[Pagina precedente]...n mano una luna, che è l'antica insegna de' Fiesolani. Sotto questa nicchia è un grandissimo pilo sostenuto da due capricorni grandi, che sono una dell'imprese del Duca, dai quali capricorni pendono alcuni festoni e maschere bellissime, e dalle labra esce l'acqua del detto pilo, che essendo colmo nel mezzo e sboccato dalle bande, viene tutta quella che sopravanza a versarsi dai detti lati, per le bocche de' capricorni et a caminar, poi che è cascato in sul basamento cavo del pilo, per gl'orticini che sono intorno alle mura del giardino del laberinto, dove sono fra nicchia e nicchia fonti, e fra le fonti spalliere di melaranci e melagrani.
Nel secondo sopra detto giardino, dove avea disegnato il Tribolo che si facesse il monte Asinaio, che aveva a dar l'acqua al detto Mugnone, aveva a essere dall'altra banda, passata la porta, il monte della Falterona in somigliante figura. E sì come da questo monte ha origine il fiume Arno, così la statua figurata per esso nel giardino del laberinto, dirimpetto a Mugnone, aveva a ricevere l'acqua della detta Falterona. Ma perché la figura di detto monte, né la sua fonte ha mai avuto il suo fine, parleremo della fonte e del fiume Arno, che dal Tribolo fu condotto a perfezzione. E dunque questo fiume [ha] il suo vaso sopra una coscia et appoggiasi con un braccio, stando a giacere, sopra un leone che tiene un giglio in mano, e l'acqua riceve il vaso dal muro forato, dietro al quale aveva a essere la Falterona, nella maniera a punto che si è detto ricevere la sua la statua del fiume Mugnone. E perché il pilo lungo è in tutto simile a quello di Mugnone non dirò altro se non che è un peccato che la bontà et eccellenza di queste opere non siano di marmo, essendo veramente bellissime. Seguitando poi il Tribolo l'opera del condotto, fece venire l'acqua della grotta, che passando sotto il giardino degl'aranci e poi l'altro, la condusse al laberinto e quivi preso in giro tutto il mezzo del laberinto, cioè il centro in buona larghezza, ordinò la canna del mezzo per la quale aveva a gettare acqua la fonte. Poi prese l'acque d'Arno e Mugnone, e ragunatele insieme sotto il piano del laberinto, con certe canne di bronzo che erano sparse per quel piano con bell'ordine, empié tutto quel pavimento di sottilissimi zampilli, di maniera che volgendosi una chiave si bagnano tutti coloro che s'accostano per vedere la fonte. E non si può agevolmente, né così tosto fuggire, perché fece il Tribolo intorno alla fonte et al lastricato, nel quale sono i zampilli, un sedere di pietra bigia, sostenuto da branche di leone, tramezzate da mostri marini di basso rilievo. Il che fare fu cosa difficile, perché volle, poiché il luogo è in ispiaggia e sta la squadra a pendio, di quello far piano e de' sederi il medesimo. Messa poi mano alla fonte di questo laberinto, le fece nel piede di marmo uno intrecciamento di mostri marini tutti tondi straforati, con alcune code aviluppate insieme così bene, che in quel genere non si può far meglio. E ciò fatto, condusse la tazza d'un marmo stato condotto molto prima a Castello, insieme con una gran tavola pur di marmo, dalla villa dell'Antella, che già comperò Messer Ottaviano de' Medici da Giuliano Salviati. Fece dunque il Tribolo per questa commodità prima che non arebbe per aventura fatto, la detta tazza, facendole intorno un ballo di puttini posti nella gola, che è appresso al labbro della tazza, i quali tengono certi festoni di cose marine traforati nel marmo con bell'artefizio. E così il piede, che fece sopra la tazza, condusse con molta grazia e con certi putti e maschere, per gettare acqua, bellissimi. Sopra il quale piede era d'animo il Tribolo che si ponesse una statua di bronzo, alta tre braccia, figurata per una Fiorenza, a dimostrare che dai detti monti Asinaia e Falterona vengono l'acque d'Arno e Mugnone a Fiorenza. Della quale figura aveva fatto un bellissimo modello, che spremendosi con le mani i capelli, ne faceva uscir acqua. Condotta poi l'acqua sul primo delle trenta braccia sotto il laberinto, diede principio alla fonte grande, che avendo otto facce, aveva a ricevere tutte le sopra dette acque nel primo bagno, cioè quelle dell'acque del laberinto e quelle parimente del condotto maggiore. Ciascuna dunque dell'otto facce saglie un grado alti un quinto, et ogni angolo dell'otto facce ha un risalto, come anco avea le scale che risaltando salgono ad ogni angolo scaglione di due quinti. Talché ripercuote la faccia del mezzo delle scale nei risalti, e vi muore il bastone, che è cosa bizzarra a vedere e molto commoda a salire. Le sponde della fonte hanno garbo di vaso et il corpo della fonte, cioè dentro dove sta l'acqua, gira intorno. Comincia il piede in otto facce, e seguita con otto sederi fin presso al bottone della tazza, sopra il quale seggono otto putti in varie attitudini e tutti tondi e grandi quanto il vivo, et incatenandosi con le braccia e con le gambe insieme fanno bellissimo vedere e ricco ornamento. E perché l'aggetto della tazza, che è tonda, ha di diametro sei braccia, traboccando del pari l'acque di tutta la fonte, versa intorno intorno una bellissima pioggia a uso di grondaia nel detto vaso a otto facce, onde i detti putti, che sono in sul piede della tazza, non si bagnano, e pare che mostrino con molta vaghezza quasi fanciullescamente essersi là entro per non bagnarsi scherzando ritirati intorno al labro della tazza, la quale nella sua semplicità non si può di bellezza paragonare. Sono dirimpetto ai quattro lati della crocera del giardino, quattro putti di bronzo a giacere scherzando in varie attitudini, i quali se bene sono poi stati fatti da altri, sono secondo il disegno del Tribolo. Comincia sopra questa tazza un altro piede, che ha nel suo principio, sopra alcuni risalti, quattro putti tondi di marmo, che stringono il collo a certe oche che versono acqua per bocca. E quest'acqua è quella del condotto principale che viene dal laberinto, la quale a punto saglie a questa altezza. Sopra questi putti è il resto del fuso di questo piede, il quale è fatto con certe cartelle che colono acqua con strana bizzarria e ripigliando forma quadra sta sopra certe maschere molto ben fatte. Sopra poi è un'altra tazza minore nella crocera della quale, al labbro, stanno appiccate con le corna quattro teste di capricorno in quadro, le quali gettono per bocca acqua nella tazza grande, insieme con i putti, per far la pioggia, che cade come si è detto nel primo ricetto, che ha le sponde a otto facce. Seguita più alto un altro fuso adorno con altri ornamenti e con certi putti di mezzo rilievo, che risaltando fanno un largo in cima tondo, che serve per basa della figura d'un Ercole che fa scoppiare Anteo, la quale secondo il segno del Tribolo è poi stata fatta da altri, come si dirà a suo luogo. Dalla bocca del quale Anteo, in cambio dello spirito, disegnò che dovesse uscire, et esce, per una canna acqua in gran copia, la quale acqua è quella del condotto grande della Pretaia, che vien gagliarda e saglie dal piano, dove sono le scale, braccia sedici, e ricascando nella tazza maggiore fa un vedere maraviglioso. In questo acquidotto medesimo vengono adunque non solo le dette acque della Pretaia, ma ancor quelle che vanno al vivaio et alla grotta, e queste, unite con quelle della Castellina, vanno alle fonti della Falterona e di Monte Asinaio e quindi a quelle d'Arno e Mugnone come si è detto e di poi, riunite alla fonte del laberinto, vanno al mezzo della fonte grande, dove sono i putti con l'oche. Di qui poi arebbono a ire, secondo il disegno del Tribolo, per due condotti ciascuno da per sé ne' pili delle logge et alle tavole e poi ciascuna al suo orto segreto. Il primo de' quali orti, verso ponente, è tutto pieno d'erbe straordinarie e medicinali, onde al sommo di quest'acqua, nel detto giardino di semplici, nel nicchio della fontana dietro a un pilo di marmo, arebbe a essere una statua d'Esculapio. Fu dunque la sopra detta fonte maggiore tutta finita di marmo dal Tribolo e ridotta a quella estrema perfezzione, che si può in opera di questa sorte disiderare migliore. Onde credo che si possa dire con verità ch'ella sia la più bella fonte e la più ricca, proporzionata e vaga che sia stata fatta mai. Perciò che nelle figure, nei vasi, nelle tazze et insomma per tutto, si vede usata diligenza et industria straordinaria. Poi il Tribolo, fatto il modello della detta statua d'Esculapio, cominciò a lavorare il marmo, ma impedito da altre cose lasciò imperfetta quella figura, che poi fu finita da Antonio di Gino, scultore e suo discepolo. Dalla banda di verso levante, in un pratello fuor del giardino, acconciò il Tribolo una quercia molto artifiziosamente, perciò che, oltre che è in modo coperta di sopra e d'intorno d'ellera intrecciata fra i rami, che pare un foltissimo boschetto, vi si saglie con una commoda scala di legno similmente coperta, in cima della quale nel mezzo della quercia è una stanza quadra con sederi intorno e con appoggiatoi di spalliere tutte di verzura viva, e nel mezzo una tavoletta di marmo, con un vaso di mischio nel mezzo. Nel quale, per una canna viene e schizza a l'aria molta acqua e per un'altra la caduta si parte, le quali canne vengono su per lo piede della quercia in modo coperte dall'ellera, che non si veggiono punto. E l'acqua si dà e toglie quando altri vuole col volgere di certe chiavi, né si può dire a pieno per quante vie si volge la detta acqua della quercia, con diversi instrumenti di rame per bagnare chi altri vuole, oltre che, con i medesimi instrumenti, se le fa fare diversi rumori e zuffolamenti.
Finalmente tutte queste acque, dopo aver servito a tante e diverse fonti et ufficii, ragunate insieme se ne vanno ai due vivai, che sono fuor del palazzo al principio del viale, e quindi ad altri bisogni della villa. Né lascerò di dire qual fusse l'animo del Tribolo intorno agl'ornamenti di statue che avevano a essere nel giardin grande del laberinto, nelle nicchie che si veggiono ordinariamente compartite nei vani. Voleva dunque, et a così fare l'aveva giudiziosamente consigliato Messer Benedetto Varchi, stato ne' tempi nostri poeta, oratore e filosofo eccellentissimo, che nelle teste di sopra e di sotto andassino i quattro tempi dell'anno, cioè primavera, state, autunno e verno, e che ciascuno fusse situato in quel luogo dove più si truova la stagion sua. All'entrata in sulla man ritta a canto al verno, in quella parte del muro che si distende all'insù, dovevano andare sei figure, le quali denotassino e mostrassero la grandezza e la bontà della casa de' Medici, e che tutte le virtù si truovono nel duca Cosimo, e queste erano la Iustizia, la Pietà, il Valore, la Nobiltà, la Sapienza e la Liberalità, le quali sono sempre state nella casa de' Medici et oggi sono tutte nell'eccellentissimo signor Duca, per essere giusto, valoroso, nobile, savio e liberale. E perché queste parti hanno fatto e fanno essere nella città di Firenze Leggi, Pace, Armi, Scienze, Sapienza, Lingue et Arti, e perché il detto signor Duca è giusto con le leggi, pietoso con la pace, valoroso per l'armi, nobile per le scienze, savio per introdurre le lingue e virtù e liberale nell'arti, voleva il Tribolo che all'incontro della Iustizia, Pietà, Valore, Nobiltà, Sapienza e Liberalità, furono quest'altre in sulla man manca, come si vedrà qui di sotto, cioè: Leggi, Pace, Arme, Scienze, Lingue et Arti. E tornava molto bene che in questa maniera le dette statue e simulacri fussero, come sarebbono stati, in su Arno e Mugnone a dimostrare che onorono Fiorenza. Andavano anco pensando di mettere in sui frontespizii, cioè in ciascuno, una testa d'alcun ritratto d'uomini della casa de' Medici, come dire: sopra la Iustizia il ritratto di sua eccellenza, per essere quella sua peculiare; alla Pietà il Magnifico Giuliano; al Valore il signor Giovanni; alla Nobiltà Lorenzo Vecchio; alla Sapienza Cosimo Vecchio o vero Clemente VII; alla Liberalità papa Leone, e ne' frontespizii di rincontro dicevano che si sarebbono potute mettere altre teste di cas...
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