[Pagina precedente]...a Medici, o persone della città , da quella dependenti. Ma perché questi nomi fanno la cosa alquanto intrigata, si sono qui appresso messe con quest'ordine:
STATE. MUGNONE. PORTA. ARNO. PRIMAVERA.
ARTI. LIBERALITÀ
LINGUE. SAPIENZA.
SCIENZE. NOBILTÀ
ARMI. VALORE
PACE. PIETÀ
LEGGI. IUSTIZIA.
LOGGIA. LOGGIA.
AUTUNNO. PORTA. LOGGIA. PORTA. VERNO.
I quali tutti ornamenti nel vero arebbono fatto questo il più ricco, il più magnifico et il più ornato giardino d'Europa, ma non furono le dette cose condotte a fine, perciò che il Tribolo, sin che il signor Duca era in quella voglia di fare, non seppe pigliar modo di far che si conducessino alla loro perfezzione, come arebbe potuto fare in breve, avendo uomini et il Duca che spendeva volentieri, non avendo di quegli impedimenti che ebbe poi col tempo. Anzi non si contentando allora sua eccellenza di sì gran copia d'acqua, quanta è quella che vi si vede, disegnava che s'andasse a trovare l'acqua di Valcenni, che è grossissima, per metterle tutte insieme, e da Castello, con uno acquidotto simile a quello che aveva fatto, condurle a Fiorenza in sulla piazza del suo palazzo. E nel vero se quest'opera fusse stata riscaldata da uomo più vivo e più disideroso di gloria, si sarebbe per lo meno tirata molto inanzi. Ma perché il Tribolo (oltre che era molto occupato in diversi negozii del Duca) era non molto vivo, non se ne fece altro. Et in tanto tempo che lavorò a Castello non condusse di sua mano altro che le due fonti con que' due fiumi, Arno e Mugnone, e la statua di Fiesole, nascendo ciò non da altro, per quello che si vede, che da essere troppo occupato come si è detto in molti negozii del Duca. Il quale fra l'altre cose gli fece fare fuor della porta a San Gallo, sopra il fiume Mugnone, un ponte in sulla strada maestra che va a Bologna. Il qual ponte, perché il fiume attraversa la strada in isbieco, fece fare il Tribolo, sbiecando anch'egli l'arco, secondo che sbiecamente imboccava il fiume, che fu cosa nuova e molto lodata, facendo massimamente congiungere l'arco di pietra sbiecato, in modo da tutte le bande che riuscì forte et ha molta grazia, et insomma questo ponte fu una molto bell'opera.
Non molto inanzi, essendo venuta voglia al Duca di fare la sepoltura del signor Giovanni de' Medici suo padre, e disiderando il Tribolo di farla, ne fece un bellissimo modello a concorrenza d'uno che n'avea fatto Raffaello da Monte Lupo, favorito da Francesco di Sandro, maestro di maneggiare arme appresso a sua eccellenza. E così essendo risoluto il Duca che si mettesse in opera quello del Tribolo, egli se n'andò a Carrara a fare cavare i marmi, dove cavò anco i due pili per le logge di Castello, una tavola e molti altri marmi.
Intanto essendo Messer Giovan Battista da Ricasoli, oggi vescovo di Pistoia, a Roma per negozii del signor Duca, fu trovato da Baccio Bandinelli, che aveva apunto finito nella Minerva le sepolture di papa Leone Decimo e Clemente Settimo, e richiesto di favore appresso sua eccellenza; per che, avendo esso Messer Giovanbatista scritto al Duca che il Bandinello disiderava servirlo, gli fu rescritto da sua eccellenza che nel ritorno lo menasse seco. Arivato adunque il Bandinello a Fiorenza, fu tanto intorno al Duca con l'audacia sua, con promesse e mostrare disegni e modelli, che la sepoltura del detto signor Giovanni, la quale doveva fare il Tribolo, fu allogata a lui. E così presi de' marmi di Michelagnolo, che erano in Fiorenza in via Mozza, guastatigli senza rispetto, cominciò l'opera; per che, tornato il Tribolo da Carrara, trovò essergli stato levato, per essere egli troppo freddo e buono, il lavoro. L'anno che si fece parentado fra il signor duca Cosimo et il signor don Petro di Tolledo, marchese di Villa Franca, allora veceré di Napoli, pigliando il signor Duca per moglie la signora Leonora sua figliuola, nel farsi in Fiorenza l'apparato delle nozze, fu dato cura al Tribolo di fare alla porta al Prato, per la quale doveva la sposa entrare venendo dal Poggio, un arco trionfale; il quale egli fece bellissimo, e molto ornato di colonne, pilastri, architravi, cornicioni e frontespizii. E perché il detto arco andava tutto pieno di storie e di figure, oltre alle statue, che furono di man del Tribolo, fecero tutte le dette pitture Battista Franco Viniziano, Ridolfo Ghirlandaio e Michele suo discepolo. La principal figura dunque, che fece il Tribolo in quest'opera, la quale fu posta sopra il frontespizio nella punta del mezzo sopra un dado fatto di rilievo, fu una femina di cinque braccia, fatta per la Fecondità , con cinque putti, tre avolti alle gambe, uno in grembo e l'altro al collo. E questa, dove cala il frontespizio, era messa in mezzo da due figure della medesima grandezza, una da ogni banda. Delle quali figure, che stavano a giacere, una era la Sicurtà , che s'appoggiava sopra una colonna con una verga sottile in mano, e l'altra era l'Eternità con una palla nelle braccia e sotto ai piedi un vecchio canuto figurato per lo Tempo col Sole e Luna in collo.
Non dirò quali fussero l'opere di pittura che furono in questo arco, perché può vedersi ciascuno nella discrizione dell'apparato di quelle nozze, e perché il Tribolo ebbe particolar cura degl'ornamenti del palazzo de' Medici egli fece fare nelle lunette delle volte del cortile, molte imprese con motti a proposito a quelle nozze e tutte quelle de' più illustri di casa Medici. Oltre ciò nel cortile grande scoperto fece un suntuosissimo apparato pieno di storie, cioè da una parte di Romani e Greci, e dall'altre di cose state fatte da uomini illustri di detta casa Medici, che tutte furono condotte dai più eccellenti giovani pittori che allora fussero in Fiorenza di ordine del Tribolo, Bronzino, Pierfrancesco di Sandro, Francesco Bacchiacca, Domenico Conti, Antonio di Domenico e Battista Franco Viniziano. Fece anco il Tribolo in sulla piazza di San Marco, sopra un grandissimo basamento alto braccia dieci (nel quale il Bronzino aveva dipinte di color di bronzo due bellissime storie) nel zoccolo che era sopra le cornici, un cavallo di braccia dodici, con le gambe dinanzi in alto e sopra quello una figura armata e grande a proporzione, la quale figura avea sotto genti ferite e morte: rappresentava il valorosissimo signor Giovanni de' Medici padre di sua eccellenza. Fu quest'opera con tanto giudizio et arte condotta dal Tribolo, ch'ella fu ammirata da chiunche la vide, e quello che più fece maravigliare, fu la prestezza nella quale egli la fece, aiutato fra gl'altri da Santi Buglioni scultore, il quale cadendo, rimase storpiato d'una gamba, e poco mancò che non si morì. Di ordine similmente del Tribolo fece, per la comedia che si recitò, Aristotele da San Gallo (in queste veramente eccellentissimo, come si dirà nella vita sua) una maravigliosa prospettiva. Et esso Tribolo fece per gl'abiti degl'intermedii, che furono opera di Giovambatista Strozzi, il quale ebbe carico di tutta la comedia, le più vaghe e belle invenzioni di vestiti, di calzari, d'acconciature di capo e d'altri abbigliamenti, che sia possibile imaginarsi. Le quali cose furono cagione che il Duca si servì poi in molte capricciose mascherate dell'ingegno del Tribolo, come in quella dell'Orsi, per un palio di Bufole, in quella de' Corbi et in altre. Similmente l'anno che al detto signor Duca nacque il signor don Francesco suo primogenito, avendosi a fare nel tempio di San Giovanni di Firenze un suntuoso apparato, il quale fusse onoratissimo e capace di cento nobilissime giovani, le quali l'avevano ad accompagnare dal palazzo insino al detto tempio, dove aveva a ricevere il battesimo, ne fu dato carico al Tribolo, il quale insieme col Tasso, accomodandosi al luogo, fece che quel tempio, che per sé è antico e bellissimo, pareva un nuovo tempio alla moderna ottimamente inteso, insieme con i sederi intorno riccamente adorni di pitture e d'oro.
Nel mezzo sotto la lanterna fece un vaso grande di legname intagliato in otto facce, il quale posava il suo piede sopra quattro scaglioni. Et in sui canti dell'otto facce erano certi viticcioni, i quali movendosi da terra, dove erano alcune zampe di leone, avevano in cima certi putti grandi i quali facendo varie attitudini tenevano con le mani la bocca del vaso e colle spalle alcuni festoni che giravano e facevano pendere nel vano del mezzo una ghirlanda attorno attorno. Oltre ciò aveva fatto il Tribolo nel mezzo di questo vaso un basamento di legname con belle fantasie attorno, in sul quale mise per finimento il San Giovanbattista di marmo, alto braccia tre, di mano di Donatello, che fu lasciato da lui nelle case di Gismondo Martelli, come si è detto nella vita di esso Donatello. Insomma, essendo questo tempio dentro e fuori stato ornato quanto meglio si può imaginare, era solamente stata lasciata in dietro la cappella principale, dove in un tabernacolo vecchio sono quelle figure di rilievo che già fece Andrea Pisano. Onde pareva, essendo rinovato ogni cosa, che quella capella così vecchia togliesse tutta la grazia che l'altre cose tutte insieme avevano. Andando dunque un giorno il Duca a vedere questo apparato, come persona di giudizio, lodò ogni cosa e conobbe quanto si fusse bene accomodato il Tribolo al sito e luogo et ad ogni altra cosa, solo biasimò sconciamente che a quella capella principale non si fusse avuto cura. Onde a un tratto, come persona risoluta con bel giudizio, ordinò che tutta quella parte fusse coperta con una tela grandissima dipinta di chiaro scuro, dentro la quale San Giovanni Battista battezzasse Cristo et intorno fussero popoli che stessono a vedere e si battezzassino, altri spogliandosi et altri rivestendosi in varie attitudini, e sopra fusse un Dio Padre che mandasse lo Spirito Santo, e due fonti in guisa di fiumi per Ior e Dan, i quali versando acqua facessero il Giordano. Essendo adunque ricerco di far questa opera da Messer Pierfrancesco Riccio, maiordomo allora del Duca, e dal Tribolo, Iacopo da Puntormo, non la volle fare, perciò che il tempo, che vi era solamente di sei giorni, non pensava che gli potesse bastare. Il simile fece Ridolfo Ghirlandaio, Bronzino e molti altri. In questo tempo essendo Giorgio Vasari tornato da Bologna e lavorando per Messer Bindo Altoviti la tavola della sua capella in Santo Apostolo in Firenze, non era in molta considerazione, se bene aveva amicizia col Tribolo e col Tasso. Perciò che avendo alcuni fatto una setta, sotto il favore del detto Messer Pierfrancesco Riccio, chi non era di quella non participava del favore della corte, ancor che fusse virtuoso e da bene. La quale cosa era cagione che molti, i quali con l'aiuto di tanto principe si sarebbono fatti eccellenti, si stavano abandonati, non si adoperando se non chi voleva il Tasso, il quale, come persona allegra, con le sue baie inzampognava colui di sorte che non faceva e non voleva in certi affari, se non quello che voleva il Tasso, il quale era architettore di palazzo e faceva ogni cosa. Costoro dunque avendo alcun sospetto di esso Giorgio, il quale si rideva di quella loro vanità e sciocchezze e più cercava di farsi da qualcosa mediante gli studii dell'arte, che con favore, non pensavano al fatto suo, quando gli fu dato ordine dal signor Duca che facesse la detta tela con la già detta invenzione. La quale opera egli condusse in sei giorni di chiaro scuro e la diede finita in quel modo che sanno coloro che videro quanta grazia et ornamento ella diede a tutto quello apparato e quanto ella rallegrasse quella parte, che più n'aveva bisogno in quel tempio e nelle magnificenze di quella festa.
Si portò dunque tanto bene il Tribolo, per tornare oggimai onde mi sono, non so come, partito, che ne meritò somma lode, et una gran parte degl'ornamenti, che fece fra le colonne, volse il Duca che vi fussero lasciati, e vi sono ancora e meritamente. Fece il Tribolo alla villa di Cristofano Rinieri a Castello, mentre che attendeva alle fonti del Duca, sopra un vivaio, che è in cima a una ragnaia, in una nicchia un fiume di pietra bigia grande quant...
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