[Pagina precedente]...e in casa, per sodisfare al popolaccio, papagalli, bertuccie, asini nani, cavalli piccoli dell'Elba, un corbo che parlava, barbari da correr palii et altre sì fatte cose, si aveva acquistato un nome fra il volgo, che non si diceva se non delle sue pazzie.
Avendo dunque il Soddoma colorito a fresco la facciata della casa di Messer Agostino Bardi, fece a sua concorrenza Domenico in quel tempo medesimo dalla colonna della postierla vicina al Duomo, la facciata d'una casa de' Borghesi, nella quale mise molto studio. Sotto il tetto fece in un fregio di chiaro scuro alcune figurine molto lodate, e negli spazii fra tre ordini di finestre di trevertino che ha questo palagio, fece e di color di bronzo di chiaro scuro e colorite molte figure di dii antichi e d'altri, che furono più che ragionevoli, se bene fu più lodata quella del Soddoma; e l'una e l'altra di queste facciate fu condotta l'anno 1512. Dopo fece Domenico in San Benedetto, luogo de' monaci di Monte Oliveto, fuori della porta a Tufi in una tavola Santa Caterina da Siena che riceve le stimmate sotto un casamento, un San Benedetto ritto da man destra et a sinistra un San Ieronimo in abito di cardinale, la quale tavola per essere di colorito molto dolce et aver gran rilievo, fu et è ancora molto lodata. Similmente nella predella di questa tavola fece alcune storiette a tempera con fierezza e vivacità incredibile, e con tanta facilità di disegno, che non possono aver maggior grazia e nondimeno paiono fatte senza una fatica al mondo. Nelle quali storiette è quando alla medesima Santa Caterina l'angelo mette in bocca parte dell'ostia consacrata dal sacerdote; in un'altra è quando Gesù Cristo la sposa et appresso ella riceve l'abito da San Domenico, con altre storie.
Nella chiesa di San Martino fece il medesimo, in una tavola grande, Cristo nato et adorato dalla Vergine, da Giuseppo e da' pastori, et a sommo alla capanna un ballo d'Angeli bellissimo. Nella quale opera, che è molto lodata dagl'artefici, cominciò Domenico a far conoscere a coloro che intendevano qualche cosa, che l'opere sue erano fatte con altro fondamento che quelle del Soddoma. Dipinse poi a fresco nello spedale grande la Madonna che visita Santa Elisabetta, in una maniera molto vaga e molto naturale, e nella chiesa di Santo Spirito fece in una tavola la Nostra Donna col Figliuolo in braccio, che sposa la detta Santa Caterina da Siena, e dagli lati San Bernardino, San Francesco, San Girolamo e Santa Caterina vergine e martire. E dinanzi, sopra certe scale, San Piero e San Paolo, ne' quali finse alcuni riverberi del color de' panni nel lustro delle scale di marmo molto artifiziosi. La quale opera, che fu fatta con molto giudizio e disegno, gl'acquistò molto onore, sì come fecero ancora alcune figurine fatte nella predella della tavola, dove San Giovanni battezza Cristo, un re fa gettar in un pozzo la moglie e' figliuoli di San Gismondo, San Domenico fa ardere i libri degl'eretici, Cristo fa presentar a Santa Caterina da Siena due corone, una di rose, l'altra di spine, e San Bernardino da Siena predica in sulla piazza di Siena a un popolo grandissimo.
Dopo, essendo allogata a Domenico per la fama di queste opere, una tavola che dovea porsi nel Carmine, nella quale aveva a far un San Michele che uccidesse Lucifero, egli andò, come capriccioso, pensando a una nuova invenzione per mostrare la virtù et i bei concetti dell'animo suo. E così, per figurar Lucifero co' suoi seguaci cacciati per la superbia dal cielo nel più profondo a basso, cominciò una pioggia d'ignudi molto bella, ancora che per esservisi molto affaticato dentro ella paresse anzi confusa che no. Questa tavola, essendo rimasta imperfetta, fu portata dopo la morte di Domenico nello spedale grande, salendo una scala che è vicina all'altare maggiore, dove ancora si vede con maraviglia per certi scorti d'ignudi bellissimi, e nel Carmine, dove dovea questa esser collocata, ne fu posta un'altra, nella qual è finto nel più alto un Dio Padre con molti Angeli intorno sopra le nuvole con bellissima grazia, e nel mezzo della tavola è l'angelo Michele armato, che volando mostra aver posto nel centro della terra Lucifero, dove sono muraglie che ardono, antri rovinati et un lago di fuoco, con Angeli in varie attitudini et anime nude che in diversi atti nuotano e si cruciano in quel fuoco. Il che tutto è fatto con tanta bella grazia e maniera, che pare che quell'opera maravigliosa, in quelle tenebre scure sia lumeggiata da quel fuoco, onde è tenuta opera rara. E Baldassarri Petrucci sanese, pittor eccellente, non si poteva saziare di lodarla et un giorno, che io la vidi seco scoperta, passando per Siena, ne restai maravigliato sì come feci ancora di cinque storiette, che sono nella predella, fatte a tempera con bella e giudiziosa maniera.
Un'altra tavola fece Domenico alle monache d'Ogni Santi della medesima città, nella qual è, di sopra Cristo in aria che corona la Vergine glorificata, et a basso San Gregorio, Sant'Antonio, Santa Maria Maddalena e S. Caterina vergine e martire. Nella predella similmente sono alcune figurine, fatte a tempera molto belle. In casa del signor Marcello Agostini dipinse Domenico a fresco nella volta d'una camera che ha tre lunette per faccia e due in ciascuna testa, con un partimento di fregii che rigirono intorno intorno, alcune opere bellissime. Nel mezzo della volta fa il partimento due quadri: nel primo, dove si finge che l'ornamento tenga un panno di seta, pare che si veggia tessuto in quello Scipione Africano rendere la giovane intatta al suo marito, e nell'altro Zeusi, pittore celebratissimo che ritrae più femmine ignude, per farne la sua pittura che s'avea da porre nel tempio di Giunone. In una delle lunette, in figurette di mezzo braccio in circa, ma bellissime, sono i due fratelli romani che, essendo nimici, per lo publico bene e giovamento della patria divengono amici. Nell'altra che segue è Torquato, che per osservare la legge, dovendo esser cavati gli occhi al figliuolo, ne fa cavare uno a lui et uno a sé. In quella che segue è la petizione... il quale, dopo essergli state lette le sue sceleratezze fatte contra la patria e popolo romano, è fatto morire. In quella che è a canto a questa è il popolo romano che delibera la spedizione di Scipione in Affrica. A lato di questa è in un'altra lunetta un sacrifizio antico pieno di varie figure bellissime, con un tempio tirato in prospettiva, che ha rilievo assai, perché in questo era Domenico veramente eccellente maestro. Nell'ultima è Catone che si uccide, essendo sopragiunto da alcuni cavalli che quivi sono dipinti bellissimi. Ne' vani similmente delle lunette sono alcune piccole istorie molto ben finite, onde la bontà di quest'opera fu cagione che Domenico fu da chi allora governava conosciuto per eccellente pittore e messo a dipignere nel palazzo de' Signori la volta d'una sala, nella quale usò tutta quella diligenza, studio e fatica che si poté maggiore, per mostrar la virtù sua et ornare quel celebre luogo della sua patria che tanto l'onorava.
Questa sala, che è lunga due quadri e larga uno, ha la sua volta non a lunette, ma a uso di schifo; onde, parendogli che così tornasse meglio, fece Domenico il partimento di pittura con fregi e cornici messe d'oro tanto bene, che senza altri ornamenti di stucchi o d'altro, è tanto ben condotto e con bella grazia, che pare veramente di rilievo. In ciascuna, dunque, delle due teste di questa sala è un gran quadro, con una storia et in ciascuna faccia ne sono due, che mettono in mezzo un ottangolo: e così sono i quadri sei, e gl'ottangoli due, et in ciascuno di essi una storia. Nei canti della volta, dove è lo spigolo, è girato un tondo che piglia dell'una e dell'altra faccia per metà, e questi, essendo rotti dallo spigolo della volta, fanno otto vani; in ciascuno de' quali sono figure grandi che siedono, figurate per uomini segnalati, ch'hanno difesa la republica et osservate le leggi. Il piano della volta nella maggiore altezza è diviso in tre parti, di maniera che fa un tondo nel mezzo sopra gli ottangoli a dirittura e due quadri sopra i quadri delle facciate. In uno adunque degl'ottangoli è una femmina con alcuni fanciulli attorno, che ha un cuore in mano per l'amore che si deve alla patria, nell'altro è un'altra femmina, con altri tanti putti fatta per la Concordia de' cittadini. E queste mettono in mezzo una Iustizia, che è nel tondo, con la spada e bilancie in mano e questa scorta al di sotto in su, tanto gagliardamente, che è una maraviglia, perché il disegno et il colorito che ha a' piedi comincia oscuro, va verso le ginocchia più chiaro, e così va facendo a poco a poco di maniera verso il torso, le spalle e le braccia, che la testa si va compiendo in un splendor celeste che fa parere che quella figura a poco a poco se ne vada in fumo. Onde non è possibile imaginare, non che vedere la più bella figura di questa, né altra fatta con maggior giudizio et arte fra quante ne furono mai dipinte, che scortassino al disotto in su.
Quanto alle storie, nella prima della testa, entrando nel salotto a man sinistra, è Marco Lepido e Fulvio Flacco censori, i quali essendo fra loro nimici, subito che furono colleghi nel magistrato della censura, a benefizio della patria, deposto l'odio particolare, furono in quell'uffizio come amicissimi. E questi Domenico fece ginocchioni, che si abbracciano con molte figure attorno e con un ordine bellissimo di casamenti e tempii tirati in prospettiva tanto bene et ingegnosamente, che in loro si vede quanto intendesse Domenico la prospettiva. Nell'altra faccia segue in un quadro l'istoria di Postumio Tiburzio dittatore, il quale avendo lasciato alla cura dell'essercito et in suo luogo un suo unico figliuolo, comandandogli che non dovesse altro fare che guardare gl'alloggiamenti, lo fece morire per essere stato disubidiente et avere con bella occasione assaltati gli inimici et avutone vittoria; nella quale storia fece Domenico Postumio vecchio e raso con la man destra sopra le scuri e con la sinistra che mostra all'essercito il figliuolo in terra morto, in iscorto molto ben fatto. E sotto questa pittura, che è bellissima, è una inscrizione molto bene accommodata. Nell'ottangolo che segue, in mezzo è Spurio Cassio il quale, il senato romano dubitando che non si facesse re, lo fece decapitare e rovinargli le case; et in questa, la testa che è a canto al carnefice et il corpo, che è in terra in iscorto, sono bellissimi. Nell'altro quadro è Publio Muzio Tribuno che fece abbruciare tutti i suoi colleghi tribuni, i quali aspiravano con Spurio alla tirannide della patria; et in questa il fuoco che arde que' corpi è benissimo fatto e con molto artifizio. Nell'altra testa del salotto, in un altro quadro è Codro ateniese il quale, avendo detto l'oracolo che la vittoria sarebbe da quella parte della quale il re sarebbe dagli inimici morto, deposte le vesti sue, entrò sconosciuto fra gli nemici, e si fece uccidere; dando a' suoi, con la propria morte, la vittoria. Domenico dipinse costui a sedere et i suoi baroni a lui d'intorno, mentre si spoglia appresso a un tempio tondo, bellissimo. E nel lontano della storia si vede quando egli è morto, col suo nome sotto in un epitaffio. Voltandosi poi all'altra facciata lunga dirimpetto a' due quadri, che mettono in mezzo l'ottangolo, nella prima storia è Seleuco prencipe, il quale fece cavare un occhio a sé et un al figliuolo per non violar le leggi, dove molti gli stanno intorno pregando che non voglia essere crudele contra di sé e del figliuolo, e nel lontano è il suo figliuolo che fa violenza a una giovane, e sotto vi è il suo nome in un epitaffio. Nell'ottangolo che è a canto a questo quadro è la storia di Marco Manilio fatto precipitare dal Campidoglio; la figura del Marco è un giovane gettato da alcuni ballatoi, fatta in uno scorto con la testa all'ingiù tanto bene che par viva, come anco paiono alcune figure che sono a basso. Nell'altro quadro è Spurio Melio, che fu dell'ordine de' cavalieri, il quale fu ucciso da Servilio ...
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