a travestirci.
Io farò travestire el frate: contrafarà la voce, el viso, l'abito; e dirò al dottore che tu sia quello; e' sel crederà.
CALLIMACO Piacemi; ma io che farò?
LIGURIO Fo conto che tu ti metta un pitocchino indosso, e con un liuto in mano te ne venga costí, dal canto della sua casa, cantando un canzoncino.
CALLIMACO A viso scoperto?
LIGURIO Sí, ché se tu portassi una maschera, e' gli enterrebbe 'n sospetto.
CALLIMACO E' mi conoscerà.
LIGURIO Non farà: perché io voglio che tu ti storca el viso, che tu apra, aguzzi o digrigni la bocca, chiugga un occhio.
Pruova un poco.
CALLIMACO Fo io così?
LIGURIO No.
CALLIMACO Cosí?
LIGURIO Non basta.
CALLIMACO A questo modo?
LIGURIO Sí, sí, tieni a mente cotesto.
Io ho un naso in casa: io vo' che tu te l'appicchi.
CALLIMACO Orbé, che sarà poi?
LIGURIO Come tu sarai comparso in sul canto, noi saren quivi, torrénti el liuto, piglierenti, aggirerenti condurrenti in casa, metterenti a letto.
E 'l resto doverrai tu fare da te!
CALLIMACO Fatto sta condursi!
LIGURIo Qui ti condurrai tu.
Ma a fare che tu vi possa ritornare sta a te e non a noi.
CALLIMACO Come?
LIGURIo Che tu te la guadagni in questa notte, e che, innanzi che tu ti parta, te le dia a conoscere, scuoprale lo inganno, mostrile l'amore le porti, dicale el bene le vuoi, e come sanza sua infamia la può esser tua amica, e con sua grande infamia tua nimica.
È impossibile che la non convenghi teco, e che la voglia che questa notte sia sola.
CALLIMACO Credi tu cotesto?
LIGURIO Io ne son certo.
Ma non perdiam piú tempo: e' son già dua ore.
Chiama Siro, manda la pozione a messer Nicia, e me aspetta in casa.
Io andrò per el frate: farollo travestire, e condurrenlo qui, e troverreno el dottore e fareno quello manca.
CALLIMACO Tu di' ben! Va' via.
SCENA TERZA
Callimaco, Siro.
CALLIMACO O Siro!
SIRO Messere!
CALLIMACO Fatti costí.
SIRO Eccomi.
CALLIMACO Piglia quello bicchiere d'argento, che è drento allo armario di camera e, coperto con un poco di drappo, portamelo, e guarda a non lo versare per la via.
SIRO Sarà fatto.
CALLIMACO Costui è stato dieci anni meco, e sempre m'ha servito fedelmente.
Io credo trovare, anche in questo caso, fede in lui; e, benché io non gli abbi comunicato questo inganno, e' se lo indovina, ché gli è cattivo bene e veggo che si va
accomodando.
SIRO Eccolo.
CALLIMACO Sta bene.
Tira, va a casa messer Nicia, e digli che questa è la medicina, che ha a pigliare la donna doppo cena subito; e quanto prima cena, tanto sarà meglio; e, come noi sareno in sul canto ad ordine, al tempo, e' facci d'esservi.
Va' ratto.
SIRO I' vo.
CALLIMACO Odi qua.
Se vuole che tu l'aspetti, aspettalo, e vientene qui con lui; se non vuole, torna qui da me, dato che tu glien'hai, e fatto che tu gli arai
l'ambasciata.
SIRO Messer, sí.
SCENA QUARTA
Callimaco solo.
CALLIMACO Io aspetto che Ligurio torni col frate; e chi dice che gli è dura cosa l'aspettare, dice el vero.
Io scemo ad ogni ora dieci libbre, pensando dove io sono ora, dove io potrei essere di qui a dua ore, temendo che non nasca qualche cosa, che interrompa el mio disegno.
Che se fussi, e' fia l'ultima notte della vita mia, perché o io mi gitterò in Arno, o io m'impiccherò, o io mi gitterò da quelle finestre, o io mi darò d'un coltello in sullo uscio suo.
Qualche cosa farò io, perché io non viva più.
Ma veggo io Ligurio? Egli è desso, egli ha seco uno che pare scrignuto, zoppo: e' fia certo el frate travestito Oh, frati! Conoscine uno, e conoscigli tutti.
Chi è quell'altro, che si è accostato a loro? E' mi pare Siro, arà digià fatto l'ambasciata al dottore; egli è esso.
Io gli voglio aspettare qui, per convenire con loro.
SCENA QUINTA
Siro, Ligurio, Callimaco, fra' Timoteo travestito
SIRO Chi è teco, Ligurio?
LIGURIO Uno uom da bene.
SIRO E' egli zoppo, o fa le vista?
LIGURIO Bada ad altro.
SIRO Oh! gli ha el viso del gran ribaldo!
LIGURIO Deh! sta' cheto, ché ci hai fracido! Ove è Callimaco?
CALLIMACO Io son qui.
Voi siete e ben venuti!
LIGURIO O Callimaco, avvertisci questo pazzerello di Siro: egli ha detto già mille pazzie.
CALLIMACO Siro, odi qua: tu hai questa sera a fare tutto quello che ti dirà Ligurio; e fa' conto, quando e' ti comanda, che sia io; e ciò che tu vedi, senti o odi, hai a tenere secretissimo, per quanto tu stimi la roba, l'onore, la vita mia e il bene tuo.
SIRO Cosí si farà.
CALLIMACO Desti tu el bicchiere al dottore?
SIRO Messer, sl.
CALLIMACO Che disse?
SIRO Che sarà ora ad ordine di tutto.
TIMOTEO E' questo Callimaco?
CALLIMACO Sono, a' comandi vostri.
Le proferte tra noi sien fatte: voi avete a disporre di me e di tutte le fortune mia, come di voi.
TIMOTEO Io l'ho inteso e credolo e sommi messo a fare quello per te, che io non arei fatto per uomo del mondo.
CALLIMACO Voi non perderete la fatica.
TIMOTEO E' basta che tu mi voglia bene.
LIGURIO Lasciamo stare le cerimonie.
Noi andreno a travestirci, Siro ed io.
Tu, Callimaco, vien' con noi, per potere ire a fare e fatti tua.
El frate ci aspetterà qui: noi torneren subito, e andreno a trovare messere Nicia.
CALLIMACO Tu di' bene: andiano.
TIMOTEO Vi aspetto.
SCENA SESTA
Frate solo travestito.
TIMOTEO E' dicono el vero quelli che dicono che le cattive compagnie conducono gli uomini alle forche, e molte volte uno càpita male cosí per essere troppo facile e troppo buono, come per essere troppo tristo.
Dio sa che io non pensavo ad iniurare persona, stavomi nella mia cella, dicevo el mio ufizio, intrattenevo e mia devoti: capitommi inanzi questo diavolo di Ligurio, che mi fece intignere el dito in uno errore, donde io vi ho messo el braccio, e tutta la persona, e non so ancora dove io m'abbia a capitare.
Pure mi conforto che quando una cosa importa a molti, molti ne hanno aver cura.
Ma ecco Ligurio e quel servo che tornono.
SCENA SETTIMA
Fra' Timoteo, Ligurio, Siro travestiti.
TIMOTEO Voi siate e ben tornati.
LIGURIO Stian noi bene?
TIMOTEO Benissimo.
LIGURIO E' ci manca el dottore.
Andian verso casa sua: e' son piú di tre ore, andian via!
SIRO Chi apre l'uscio suo? È egli el famiglio?
LICURI0 No: gli è lui.
Ah, ah, ah, uh!
SIRO Tu ridi?
LIGURIO Chi non riderebbe? Egli ha un guarnacchino indosso, che non gli cuopre el culo.
Che diavolo ha egli in capo? E' mi pare un di questi gufi de' canonici, e uno spadaccino sotto: ah, ah! e' borbotta non so che.
Tirianci da parte, e udireno qualche sciagura della moglie.
SCENA OTTAVA
Messer Nicia travestito.
NICIA Quanti lezzi ha fatti questa mia pazza! Ella ha mandato le fante a casa la madre, e 'l famiglio in villa.
Di questo io la laudo; ma io non la lodo già che, innanzi che la ne sia voluta ire al letto, ell'abbi fatto tante schifiltà: - Io non voglio! ...
Come farò io?...
Che mi fate voi fare? ...
Oh me!, mamma mia!..
E, se non che la madre le disse il padre del porro, la non entrava in quel letto.
Che le venga la contina! Io vorrei ben vedere le donne schizzinose, ma non tanto; ché ci ha tolta la testa, cervello di gatta! Poi, chi dicessi: Che impiccata sia la piú savia donna di Firenze la direbbe: - Che t'ho io fatto?.
Io so che la Pasquina enterrà in Arezzo, ed inanzi che io mi parta da giuoco, io potrò dire, come mona Ghinga: - Di veduta, con queste mane.
Io sto pur bene! Chi mi conoscerebbe? Io paio maggiore, piú giovane, piú scarzo: e non sarebbe donna, che mi togliessi danari di letto.
Ma dove troverrò io costoro?
SCENA NONA
Ligurio, messer Nicia, fra' Timoteo, Siro.
LIGURIO Buona sera, messere.
NICIA Oh! eh! eh!
LIGURIO Non abbiate paura, no' siàn noi.
NICIA Oh! voi siete tutti qui? S'io non vi conoscevo presto, io vi davo con questo stocco, el piú diritto che io sapevo! Tu, se' Ligurio? e tu, Siro? e quell'altro el maestro? ah?
LIGURIO Messere, si.
NICIA Togli! Oh, e' s'è contraffatto bene! e' non lo conoscerebbe Va-qua-tu!
LIGURIO Io gli ho fatto mettere dua noce in bocca, perché non sia conosciuto alla voce.
NICIA Tu se' ignorante.
LIGURIO Perché ?
NICIA Che non me 'l dicevi tu prima? Ed are'mene messo anch'io dua e sai se gli importa non essere conosciuto alla favella!
LIGURIO Togliete, mettetevi in bocca questo.
NICIA Che è ella?
LIGURIO Una palla di cera.
NICIA Dàlla qua...
ca, pu, ca, co, co, cu, cu, spu...
Che ti venga la seccaggine, pezzo di manigoldo!
LIGURIO Perdonatemi, ché io ve ne ho data una in scambio, che io non me ne sono avveduto.
NICIA Ca, ca, pu, pu...
Di che, che, che, che era?
LIGURIO D'aloe.
NICIA Sia, in malora! Spu, spu...
Maestro, voi non dite nulla?
TIMOTEO Ligurio m'ha fatto adirare.
NICIA Oh! voi contrafate bene la voce.
LIGURIO Non perdian piú tempo qui.
Io voglio essere el capitano, e ordinare l'esercito per la giornata.
Al destro corno sia preposto Callimaco, al sinistro io, intra le dua corna starà qui el dottore; Siro fia retroguardo, per dar sussidio a quella banda che inclinassi.
El nome sia san Cucú.
NICIA Chi è san Cucú?
LIGURIO È el piú onorato santo, che sia in Francia.
Andiàn via, mettiàn l'aguato a questo canto.
State a udire: io sento un liuto.
NICIA Egli è esso.
Che vogliàn fare?
LIGURIO Vuolsi mandare innanzi uno esploratore a scoprire chi egli è, e, secondo ci riferirà, secondo fareno.
NICIA Chi v'andrà?
LIGURIO Va' via, Siro.
Tu sai quello hai a fare.
Considera, essamina, torna presto, referisci.
SIRO Io vo.
NICIA Io non vorrei che noi pigliassimo un granchio, che fussi qualche vecchio debole o infermiccio, e che questo giuoco si avessi a rifare domandassera.
LIGURIO Non dubitate, Siro è valent'uomo.
Eccolo, e' torna.
Che truovi, Siro?
SIRO Egli è el piú bello garzonaccio, che voi vedessi mai! Non ha venticinque anni, e viensene solo, in pitocchino, sonando el liuto.
NICIA Egli è el caso, se tu di' el vero.
Ma guarda che questa broda sarebbe tutta gittata addosso a te!
SIRO Egli è quel ch'io v'ho detto.
LIGURIO Aspettiàno ch'egli spunti questo canto, e subito gli sareno addosso.
NICIA Tiratevi in qua, maestro: voi mi parete un uom di legno.
Eccolo.
CALLIMACO
Venir vi possa el diavolo allo letto,
Dapoi ch'io non vi posso venir io!
LIGURIO Sta' forte.
Da' qua questo liuto!
CALLIMACO Ohimè! Che ho io fatto?
NICIA Tu el vedrai! Cuoprili el capo, imbavaglialo!
LIGURIO Aggiralo!
NICIA Dàgli un'altra volta! dagliene un'altra! mettetelo in casa!
TIMOTEO Messere Nicia, io m'andrò a riposare, ché mi duole la testa, che io muoio.
E, se non bisogna, io non tornerò domattina.
NICIA Sí, maestro, non tornate: noi potrem fare da noi.
SCENA DECIMA
Frate Timoteo solo.
TIMOTEO E' sono intanati in casa, ed io me ne andrò al convento.
E voi, spettatori, non ci appuntat:.
perché in questa notte non ci dormirà persona, sí che gli Atti non sono interrotti dal tempo.
Io dirò l'uffizio; Ligurio e Siro ceneranno, ché non hanno mangiato oggi; el dottore andrà di camera in sala, perchè la cucina vadia netta.
Callimaco e madonna Lucrezia non dormiranno, perché io so, se io fussi lui e se voi fussi lei, che noí non dormiremmo.
CANZONE
dopo il quarto atto
Oh dolce notte, oh sante
ore notturne e quete,
ch'i disïosi amanti accompagnate;
In voi s'adunan tante
letizie, onde voi siete
sole cagion di far l'alme beate.
Voi, giusti premii date,
all'amorose schiere,
delle lunghe fatiche;
voi fate, o felici ore,
ogni gelato petto arder d'amore!
ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Fra' Timoteo solo.
TIMOTEO Io non ho potuto questa notte chiudere occhio, tanto è el desiderio, che io ho d'intendere come Callimaco e gli altri l'abbino fatta.
Ed ho atteso a consumare el tempo in varie cose: io dissi mattutino, lessi una vita de' Santi Padri, andai in chiesa ed accesi una lampana che era spenta, mutai un velo ad una Nostra Donna, che fa miracoli.
Quante volte ho io detto a questi frati che la tenghino pulita! E si maravigliano poi se la divozione manca! Io mi ricordo esservi cinquecento immagine, e non ve ne sono oggi venti: questo nasce da noi, che non le abbiàno saputa mantenere la reputazione.
Noi vi solavamo ogni sera doppo la compieta andare a procissione, e farvi cantare ogni sabato le laude.
Botavanci noi sempre quivi, perché vi si vedessi delle imagine fresche; confortavamo nelle confessioni gli uomini e le donne a botarvisi.
Ora non si fa nulla di queste cose, e poi ci maravigliamo se le cose vanno fredde! Oh, quanto poco cervello è in questi mia frati! Ma io sento un grande romore da casa messer Nicia.
Eccogli, per mia fé! E' cavono fuora el prigione.
Io sarò giunto a tempo.
Ben si sono indugiati alla sgocciolatura, e' si fa appunto l'alba.
Io voglio stare ad udire quel che dicono sanza scoprirmi.
SCENA SECONDA
Messer Nicia, Callimaco, Ligurio, Siro travestiti.
NICIA Piglialo di costà, ed io di qua, e tu, Siro, lo tieni per il pitocco, di drieto.
CALLIMACO Non mi fate male!
LIGURIO Non aver paura, va' pur via.
NICIA Non andiam più là.
LIGURIO Voi dite bene.
Lasciallo ire qui.
Diangli dua volte, che non sappi donde e' si da venuto.
Giralo, Siro!
SIRO Ecco.
NICIA Giralo un'altra volta.
SIRO Ecco fatto.
CALLIMACO El mio liuto!
LIGURIO Via, ribaldo, tira via! S'i' ti sento favellare, io ti taglierò el collo!
NICIA E' s'è fuggito.
Andianci a sbisacciare: e vuolsi che noi usciamo fuori tutti a buona ora, acciò che non si paia che noi abbiamo veghiato questa notte.
LIGURIO Voi dite el vero.
NICIA Andate, voi e Siro, a trovar maestro Callimaco, e gli dite che la cosa è proceduta bene.
LIGURIO Che li possiamo noi dire? Noi non sappiamo nulla.
Voi sapete che, arrivati in casa, noi ce n'andamo nella volta a bere: voi e la suocera rimanesti alle mani seco, e non vi rivedemo mai se non ora, quando voi ci chiamasti per mandarlo fuora.
NICIA Voi dite el vero.
Oh! io vi ho da dire le belle cose! Mogliama era nel letto al buio.
Sostrata m'aspettava al fuoco.
Io giunsi su con questo garzonaccio, e, perché e' non andassi nulla in capperuccia, io lo menai in una dispensa, che io ho in sulIa sala, dove era un certo lume annacquato, che gittava un poco d'albore, in modo ch'e' non mi poteva vedere in viso.
LIGURIO Saviamente.
NICIA Io lo feci spogliare: e' nicchiava; io me li volsi come un cane, di modo che gli parve mill'anni di avere fuora e panni, e rimase ignudo.
Egli è brutto di viso: egli aveva un nasaccio, una bocca torta; ma tu non vedesti mai le piú belle carne: bianco, morbido, pastoso! E dell'altre cose non ne domandate.
LIGURIO E' non è bene ragionarne, che bisognava vederlo tutto.
NICIA Tu vuoi el giambo.
Poi che io avevo messo mano in pasta, io ne volsi toccare el fondo: poi volli vedere s'egli era sano: s'egli avessi auto le bolle, dove mi trovavo io? Tu ci metti parole.
LIGURIO Avete ragion voi.
NICIA Come io ebbi veduto che gli era sano, io me lo tirai drieto, ed al buio lo menai in camera, messi al letto; e innanzi mi partissi, volli toccare con mano come la cosa andava, ché io non sono uso ad essermi dato ad intendere lucciole per lanterne.
LIGURIO Con quanta prudenzia avete voi governata questa cosa!
NICIA Tocco e sentito che io ebbi ogni cosa, mi uscii di camera, e serrai l'uscio, e me n'andai alla suocera, che era al fuoco, e tutta notte abbiamo atteso a ragionare.
LIGURIO Che ragionamenti son stati e vostri?
NICIA Della sciocchezza di Lucrezia, e quanto egli era meglio che sanza tanti andirivieni, ella avessi ceduto al primo.
Dipoi ragionamo del bambino, che me lo pare tuttavia avere in braccio, el naccherino! Tanto che io sentii sonare le tredici ore; e, dubitando che il dí non sopragiugnessi, me n'andai in camera.
Che direte voi, che io non potevo fare levare quel rubaldone?
LIGURIO Credolo!
NICIA E' gli era piaciuto l'unto! Pure, e' si levò, io vi chiamai, e l'abbiamo condutto fuora.
LIGURIO La cosa è ita bene.
NICIA Che dira' tu, che me ne 'ncresce?
LIGURIO Di che?
NICIA Di quel povero giovane, ch'egli abbia a morire sí presto, e che questa notte gli abbia a costar sí cara.
LIGURIO Oh, voi avete e pochi pensieri! Lasciatene la cura a lui.
NICIA Tu di' el vero.
Ma mi par bene mille anni di trovare maestro Callimaco, e rallegrarmi seco.
LIGURIO E' sarà fra una ora fuora.
Ma egli è già chiaro el giorno: noi ci andreno a spogliare; voi, che farete?
NICIA Andronne anch'io in casa, a mettermi e panni buoni.
Farò levare e lavare la donna, farolla venire alla chiesa, ad entrare in santo.
Io vorrei che voi e Callimaco fussi là, e che noi parlassimo al frate, per ringraziarlo e ristorallo del bene che ci ha fatto.
LIGURIO Voi dite bene: così si farà.
SCENA TERZA
Fra' Timoteo solo.
TIMOTEO Io ho udito questo ragionamento, e mi è piaciuto tutto, considerando quanta sciocchezza sia in questo dottore; ma la conclusione utima mi ha sopra modo dilettato.
E poiché debbono venire a trovarmi a casa, io non voglio star piú qui, ma aspettargli alla chiesa, dove la mia mercanzia varrà piú.
Ma chi esce di quella casa? E' mi pare Ligurio, e con lui debbe essere Callimaco.
Io non voglio che mi vegghino, per le ragione dette: pur, quando e' non venissino a trovarmi, sempre sarò a tempo ad andare a trovare loro.
SCENA QUARTA
Callimaco, Ligurio.
CALLIMACO Come io ti ho detto, Ligurio mio, io stetti di mala voglia infino alle nove ore; e, benché io avessi grande piacere, e' non mi parve buono.
Ma, poi che io me le fu' dato a conoscere, e ch'io l'ebbi dato ad intendere l'amore che io le portavo, e quanto facilmente per la semplicità del marito, noi potavàno vivere felici sanza infamia alcuna, promettendole che, qualunque volta Dio facessi altro di lui, di prenderla per donna; ed avendo ella, oltre alle vere ragioni, gustato che differenzia è dalla iacitura mia a quella di Nicia, e da e baci d'uno amante giovane a quelli d'uno marito vecchio, doppo qualche sospiro, disse: - Poiché l'astuzia tua, la sciocchezza del mio marito, la semplicità di mia madre e la tristizia del mio confessoro mi hanno condutto a fare quello che mai per me medesima arei fatto, io voglio iudicare che venga da una celeste disposizione, che abbi voluto così, e non sono sufficiente a recusare quello che 'l Cielo vuole che io accetti.
Però, io ti prendo per signore, patrone, guida: tu mio padre, tu mio defensore, e tu voglio che sia ogni mio bene; e quel che 'l mio marito ha voluto per una sera, voglio ch'egli abbia sempre.
Fara'ti adunque suo compare, e verrai questa mattina alla chiesa, e di quivi ne verrai a desinare con esso noi; e l'andare e lo stare starà a te, e potreno ad ogni ora e sanza sospetto convenire insieme.
Io fui, udendo queste parole, per morirmi per la dolcezza.
Non potetti rispondere a la minima parte di quello che io arei desiderato.
Tanto che io mi truovo el piú felice e contento uomo che fussi mai nel mondo; e, se questa felicità non mi mancassi o per morte o per tempo, io sarei piú beato ch'e beati, piú santo ch'e santi.
LIGURIO Io ho gran piacere d'ogni tuo bene, ed ètti intervenuto quello che io ti dissi appunto.
Ma che facciamo noi ora?
CALLIMACO Andiàno verso la chiesa, perché io le promissi d'essere là, dove la verrà lei, la madre ed il dottore.
LIGURIO Io sento toccare l'uscio suo: le sono esse, che escono fuora, ed hanno el dottore drieto.
CALLIMACO Avviànci in chiesa, e là aspettereno.
SCENA QUINTA
Messer Nicia, Lucrezia, Sostrata.
NICIA Lucrezia, io credo che sia bene fare le cose con ti more di Dio, e non alla pazzeresca.
LUCREZIA Che s'ha egli a fare, ora?
NICIA Guarda come la risponde! La pare un gallo!
SOSTRATA Non ve ne maravigliate: ella è un poco alterata.
LUCREZIA Che volete voi dire?
NICIA Dico che gli è bene che io vadia innanzi a parlare al frate, e dirli che ti si facci incontro in sullo uscio della chiesa, per menarti in santo, perché gli è proprio, stamani, come se tu rinascessi.
LUCREZIA Che non andate?
NICIA Tu se' stamani molto ardita! Ella pareva iersera mezza morta.
LUCREZIA Egli è la grazia vostra!
SOSTRATA Andate a trovare el frate.
Ma e' non bisogna, egli è fuora di chiesa.
NICIA Voi dite el vero.
SCENA SESTA
Fra' Timoteo, messer Nicia, Lucrezia, Callimaco, Ligurio, Sostrata.
TIMOTEO Io vengo fuora, perché Callimaco e Ligurio m'banno detto che el dottore e le donne vengono alla chiesa.
Eccole.
NICIA Bona dies, padre!
TIMOTEO Voi sete le ben venute, e buon pro vi faccia, madonna, che Dio vi dia a fare un bel figliuolo maschio!
LUCREZIA Dio el voglia!
TIMOTEO E' lo vorrà in ogni modo.
NICIA Veggh'io in chiesa Ligurio e maestro Callimaco?
TIMOTEO Messer sí.
NICIA Accennateli .
TIMOTEO Venite!
CALLIMACO Dio vi salvi!
NICIA Maestro, toccate la mano qui alla donna mia.
CALLIMACO Volentieri.
NICIA Lucrezia, costui è quello che sarà cagione che noi aremo uno bastone che sostenga la nostra vecchiezza.
LUCREZIA Io l'ho molto caro, e vuolsi che sia nostro compare.
NlCIA Or benedetta sia tu! E voglio che lui e Ligurio venghino stamani a desinare con esso noi.
LUCREZIA In ogni modo.
NICIA E vo' dar loro la chiave della camera terrena d'in su la loggia, perché possino tornarsi quivi a loro comodità, che non hanno donne in casa, e stanno come bestie.
CALLIMACO Io l'accetto, per usarla quando mi accaggia.
TIMOTEO Io ho avere e danari per la limosina?
NICIA Ben sapete come, domine, oggi vi si manderanno.
LIGURIO Di Siro non è uomo che si ricordi?
NICIA Chiegga, ciò che io ho è suo.
Tu, Lucrezia, quanti grossi hai a dare al frate, per entrare in santo?
LUCREZIA Dategliene dieci.
NICIA Affogaggine!
TIMOTEO E voi, madonna Sostrata, avete, secondo che mi pare, messo un tallo in sul vecchio.
SOSTRATA Chi non sarebbe allegra?
TIMOTEO Andianne tutti in chiesa, e quivi direno l'orazione ordinaria; dipoi, doppo l'uficio, ne andrete a desinare a vostra posta.
Voi, aspettatori, non aspettate che noi usciàno piú fuora: l'uficio è lungo, io mi rimarrò in chiesa, e loro, per l'uscio del fianco, se n'andranno a casa.
Valète!
- Fine -
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